Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: FiammaBlu    03/05/2016    6 recensioni
Maya ha vinto la sfida con Ayumi Himekawa, aggiudicandosi la Dea Scarlatta e i diritti dell'opera. Ma proprio come accade nel dramma originale, un fuoco arde sotto le ceneri...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Masumi Hayami, Maya Kitajima
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Stage #5. Intervista con sorpresa



Se Maya avesse dovuto fare un bilancio di quell’ultimo mese avrebbe scritto “positivo”. Sfogliò l’agenda fitta di impegni ben incasellati negli orari. Da quando era tornata da Yokohama, il signor Hayami aveva mantenuto la parola. Aveva potuto scegliere i corsi da frequentare, dilatando lo spazio e lasciandosi un pomeriggio libero a settimana che trascorreva sempre a teatro. Lei invece non era riuscita affatto a mantenere la promessa.

Chiuse di scatto l’agenda e arrossì. Aveva assistito ad alcuni spettacoli in altri teatri, ma sempre di nascosto, senza coinvolgere Rei e soprattutto non aveva più rivelato la sua presenza facendosi riconoscere o firmando autografi. Lui non l’aveva più chiamata nel suo ufficio per rimproverarla, segno che non l’aveva ancora beccata, e lo aveva incontrato solo agli inizi di dicembre per discutere di “Madama Butterfly” con il regista e lo sceneggiatore. Era stata così contenta di poterlo rivedere che non le era interessato affatto che fossero presenti altre persone. L’euforia di poter interpretare Chōchō-san aveva camuffato la sua emozione più profonda.

Le prove proseguivano serratamente e Natale si avvicinava. Era contenta di poter lavorare con ottimi attori sebbene non avesse ancora trovato come rendere al meglio il personaggio complesso che avrebbe dovuto interpretare. C’erano molti punti che la lasciavano perplessa, ad esempio cosa spingesse una donna ad attendere un uomo così a lungo e, cosa ben più difficile da comprendere, come potesse suicidarsi lasciando a quello stesso uomo ingrato il suo unico figlio. Erano sentimenti molto forti, niente in confronto a diventare un albero di susino, ma stava affrontando Chōchō-san con la stessa caparbietà con cui aveva, alla fine, compreso Akoya.

Si vestì rapidamente e uscì di corsa per recarsi alle prove. Quel pomeriggio la signorina Mizuki aveva inserito un’intervista per “Madama Butterfly” alla quale avrebbe partecipato insieme ad altri attori. Si portò dietro un cambio di abiti, come le aveva insegnato la segretaria, dato che non avrebbe avuto tempo di tornare a casa, e si fiondò in camerino una volta raggiunti gli Studi della Daito.

Indossò il suo abito di scena e schizzò rapida in sala prove. Col passare del tempo si rendeva conto che una delle cose che più le mancava, era lavorare con Kuronuma. Il cast della “Dea Scarlatta” che aveva partecipato allo spettacolo dimostrativo era stato quasi interamente confermato e assunto anche dalla Daito Art Production. Era assurdo formare nuovi attori quando quelli presenti erano stati diretti addirittura dalla signora Tsukikage. In quel momento, proprio come lei, erano tutti impegnati in altre rappresentazioni. Sakurakoji non era neanche in Giappone e stava trascorrendo tre mesi in Europa. Ad aprile si sarebbero tutti ritrovati per rimettere in scena nuovamente la “Dea Scarlatta”.

Appena comparve, venne immediatamente fagocitata dalle direttive del regista Ito. Le scene si susseguirono una dietro l’altra, mettendola a dura prova. Non riusciva a comprendere come mai ogni regista da lei incontrato era un burbero esigente dalla voce che le faceva tremare le gambe. Quest’ultimo ovviamente non era diverso. L’unico conforto, solitamente, era nei colleghi che si dimostravano spesso amichevoli e comprensivi, quando non le facevano una lotta serrata. Sia la signora Tsukikage che il signor Hayami l’avevano avvisata di quanto fosse spietato il mondo dello spettacolo e in passato aveva avuto modo di provarlo sulla propria pelle. L’unica rivale che si era battuta lealmente con lei ed era munita di un incredibile senso dell’onore era Ayumi Himekawa.

La bambina prodigio era cresciuta, nonostante avessero la stessa età, lei era sbocciata come un meraviglioso giglio. Aveva sposato il fotografo Peter Hamil che l’aveva seguita in tutte le fasi dello spettacolo dimostrativo, avevano aperto una scuola di recitazione dove venivano accolti attori che non potevano permettersi le rette di scuole come la Ondine. Inizialmente la scuola si era avvalsa di un fondo curato dal padre di Ayumi, poi aveva iniziato a marciare con le sue gambe ottenendo grandi successi coi loro spettacoli.

Ayumi era cieca. Ancora non riusciva a capacitarsi come avesse potuto accettare un compromesso del genere pur di partecipare alla sfida contro di lei per la “Dea Scarlatta”. Era sicura che la signora avesse scelto con coscienza e in base al loro rendimento, neanche per un istante aveva pensato che la sensei avesse escluso Ayumi per ciò che le era accaduto. Anche la maggior parte degli attori che accettava la sua scuola avevano qualche disabilità, oltre a problemi economici, ma le loro rappresentazioni erano stupefacenti e meritavano tutto il successo che avevano.

Faceva molta attenzione alle persone che aveva intorno, soprattutto dopo quello che era accaduto durante le registrazioni di “Lo splendore del cielo” e il suo incontro con la terribile arrivista Norie Otobe. Era uscita cambiata da quell’esperienza, parte della sua innocenza irrimediabilmente perduta. In alcuni degli spettacoli che avevano inframezzato la “Dea Scarlatta” c’erano stati dei problemi, ma il signor Hayami aveva stroncato sul nascere qualsiasi reazione, intimando a tutti gli attori di lavorare seriamente a discapito di multe salate sui loro contratti. Magicamente, citando i soldi, tutte le cose tornavano a posto…

Uscì dalla sala prove sudata e sfinita con quel ricordo in testa. Ridacchiò e l’attore che interpretava il tenente Pinkerton corrugò la fronte.

- Il regista ci ha appena detto che la scena nove è terribile e tu ridi? - borbottò sconsolato.

- No! No! Non ridevo di quello! - si affrettò a rettificare Maya arrossendo - Per la scena non preoccuparti, vedrai che troveremo la giusta interpretazione! - lo rassicurò trattenendolo per un braccio e sfoderando il suo sorriso migliore.

L’attore la guardò e sorrise a sua volta.

- Kitajima… - sussurrò pensieroso - Penso che parte delle nostre difficoltà vengano dal fatto che non ci conosciamo -

Maya sbatté più volte le palpebre.

- Sei un’attrice famosa, chi non conosce Maya Kitajima - recuperò arrossendo - Ma io intendo… insomma… non sappiamo niente l’uno dell’altra… io a volte non so neanche come prenderti durante le prove, invece Chōchō-san e Pinkerton hanno un rapporto molto intenso… - abbassò la testa e arrossì di nuovo.

Maya spalancò gli occhi, comprendendo infine cosa stesse cercando di comunicarle. La consapevolezza la disorientò quando si rese conto che aveva ragione: parte dei loro problemi erano dovuti sicuramente al fatto che fra loro due non ci fosse alcuna affinità. In scena risultavano troppo imbarazzati, la recitazione era solo tecnica e poco coinvolgente.

Picchiò un pugno nel palmo della mano facendo sussultare il collega davanti a lei.

- Ma certo! - esclamò soddisfatta - Vieni, andiamo a prendere un tè! - suggerì afferrandolo per la manica della divisa da ufficiale della marina degli Stati Uniti. Il giovane fu costretto a seguirla tenendosi il cappello in testa perché non volasse via.

Maya entrò come un ciclone nella grande sala ristoro degli studi attirando gli sguardi sorridenti di altri attori seduti. Occupò un tavolo e il collega si sedette accanto a lei sul divanetto che fungeva da seduta. Un cameriere si avvicinò immediatamente e ordinarono il tè e due fette di torta.

- Bene, partiamo dall’inizio! - propose Maya - Io sono Maya - disse porgendogli la mano. L’attore la guardò imbarazzato, poi la strinse.

- Io sono Kinji - rispose sorridendo iniziando a rilassarsi. Tutti conoscevano l’eccentricità di Maya Kitajima, ma da quando l’aveva conosciuta per “Madama Butterfly” si era accorto che invece era una ragazza semplice e, scopriva in quel momento, estroversa.

- Io compirò ventun anni a febbraio - disse lei abbassando lo sguardo e ammettendo che fra loro c’era troppa tensione.

- Io ne ho ventotto -

- Mi piacciono il teatro, la cioccolata e gli hamburger! - confessò sperando che iniziare con i suoi peccati potesse rompere il ghiaccio.

- Davvero? Io ho iniziato a recitare a quindici anni, a scuola, e da allora non ho più smesso. Mi piace il gelato e leggo tantissimi manga! - le disse lasciandosi contagiare dal suo entusiasmo. Mi sta rendendo le cose più facili… è come se sapesse esattamente cosa serve per fare conoscenza… è intuitivo o studiato questo dialogo?

- Manga! - esclamò Maya accogliendo con gioia la fetta di torta al cioccolato che le porse il cameriere, il quale appoggiò due tazze, il tè e la torta di Kinji.

- Sì, soprattutto sui robot - annuì l’attore - Tu leggi qualcosa? - le chiese iniziando a trovare piacevole la chiacchierata.

- No… - Maya arrossì, vergognandosi, ma si rese conto che era inutile mentirgli. Lo scopo era conoscersi.

- La signora Tsukikage è così terribile come dicono? - le chiese usando il cucchiaio per raccogliere un pezzo di torta.

Maya deglutì e sbiancò e Kinji scoppiò a ridere.

- Immagino di sì - si rispose da solo. Era una domanda che voleva farle da quando aveva saputo che avrebbe lavorato con lei. La sensei Tsukikage era tratteggiata come una donna severa ed esigente.

- Lei è… - Maya si prese del tempo per rispondere - Lei conosce profondamente il teatro e l’animo umano, i sentimenti e le maschere con cui dovrebbero essere rappresentati i  personaggi - iniziò in un sussurro lieve - Però… ti lascia trovare il tuo modo, lascia che tu entri nel personaggio e lo faccia tuo! - aggiunse con enfasi e occhi brillanti.

Kinji dilatò lentamente gli occhi quando vide la sua espressione farsi intensa e comunicativa. Ecco Maya Kitajima… quando parla di teatro si illumina come una stella…

- Mi piacerebbe essere diretto da lei… - mormorò il giovane con il cucchiaio a mezz’aria.

- Non si trova più a Tokyo… - lo informò Maya - Si è ritirata - aggiunse con malinconia. All’inizio, l’assenza della signora Tsukikage e la decisione di stipulare un contratto con la Daito, l’avevano enormemente mortificata, poi, spronata dalla sensei stessa e da Masumi Hayami, aveva trovato il modo di cavarsela da sola.

- Immagino non sia facile sopravvivere alle sue direttive - ridacchiò Kinji cercando di risollevare la situazione. All’improvviso si era oscurata e i suoi occhi si erano riempiti di malinconia.

- Oh, no! Per niente! - replicò Maya scacciando quei ricordi. Scoppiarono a ridere insieme e si tuffarono nuovamente sulle fette di torta.

- E… dimmi… com’è Ayumi Himekawa? - riprese Kinji chiedendole la seconda curiosità che l’aveva assillato negli ultimi tempi. Maya sollevò gli occhi dal piatto e rifletté un istante.

- Un talento naturale - disse infine - Determinata, caparbia con un grande senso dell’onore e un rispetto infinito per il teatro - aggiunse sperando di aver colto in poche parole l’essenza della sua più acerrima rivale e amica.

Kinji smise di masticare e osservò affascinato il volto della ragazza davanti a lui. I giornali di gossip avevano riportato le notizie più assurde circa il rapporto fra le due attrici e ciò che Maya gli aveva appena detto contrastava nettamente con tutto quello che credeva di sapere. Maya Kitajima stima la Himekawa… ne parla con grande orgoglio e la sua espressione aggiunge dell’affetto alle sue parole…

- Allora non è fredda come dicono… - valutò finendo di masticare il dolce.

- No, non lo è - rispose tranquillamente Maya versando il tè per entrambi - Quali sono i momenti nelle scene che stiamo provando che ti impediscono di recitare al meglio? - aggiunse catturando la sua attenzione. Kinji deglutì e comprese che le chiacchiere erano finite proprio quando iniziava a divertirsi.

- Quando devo toccarti - le confessò arrossendo come un liceale. Aveva recitato molte parti da innamorato, ma ciò che coinvolgeva Pinkerton e Chōchō-san era sfolgorante e incredibile, almeno all’inizio, e lui non si sentiva mai a suo agio sulla scena.

- Lo so, è stato uno scoglio che ho dovuto superare anche io - annuì Maya incupendosi.

- E come l’hai risolto? - chiese lui in un sussurro teso sporgendosi verso di lei.

- Con la pratica… - mormorò Maya arrossendo lievemente.

Kinji spalancò gli occhi e rimase di sasso.

- Pratica? - balbettò indeciso.

- Sì, devi pensare fortemente di essere Pinkerton, devi trovare dentro di te la sua maschera e mostrarla alla mia Chōchō-san! Quando siamo sulla scena, io non dovrei essere Maya Kitajima! - gli disse - Probabilmente, il motivo per cui non riesci ad interpretare bene il tuo Tenente dipende da me… è colpa mia… - aggiunse abbassando lo sguardo e appoggiandosi allo schienale del divanetto con un sospiro debole.

- No! Che dici? - Kinji la scosse per le spalle - Ogni volta che io ti guardo resto sconcertato dalla tua trasformazione, Maya! - cercò di rassicurarla. Quando lei saliva sul palco, cambiava completamente e perdeva perfino i tratti fisici dell’attrice per diventare il suo personaggio.

- A quanto pare non basta - borbottò Maya sconsolata - Qui non siamo in sala prove, ci sono altre persone, macchinari, tutto è moderno. Recitiamo ora la quarta scena - gli propose.

Kinji spalancò la bocca per lo stupore, ma non riuscì in alcun modo a fermarla. I suoi occhi cambiarono, la sua postura si modificò completamente e dentro il kimono rosso apparve Chōchō-san. Deglutì sconvolto, era impreparato e sentì le mani coprirsi di sudore freddo. È spaventosa… entra nel personaggio in un secondo…

Maya recitò la sua prima battuta e lui, dopo un attimo di esitazione, rispose. Lei si alzò, simulando un ventaglio che non aveva. Kinji fu dolorosamente consapevole delle persone intorno a loro che si voltarono a guardarli, ma la sua attenzione venne attirata di nuovo dai movimenti di Maya. Camminava leggiadra sugli zoccoli che ticchettavano sul pavimento. Era chiaro che stava prendendo una bottiglia e due bicchieri. Tornò da lui e li mise sul tavolino, ignorando completamente ciò che c’era già appoggiato.

Maya dette voce alla seconda battuta, lui si lasciò trasportare, cercando di immedesimarsi nel tenente Pinkerton. All’improvviso ogni cosa scomparve e vide solo Chōchō-san. Era imbarazzata, lo sapeva e lui aveva solo una gran voglia di toccarla. Quando gli avesse offerto il vino, lui le avrebbe toccato le dita affusolate della mano. Rispose alla battuta e la sua espressione cambiò. Chōchō-san si voltò e abbassò lo sguardo, poi prese il calice e glielo porse.

Pinkerton attuò il suo piano e volontariamente la toccò. Il cuore di Kinji palpitò d’emozione quando i suoi occhi incontrarono quelli ardenti della giapponese. Il Tenente americano non aveva mai incontrato una come lei. Chōchō-san rimase immobile, attirata come un magnete dall’uomo davanti a lei. Il bicchiere cadde e andò in frantumi strappando qualche esclamazione agli spettatori intorno a loro.

Il Tenente si alzò lentamente e allo stesso tempo incrociò le dita a quelle di lei. Il tempo trascorse lentamente, come se anche solo respirare avesse potuto infrangere quel momento. Chōchō-san sentiva il cuore scoppiarle in petto e il calore delle dita di lui irradiarsi dentro di lei.

- Chōchō-san… - sussurrò Pinkerton continuando a guardarla con occhi brillanti. Le due mani incrociate si unirono, lui allungò l’altro braccio e l’attirò a sé con un gesto morbido e di possesso. Il militare abbassò lentamente la testa per baciarla e lei si lasciò guidare, avvolta dal suo amore per lui che finalmente trovava una corresponsione.

Un applauso indolente richiamò l’attenzione della sala e spezzò l’incanto della recitazione dei due attori. Immediatamente Kinji la lasciò e Maya sbatté le palpebre ritrovando se stessa.

- Complimenti, davvero un’ottima interpretazione - li elogiò una voce fredda e ironica smettendo di battere le mani.

Maya si girò sapendo già chi avrebbe trovato. Kinji era sbiancato ed era rimasto immobile come una statua.

- Signor Hayami - lo salutò Maya con un profondo inchino eseguito perfettamente alla maniera antica.

- Pr-Presidente Hayami - la imitò Kinji senza riuscire a mantenere la voce ferma. Era ben consapevole che quell’uomo controllato non amava che i suoi attori si comportassero in modo poco consono e sicuramente recitare in mezzo all’area ristoro non era certo degno di un attore che si ritenesse tale.

- Credevo che la Daito Art Production avesse pagato profumatamente la costruzione di questi studi e sale prove annesse - sibilò infastidito - Perché trovo due dei nostri attori più pagati che recitano a casaccio nell’area ristoro infastidendo i presenti che avrebbero diritto ad un po’ di relax? - la domanda fece letteralmente fuggire la decina di persone e congelò Kinji sul posto. Maya invece fece un passo avanti.

- Abbiamo dei problemi con i nostri personaggi - riferì altrettanto freddamente. Non aveva alcuna intenzione di concedergli dello spazio per quell’assurda e inutile rimostranza. Non stavano dando fastidio a nessuno!

- E li risolvete al bar? Cosa ne pensa il regista? - indagò Masumi assottigliando lo sguardo. Mentre stava attraversando il corridoio per raggiungere la zona delle sale prove, li aveva visti intenti in quella che era chiaramente una scena di “Madama Butterfly”. Come al solito Maya aveva attirato l’attenzione senza neanche accorgersene, trascinando con sé Miura Kinji, l’attore che interpretava il tenente Pinkerton. Li aveva osservati per un po’, l’atmosfera era sensibilmente cambiata e anche le persone intorno se ne erano accorte. Quando le loro mani si erano unite, per la prima volta da mesi aveva avvertito nuovamente quell’inutile morsa di gelosia. Quante parti aveva recitato da innamorata? Per non parlare del rapporto intenso che aveva avuto con Sakurakoji e che sarebbe ricominciato in aprile. Nell’istante in cui il giovane attore l’aveva abbracciata, avrebbe voluto correre a separarli, ma era rimasto immobile, e quando era evidente che l’avrebbe baciata davanti a tutti, aveva interrotto la scena.

- Signor Hayami, perché è qui? - gli domandò Maya con tono irritato.

Kinji passò lo sguardo fra i due che si guardavano in cagnesco e rimase sbalordito rendendosi conto che stava assistendo ad uno dei confronti che avevano reso famosi i loro incontri. L’attrice e il produttore… non ci posso credere… è tutto vero…

Masumi aggrottò pericolosamente la fronte, ma Maya rimase esattamente dov’era, continuando a fissarlo.

- Voi due non dovete partecipare ad un’intervista? - chiese con calma godendosi la scena che sarebbe scaturita.

Maya sbiancò, si girò di scatto, guardò Kinji con occhi spalancati, sollevò lo sguardo sull’orologio da parete, imitata dall’attore, poi tornò a guardare il signor Hayami portandosi una mano alla bocca.

- Non cambierai mai, Maya… - le fece notare lui con un sorriso enigmatico. In realtà gli era occorso un notevole autocontrollo per non scoppiare a ridere.

Maya arrossì violentemente, si tolse i geta, fece un inchino veloce e scappò rapida come il vento ignorando lo sguardo assassino che sentiva sulla schiena. Kinji fece quasi i suoi stessi movimenti e si dileguò in fretta.

Masumi li seguì con lo sguardo lungo il corridoio e sorrise mettendosi le mani sui fianchi. Da Yokohama non l’aveva più rivista e aveva sperato in un incontro più sereno. Quella notte, quando era rientrato a casa, aveva trovato Shiori ad attenderlo. Si era preparato ad un suo quarto grado, invece gli aveva fatto le solite domande sulla giornata trascorsa che lui aveva liquidato con le risposte che si era preparato, senza necessità di scendere nel dettaglio. Da allora si era già messo in movimento. Più del matrimonio, per il quale avrebbe potuto chiedere il divorzio, lo preoccupava il Gruppo Takatsu. Aveva chiamato due dei suoi avvocati più fidati e, al termine di quell’insolita riunione, aveva incaricato Hijiri di prelevare alcuni documenti dall’azienda di cui presto sarebbe divenuto amministratore delegato.

Inoltre c’era il contratto di esclusiva firmato con Maya stessa. Le clausole vessatorie che l’aveva costretta ad accettare si stavano rivoltando contro di lui. Se non le avesse inserite, sarebbe stato più facile fare ciò che aveva in mente. Il matrimonio, la Takatsu, i diritti della “Dea Scarlatta”, ogni cosa aveva una sola origine: suo padre. Masumi aveva contribuito a peggiorare le cose, questo era indubbiamente vero, ma sapeva bene cosa avrebbe potuto fare il suo genitore se solo l’avesse voluto. Qualsiasi piano volesse attuare doveva tenere in considerazione soprattutto Eisuke Hayami.

L’idea di abbandonare il nome di suo padre per sganciarsi da ogni cosa, come aveva pensato poco prima del matrimonio, rimaneva la sua ultima possibilità, perché adesso c’era in gioco molto di più. Sapeva che non sarebbe stato facile, ma non riusciva più a condurre quella duplice vita, separando due realtà che non sarebbe mai riuscito a far convivere.

In quell’istante, Maya e Miura sbucarono nel corridoio. Correvano senza neanche guardare e lei si bloccò quando lo vide. Che ci fa ancora qui???

- Forse sarebbe stato meglio presentarvi con gli abiti di scena… - valutò Masumi scrutandoli da capo a piedi.

- Siamo pronti, signor Hayami - disse Maya trafelata, ignorando la sua battuta.

- Quella divisa ti dona molto, Miura - continuò Masumi.

- Grazie, signor Hayami - sorrise l’attore con un lieve inchino.

Maya fremeva per uscire e chiamare il primo taxi o avrebbero fatto tardi davvero.

- Ormai non c’è più tempo - constatò Masumi guardando l’orologio - Andiamo - aggiunse indicando il corridoio e, in fondo, l’atrio.

- Andiamo? - ripeté Maya spalancando gli occhi.

Masumi la ignorò, si incamminò seguito da Kinji che lanciò un’occhiata a Maya intimandole di seguirli. Lei mosse un passo, poi un altro, mentre la consapevolezza si faceva strada dentro di lei. È la prima intervista per Madama Butterfly… lui è sempre presente alla prima intervista… come ho potuto dimenticarmene?!

Affrettò il passo e li raggiunse. Quando uscirono c’era un’auto della Daito ad attenderli. Maya salì in mezzo, alla sua sinistra Kinji e alla destra il signor Hayami. La macchina partì immediatamente ad un suo cenno e Masumi guardò in tralice il suo profilo. Aveva le guance soffuse di rosso, si era chiaramente dimenticata della sua presenza all’intervista, ma non l’avrebbe ammesso neanche sotto tortura. Represse un sorriso e portò la sua attenzione sulla strada.

Maya spostò lo sguardo per un istante e lo abbassò immediatamente dopo. Stava guardando avanti e per fortuna non l’aveva trovato a fissarla con sguardo cupo come faceva di solito. Devo calmarmi altrimenti anche Kinji si accorgerà che qualcosa non va… io… non ricordavo che ci fosse… Sollevò ancora lo sguardo e incontrò i suoi occhi indagatori. Lei sussultò e lui rise, facendo sporgere la testa di Kinji in avanti.

Maya arrossì e distolse immediatamente lo sguardo, mentre l’attore accanto a lei alzò le sopracciglia interdetto, senza comprendere cosa fosse accaduto.

- Attenetevi alle informazioni che vi sono state fornite e non improvvisate. Se una domanda vi mette in difficoltà, risponderò io - li rassicurò Masumi dopo qualche attimo di silenzio.

- Sì, signor Hayami - risposero entrambi gli attori.

- La signorina Mizuki vi ha detto quali sono i giornalisti più insidiosi, prestate attenzione durante l’intervista - aggiunse vedendo in lontananza il palazzo dove si sarebbe svolto l’evento promozionale.

L’autista si fermò nella corsia riservata e immediatamente due valletti si occuparono della loro accoglienza, aprendo le portiere. Il direttore dell’evento si presentò a Masumi Hayami con deferenza e li accompagnò nella sala allestita e gremita di giornalisti. Li fece passare per un corridoio laterale che sbucava dietro il piccolo palco rialzato con tavolo e microfoni. Cartelloni di “Madama Butterfly” decoravano le pareti e la base del palco. Il regista e i due attori che interpretavano Suzuki, la servente di Chōchō-san, e il principe Yamadori, erano già lì in attesa.

- Kitajima! - la redarguì subito il regista - Dove eravate finiti! Usciti dalle prove avreste dovuto semplicemente cambiarvi! - l’aggredì, riprendendosi immediatamente quando anche il Presidente Hayami entrò nella stanza - Ben arrivato, signor Hayami -

- Ho trovato i suoi due primi attori che amoreggiavano al bar - lo informò con tono ironico - Dovrebbe fare più attenzione, regista Ito -

Il regista avvampò e si girò verso Maya.

- Kitajima! - esclamò di nuovo furente e lei incassò la testa nelle spalle puntando lo sguardo al suolo.

- Signori, vi prego! - il direttore cercò di ristabilire l’ordine - Se siete pronti possiamo iniziare - aggiunse prima che il signor Ito proseguisse.

- La seguiamo - lo rassicurò Masumi avanzando sicuro verso di lui. Maya ebbe modo di guardarlo qualche attimo. Nonostante la sua ironia, era concentrato e non perdeva mai il controllo della situazione. Ormai dovrei essere abituata a questo suo modo di fare, eppure ogni volta mi stupisco delle sue capacità…

Il direttore aprì la porta alle sue spalle ed ebbero accesso alla sala vera e propria che era protetta da un lungo e pesante tendaggio rosso, come un sipario. Da un lato delle scalette portavano al palco rialzato. Salì per primo chiedendo agli altri di attendere, annunciò l’inizio dell’evento e il brusio che proveniva dalla sala cessò, seguito da un applauso. Chiamò il nome del regista che oltrepassò la tenda rossa con decisione.

Maya avvertì una stretta lieve al braccio e non ebbe alcuna necessità di voltarsi, sapeva che era lui.

- Ricordi la prima intervista per la “Dea Scarlatta”? - le sussurrò e lei annuì con il cuore in tumulto - “Madama Butterfly” è altrettanto importante per la Daito, esattamente come lo è per i suoi attori - aggiunse sospingendola appena, quando il direttore chiamò il suo nome.

Venne accolta da un applauso come i colleghi che la seguirono, uno dopo l’altro. Presero posto al tavolo allestito con una elegante tovaglia bianca che arrivava fino al palco e, sebbene il direttore non avesse accennato l’entrata di Masumi Hayami, lui era lì, proprio dietro di loro. I giornalisti sussurravano a più riprese il suo nome, indicando l’angolo dietro di lei e Maya fu costretta a fissare lo sguardo avanti per non voltarsi e cercare i suoi occhi.

Aveva affrontato tante interviste nei mesi passati, riusciva a dominare l’ansia, ma era rimasta intatta la paura di sbagliare, di dire qualcosa che non avrebbe dovuto.

L’intervista iniziò, le prime domande furono tutte per il regista e loro si limitarono ad ascoltare. Poi passarono a Maya, che se la cavò discretamente eccetto un’unica risposta che generò l’ilarità generale e la fece arrossire da capo a piedi. Fu il turno dei colleghi e lei poté rilassarsi, notando come Kinji fosse a suo agio coi giornalisti e non subisse alcuna pressione dalle loro domande. Proprio come era accaduto con Sakurakoji all’inizio della “Dea Scarlatta”, qualcuno domandò se la passione fra Pinkerton e Chōchō-san fosse esplosa anche nella realtà.

- Maya Kitajima ed io siamo solo colleghi, attori che cercano di interpretare al meglio i loro personaggi - rispose neutro Kinji mantenendo la calma. Maya lo guardò ammirata, invidiandogli l’autocontrollo che stava mostrando.

Stava proprio ringraziando il cielo che le avessero risparmiato quella domanda, quando qualcuno, dal fondo della sala, si rivolse a lei.

- E lei, signorina Kitajima, condivide i pensieri del suo collega? -

Maya raggelò e non fu la sola. Dietro di lei avvertì distintamente il signor Hayami fare la stessa cosa quando la moglie avanzò di qualche passo facendosi ben visibile. Pensò rapidamente come comportarsi, la mente frullava impazzita. Poi fece la cosa che le veniva più naturale: recitò.

- Kinji Miura ed io siamo solo colleghi, attori che cercano di interpretare al meglio i loro personaggi - ripeté utilizzando sostanzialmente la stessa identica flessione della voce che Kinji aveva usato pochi secondi prima. Aggiunse un sorriso che avrebbe dovuto aumentare la sua sicurezza e che invece la fece quasi vacillare quando i giornalisti riconobbero la donna alta in tailleur, i lunghi capelli, che prima del matrimonio portava sciolti, erano appuntati in un’elaborata ed elegante acconciatura.

- Quindi il vostro è solo un rapporto professionale - insisté Shiori imponendo la sua presenza.

Maya continuava a tenere lo sguardo fisso su di lei per il terrore che i giornalisti male interpretassero la sua reazione. L’ultima cosa che voleva era mettere in difficoltà il signor Hayami con la sua goffaggine.

- Assolutamente - replicò Maya annuendo lentamente.

- I sentimenti presenti in “Madama Butterfly” sono potenti e devastanti - le venne in aiuto Kinji, trasformando la provocazione in una semplice domanda come se l’avesse fatta un giornalista - Se ogni volta che interpretiamo un personaggio dovessimo farci trascinare anche nella realtà, si immagini che confusione! - aggiunse con una lieve risata che conquistò alcuni tra i presenti sciogliendo la situazione.

Per fortuna era stato lui a parlare, Maya non avrebbe mai potuto darle una risposta così presuntuosa. Sei stato bravissimo, Kinji… Spero tu sappia chi è la donna a cui ti stai rivolgendo… Aveva appena terminato il pensiero quando sotto il tavolo sentì il suo piede toccarla lievemente e seppe che sapeva perfettamente chi fosse.

Maya vide distintamente lo sguardo di Shiori spostarsi lentamente alle sue spalle. Un freddo gelido le irrigidì la schiena: sapeva che stava guardando il signor Hayami.

Le risatine dovute alla replica di Kinji si spensero e un altro giornalista riprese l’intervista, rivolgendo una nuova domanda al regista Ito. Maya perse il filo del discorso, avvinta dalla tensione di cui si sentiva stranamente partecipe. Perché mi sento così? Mi sembra quasi di avvertire il suo disagio anche se è distante da me e non sto guardando la sua espressione… Signor Hayami, cosa succede? Perché la signora Shiori è qui?

Quello scambio silenzioso e sofferente proseguì finché l’intervista terminò, salutata con gli auguri di buon proseguimento e un lungo applauso. La sala si svuotò lentamente, loro tornarono dietro il tendaggio e quando Maya passò accanto al signor Hayami azzardò una fugace occhiata. Il suo volte era privo di espressione, non accennava a muoversi, e quando lei si voltò verso la platea di sedie quasi vuote, vide Shiori ancora in piedi in mezzo.

Discesero le scalette borbottando fra loro e, quando furono dall’altra parte, Maya non poté fare a meno di restare indietro e sbirciare scostando un lembo rosso. Masumi Hayami aveva raggiunto la moglie e stavano parlando sommessamente.

- È sua moglie, vero? - sussurrò una voce vicinissima a lei facendola sussultare.

- Sì, Kinji, è Shiori Hayami - rispose in un mormorio lieve con notevole sforzo - Grazie, per prima - aggiunse voltandosi a guardarlo e arrossendo lievemente.

- I giornalisti chiedono sempre le stesse cose, sono noiosi. Basta prepararsi le risposte e dare sempre le stesse. Però non vale! Tu mi hai copiato! - l’accusò scherzosamente dandole una spintarella.

Maya ridacchiò e tornò a guardare oltre il tendaggio.

- Tu la conosci? - le domandò Kinji quando la vide farsi nuovamente assorta.

- No, direi di no… - ammise Maya rievocando ciò che era accaduto con l’anello, l’abito e l’assegno con cui aveva tentato di corromperla. Un moto di rabbia le incendiò le vene. Mentre correvo per riportarle l’assegno, ricordo di essermi domandata più volte il perché del suo atteggiamento nei miei confronti… Poi ogni cosa è stata chiara su quel ponte all’alba… aveva paura di perdere il suo amore… che io fossi un ostacolo… ma ora l’ha sposato, cosa vuole ancora da me?

Kinji fissò il profilo di lei, concentrato sulla scena che vedeva in mezzo alla sala. Era stato un intervento davvero anomalo quello della moglie del Presidente della Daito Art. Si era rivolta direttamente a Maya con una domanda specifica, poi aveva rivolto tutta la sua attenzione al marito.

- Kitajima! - la voce del regista li fece sussultare entrambi - Che fate?! Andiamo! - aggiunse sbracciandosi. Maya mollò il tendaggio e lo seguirono a testa bassa.

- Quando fa così sembra un cavernicolo… - sussurrò Kinji all’orecchio di lei. Maya ridacchiò e si portò una mano alla bocca.

- Non hai mai visto Kuronuma! Agita il copione come una clava! Saranno parenti? - gli disse sempre ridacchiando.

- Cos’avete da ridacchiare?! Quando torniamo in sala prove vi sistemo io! - urlò vendicativo il regista facendo sorridere tutti gli attori.

Maya si voltò un’ultima volta verso il drappeggio rosso. Sapeva che lui era dall’altra parte, insieme a lei e, per la prima volta dal giorno in cui aveva saputo che si erano sposati, provò una acuta fitta di gelosia. È sua moglie… di cosa dovrei essere gelosa… anche se un sentimento profondo ci lega, non è detto che debba consolidarsi… siamo così diversi…

Chiuse la porta e seguì il gruppo.


   
 
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