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Autore: Fujiko91    04/05/2016    3 recensioni
Le Thilbo (Bagginshield) le amo troppo! u.u
La neve trasporta la mente di Thorin in un ricordo, Bilbo anche se all'inizio un po insicuro se starlo ad ascoltare o no alla fine cede e ascolta il racconto di un'amore passato del suo nano....
Chi sarà stato il primo amore di Thorin?
Per rispondere a questa domanda , basta leggerla!
Buona lettura ! u.u
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bilbo, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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La Compagnia di Thorin Scudodiquercia era finalmente giunta a Pontelagolungo. Grazie all’ospitalità e alla gentilezza di un uomo chiamato Bard, i nani poterono fare provviste di armi e crogiolarsi in un meritato riposo – cosa di cui il giovane Kili aveva urgente bisogno, vista la grave ferita alla gamba.
Ormai era da due giorni che si trovavano a casa del barcaiolo e a Thorin era stata ceduta la camera di una delle figlie dell’uomo.
In quel momento il capo della Compagnia era impegnato a contemplare Erebor, la quale si riusciva a intravedere fuori dalla finestra.

Tra poco sarà di nuovo mia, pensò il nano con determinazione e gioia. Purtroppo la letizia fece presto a trasformarsi in mestizia, dal momento che un altro pensiero aveva fatto irruzione nella testa di Thorin: Bilbo.

Sulla stirpe di Durin gravava la malattia dell’oro, della quale era diventato preda Thror tanti anni addietro. Il nipote era anche a rischio di soccombere al fascino impellente dei tesori della MontagnaSe la malattia dovesse prendersi possesso anche di me, che ne sarà del mio rapporto con Bilbo?

“Thorin, guarda!” Il nano sobbalzò e interruppe il filo dei suoi pensieri non appena quella vocina tanto amata richiamò la sua attenzione.

Scudodiquercia si voltò per incontrare il volto infervorato di Bilbo.

“Sta nevicando!” Lo hobbit indicava fuori dalla finestra la neve candida che, in poco tempo, aveva ricoperto i tetti delle case di una fitta coltre.
Thorin sorrise tra sé e sé: il suo adorato scassinatore sembrava proprio un bambino in quel momento. Un dolcissimo e bellissimo bambino.

“Non trovi che sia bellissima?” Il signor Baggins si accostò al nano e prese a passargli delicatamente una mano tra i lunghi e fluenti capelli corvini.

Thorin pareva rilassarsi con l’ausilio dei tocchi affettuosi dello hobbit, ma gli bastò soffermarsi un po’ di più sulla neve per far sì che un’espressione malinconica si dipingesse sul suo volto.

Bilbo notò il cambiamento di umore del compagno e non poté fare a meno di domandarsi a cosa fosse dovuto.

“Sai?” iniziò a dire Thorin con tono incerto, come se non fosse stato sicuro di raccontargli un determinato fatto. “C’è una cosa che ti devo dire.”

A quelle parole il signor Baggins si fece tutto orecchi e fissò il nano con aria preoccupata: cos’era successo? Probabilmente qualcosa di molto grave, vista la faccia che aveva il suo amore in quel frangente. E se volesse lasciarmi? Pensò inorridito.

“Dopo la caduta di Erebor io e la mia gente andammo in cerca di lavoro e di una nuova casa,” narrò con gravità il nano, “ci fermammo in un villaggio alle appendici dei monti innevati. Fu lì che incontrai un nano dei Colli Ferrosi, un nano molto importante per me.”

Bilbo stava cominciando seriamente a preoccuparsi: chi era questo nano di cui stava parlando? Aveva deciso di lasciarlo per lui?

Dopo un attimo di pausa per inghiottire il dolore, Thorin puntò i suoi occhi di ghiaccio in quelli dolci del suo hobbit. “Vorrei raccontarti cosa accadde a quei tempi lontani, se sei disposto ad ascoltarmi.”

Il signor Baggins non sapeva che risposta dargli, se dirgli sì oppure no; aveva paura di venire a conoscenza di verità troppo dure da comprendere, temeva che Thorin avesse qualcun altro nel cuore. “Se ti va di raccontarmi, dimmi tutto” rispose alla fine. “Ma se non te la senti nessuno ti costringe a parlarne” aggiunse subito dopo. Non voleva che il suo amore si sentisse costretto a raccontargli quella vicenda, proprio perché gli sembrava che destasse in lui amari ricordi.

Thorin si sedette su uno sgabello e iniziò a raccontare…

 

In seguito alla distruzione di Erebor, i nani vagarono prima per le Terre Selvagge, per poi giungere nei villaggi degli uomini, dove trovarono un’opportunità lavorativa, un’opportunità per ricostruirsi una vita.

A quei tempi il grande Thorin Scudodiquercia era molto giovane, un nano che si era improvvisamente ritrovato sulla schiena il destino di un intero popolo. Lavorava come meglio poteva nelle varie fucine, con dedizione e precisione, seppure per un salario misero.

Insomma: il povero Thorin non se la spassava, per fortuna c’erano i suoi adorati nipotini Fili e Kili ad allietargli le giornate. Loro erano tutto per lui. Il motivo per il quale qualche volta il giovane nano si concedeva un sorriso era tutta da attribuire a quelle due piccole pesti, dal momento che Frerin e Dis erano periti di recente a causa di un terribile morbo.

Ma non c’erano solo Fili e Kili a colmare il vuoto che era rimasto nel cuore dello zio…

 

Un giorno Thorin trovò lavoro presso un fabbro, un fabbro della sua stessa razza. Per il principe fu una gran gioia e anche una graditissima sorpresa trovare un altro nano che, come lui, era costretto a lavorare presso i villaggi degli uomini.

Thorin Scudodiquercia rimase ancor più basito quando vide per la prima volta il proprietario della fucina: esattamente come lui, era fin troppo bello per essere un nano.

Il capo si dimostrò fin da subito molto educato e gentile nei confronti di Thorin. Dopo tanto tempo, quest'ultimo si sentì finalmente a casa.

 

Per andare a lavorare da Doran – questo era il nome dell’affascinante nano – Thorin era costretto a lasciare Fili e Kili nelle mani di Balin. Non passava più tanto tempo con i suoi nipoti, ma era un sacrificio necessario, dal momento che Doran lo pagava molto più equamente degli uomini, inoltre stava cominciando seriamente ad affezionarsi a lui. Era bello, innegabilmente bello. Inoltre era un dei nani più alla mano che Scudodiquercia avesse mai conosciuto.

 

“E poi cosa accadde?” Bilbo voleva che Thorin arrivasse subito al nocciolo della questione, l’ansia e la paura lo stavano divorando.

Il nano gli rivolse uno sguardo perplesso: aveva percepito il nervosismo del compagno.

Lo hobbit si guardò timidamente le mani. “Sai, sono curioso.” Non voleva rivelargli il vero motivo di tutta quella attenzione, non voleva rivelargli che temeva di non essere lui il centro dei pensieri di Thorin.

Scudodiquercia gli rivolse un dolce sorriso. “E la tua curiosità verrà appagata.”

 

“Lo so chi sei, compare.”

Thorin, in quel momento, stava battendo il martello sull’incudine, sfavillando scintille d’acciaio. Non appena Doran gli rivolse la parola, rischiò di far cadere l’utensile da lavoro sul piede.

“Tu sei Thorin Scudodiquercia, nevvero?”

Il nano poggiò il martello sul tavolo di legno e si deterse il sudore dalla fronte. Fatto ciò, si voltò verso il suo capo e gli disse: “Sì, sono proprio io. Ma perché ti interessa sapere chi sono? Nessuno ha mai chiesto il mio nome.”

Doran sgranò gli occhi in segno di stupore. “Davvero?” esclamò. “Come si fa ad assumere un lavoratore e a non conoscerne il nome? Come ti chiamavano nelle altre fucine?”

“Mi chiamavano semplicemente ehi tu!

Dopo essersi concessi una breve e onesta risata, Doran disse: “Io invece non posso lamentarmi. Sono sempre stati tutti molto gentili con me… pensa che mi è stato addirittura lasciata questa bottega!”

Thorin sorrise tra i baffi: quel nano gli ispirava, gli ispirava immensamente. Era arduo suscitare la simpatia del principe di Erebor, ma quel fabbro ci era misteriosamente riuscito, fin dal primo momento.

Dopo aver tratto un sospiro, Doran si avvicinò a Scudodiquercia e gli prese le mani.

Thorin lo guardò sbalordito: nessuno aveva mai osato tanto; ma lo lasciò fare, anche perché il contatto con il capo l’aveva mandato in visibilio e gli aveva dato tutt’altro che fastidio.

“Questa ora è anche casa tua” sussurrò Doran tenendo i suoi occhi puntati in quelli del principe. Sapeva tutto quello che era stato costretto a passare, ed era intenzionato ad allievare il suo dolore. “Se hai bisogno di qualcosa, non devi far altro che chiedere. Va bene?”

Con quelle parole il nano gli aveva toccato il cuore. Thorin fu sul punto di inchinarsi per dimostrargli tutta la sua gratitudine, ma Doran lo fermò e lo precedette, esibendosi con un mio Principe ricco di passione.

Scudodiquercia si era talmente emozionato che dovette andare fuori a prendersi una boccata d’aria fresca per mettere a posto le idee. Perché quel gesto l’aveva colpito così tanto? Non è che si stava innamorando?

 

I giorni passavano e il ghiaccio si stava rompendo sempre di più tra Thorin e Doran. Spesso il capo gli portava addirittura la colazione a letto!

 

Se il tuo unico scopo è quello che ti porti la colazione a letto, potevi anche dirlo subito anziché raccontarmi tutte queste cose” scherzò Bilbo, interrompendo nuovamente il racconto del compagno.

Thorin voltò lievemente il capo verso lo hobbit e soffiò una breve e sommessa risata. “No, mastro Baggins, non ti ho raccontato tutto ciò solo per chiederti questo favore.” Un sorriso malizioso andò creandosi sul volto del nano. “Ma se la cosa ti farebbe piacere di certo non ti direi di no.”

Dopo aver riso e scherzato insieme al suo adorato hobbit, Scudodiquercia riprese il suo resoconto.

 

Una gelida mattina di metà inverno, Thorin Scudodiquercia si svegliò di soprassalto: qualcuno stava piangendo al piano di sotto. Al nano quei lamenti parevano terribilmente famigliari.

Thorin scalciò via le coperte in fretta e furia, si mise gli stivali e corse giù per le scale. Non appena raggiunse il pian terreno, i suoi occhi si spalancarono in preda all’orrore: Doran, il suo Doran, era a terra.

“Cos’è successo qui?” gridò Thorin affrettandosi a soccorrerlo.

Doran gli rivolse uno sguardo. “Nulla Thorin,” rispose cercando di sembrare il più convincente possibile, “torna a dormire. Non preoccuparti per me.”

Ma Scudodiquercia era caparbio, lo era sempre stato; così prese il capo tra le sue braccia e lo portò in camera sua.

“Ma Thorin… cioè, volevo dire… mio Principe” balbettò Doran diventando paonazzo: non si era mai sentito così in imbarazzo in tutta la sua vita; però doveva ammettere che quella situazione non gli dispiaceva poi così tanto. “Che cosa fai?”

Nonostante le proteste del fabbro, Thorin non tornò a letto e si occupò di lui, sempre più preoccupato per la sua salute. Se gli fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato.

 

Quel giorno Thorin andò a fare compere per Doran: non voleva che il nano lasciasse il suo letto, doveva riposare.

“Sai che Doran ha un ospite a casa sua? Un nano.”

Scudodiquercia fece un balzo udendo nominare il suo capo. Si voltò per scorgere due uomini di mezza età intenti a ciarlare appoggiati contro due barili di birra.

Quell’altro scoppiò in una fragorosa risata, mettendo in mostra i denti gialli e storti. “Non sapevo che fosse dell’altra sponda.”

Il suo amico si unì alla risata. “Già,” ridacchiò, “possibile che esista gente così malata di mente nel mondo? Quanti problemi deve avere un uomo per amare i maschi?!”

Questo era decisamente troppo per il principe di Erebor: come si permettevano quei due ceffi di parlare male del suo amico? Lui era una persona d’oro, in quel putrido villaggio era stato l’unico a venirgli incontro. Non si meritava questo trattamento, e lui di certo non avrebbe lasciato correre.

Spinto dalla sua irrimediabile impulsività, Thorin raggiunse con lunghe falcate i due uomini. “Scusate” richiamò la loro attenzione con tono serio e brusco.

Quei due gli scoccarono un’occhiata di disprezzo, che andava dall’alto al basso.

Scudodiquercia sentì la rabbia divampargli sempre di più nel ventre: loro non erano nessuno per potersi permettere di guardarlo in quel modo. Lui era il principe di Erebor, Thorin figlio di Thrain, figlio di Thror e un giorno sarebbe stato Re sotto la Montagna.

“Che vuoi?” gli domandò bruscamente l’uomo prima di portarsi nuovamente il boccale di birra alle labbra.

“Volevo solamente chiedervi un’informazione.”

“Beh, allora spicciati!” sbottò il secondo uomo. “Sai, non abbiamo poi così tanto tempo da perdere con i nani.” Aveva pronunciato l’ultima parola con talmente tanto disgusto, che Thorin si sentì fremere dalla rabbia, ma resistette: tanto, tra pochi secondi, quell’idiota avrebbe avuto quello che si meritava.

“Potreste però farvi più vicini a me?” Thorin fece finta di essere imbarazzato e si fissò la punta degli stivali. “Sapete, sono piuttosto basso, non vorrei che la mia voce non raggiungesse le vostre orecchie.”

Sbuffando, i due amici si chinarono verso il nano e, nel giro di un secondo, tutti e due ricevettero un violento pugno sul naso e caddero a terra.

 

“Sei completamente impazzito?!” scattò Doran non appena Thorin rimise piede nella fucina.

Scudodiquercia non ebbe bisogno di porgergli alcuna domanda: poteva solo immaginare a cosa si stesse riferendo il suo capo.

“Quelli erano miei clienti, lo sai?! Se non ci fossero gli uomini comprare le mie spade, non le comprerebbe nessun altro.”

“Questo non è vero” obiettò il principe. “Le comprerebbero i nani, le tue spade sono bellissime.”

Doran si esibì in una risatina ironica e nervosa, passandosi una mano tra i lunghi capelli. “I nani? Sì, come no! Loro se le fabbricano da soli le armi, non hanno bisogno di me. Gli uomini, invece, sì!”

Thorin sbuffò. “Quegli imbecilli stavano parlando male di te!” sbraitò spazientito. “Io ti ho solo difeso: non sopportavo sentir dire certe cose sul tuo conto.”

“E che cosa avrebbero detto di così grave per destare la tua ira?”

Il viso del principe nanico si imporporò. “Beh, ehm, ecco…” farfugliò incollando lo sguardo sulle sue mani, in quel momento indaffarate nel tormentarsi a vicenda. “Hanno messo in dubbio la tua sanità mentale.”

“E per quale motivo l’avrebbero fatto?” lo incalzò Doran.

“Sostengono che ti piacciano gli uomini” rispose il nano tutto d’un fiato, senza accennare ad alzare il capo per incontrare il volto del suo interlocutore.

Il viso del fabbro si rilassò in un mezzo sorriso malizioso. “Te l’avrei detto prima” cominciò. “Mi piacciono gli uomini, non è una menzogna.”

A quelle parole, Thorin alzò lo sguardo. Probabilmente sarebbe risultato buffo da un osservatore esterno: gli occhi spalancati e la bocca a formare una piccola o. Ma al nano in quel momento non importava: il suo capo era interessato ai nani del suo stesso sesso. Non sapeva spiegarsi il motivo, ma quella notizia gli aveva recato piacere. Mi sono veramente innamorato di lui?

 

I giorni passarono velocemente e Thorin si stava sempre più affezionando a Doran. Presso la sua fucina il principe aveva ritrovato la tranquillità perduta; dopo tanto tempo era tornato a sorridere di nuovo e non gli sarebbe mai stato grato abbastanza, per questo.

Ormai entrambi i nani avevano chiari i propri sentimenti: erano follemente innamorati l’uomo dell’altro. A nessuno dei due importava delle chiacchiere che c’erano in giro sul loro conto, si amavano ed erano pazzamente felici. Per quanto li riguardava, la gente poteva dire quello che voleva.

A questo stava pensando il grande Thorin Scudodiquercia, mentre osservava rilassato la neve cadere dolcemente sul terreno.

“Ehi, Thorin.”

Non appena il principe si voltò richiamato da quella voce che tanto amava, vide una palla di neve volare verso la sua faccia. Non ebbe il tempo di spostarsi: venne colpito e tutto il suo corpo fu scosso da un brivido prodotto dal contatto con quella gelida sostanza.

Doran chinò il capo all’indietro e rise di gusto.

Thorin si deterse la neve dal volto e assunse un’espressione scherzosamente minacciosa. “Vediamo se riderei ancora non appena ti avrò sistemato per bene!”

“Accetto la sfida, Thorin Scudodiquercia” li sussurrò in faccia il fabbro, con tono svenevole. Dopodiché scese le scale di corsa, inseguito dal suo amore, e in poco tempo si ritrovarono tutti e due in giardino, a tirarsi le palle di neve come se fossero stati due ragazzini.

Le persone si fermavano a guardarli con un punto interrogativo, mentre altri parevano criticarli per il loro atteggiamento infantile, poco consono a dei nani della loro età.

Ma ai due innamorati non importava: per loro, in quel momento, tutto quanto era sparito, c’erano solo due euforici omini a rotolarsi su una nivea coperta.

Doran si posizionò sopra di Thorin. Il suo volto era  a un soffio dal suo. “Torniamo dentro, mio principe. Voglio fare colazione.”

 

Dopo il sollazzo sulla neve, i due giovani nani si trovavano seduti a tavola, a mangiare in silenzio.

Fu Doran a rompere la quiete: “Secondo me dovresti riprendertela.”

Thorin rimase con il cucchiaio a mezz’aria e guardò il suo compagno con smarrimento. “Che cosa?”

Il fabbro sgranò gli occhi. “Come cosa?!” esclamò. “Parlo di Erebor! La Montagna Solitaria!”

Un velo di preoccupazione e tristezza coprì il volto di Scudodiquercia: quando stava con Doran era l’unico momento in cui il cordoglio per la sua amata patria non tormentava la sua mente.

“Io verrei con te” continuò il fabbro. “Sei il mio unico amore, non lascerei mai da solo il mio unico amore.”

Il principe nanico lasciò che un sorriso gli increspasse le labbra.

 

Il tempo passava, passava e passava. Ormai il piano per la riconquista di Erebor era stato messo a punto e alla fine Thorin aveva deciso: Doran sarebbe stato al suo fianco. Tutto ciò colmava Scudodiquercia di una gioia immensa, dal momento che il fabbro gli elargiva forza come nessun altro prima d’ora.

Ma le cose non andarono come Thorin aveva sperato: il destino aveva altre cose in serbo per lui e Doran, purtroppo, non rientrava tra quelle…

 

“Doran, Doran!” esclamò Thorin entusiasta, entrando in casa sbattendo la porta. “Dobbiamo partire, presto Erebor sarà nostra!” Il nano aveva un sorriso che gli andava da un’orecchia all’altra, un sorriso che gli morì in volto non appena raggiunse la sua camera.

Doran era a terra e respirava a malapena. Sotto di lui si era formata un’ampia pozza di sangue, mentre il nano era impegnato a tenersi una mano sul ventre.

Quella scena agghiacciante fece tornare Scudodiquercia indietro nel tempo, con la mente. Era già capitato una volta che il fabbro fosse stato vittima di aggressione, ma poi il fatto non si era più ripetuto.

In men che non si dica, Thorin gli fu addosso, cercando in tutti i modi possibili di non farsi prendere dal panico. “Doran, amore mio, che succede?” sibilò trattenendo le lacrime.

Doran lo guardò con gli occhi socchiusi, avvertendo le palpebre farsi sempre più pesanti. “Sono stato aggredito.”

Una lacrima amara rigò il volto di Thorin. “Mi avevi detto che non ti avrebbero più dato fastidio, che avevi risolto tutto.”

Avvertendo le forze venirgli sempre di meno, Doran strinse le mani del compagno tra le sue e lo guardò dritto negli occhi. “Promettimi che ti riprenderai Erebor, promettimi che ti riprenderai ciò che ti spetta di diritto.”

“Ma…”

“Promettimelo” sussurrò il nano con tono categorico. Tra poco sarebbe morto e voleva avere la certezza che il suo vero e unico amore avrebbe fatto di tutto per riavere ciò che era suo.

Singhiozzando e stringendo le mani di Doran a sé, come se stesse cercando di impedire alla morte di portarglielo via, Thorin promise.

La bocca di Doran era mezza aperta, i suoi occhi vitrei fissavano il vuoto.

Il principe si gettò sul suo corpo e pianse come non aveva mai pianto in vita sua, pianse più di quanto avesse pianto in seguito alla morte dei suoi fratelli. “Ti prego” singhiozzò convulsamente vezzeggiando il volto algido del nano. “Non andartene ora che avevo appena ricominciato a sorridere.”

Thorin in quel momento provava una rabbia indescrivibile, verso gli aggressori, e verso se stesso, che non era stato lì presente per difenderlo da quelle losche persone, la cui attività preferita era tormentarlo a causa delle sue preferenze sessuali.

Fuori dalla finestra la neve cadeva candida sul giardino, ricoprendo il terreno di morte.

 

Thorin finì il suo racconto fissando la neve che, oltre a rilassamento e bellezza, recava con sé anche tristezza e malinconia.

Bilbo si avvicinò al nano e gli asciugò una lacrima. “Non saprei proprio cosa dirti” disse con il cuore a pezzi. “Vorrei tanto fare qualcosa per alleviare questo tuo dolore.”

Improvvisamente, comparve l’ombra di un mezzo sorriso sul volto mesto del Re dei Nani. “Ma tu, sciocco di uno hobbit, mi stai già alleviando il dolore.” Si voltò verso di lui e gli prese il volto tra le mani. “Sei la mia forza.”

Gli occhi dello hobbit si inumidirono a causa della commozione. Si diede dello stupido per aver temuto che Thorin volesse lasciarlo. “Così come tu sei la mia.”

Questa volta Thorin sorrise per davvero, un sorriso talmente dolce e pieno di affetto che il signor Baggins si sentì sciogliere come neve al sole.

Pensando che tutto ciò non fosse abbastanza, Scudodiquercia pensò bene di depositare un casto bacio sulle labbra sottili di Bilbo.

“Torniamo giù, adesso” mormorò quest’ultimo una volta concluso quell’atto di vero amore. “Gli altri ci staranno dando per dispersi.”

“Non penso proprio di andarmene da questa stanza” sussurrò sensualmente Thorin con le labbra attaccate al lobo dell’orecchio del suo scassinatore.

Il nano aveva parlato con una voce talmente roca che lo hobbit aveva avvertito un brivido di piacere percorrergli tutta la schiena.

“Devo pur ringraziarti in qualche modo per aver ascoltato la mia esperienza.”

A quelle parole, il signor Baggins assunse un atteggiamento malizioso e si posizionò sulle gambe del compagno, gettandogli le braccia al collo. “So come potresti ringraziarmi” disse con tono flebile e languido. “Me, te e un letto. Non serve altro.”

Lo hobbit non riuscì ad aggiungere altro: la lingua del nano prese possesso della sua bocca, coinvolgendolo in un bacio lungo e appassionato.

Thorin sostenne Bilbo per le natiche e lo gettò sul letto, sentendo il fuoco della passione ardergli nel petto in maniera insistente.

 

Quella notte Bilbo e Thorin fecero l’amore come non l’avevano fatto da giorni. Se avessero saputo della follia, della morte e del dolore che li aspettavano dietro l’angolo, avrebbero rinunciato a tutto, Thorin avrebbe lasciato perdere la sua amata Montagna e non avrebbe mai lasciato quel letto. Sarebbero rimasti tra le coperte, ad amarsi fino alla fine dei tempi.


Angolo del autrice:

Eccomi sono tonata, con una nuova Thilbo mi sono permessa di aggiungere un nuovo personaggio nel passato di Thorin, spero che l'idea vi sia piaciuta? Oltre tutto ringrazio la mia beta per avermi aiutato a correggerla grazie mille! u.u
Alla prossima! Dalla vostra Fuji! *^*














 
  
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