Correte, correte veloci, consapevoli che ben presto potrebbe giungere la fine.
Non sentite altre voci all’interno dell’astronave: siete soli, ergo siete l’ultima speranza per la vostra squadra di non diventare tutti concime per i fiori.
Correte forte e mentre lo fate, evitando abilmente i pezzi della navicella sparpagliati nei lunghi corridoi, le vostre mani finiscono per intrecciarsi; vi tirate l’uno con l’altra aiutandovi con le movenze più complicate e alla fine riuscite a trovare una piccola conca dove al novantanove percento a nessuno verrà in mente di cercarvi.
È stretto e buio il vostro riparo, finite l’uno sull’altra senza pensarci troppo, senza neanche accorgervene, con i vostri respiri che si fondono e si uniscono all’adrenalina che vi scorre nelle vene. Gli scagnozzi dei Signori del Tempo vi sono appena passati di fianco senza percepirvi e continuano a muoversi per la Waverider a una velocità disarmante, che mai avresti ipotizzato possibile con quelle armature enormi e apparentemente pesanti.
Appena i loro passi si fanno più lontani, quasi inudibili, i vostri sguardi si incrociano e solo in quel momento vi rendete conto della situazione imbarazzante in cui vi trovate. Vi scappa una risatina e il sorriso resta impresso sul vostro volto.
«Però, non avrei mai creduto di dover ringraziare Savage per un’opportunità come questa.»
Sara ride, come è giusto che sia, alla tua battuta, poggiando le mani sulle tue spalle e cominciando pian piano a muoversi e spostarsi. Restate poggiati su un fianco, faccia a faccia, con i gomiti che aiutano le vostre teste a rimanere alzate.
«Goditela fin che puoi, non ce ne saranno altre» ti risponde beffarda, inclinando un po’ il capo verso sinistra.
«Continua a ripetertelo, Sara.»
Restate qualche secondo in silenzio, le orecchie tese per avvertire qualsivoglia rumore, e l’aria seria torna a governare i vostri volti: i passi sono spariti, per cui potete tranquillamente uscire.
Scendi per primo e la aiuti a fare lo stesso, afferrandola per la vita. Rimanete a pochi centimetri di distanza e un piccolo ghigno inizia a farsi strada sul tuo bel viso. «Potremmo morire, lo sai?» le chiedi retoricamente, con l’espressione di un cucciolo abbandonato.
«Come al solito.»
Assumi un’aria delusa e sconsolata, più falsa di Giuda.
Sara ti asseconda, mostrando la bella dentatura biancastra. «Beh, se questo è un addio...». Si tuffa in una frazione di secondo sulle tue labbra e tu rispondi al bacio non appena resotene conto. Le vostre lingue si scontrano, i sospiri si mischiano e le sue mani ti attirano sempre più a sé per la nuca. Restate incollati quasi un minuto intero, poi vi separate, felici.
«Andiamo a prenderli?» ti invita, sfoderando i suoi micidiali bastoni dalle tasche.
Prendi la pistola dalla cintura e la attivi, portandotela alla spalla. «Facciamo il culo a qualche Maestro del Tempo.»
Mentre camminate, fianco a fianco, le viene spontanea un’osservazione: «È un po’ la nostra versione del tennis, giusto?»
Annuisci, con un sogghigno divertito. «È la nostra normalità.»