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Autore: kateausten    05/05/2016    3 recensioni
“Vuoi delle ripetizioni?”, chiese a un certo punto Castiel, mentre camminavano verso l’infermeria.
“Pensi che ne abbia bisogno?”, rispose Dean con un sorriso divertito.
Uno sguardo di scuse sbocciò negli occhi di Castiel.
“Non voglio dire che ti servano ripetizioni per tutte le materie. So che a Difese contro le Arti Oscure sei il migliore del nostro anno e anche nelle altre te la cavi”, spiegò Castiel mentre svoltavano un angolo. Dean cercò di non apparire troppo compiaciuto. “Ma a Pozioni.. non, uhm.. non..”.
“Sono una schiappa”, terminò Dean per lui con una risata.
“E il prossimo anno ci sono i M.A.G.O”, concluse Castiel. “Ti servono buone basi. Basi solide”.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Charlie Bradbury, Dean Winchester, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Marzo 1990


“Non ci riesco. E’ inutile”, sussurrò Chuck Shurley mentre mescolava con mani maldestre la pozione davanti a lui. “Distillato della morte Vivente. Piton è matto, non c’è alcun dubbio”.
Dean Winchester guardò l’amico e ridacchiò, guadagnandosi un’occhiata di fuoco da parte del professore di Pozioni, mentre aggiungeva il succo di fagioli solforosi alla sua pozione.
“Ti devi solo calmare”, sussurrò mentre la pozione si avvicinava al lilla chiaro, colore che - secondo il libro Pozioni Avanzate-, il liquido avrebbe dovuto raggiungere a quel punto.
“La fai facile te”, borbottò Chuck risentito, mentre guardava sconsolato il blu oltremare della sua pozione. “Come diamine hai fatto? Solitamente sei peggio di un Troll a Pozioni!”.
Dean sorrise sornione e non rispose, guardando soddisfatto la propria pozione e scoccando poi uno sguardo alla propria destra, tra i leggeri fumi dei calderoni che riempivano il sotterraneo di Pozioni. Una testa che Dean avrebbe potuto riconoscere fra mille era piegata sul proprio calderone e i capelli neri erano arruffati come sempre; con un leggero fastidio notò anche una testa bionda che si chinava accanto a quella nera, ma cercò di reprimerlo.
Andiamo, mica era una ragazzina gelosa.
“Ehi fratello, queste lezioni insieme ai Corvonero non sono mica poi così male”, mormorò una voce suadente dietro di lui.
Dean si girò verso Benny LaFitte (non prima di essere sicuro che quel vecchio pipistrello di Piton stesse guardando da un’altra parte); il suo migliore amico aveva finito la sua pozione, che era di una quasi perfetto color trasparente e stava ammiccando a una ragazza dall’altra parte della stanza. “Non capisco se Andrea ha quell’espressione perché non le riesce la pozione o perché la stai fissando come un maniaco”, commentò una voce femminile alla sinistra di Benny.
“Andrea è molto brava in Pozioni”, ribattè piccato Benny.
“Allora questo vuol dire”, mormorò soavemente Charlie Bradbury. “Che è risentita dalle tue attenzioni”.
Chuck si lasciò scappare una risatina mentre si rigirava verso la sua pozione.
“E’ troppo carina per uscire con te”, continuò Charlie mentre guardava compiaciuta la sua pozione completamente trasparente.
“Non è vero”, ribattè Benny. “Non è colpa mia se non le piacciono le ragazze”.
“Charlie, Benny ha ragione”, disse Dean. “Puoi provarci con quella Amberson di Tassorosso.. E’ carina e sembra che giochi nella tua squadra”.
Charlie lo fissò, scuotendo i lunghi capelli rossi.
“Per caso Sammy ti ha dato ripetizioni?”, chiese.
“Come?”.
“La tua pozione è.. decente, Dean”, spiegò lei, incuriosita. “Com’è che stavolta non hai fatto saltare in aria il calderone?”.
Dean sentì del calore sulle guance.
“E’ successo solo una volta”, protestò. “E poi Sam è al secondo anno, mentre io al sesto! Grazie tante”.
“Si, ma è Corvonero e decisamente più studioso di te”, ribattè Charlie senza pietà.
“Ragazzi”, pigolò Chuck. “La mia pozione è quasi arancione”.
“Beh, sono contento che..”.
“Sarei felice di farvi continuare con le vostre chiacchiere, signori“, li riprese una voce bassa e tutti loro si zittirono immediatamente. “So che i discorsi dei Grifondoro sono.. come dire? Estremamente interessanti, ma ho bisogno delle vostre pozioni per comunicarvi lo zero che avrete sicuramente preso. E’ un disturbo per voi?”.
Benny borbottò qualcosa di indefinito.
“Punizione per il signor Lafitte”, commentò amabilmente Piton e Benny sgranò gli occhi. “Ora, prima che mi arrabbi sul serio, portatemi le vostre fialette”.
Il professor Piton sembrò allontanarsi, poi si girò. Scoccò un’occhiata di disgusto alla pozione di Chuck che tramutò poi in leggera sorpresa quando guardò quella di Dean.
“Abbiamo cominciato a studiare, signor Winchester?”, chiese con voce monocorde, prima di allontanarsi verso i Corvonero.
“Più o meno”, mormorò Dean e si girò nuovamente verso destra.
Fu quasi sicuro di aver scorto un sorriso fra tutte quelle divise nere e blu.


 
*

La cosa con Castiel (non sapeva esattamente come definirla. L’amicizia? La collaborazione? Erano termini troppo sbagliati quando pensava a Cas) era iniziata circa tre mesi prima, giusto un paio di giorni prima le vacanze di Natale. Aveva fatto esplodere il famoso calderone durante l’ultima lezione di Pozioni - in tempo per tornare con un Desolante da John e Mary-, mentre quello che doveva essere liquido di Felix Felicis schizzava sulle divise dei suoi compagni di Casa e su qualche sfortunato Corvonero.
Quello che era stato colpito con più aggressività era stato proprio Castiel Novak, che Dean conosceva solo di fama: Prefetto, tutti voti che variavano dall’Eccezionale al Perché non puoi diventare subito Ministro della Magia, ligio al dovere e alle regole, con una scopa perennemente piantata su per il culo. Dean aveva fatto una smorfia peggiore di quella di Piton quando il professore gli aveva intimato di accompagnare Novak in bagno o in Infermeria o in qualsiasi posto in cui non avrebbe dovuto avere entrambi davanti agli occhi.
Mentre camminavano per i corridoi deserti e l’aria fredda di quel dicembre sembrava entrare da ogni spiffero del castello, Dean provò disagio e senso di colpa in ugual misura.
“Mi dispiace”, provò a dire alla statua di sale che gli camminava accanto. In effetti, erano un po’ ridicoli con tutte quelle macchie argentate fra i capelli e sulla divisa. Si lasciò sfuggire una risata nervosa.
“Non volevo che passassi così l’ultimo giorno di scuola”.
Castiel si fermò e lo guardò dritto negli occhi.
Dean deglutì.
Aveva dimenticato che c’era un’altra cosa per cui Castiel Novak era famoso: il blu dei suoi occhi, frequentemente decantato dalle ragazzine dal Quarto anno in su.
“Tu sei un pericolo pubblico”, annunciò serio.
Dean, che si era aspettato una valanga di accuse o addirittura un pugno, spalancò la bocca incredulo. Poi scoppiò a ridere.
“Amico, questo che mi dici non è affatto una cosa nuova”, esclamò dandogli una pacca sulla spalla. Castiel guardò stranito la sua reazione.
“Non vedo il motivo di tanta ilarità. Avresti potuto farti male. O far male a qualcuno”.
Dean si sentì ancora un po’ in colpa (Sam diceva che il senso di colpa era la quinta essenza di Dean).
“Ascolta, mi dispiace, davvero”, disse smettendo di ridere e mettendo su un espressione affranta. “Se il calderone avesse dovuto centrare per forza un Corvonero allora avrei preferito Gabriel”.
Castiel assunse un’aria curiosa.
“Perché proprio Gabriel?”, chiese avvicinandosi.
Dean scrollò le spalle.
“Perché sta sempre li a sghignazzare come un’idiota e sembra ti prenda per il culo perennemente e.. uoh! Novak, spazio personale!”.
Mentre stava parlando Castiel gli si era avvicinato quel troppo da rendere la vicinanza ambigua e imbarazzante.
Dean era affettuoso il più delle volte; abbracciava senza vergogna il suo fratellino nerd mentre passavano per i corridoi (era Sam che si vergognava) e se c’era bisogno di un abbraccio o di una pacca sulla spalla per un suo amico non si tirava indietro.
Ma Castiel Novak e il suo sguardo che pareva pronto a divorarlo lo avevano reso smarrito, confuso e la reazione istintiva che ebbe fu quella di fare un balzo all’indietro picchiando contro una vecchia armatura, la quale si lamentò lanciando poi un epiteto poco carino. (E Dean ci avrebbe ripensato a quello sguardo, durante le vacanze, ci avrebbe pensato la sera, al buio, mentre cercava di dormire ma non ci riusciva perché nessuno, nessuno, lo aveva mai guardato così).
“Le mie scuse”, mormorò Castiel con uno sguardo da cane bastonato, allontanandosi da Dean. Dopo un secondo di silenzio Dean si passò una mano tra i capelli e fece una smorfia mentre sentiva che il liquido appiccicoso cominciava a indurirsi.
“Ehi, ehm.. Che ne dici se ci togliamo questa roba di dosso?”, chiese senza guardarlo, “Credo che stia passando allo stato solido e non voglio sentire gli strilli di Madama Chips mentre cerca di togliercelo”.
La scena strappò un sorriso sul volto reticente di Castiel e Dean si sentì stranamente orgoglioso di se stesso.
“Vuoi delle ripetizioni?”, chiese a un certo punto Castiel, mentre camminavano verso l’infermeria. “Pensi che ne abbia bisogno?”, rispose Dean con un sorriso divertito.
Uno sguardo di scuse sbocciò negli occhi di Castiel.
“Non voglio dire che ti servano ripetizioni per tutte le materie. So che a Difese contro le Arti Oscure sei il migliore del nostro anno e anche nelle altre te la cavi”, spiegò Castiel mentre svoltavano un angolo. Dean cercò di non apparire troppo compiaciuto. “Ma a Pozioni.. non, uhm.. non..”.
“Sono una schiappa”, terminò Dean per lui con una risata.
“E il prossimo anno ci sono i M.A.G.O”, concluse Castiel. “Ti servono buone basi. Basi solide”. Dean si girò verso di lui, a quella frase. Forse non aveva tutti i torti. Forse aveva bisogno di qualche base solida per cominciare ad impostare la sua vita.
Forse..
Dean non si permise di finire il pensiero (erano tanti i pensieri che Dean non si permetteva di finire) e annuì.
“Sai?”, disse soprappensiero. “Non è affatto una cattiva idea”.



 
*



Dean ripensò a quella scena mentre, dopo Trasfigurazione, tornava di corsa nei sotterranei per riprendersi Pozioni Avanzate. Lo aveva lasciato là come un idiota, troppo occupato a crogiolarsi nelle occhiate di pieno orgoglio che Castiel gli lanciava.
Tre mesi di duro lavoro in Biblioteca e un in insegnante severo come Castiel avevano portato a un netto miglioramento per le disastrose pozioni di Dean e a una cotta magistrale nei confronti del proprio insegnante sedicenne.
Con il passare del tempo, serata dopo serata, Dean si era reso conto di aspettare con impazienza tutti i lunedì, mercoledì e venerdì sera: ogni volta tratteneva il fiato, perché anche se era lui a tardare (cotta o non cotta lui era Dean Winchester e doveva farsi aspettare), temeva di non trovare Castiel al loro tavolo prediletto.
Ma invece era sempre lì che lo aspettava, perennemente curvo su un tomo grosso quanto Sammy e un lieve sorriso che gli increspava le labbra quando lo vedeva sedersi davanti a se.
“Ciao Dean”.
“Hey Cas”.
E così iniziavano.
Sebbene avesse amicizie e legami profondi, Dean sentiva che, nel cuore, l’unica persona a cui sarebbe rimasto sempre fedele era Sam. Non aveva mai dubitato della fedeltà dei suoi sentimenti verso Sammy, era una base solida- tanto per citare Cas-, ed era quindi sorprendente che accanto al nome di Sam ce ne cominciasse ad essere un altro.
Era spaventoso per un verso, eccitante per un altro e fottutamente pauroso per una serie di motivi che Dean non voleva neanche cominciare ad elencare.
Inoltre Castiel era strano, su quello non c’erano dubbi. Dean notava che non si avvicinava più del dovuto e che stava attento a non invadere il suo stramaledetto spazio personale.
Non lo capiva, sebbene ci mettesse più impegno che a Pozioni: Castiel Novak lo avrebbe presto mandato al reparto di malattie mentali del San Mungo.
Quando aprì la porta della classe ebbe il timore di trovarci Piton ma fortunatamente era del tutto vuota. Il libro era sulla cattedra, accanto a tre piccoli calderoni di ottone; il fumo argenteo che sprigionava il primo era inebriante e Dean lo aspirò con forza.
Sapeva di pioggia, libri di biblioteca e.. cosa era il terzo odore?
Dopo un attimo lo riconobbe e gli si mozzò il fiato.
Era l’odore che aveva quella schifezza bruciata schizzata a tutta velocità dal proprio calderone e finita tra i capelli di Castiel.
Non era possibile, non era assolutamente possibile..
“Dean”.
Il ragazzo sobbalzò, lasciando quasi cadere il libro.
“Charlie”, disse con un filo di voce. “Mi hai fatto prendere un infarto”.
Per nulla pentita, la ragazza si avvicinò all’amico.
“Che stavi facendo?”, chiese.
“Ho recuperato il mio libro”, rispose Dean, ancora intontito dall’odore della pozione. “Tu piuttosto che ci fai qui?”.
“Sto aspettando Benny. Piton mi ha messo in punizione con lui”, disse con uno sguardo divertito negli occhi.
A Dean non piaceva quello sguardo.
“Ah”.
“Non lo hai sentito quando Piton lo ha detto, vero?”, domandò con voce retorica, sempre con quello sguardo negli occhi.
“Uhm”.
“Tu e Novak eravate troppo occupati a farvi gli occhi languidi”, concluse osservandosi le doppie punte.
Non gli piaceva per niente.
Dean sentì tutta l’aria risucchiata via dai suoi polmoni mentre guardava i grandi occhi chiari dell’amica.
“Non fare quell’espressione, tesoro”, disse con tenerezza (tesoro? tenerezza? Charlie? Doveva avere una faccia veramente terribile). “Me ne sono accorta solo io, perché sono una donna e sono molto più intelligente di tutti voi”.
Dean abbozzò una risata e sentì i battiti del cuore rallentare.
“Ascolta Charlie, non è come…”.
“Penso? Andiamo, Dean”, disse lei. “Sei molto più intelligente rispetto alla bugia che stai per propinarmi”.
Dean sospirò e lasciò perdere.
“Si vede da come lo guardi”, continuò Charlie. Non c’era scherno nel suo tono, nessuna ironia. Forse solo una leggera malinconia che Dean non seppe identificare. “Non c’è nulla di sbagliato. Ti conosco ormai, Dean, e posso dire con certezza che se una persona è amata da te allora vuol dire che è maledettamente fortunata”.
Dean si sporse e la abbracciò, lasciando cadere il libro. Non disse nulla; forse, con Charlie, non ce ne era bisogno.
Quando si staccò da lei, grugnì una risata e guardò nuovamente la pozione che lo aveva così tanto rapito.
“Sai per caso dirmi cosa diamine è questa?”, chiese indicando il calderone.
Charlie si avvicinò e annusò; gli occhi si spalancarono e represse una risatina.
“E’ Amortentia, Dean”, disse. “Che c’è? Vuoi per caso usarla su qualcuno?”.
  
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