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Autore: Pareidolia    05/05/2016    0 recensioni
Cosa divide la vita dalla morte?
Un anziano samurai, lungo la via della vita, si ritrova nel momento più importante della sua esistenza e, guidato dall'istinto e da una forza sconosciuta, inizia a percorrere una strada persa nei suoi ricordi.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Acqua, litri e litri di acqua dappertutto.

Pochi riflessi, lontani, sulla superficie e l'aria sempre più assente, i sensi sempre più persi in un limbo ignoto e poi, il nulla.

Un sogno ricorrente, spaventoso; una memoria lontana persa chissà dove ma che continuamente gli tornava alla mente all'improvviso, come un fatale colpo di spada. Questo era quella scena per lui. Il ricordo di quando, da bambino, quasi affogò.

Se ne stava seduto sul retro di un carretto di legno trainato da due cavalli, il cocchiere in silenzio fissava la strada davanti a sé. Occhi stretti e bui, sottili come fili d'erba ma attenti. Lui, intanto, scrutava il paesaggio montano che aveva attorno, nella rigogliosa rinascita della natura agli inizi della primavera. Il fresco vento di Aprile accarezzava il suo viso, coperto dal largo cappello di paglia che lo riparava dal sole che con forza illuminava ogni cosa. In lontananza si udiva un cinguettio di uccelli, liberi e felici in quell'atmosfera calma, che quasi pareva un dipinto tenue e fluido.

Sorrise, lasciando il proprio animo in balia di quel venticello.

 

Un dolce canto

a inizio Aprile

accompagna il mio solitario viaggio

 

Così scrisse, mosso dall'istinto, su un foglio che aveva accanto e tornò ad osservare quel mondo pieno di forme e colori densi e vividi.

Il suo volto era anziano, una leggera barba argentea gli circondava il mento e gli occhi stanchi parevano risplendere di una luce misteriosa, viva. I lunghi capelli biancastri si libravano nel vento con estrema leggerezza, danzando nei suoi movimenti, alternando gesti lenti ad altri ben più rapidi e improvvisi, senza seguire un vero e proprio ritmo. Se non fosse stato per le minacciose spade allacciate alla cintura di seta, chiunque lo avrebbe scambiato per un comune vecchietto di campagna. Era solito approfittare di questa impressione che dava agli altri, addirittura nascondendo a volte quelle terribili armi e sorprendendo così i briganti che cercavano di fermarlo lungo la strada.

Da mesi viaggiava, alla costante ricerca di qualcosa che i suoi vecchi occhi non avevano ancora osservato e le sue rugose mani non avevano sfiorato ma ogni notte lo percepiva, lo sentiva aggirarsi piano per la foresta attorno a lui e accarezzarlo ma, quando si svegliava, subito svaniva. Ciò lo rendeva terribilmente triste e disperato ma un presentimento, nel suo animo, lo spingeva a ripercorrere i luoghi che aveva visitato nella sua vita. Aveva ripercorso ormai ogni ricordo da tempo e solo un luogo, remoto e solitario, mancava ancora da vedere.

Su quel piccolo e cigolante carretto, però, sentiva di essere in qualche modo affine al cocchiere e persino a quello scuro legno, sentiva di essere in totale accordo col loro animo e con il loro assoluto silenzio. Nessuno di loro parlava e andava bene così, il silenzio era puro e sincero, spontaneo. Ma ben sapeva che presto si sarebbero dovuti separare e questo pensiero peggiorò ulteriormente il suo umore.

Giunsero così ai piedi di una montagna ricoperta da freddi alberi i cui rami erano spogli ma rigogliosi, pieni di giovani germogli in procinto di aprirsi.

L'uomo guardò il cocchiere, si fecero un leggero cenno con la testa e l'anziano porse all'altro il foglio su cui aveva scritto quel componimento, insieme ai pennelli e all'inchiostro. Sentiva che non gli sarebbero più serviti. Si separarono.

Il carretto proseguì lungo il sentiero mentre il vecchio, improvvisamente infreddolito ma con lo spirito colmo di una strana sensazione, guardò la salita che aveva davanti e mosse i primi passi lungo essa.

I rami delle piante erano talmente tanto intricati che dovette farsi strada tagliandoli con la lunga e affilata spada. Usandola, gli tornarono alla mente i duelli, le intere battaglie e il sangue che aveva sparso con essa. La sua vita, dopotutto, era dedicata alla lotta continua e quella spada ne era il simbolo, l'assoluto dogma della sua intera esistenza ma allo stesso tempo era una compagna di viaggio, di mille esperienze e avventure. Con sé portava il profumo di differenti amori svaniti col tempo, di ricordi dolci e indelebili, fissi tanto nella sua memoria quanto nell'acciaio di quella sottile lama e lì, su quella montagna, tutto ciò si scatenò in lui all'improvviso tramite le vivide immagini che si portava nel cuore.

Poco a poco, man mano che saliva, la stanchezza iniziò a farsi sentire sempre più. Non era più il giovane e rapido soldato di un tempo e le sue ossa gli gridavano, ora, pietà, implorandolo di fermarsi ma qualcos'altro, qualcosa di più profondo lo spingeva a continuare, gli sussurrava dolcemente di procedere senza avere paura.

Continuando a camminare, con calma, raggiunse la cima di quella piccola montagna, alta pochi metri.

Si trovò davanti un tempietto antico, nascosto dagli alberi e coperto da rampicanti. Grosse statue di divinità si ergevano ai lati della stretta entrata e una sola, piccola ma luminosissima luce risplendeva all'interno. Si trattava di una minuscola candela solitaria, proprio come lui ed esattamente come la sua vita brillava fievolmente ma con vigore.

Gli occhi stanchi dell'uomo la fissavano, incantati dalla sua bellezza e non poté fare a meno di essere tentato dall'avvicinarsi sempre più, a piccoli passi. Una volta all'interno del tempio si inginocchiò davanti all'altare sul quale la candela splendeva, abbassò la testa fino al freddo pavimento e pregò. Attorno a lui giacevano mucchi di ossa, nella stessa posizione in cui lui si trovava ora.

Erano vecchi e avvizziti ma da loro traspariva una sorta di onore in quella posa così ferma, decisa. Finita la preghiera alzò la testa e li osservò tutti, senza averne paura.

Ormai era poco il tempo, se lo sentiva.

D'improvviso udì un fruscio e una dolce, candida ragazza gli si sedette accanto, in ginocchio. Aveva lunghi capelli scuri, il volto bianco di rara bellezza e dai lineamenti leggiadri e delicati di una principessa.

Kyiomi...” pensò.

In quel fruscio, lui riconobbe i propri sogni e ciò che la notte lo accarezzava, lo cullava e leniva le sue sofferenze di anziano, riconobbe ciò che cercava. Il ricordo di quella giovane e bella ragazza mai aveva lasciato la sua mente, in tutti quegli anni perché, dopotutto, mai avrebbe potuto scordare il suo primo vero amore.

Con un largo sorriso la guardò, lei ricambiò lo sguardo e afferrò le mani rugose dell'uomo. Insieme, nella pace della montagna, uscirono dal tempio e svanirono nel vento, nei germogli dei fiori che subito sbocciarono nei loro accesi colori, nei cinguettii degli uccelli, nei riflessi dei fiumi e in tutto ciò che la natura fu in quel preciso istante.

   
 
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