Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: _Akimi    03/05/2016    2 recensioni
[Jean x Connie]
"La verità è che Jean ha scoperto tutto, ha scoperto ciò che Connie nasconde da anni ed è bastata una stupida battuta per rovinare il loro rapporto.
Ricorda ancora lo sguardo stranito di Kirschtein su di sé e osservando i suoi occhi,quella sera, Springer si è messo a ridere. Sì, ha riso, allargando le labbra come uno stupido, senza pensarci."
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Conny Springer, Jean Kirshtein
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Jean pensa che Connie sia un idiota, non che non sia affezionato a quella testa rasata, ma non ha più pazienza per seguire le sue strambe teorie e, con il passare del tempo, inizia a domandarsi se Springer lo faccia di proposito, con i suoi comportamenti ambigui e il suo “evitiamo di discuterne” perché, ormai Kirschtein ne è certo, il ragazzo nasconde qualcosa ed è disposto a tutto per scoprire di che cosa si tratti.
Connie fa sembrare tutto molto semplice, non si preoccupa dello stage che stanno affrontando, non si preoccupa dell'essere in un paese straniero e si limita ad accennare sorrisi di circostanza ogni qualvolta fa qualcosa di strano o sbagliato perché, anche se si conoscono da un paio di anni, non sono così tanto in confidenza dall'ammettere certi comportamenti intimi.
Sì, perché Connie Springer – forse perché entrambi ragazzi – non si fa scrupoli a camminare senza vestiti per la casa, si addormenta nel primo letto che trova – quando ritorna a casa da lavoro – e non si scandalizza più quando Jean fa tristi battute per imbarazzarlo; ormai crede che Kirschtein nasconda dell'ammirazione per lui, che sia troppo orgoglioso per ammetterlo, ma che nei meandri del suo animo avere come coinquilino proprio Connie sia la miglior cosa che gli sia capitata negli ultimi tre anni.

Jean, però, è cinico, difficile d'avvicinare e non la pensa esattamente alla maniera di Springer, sebbene siano amici e si trovino a parlare di passioni in comune molto spesso.
Caratterialmente, tuttavia, sono pianeti di due sistemi differenti e le aspettative di Connie non rispecchiano sempre la realtà del loro rapporto.
Vigono strani patti tra loro: da quando vivono assieme, Connie ha imparato a non rubare i vestiti altrui, si adatta al cibo riscaldato nel microonde e lava i piatti, mentre Jean è più avvezzo alla manutenzione di un appartamento e non si lamenta più al pensiero di dover preparare la lavatrice alla lavanderia comune della palazzina, sopratutto quando signore ficcanaso immaginano una relazione inopportuna tra i due ragazzi che, per gentilezza, non rispondono più per spiegare che non sono quel genere di compagni, ma semplici colleghi.

Sebbene difficoltosa agli inizi, ora la loro convivenza prosegue con qualche incertezza, un dubbio assale Jean a riguardo degli atteggiamenti di Connie, troppo silenzioso nelle ultime settimane, ma non ha mai dato voce alla propria curiosità sino ad oggi quando, ritornato a casa, poggia la propria borsa sul divano e spegne la TV, ignorando le lamentele infantili dell'altro.
«Hey, Connie, hai trovato una ragazza?»
La domanda è secca, non lascia via di scampo a Springer che, pur di ritornare a sonnecchiare davanti allo schermo piatto, è disposto a mentire per accontentare Kirschtein.

Si volta verso di lui, osserva attentamente l'espressione dipinta sul suo volto e cerca di decifrare il minimo cambiamento per comprendere quale sia la giusta risposta da dare per togliersi un piccolo, grande problema ora incarnato nella figura immobile del coinquilino.
«Perché?» Allora replica, accennando un sorriso divertito che lascia intendere un'affermazione che sa, potrebbe infastidire l'altro.
"Sei geloso?" .Vorrebbe chiedere e, nonostante non lo voglia ammettere, gli piacerebbe sapere che Jean pensi a lui come una delle persone più care che ha, che ci sia qualcosa ad unirli, ma Kirschtein ha un modo tutto suo di gestire la propria affettività e tratta Connie nello stesso modo ormai da anni.
«Diamine, rispondi e basta.» Allora prosegue quel conseguirsi di domande a cui entrambi sembrano sottostare per volere degli eventi, non sono loro a decidere la ritrosia reciproca e per una volta, stranamente, adottano gli stessi atteggiamenti per preservare dignità e riservatezza.
Connie è difficile da convincere, non cambia mai idea per quanto è determinato e Jean non può fare altro che osservarlo, sospirando animatamente perché, a dire la verità, vorrebbe giungere ad una facile conclusione senza interrogare Springer per estorcere informazioni.
«Entri in casa e fai domande del genere! E' successo qualcosa?»
Rimane sulla difensiva, poggiando le mani dietro alla nuca in una posa rilassata, pronto ad addormentarsi come è solito fare ogni pomeriggio libero.

Non passano molto tempo assieme a casa perchè gli orari di lavoro non lo permettono e sono più le volte in cui discutono in ufficio che nel loro appartamento, anche se Jean è sempre così assorto nelle sue ricerche da non accorgersi delle occhiate che Connie gli dedica, l'osserva spesso, conosce i suoi movimenti, le sue espressioni e si perde, senza neppure rendersene conto, nella sua figura circondata da scartoffie e da rapporti che completa sempre meticolosamente, a differenza di lui che, da quando ha cominciato a lavorare, preferisce passare il tempo intrattenendo clienti al telefono.
Crede di essere più adatto a parlare perché, quasi sempre, si comporta in modo istintivo e le persone apprezzano la sua indole estroversa, il suo discutere fluentemente, alle volte in modo sin troppo esagerato, ma riuscendo a strappare un sorriso ad altri, tanto dal renderlo felice, sebbene non riesca mai a guadagnarne uno dal ragazzo con cui condivide una casa e con cui conserva molti ricordi del passato.

Quando si tratta di Jean, infatti, Springer diventa ancora più irrazionale e mente, per il bene dell'amico sopratutto, nascondendo la realtà delle cose: nessuna ragazza a rubargli pensieri, solo lui, Kirschtein.

«Fanculo, allora smettila di comportarti come un idiota.»
Lo rimprovera, ma in realtà è soltanto infastidito dal suo essere distratto nell'ultimo periodo, e persino al lavoro si sono accorti delle disattenzioni di Springer e Jean lo vuole avvisare perché perdere il posto significherebbe tornarsene a casa, una volta per tutte.
Jean si è trasferito assieme a lui, assieme a lui ha deciso di studiare all'università e non vuole lasciare tutto per inutili fraintendimenti.
«Come vuoi.» Risponde ed evita, ancora una volta, di affrontare la realtà, trovando più semplice celare una verità che, forse per ingenuità, Jean ignora e non riesce a comprendere.
«Non fare l'offeso, Kirschtein.» Alza la voce Connie per farsi sentire dall'altro, ma quest'ultimo si allontana in silenzio e chiude la porta della camera rumorosamente, erigendo un muro invisibile tra sé stesso e tutto il resto.
 
* * *
 
La prima volta che Jean si accorge del drastico cambiamento di Connie è un sabato sera, stanno ritornando a casa su un taxi e Springer è abbastanza ubriaco dal farfugliare qualcosa che l'altro non riesce inizialmente a comprendere, ma poco a poco quell'insieme di parole inizia ad avere un senso e il singhiozzare di Connie si è fatto così frequente che Kirschtein si volta verso di lui per assicurarsi che non stia piangendo e sospira profondamente, non appena si accorge che i suoi occhi sono lucidi, ma è dato solo dall'alcool che ha in corpo e non da emotività improvvisa.
Lo vede chinarsi verso di lui, poggia la testa sulle sue gambe e socchiude le palpebre, bisbigliando che gli dispiace e che, se avesse potuto, avrebbe evitato inutili problemi tra loro.
Jean non capisce a che cosa si stia riferendo, ma decide di non fare domande al momento perché l'affrontare i dubbi che lo hanno assalito nelle ultime settimane non lo rassicura e crede che non sia corretto, nei confronti di Connie più che per sé stesso, approfittare della sua poca lucidità per obbligarlo a dichiarare cose che, in altre occasioni, non saprebbe mai di lui.

Preferisce lasciarlo lì, appoggiato sul sedile come il ragazzo spensierato qual è perché, Kirschtein lo sa, Springer non è solito preoccuparsi fortemente per qualcosa e lui stesso preferisce vederlo sorridere, senza timore o questioni ad affliggerlo.
Connie, da parte sua, non ha completamente perso il senno, si rende conto che Jean gli stia facendo un immenso favore nel non fare domande, senza richiedere risposte, eppure non può fare altro che attirarle, un po' di quelle sfortunate calamità, e finisce lui con insistere riguardo questioni cui Kirschtein non ha mai davvero parlato e pretende infantilmente che sia sincero con lui, almeno questa sera.

«Non hai una fidanzata, Jean?»
Lo chiede come se fosse il problema più grande al mondo, per persone come loro, ma sa che l'amico non ha mai mostrato interesse all'idea di avere una qualche storia romantica e la freddezza di Jean, in parte, lo rende sollevato, senza però smettere di domandarsi se sia giusto, per un ragazzo brillante come lui, dover condividere un appartamento con un idiota; Connie si sente sempre così, quando beve un po' più del dovuto, ma ritornato sobrio, non cambia molto l'opinione che ha di sé, preferendo nascondere alcune sue insicurezze dietro all'apparenza superficiale con cui si mostra agli altri.
Jean non ci crede, a quel genere di farsa, perché è consapevole che Connie Springer non sia solo il solito stupido che fa battute inappropriate, quello che rovina i momenti seri o il ragazzo che non sa mai quando dire le cose giuste, al momento giusto.
Kirschtein lo conosce – a modo suo – ma sì, lo conosce abbastanza per dire che è un amico fidato, una buona compagnia, una persona disposta a rischiare per chi ama e questo Jean lo apprezza perché Connie è istintivo e riesce a convivere con l'eccessivo flusso di pensieri dell'amico che lo rende prudente, razionale.

«Che cosa dici, Connie? Dovrei averla?»
Il replicare di Kirschtein è un sospiro impercettibile per Springer che, a quelle parole, nasconde il viso per celare le proprie emozioni e non smette di domandarsi che cosa abbia spinto due ragazzi come loro a vivere assieme, a iniziare un nuovo percorso, lasciando tutto il resto alle spalle.
«Non lo so, non è quello l'importante.»
Bisbiglia, sembra quasi singhiozzare, ma si trattiene e va avanti, come ha sempre fatto, perché Jean è relativamente buono per lui e Connie non fa altro che sorridere recitando quella parte da folle a cui è avvezzo, e tutti i loro amici si sono abituati così tanto a quello spettacolo che non dicono più nulla, quando Springer dice un qualcosa di troppo.
E così, anche Jean quella notte non influisce, l'osserva e basta, riflettendo su ciò che Connie ha appena detto e su tutto ciò che invece continua a non dire.

Per timore?


Questo Jean ancora non lo sa.
 
* * *

 
La seconda volta è già un'ultima volta: i due hanno litigato per una questione sciocca, ma è da più di una settimana che non si parlano e le quattro pareti della camera di Connie ora sembrano spesse e lo soffocano, lo fanno stare così male da obbligarlo a rannicchiarsi sotto le coperte, come quando faceva da bambino, e neppure il picchiettare insistente delle nocche di Jean sulla sua porta lo convincono ad uscire da quella fortezza di cuscini e cartacce abbandonate.

La verità è che Jean ha scoperto tutto, ha scoperto ciò che Connie nasconde da anni ed è bastata una stupida battuta per rovinare il loro rapporto.
Ricorda ancora lo sguardo stranito di Kirschtein su di sé e osservando i suoi occhi,quella sera, Springer si è messo a ridere. Sì, ha riso, allargando le labbra come uno stupido, senza pensarci.
 
Ma cosa poteva fare, in fondo?

Di quello che è accaduto successivamente ricorda ben poco: uno dei loro amici ha spezzato il silenzio che si è creato tra di loro, bisbigliando che le sue parole erano solo frutto di un futile gioco e che Connie rimane lo stesso, insospettabile ragazzo che va sempre in cerca di avventure, di storie buffe e improbabili da raccontare che lo vedono protagonista di affabili discorsi con graziose coetanee e qualche volta, perché no, anche donne più grandi di lui.
Eppure, tutte quelle bugie negli occhi di Jean non trovano ormai nessun appiglio e il mondo di menzogne e di false aspettative che si è creato tra loro crolla irrimediabilmente, senza che Connie possa ormai farci qualcosa.
 
Jean bussa ancora.

Springer si era ripromesso di comportarsi come sempre, anche se Kirschtein non è come tutti gli altri, non lo è mai stato, e la sua indole attenta lo ha portato alla soluzione di quel caso che lo ha tenuto occupato per un paio di lunghe settimane.
Sì, Springer non ha più alibi e come un vigliacco si nasconde nell'ultima speranza di poter vedere Jean andare via, ma quest'ultimo non si arrende e continua, imperterrito, nella sua insana ricerca della verità.
 
Il rumore si ripete.

Jean sa esattamente cosa aspettarsi da Connie; vuole solamente sentirgli pronunciare un paio di parole, una confessione che possa allentare la tensione tra di loro perché, da quella sera assieme agli altri, Kirschtein non ha fatto altro che pensare a ciò che Springer è per lui: un amico, un collega, qualcosa di più?
Non ha ancora trovato un risposta certa, ma è sicuro di esserci vicino; si risponde che ha semplicemente bisogno di tempo, ma che spetti anche a Connie aiutarlo, divenendo sincero prima di tutto con sé stesso.

«Pensavi che non l'avrei mai scoperto, Connie?»
La sua domanda è così banale da sembrare ingenua, ma Jean non si sente in colpa: vuole sapere, pensa di avere il diritto di poter parlare con lui e non gli importa se ci sia una parete a dividerli o un mare di incomprensioni ad allontanarli, ha trovato il suo obiettivo e lo vuole raggiungere a qualsiasi costo.
«Sai cosa mi da più fastidio?» Inizia a parlare, la mano carezza lentamente la superficie liscia della porta in legno e poi ricade contro il suo fianco, quasi in segno di resa. «Pensavo che tu ti fidassi di me. Invece hai avuto paura del mio giudizio.»
Continua senza insolenza o rabbia; è solo una constatazione e sa di avere ragione, per questo non ammette nessuna replica dell'altro.
In realtà, una parte di lui spera che Connie abbia il coraggio di infuriarsi con lui, preferisce litigare all'essere ignorato, ma il silenzio di Springer persiste e la sua pazienza si affievolisce lentamente, abbandonando le ultime speranze che lo portano a rimanere ancora lì, davanti a quella dannata porta.

«E quando ho dato del finocchio ad Armin, stavo solo scherzando, lo sai.»
La voce di Jean trema un po' e sente un confuso rumore provenire dalla stanza, come se Connie si fosse finalmente deciso a scoprirsi e di raggiungerlo, ma un pensiero fulmineo occupa la mente di Kirschtein e questa volta è proprio lui a voler fuggire perché, una volta aperta quella porta, non saprà più cosa dire, come dirlo, per non ferire l'amico.
 
Sì,amico.
Jean non può vederlo in altro modo; è legato a lui, sono cresciuti assieme, ma non può creare sensazioni dal nulla, non può mentire, dicendo di aver pensato a lui come un compagno di vita o qualche altra sciocchezza del genere.
Kirschtein ha la sua vita, condivide già molti momenti con Connie, ma sono due ragazzi, due maschi, e il solo pensiero di vedere sotto una luce diversa Springer lo infastidisce e non può, non vuole mentire ad entrambi.
«E so a cosa stai pensando. L'appartamento è nostro, finché non decideremo di andarcene.»

I passi di Connie riecheggiano nel silenzio della stanza e si decide ad appoggiare la mano sulla maniglia, facendo girare la chiave e poi, in un attimo di improvvisa indecisione, si ferma ancora una volta, fissando un punto non precisato della camera.
«E diamine Connie, io non voglio andarmene, quindi puoi portare nella tua fottuta camera chi vuoi. Non mi riguarda.»
Le parole di Jean lo feriscono perché si rende conto di quanto la situazione sia grave: forse Kirschtein non ha realmente capito la realtà della loro relazione, la crepa irreparabile che li ha diviso o forse – per egoismo – finge di non comprendere, di dimenticare che i sentimenti che Connie prova non sono rivolti a qualche entità surreale, al sesso maschile in generale, ma a lui e soltanto a lui.

«Sì che ti riguarda. Hai sentito quello che ha detto Reiner, no?»
Springer sospira, riempe di aria i polmoni e poi continua a parlare, senza fermarsi, senza lasciare la possibilità all'altro di poter rispondere.
«E ora non dirmi che non è così, non lo decidi tu, quindi per favore...» abbassa la maniglia e la porta si apre, i loro occhi si incontrano e Jean si limita ad osservare il volto fattosi serio del compagno, tanto dal parere innaturale per un ragazzo come lui.
«Jean, tu mi piaci e ora che lo sai non posso fare finta di niente, quindi dobbiamo prendere una decisione.»

Vivere assieme o ritornare a casa? - Questo vuole chiedere Connie, ma le parole muoiono lì, nella sua gola e Kirschtein non collabora, nascondendo un'espressione da idiota dietro il palmo della mano.
Abbassa leggermente il mento e poi ritorna con lo sguardo verso la figura piccola di Springer davanti a sé, un sorriso ironico abbozza sul viso e la spalla poggiata allo stipite della porta, in una di quelle pose naturali che Connie adora così tanto di lui.
«Sei mio amico, sarei uno stronzo se ti allontanassi per una cosa del genere.»
Il tono della sua voce è gentile, non perché voglia trattare l'amico con astuta dolcezza, ma perché ci crede davvero, a quello che ha appena esclamato, e sebbene non abituato alle dimostrazioni d'affetto tra loro, vorrebbe solamente stringere Connie in un abbraccio per dirgli che non è disgustato da lui, anche se non può ricambiare i suoi sentimenti.

«Non sei obbligato a farlo, idiota.»
Lo sguardo di Springer diviene più rilassato, si arrende lentamente all'idea di quella relazione impossibile, ma apprezza l'impegno che Jean ha serbato per il loro rapporto e, nonostante il cuore sia scombussolato e ferito, non può fare altro che sorridere come fa sempre, in bilico tra realtà e finzione, destreggiandosi tra l'odiare la gentilezza di Kirschtein e l'essere affezionato a lui come tutti giorni.

«Sì, lo so, sono un idiota, ma stiamo parlando di te, Connie. Là fuori sarebbe una follia e se mentire significa farti stare bene, mi spiace, davvero, ma preferisco un'amicizia rovinata, ma sincera sino alla fine.»
E in quel momento le parole di Jean fanno scendere un sipario sulla scena, ma Springer non è rattristito, cerca di non esserlo, perché quello che Kirschtein ha appena confessato è ciò che solo un vero amico potrebbe fare e, sebbene il dolore non svanirà in fretta, il ragazzo non può fare altro che sorridere, di nuovo, come prima, sapendo che quel Jean Kirschtein sarà sempre e comunque fonte naturale dei suoi pensieri.
 




 
Angolo dell'autrice.
Sì, li shippo assieme. Sì, non doveva finire in questo modo.
  
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