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Autore: soffio di nebbia    05/05/2016    3 recensioni
Improvvisamente si sentì più piccola che mai, anche se presto avrebbe compiuto vent'anni.
Non era pronta a diventare adulta, non era pronta a lasciare casa e a costruirsi da capo una vita lontano da tutti. Non era pronta ad avere un bambino e ad affrontare un mondo che l'avrebbe ostacolata in tutti i modi. Non era pronta a nulla di tutto questo, ma avrebbe imparato a sopravvivere.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cygnus Hyoga, Natassia, Nuovo Personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 1


Mamma, che ne sanno del dolore,
Di quello che si può provare per una disperata decisione,
E di quando avevi tu vent'anni, fatti di progetti e sogni,
In cui desideravi un figlio che cambiava la tua vita,
E che stringevi forte al cuore e poi vedevi camminare
E lentamente costruire la sua vita con dignità

(La verità - Povia)


*****


«Esci da questa casa e non farti rivedere»
Natassia ebbe l'impressione di essere investita da un treno in corsa quando udì la dura sentenza di sua madre. Nemmeno un briciolo di esitazione aveva accompagnato la voce della donna che l'aveva messa al mondo.
Natassia cercò un sostegno nello sguardo della nonna. L'anziana donna se ne stava seduta in disparte, senza proferire parola. Cercò, allora, gli occhi di Olga. Sua sorella, più giovane di tre anni, stringeva nei pugni la propria veste, lottando con se stessa per smettere di tremare. Nemmeno lei riusciva a reagire, eppure Natassia non riusciva a fargliene una colpa.
«Sei forse impazzita? Che cosa volevi dimostrare facendo la sgualdrina con il primo forestiero?»
Gli occhi di sua madre erano ora ridotti a spilli di ghiaccio in grado di tagliare la nebbia.
«Se tuo padre fosse ancora vivo ti sputerebbe in faccia dalla vergogna!»
A quelle ennesime parole, Natassia dovette fare appello a tutto il proprio autocontrollo per non scoppiare a piangere davanti alla donna. Si sentiva vulnerabile, le sue ginocchia tremavano fin quasi al punto di cedere, ma la giovane incassò silenziosamente anche quell'ennesima accusa.
Si portò le mani sul grembo sporgente, ormai rotondo in una maniera inconfondibile.
«Non pensavo che sarebbe andata così» riescì a mormorare «Lui diceva di volermi sposare, che tutto sarebbe andato per il meglio...»
La risposta di sua madre fu spietata:
«Non cercare scuse per lavarti la coscienza, è colpa tua se sei in questa situazione. Ti sei lasciata tentare dal peccato e ora ne paghi le conseguenze»
Natassia si portò le mani alla bocca nell'inutile tentativo di soffocare un singhiozzo. Una cascata di capelli color grano le coprì il viso rigato di lacrime.
«Mamma»
La voce di Olga si levò per la prima volta dal fondo della stanza. La ragazza, una giovane dal viso rotondo con due lunghe trecce scure, osservava la scena sull'orlo delle lacrime.
«Non puoi dirlo sul serio...»
La madre diede le spalle ad entrambe le figlie, ormai decisa ad andare fino in fondo.
«Sparisci» si limitò a dire mentre si allontanava.
Natassia corse a bloccarla per un braccio in un ultimo, disperato tentativo di ottenere pietà.
«È tuo nipote quello che porto in grembo!»
La madre si voltò unicamente per sugellare la propria sentenza con un forte schiaffo.
Natassia si portò una mano alla guancia colpita senza più nemmeno la forza di guardarla in faccia.
Sua madre la squadrò per un'ultima volta da capo a piedi, con disprezzo.
«Non è mio nipote, è soltanto un bastardo» disse.
E con quelle parole firmò la condanna di due vite innocenti.

*****

Avrebbe dovuto immaginare che presto non avrebbe più potuto nascondere l'inconfondibile rotondità del ventre. Avrebbe dovuto immaginare che sua madre non avrebbe mai digerito la notizia che sua figlia avrebbe dato alla luce un bambino il cui padre aveva fatto sparire le proprie tracce dopo averle promesso amore eterno. Eppure, quella consapevolezza non era servita a niente.
Quella notte, Natassia trovò rifugio in un granaio abbandonato, non molto lontano da casa.
Si accucciò in angolo, stringendosi in un pesante cappotto di lana. L'autunno era alle porte e il freddo della Siberia si insisuava prepotentemente oltre la fragile barriera dei vestiti.
Almeno un lato positivo, però, quel rifugio improvvisato ce l'aveva: in quel luogo, Natassia poteva essere lontana dagli sguardi della gente. Il villaggio in cui aveva sempre vissuto era piccolo, le notizie circolavano in fretta e tutti erano già pronti ad ergersi a giudici. Gli stessi vicini che l'avevano vista crescere, gli stessi vecchi compagni di giochi, le stesse persone che da bambina l'avevano abbracciata quando suo padre era morto a causa di una grave malattia, si zittivano nel vederla passare. La fissavano, cercavano con lo sguardo la pancia nascosta sotto il cappotto e, non appena Natassia si era allontanata, riprendevano a discutere a bassa voce tra di loro.
Kurva la chiamavano, credendo che lei non sentisse. Aveva udito quella parola più volte in quel solo giorno che in tutta la sua intera vita.
Un rumore improvviso fece sussultare Natassia. La porta del granaio si aprì lasciando scivolare all'interno una sagoma furtiva.
«Nat, sono io!»
Natassia riconobbe immediatamente la voce di Olga. La giovane, infatti, uscì subito allo scoperto, raggiungedo di corsa la sorella e inginocchiandosi accanto a lei.
«Sapevo che ti avrei trovata qui» disse.
Olga aveva portato una borsa con sé. Cominciò a frugare al suo interno e ne trasse fuori una pesante coperta che usò per coprire al meglio il corpo infreddolito di Natassia.
«Ti ho messo del denaro nella borsa» disse «C'è anche del cibo per un paio di giorni e dei vestiti più pesanti per quando farà più freddo»
Natassia avvertì un nodo alla gola. Era completamente sola, eppure bastavano quelle piccole premure a darle l'impressione che, forse, qualcuno che ancora le voleva bene c'era ancora.
«Grazie» disse con un filo di voce.
Olga rimase in silenzio per un lungo istante. Abbassò gli occhi sulle proprie mani ed esitò prima di aprire nuovamente bocca:
«Forse non è necessario tutto questo» disse.
Natassia alzò lo sguardo incontrando quello della sorella.
Olga continuò:
«È un errore a cui si può rimediare, al villaggio ci sono già stati casi simili... La mamma dice che la levatrice potrebbe occuparsene domani stesso e tu...»
Non fece in tempo ad aggiungere altro. Natassia la spinse via con rabbia, mossa da un moto di ribellione di cui nemmeno lei si sarebbe ritenuta capace:
«Mio figlio non è un errore!» esclamò.
Le mani, strette al tessuto della coperta, tremarono nella penombra. Gli occhi di Natassia si riempirono di lacrime.
«Nessuno ha il diritto di chiamarlo così... nessuno ha il diritto di fargli del male»
La sua voce era ormai ridotta ad un fioco lamento.
«Lui non ha chiesto niente, è soltanto un bambino...»
Le sue parole si spensero in un pianto silenzioso.
Olga non disse nulla. Sapeva già che sarebbe andata così, ma almeno una volta voleva tentare di farle cambiare idea. Erano cresciute insieme, avevano condiviso dolori e difficoltà. Entrambe sapevano che quelli potevano essere gli ultimi momenti che trascorrevano fianco a fianco e Olga non riusciva a tollerare l'idea che Natassia potesse scomparire per sempre dalla sua vita.
Natassia alzò il viso e guardò la sorella.
«Anche tu ce l'hai con me?»
Non era una vera e propria domanda, assomigliava di più ad una supplica.
Olga posò una carezza sui biondi capelli di Natassia.
«E per che cosa? Dovresti essere tu ad avercela con me... che non sono riuscita a far nulla per evitare tutto questo»
La sua voce si spense in un singhiozzo appena soffocato. I suoi occhi chiarissimi, che in passato brillavano di una luce diamantina, si velarono con una cortina di opaca rassegnazione.
Il chiaro di luna si insinuò all'interno del granaio andando a posarsi sulle sue lunghe trecce che, inconrniciando le gote rotonde e arrossate dal freddo, contribuivano a far persistere in lei un'ultima traccia di innocenza infantile, la scia finale di una fanciullezza che sembrava ormai finita per entrambe.
«Non sono pronta» mormorò Natassia.
Non lo era. Non lo era per niente.
Improvvisamente si sentì più piccola che mai, anche se presto avrebbe compiuto vent'anni.
Non era pronta a diventare adulta, non era pronta a lasciare casa e costruirsi da capo una vita lontano da tutti. Non era pronta ad avere un bambino e ad affrontare un mondo che l'avrebbe ostacolata in tutti i modi. Non era pronta a nulla di tutto questo, ma avrebbe imparato a sopravvivere.
Prima di alzarsi in piedi, Olga la strinse forte a sé un'ultima volta.
«Abbi cura di te» disse.
Natassia non rispose. Poco più tardi, Olga si richiuse la porta del granaio alle spalle.
Una parte della vita di Natassia era ormai finita.
Raggomitolata nella coperta, la giovane si portò una mano al petto, frugando sotto i pesanti vestiti.
Nell'oscurità scintillò il riflesso dorato di un ciondolo a forma di croce, l'unico ricordo che le fosse rimasto di suo padre.
La giovane chiuse gli occhi. Due lacrime solitarie scivolarono dalle sue ciglia scure. Strinse tra le mani il piccolo pendente e cominciò a pregare come suo padre le aveva insegnato.


Note: Il titolo è da intendersi come provvisorio, oggi non sono molto fantasiosa ^^
Come avrete capito, in questa long vorrei provare a ricostruire una parte di storia sulla quale sappiamo poco: la vita di Hyoga e Natassia prima della tragedia che tutti conosciamo. Dal momento che le informazioni fornite all'interno dell'opera originale sono poche, tutto ciò che scriverò è frutto di una mia interpretazione, pertanto potrei fornirvi una visione molto distante da ciò che magari vi siete immaginati voi... chi era Natassia? Dove viveva? Cosa faceva? Che persone ha incontrato? Come sono stati i primi anni di Hyoga? È questa la storia che mi sono proposta di ricostruire... spero di farcela ^^
  
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