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Autore: Eli Ardux    06/05/2016    1 recensioni
"Ho spesso pensato a come ti avrei detto addio un giorno. La morte è inevitabile, in fondo. Eppure non pensavo sarebbe successo così in fretta. Mi sono spesso immaginata invecchiare al tuo fianco. E sai, ricordare tutte quelle bellissime bugie fa male. Ma fa ancora più male pensare che tu stia leggendo tutto questo mentre io non sarò al tuo fianco. Mi dispiace, Sirius. Mi dispiace provocarti questo nuovo peso. Mi dispiace non averti suscitato un’altra volta un sorriso. O forse ci riuscirò ancora. Forse, tra molti e molti anni, ricorderai ancora quella stramba ragazza che ti ha insultato così pesantamente. Ricorderai ancora, magari, il calore di un abbraccio, quando il mondo inizierà a diventare freddo."
***
Dal capitolo 46
«Non è stata una mia scelta!» Sirius aprì le braccia, esasperato. Entrambi avevano alzato di nuovo la voce. «Sì invece» «Cosa?! Donna ma ti senti quando parli?» La bocca di lui si contorse dalla rabbia. «Calmati per Merlino» Elisa raccattò una borsa appoggiata al suo fianco, sulla panca, gettandogliela. I libri andarono a cozzare contro il braccio proteso dal ragazzo per difendersi, rotolando poi a terra poco più in là. «Non dirmi di calmarmi!»
Sirius x nuovo personaggio
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Murder Socks and laughs

 
Certo che i Malandrini erano strani. Un attimo prima non c‘erano, l’attimo dopo te li ritrovavi tra capo e collo. Erano passati ormai tre giorni da quando si era svegliata per la prima volta in infermeria. Non era rimasta mai sola. A parte la notte, ovviamente.
 
Lily aveva deciso di impiegare le sue ore raccontandole delle novità che si era persa durante la sua assenza. Scoprì di storie sfumate, nuovi amori, nuovi rancori. Le raccontò quanto fosse stato facile raccontare di lei a Severus e di quanto fosse stato difficile superare il suo allontanamento. Anche se non lo disse apertamente, Elisa immaginò quanto fosse opprimente per lei quella mancanza. L’amica le assicurò che il capitolo era stato chiuso, una nuova pagina si era aperta.
 
Capì perfettamente che il segnalibro, però, non si era spostato.
 
Anche quando la rossa se ne fu andata passò molto prima che riuscisse a concentrarsi sulla partita a scacchi con Peter. Non che non riuscisse a batterlo anche così, ovviamente.
 
Severus aveva lasciato in lei qualcosa di più profondo del dubbio, un quesito a cui proprio non riusciva a dare una risposta. Perché? Anche se nessuno aveva riportato alla luce la discussione, per lei il problema persisteva ancora. Come diamine aveva fatto a vedere i Malandrini se era ancora sotto l’effetto della pozione? La risposta a questa domanda era semplice: non lo era più. Sospettava però che non fosse nei piani di Regulus, questo era certo. Era rimasto spiazzato, quasi interdetto al loro incontro.
 
E allora chi?
 
La risposta era semplice, eppure più complessa di quel che pareva. Non riusciva a spiegarsi del motivo per cui l’avesse aiutata. Perché di quello ne era certa: Severus non le avrebbe mai toccato il braccio se non avesse avuto un buon motivo. Odiava il contatto fisico e lei lo sapeva bene. Allora perché aiutarla? Qualcosa non quadra aveva concluso con un’alzata di spalle battendo Peter all’ennesima partita.
 
Remus, a differenza di tutti gli altri, sembrava l’unico ad essersi preso seriamente a cuore la sua carriera scolastica. Il tempo passato insieme era consacrato allo studio, al recupero degli appunti e sì, sporadicamente a qualche risata.
 
Strabiliante, vero?
 
Al di là di tutto, Elisa adorava quelle ore. Capitava spesso che, attraverso una domanda, Remus iniziasse a parlare a raffica iniziando a spiegarle incantesimi o nozioni extracurricolari. Si era persino arrischiata a raccontargli dell’incantesimo del Preside. «Farò ricerche» aveva sussurrato tutto preso con lo sguardo al soffitto. Il giorno seguente era ritornato agitando vittorioso un voluminoso libro con qualche decennio di polvere. «Expecto Patronum» concluse alla fine di quell’ora di lettura. Elisa aveva mugolato un ringraziamento, per poi tornare ai suoi pensieri.
 
A differenza del suo compare, James aveva pensato che parlare fosse la cura migliore. Passavano ore a spettegolare, parlare del più e del meno. Era stato in quel momento che aveva veramente compreso quanta paura avesse scaturito quella maledizione. «Non sapevamo cosa fare» James guardava il lenzuolo, sconsolato. «Sir fa tanto il duro,ma non l’ho mai visto così terrorizzato in vita sua. Ha iniziato a scuoterti, urlava il tuo nome. Noi intanto abbiamo dato una bella lezione a quei vermi» la sua voce si colorò di disprezzo «ma quando ci siamo girati tu non ti muovevi ancora. L’arrivo di Silente non ha poi aiutato di molto. Ci ha solo squadrato tutti dalla testa ai piedi, poi si è chinato su di te e ha iniziato a sussurrare contro incantesimi, credo» si stropicciò la mano nervosamente « Sirius quando si lava le mani vede ancora il tuo sangue» aveva concluso con un’alzata di spalle e un tono amaro.
 
Aveva rimuginato parecchio sulla cosa, ma poi era passata semplicemente ad altro. Aveva visto molti orrori nella sua vita e quello dei ragazzi era una reazione più che normale. James era stato chiaro: non voleva più parlarne. Non lo contraddì. D’altronde, era concorde nel pensare che certi orrori dovevano esseri affrontati nel silenzio della propria mente.
 
Avevano poi continuato a parlare degli altri, delle loro abitudini. Si stupì quando le raccontò che Remus era quello che, tra tutti, impiegava più tempo in bagno, cercando il meglio di sé allo specchio. Rise quando seppe che Sirius parlava nel sonno e si rattristì quando le raccontò della scarsa autostima di Peter. Quando se ne andò, quella sera, si ritrovò sinceramente triste nel rimanere da sola.
 
Se con Remus o James era solita parlare del più o del meno beh, con Sirius era tutto un altro paio di maniche. Elisa si chiese più volte se il loro silenzio fosse dettato dal semplice imbarazzo o da qualcosa di più. Solo al terzo giorno notò qualcosa nei gesti del ragazzo: una sorta di rabbia repressa.
 
«Tutto bene?» chiese quindi sbadigliando vistosamente. «Sì» la risposta era stata veloce e lapidaria. « Sicuro?» il ragazzo voltò un secondo lo sguardo, guardandola di traverso. A differenza degli altri che, tutti composti e rispettosi, avevano usufruito della sedia, se ne stava mollemente seduto sul letto alla sua sinistra, le gambe stravaccate scompostamente davanti a sé.
 
«Perché mio fratello?» si meravigliò per la domanda. Era strana, ma soprattutto fuori luogo. «Cosa intend-» una risata amara la raggiunse «Baci mio fratello e fai la finta tonta? Proprio da te» sussurrò più a sé stesso che ad altri, scuotendo la testa.
 
Anche a distanza di un giorno Elisa si sentiva ancora offesa per quell’accusa ingiusta.
 
«Io non ho proprio baciato nessuno» rispose brusca voltando iul capo dall’altra parte. «Massimo è tuo fratello che deve imparare a non ingannare la gente con baci sulla guancia inopportuni e subdoli» borbottò poi punta sul vivo. Un lungo silenzio accolse quell’affermazione. Ritornò alla lettura del suo libro mentre una prepotente stanchezza si impadroniva di lei.
 
Al quarto sbadiglio una voce ruppe il silenzio «Hai bisogno di dormire» le fece notare Sirius al suo fianco «Non posso» biascicò lei in risposta senza staccare gli occhi dal libro «E perché?» alzò lo sguardo dal libro, un poco scocciata «Non riesco a dormire, ok? Faccio fatica, sempre» «Sempre?!» la guardava scioccato, o forse solo lievemente sorpreso. 
 
Elisa si chiedeva ancora perché glielo avesse detto, ma era stata una cosa automatica, fatta senza pensarci «Sì, credo sia perché mi sento costantemente minacciata. O qualcosa di simile» commentò svogliata voltando pagina e sbadigliando ancora una volta «Minacciata da cosa esattamente? Ti assicuro che nella stanza non è presente nessun pazzo assassino munito di macete» scherzò mettendosi a ridere per la sua stupida battuta.
 
«Qui no» un lungo silenzio accolse quel’affermazione lapidaria «Vuoi dirmi che-» «Senti è come una sensazione, ok?» spiegò chiudendo il libro e tornando a guardarlo. «Da dove provengo io» continuò cauta «non si può dormire tranquilli» o vieni mangiato terminò poi nella sua testa.
 
«Non deve essere un bel posto» commentò il Grifondoro continuando ad osservarla «No, non lo è» concluse lei riaprendo il suo libro e sbadigliando per l’ennesima volta. Un piccolo respiro concitato interruppe il silenzio «No, non c’erano pazzi assassini con un macete» da come le spalle del ragazzo si rilassarono comprese di aver anticipato la sua domanda.
 
 Il tempo era poi trascorso tranquillo finché, all’ennesimo sbadiglio, il ragazzo si era alzato dal letto «Senti, fammi posto» « he diamine-» non aveva ascoltato le sue  proteste e, anzi, si era accomodato tranquillamente al suo fianco, nella stessa posizione di prima « Ora dormi» aveva concluso rubandole il libro dalle mani. Elisa, con uno sbuffo infastidito, si era accoccolata al suo fianco, evitando ovviamente ogni contatto fisico indesiderato.
 
Anche a distanza di ore doveva ammettere che non era stata per niente una brutta dormita.
 
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«Bentornata signorina Stevenson!» il grassoccio professore batté più volte le mani, entusiasta, per poi allontanarsi «Ti prego, una singola maledizione da dietro. Sarebbe già morto prima che qualcuno se ne accorga» «Mescola qui, va» la riprese Lily sbrigativa al suo fianco indicando la pozione.
 
«Mi manca l’infermeria» si lamentò Elisa verso l’amica che si fermò a guardarla, sconsolata  «Anche a me manca quando eri chiusa là dentro» «Ahaha. Simpatica» la rimboccò con una linguaccia.
 
Passarono qualche attimo in silenzio, chi a mescolare e chi a triturare «Porta pazienza» esordì allora la rossa notando il suo sguardo disperato «È l’ultima lezione, poi c’è Natale!» sospirò felice e sognante. «Quando parti?» chiese lei sorridendo addolcita. Lily non vedeva l’ora di tornare a casa a riabbracciare i suoi.
 
I suoi, perché da quanto aveva potuto capire con sua sorella non aveva molta voglia di scambiarsi effusioni d’amore.
 
«Domani mattina. Passerai il tempo con Alice e Frank, vero?» le chiese indagatrice. «Mmmm» non era una vera risposta, lo sapeva anche lei.
 
«No, ti prego dimmi di no …» «Cosa? Non farò nulla di preoccupante!» «Perché proprio con loro?» piagnucolò Lily rimescolando la pozione. «Ti posso assicurare che non combinerò casini va bene?» promise alzando le mani al cielo.
 
La rossa guardò scettica qualche tavolo più indietro, dove un Potter decisamente imbarazzato osservava Lumacorno ripulire la brodaglia color senape che trasbordava dal suo calderone. Il professore non sembrava molto felice, notò la mora con un pizzico di felicità.
 
«Croce sul cuore?» domandò Lily alzando un sopracciglio. «Croce sul cuore!» esclamò lei sicura, tornando a guardare il disastro qualche tavolo più in là.
 
Ancora non sapeva quanto si stesse sbagliando.
 
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La ragazza salì velocemente gli scalini, addentrandosi nella torre. Con uno scatto superò gli ultimi tre scalini, aprendo veloce la porta «Buon- che diamine state facendo?» Elisa si fermò sulla soglia osservando il disastro.
 
L’intera stanza era sommersa di calzini.
 
Calzini. Piccoli, grandi, di ogni forma e colore.
 
«Possiamo spiegare» James tese le mani con fare innocente, la vita immersa in una delle pile. «Santo cielo» Remus si portò una mano davanti al volto a nascondere il lieve rossore sulle guance.
 
«Buon Natale!» urlò Sirius spuntando da una pila al suo fianco, sommergendola. Il ragazzo si accorse troppo tardi del danno. «Cosa cavolo state facendo?» la sua voce risultò più alterata di quanto lei non fosse. La situazione aveva un che di tragicomico, in fondo.
 
«Stevenson, ormai ci conosci da un po’» iniziò pomposo James salendo sul letto e appoggiando un piede sulla sponda, così da sembrare un grande condottiero «Sì» convenne lei esortandolo a continuare «e credo sia arrivata l’ora per coinvolgerti nel nostro fantastico e strabiliante-» «modesti …» commentò alzando le sopracciglia. Lui la ignorò.  «-Augurio di natale!»
 
Elisa si guardò intorno, perplessa «Augurio di Natale … questo?» chiese scettica indicando con la mano il vestiario sparso tutt’intorno.
 
«Ah! Non farti traviare dai rigidi canoni della tua arida mente» la curvatura delle sua sopracciglia si arcuò ulteriormente «Apri gli occhi, guarda al di là» sospirò melodrammatico con una mano al cuore.
 
La ragazza si girò alla sua destra dove un Remus alquanto esasperato era seduto sul letto  «Vuole appenderli  in Sala Grande la mattina di Natale» le spiegò quindi con un sorriso stanco.
 
«Signori!» li riprese il ragazzo con gli occhiali balzando con un salto giù dal letto e avvicinandosi «un po’ di entusiasmo, per cortesia» «Non mi coinvolgerete in questa storia» sospirò affranta per poi voltarsi verso la porta.
 
« Oh, ma ci sei già dentro» il sorriso di Sirius le sbarrò la strada. «Ah sì?» domandò lei curiosa «E perché ci sarei già dentro? Sentiamo» attese, le braccia incrociate lungo il petto. James si fermò ad osservarla per qualche attimo.
 
«Perché siamo belli, fantastici e tu sei incredibilmente unica» concluse quindi con un sorriso a 32 denti. «perché ci servi» tradusse per lei Remus dall’altra parte della stanza «se evitassi di togliere tutta la poesia Lunastorta, eh?» lo rimbeccò l’amico punto sul vivo.
 
«Fatemi capire, quindi» Elisa si sedette sul letto al suo fianco, non prima di aver tolto qualche calzino. «io dovrei aiutarvi perché vi servo … e sentiamo: io cosa ne guadagno?» continuò accavallando le gambe, sicura. James la guardò fintamente offeso «Smettila, mi ecciti Sirius!» e detto questo si buttò sull’amico iniziando ad accarezzargli prepotentemente i capelli « Ma levati!» una risata generale si levò nella stanza.
 
«Un nostro favore» la ragazza guardò sorpresa il suo interlocutore «Qualsiasi?» chiese allora con un sorriso furbo. «Qualsiasi» concluse per lei il ragazzo con gli occhiali. Un silenzio meditabondo si prolungò nella stanza. «Ci sto» la mora alzò le spalle, indifferente, la curiosità a morderle lo stomaco.
 
«Ottimo, allora andiamo!» comandò James afferrando la bacchetta trovata sul cassone sotto l’ennesimo calzino. «Ma Natale è solo domani mattina, oggi è la vigilia» protestò lei alzandosi in fretta e furia. «Non penserai che siano solo questi, vero?» sghignazzò Sirius fermandosi sulla soglia e indicando la confusione all’interno della stanza. Lo superò con uno sbuffo, togliendo lo sguardo.
 
Camminarono a lungo, ognuno assorto nei suoi pensieri, finché una domanda non l’assillò troppo «Dove diamine li avete presi?» chiese con un mezzo sorriso «Oh non ci crederai» Remus le si affiancò, una scintilla Malandrina negli occhi. «La lavanderia è un ottimo posto dove cercare» le strizzò l’occhio e continuarono a camminare.
 
Si diressero verso l’uscita. Una raffica di gelo la investì.
 
«Ragazzi non abbiamo preso i vestiti pesanti» fece notare quando in lontananza vide la neve. Era caduta la notte prima, una magia incantevole. «A cosa servono i vestiti pesanti quando abbiamo la passione a scaldarci il cuore?!» ululò James aumentando il passo.
 
«A scaldare il resto» borbottò lei imbronciata. «Non dobbiamo uscire» le spiegò Remus sghignazzando.
 
«Ci fermiamo qui» spiegò James avanti di qualche metro, bloccandosi a metà corridoio. «Ancora quella vecchia pergamena?!» il ragazzo se la mise in tasca, ignorandola. «Ok gente, i sacchi ce li abbiamo?» i quattro si guardarono e, quasi contemporaneamente , estrassero dalle tasche dei grossi sacchi.
 
Elisa li guardò, impressionata. «Adduco Maxima, incantesimo di estensione irriconoscibile. Dovresti provarlo, sai?» spiegò James strizzandole l’occhio.
 
« Ok ragazzi, vi ricordate tutti il piano?» chiese poi rivolto agli altri. Sirius tirò una gomitata all’amico, facendogli cenno con la testa verso la sua direzione «Oh giusto, Scricciolo» esordì quindi il Grifondoro «il piano per ora consiste semplicemente nel richiamare i calzini dei Serpeverde» spiegò in breve con un gesto casuale della mano «Con l’incantesimo di appello, sai, Accio» concluse prendendo in mano la sua bacchetta. Gli altri lo imitarono.
 
«Tu vuoi richiamare i calzini dei Serpeverde, da qui» la ragazza lo osservava con poca convinzione, il gelo a penetrarle nelle ossa. «Sì perché? Problemi?» sul viso del ragazzo si dipinse un’aria totalmente spaesata.
 
« Ah non lo so guarda, li vuoi in ordine alfabetico?» si stava irritando, doveva mantenere la calma. «Primo: e se qualcuno passasse? Secondo: se qualcuno nei Dormitori si accorgesse che una marea di calzini si sposta in aria dal nulla? Terzo: se qualcuno se ne accorgesse fuori dalle mura? Quarto: lo avete mai fatto?» ci sarebbe voluta una quantità di magia non indifferente per spostare tutti quei calzini, ma quello non lo fece notare. I ragazzi si fermarono per un po’, pensierosi.
 
«Non sono in ordine alfabetico» fece notare poi Peter. «No, dici bene amico» commentò Sirius serio «Cosa?!» Elisa li osservò, strabuzzando gli occhi. « Eh no. Passaggio di persone indesiderate, Accorgersi …» iniziò Peter contando con le dita, pensieroso «Non è questo il punto!» «Io lo lascerei andare avanti: mi diverte quando poi va in confusione» sghignazzò Sirius guardando l’amico.
 
«Dai, non abbiamo tempo adesso» li rimbeccò James sorridendo «Ma-» «Oh Scricciolo, ecco le tue risposte: non passerà nessuno, non mi importa, non mi importa e no. Ora possiamo iniziare?» I quattro ragazzi annuirono, decisi. Elisa tirò fuori la bacchetta dalla tasca, sconfitta. Si sarebbe fatta beccare. «Oh no Scricciolo, non è ancora il tuo turno. Stai pure lì a goderti lo spettacolo» Elisa fece quanto detto, tornando a guardarli e facendosi un po’ da parte.  
 
«Pronti? Uno, due, tre, Accio» quattro bacchette si tesero e quattro voci pronunciarono l’incantesimo. Non successe nulla. «Ah, non ha funzionato?» mugolò tristemente Peter abbassando la bacchetta.
 
«No, ha funzionato» si intromise lei guardando l’orizzonte.
 
« Elisa?» Remus la guardava avanzare alle sue spalle. «Non lo sentite?» si girò piano guardando gli altri osservarsi interdetti. L’aria gelata si infrangeva sulla sua pelle, seguita da qualcos’altro: una sorta di elettricità pungeva il suo viso, infastidendola.
 
Quando il primo calzino arrivò come un proiettile e si infilò nel sacco di James ci furono ovazioni e grida di trionfo. Al secondo e al terzo i ragazzi si guardarono, un po’ meno entusiasti. Ma solo quando all’orizzonte apparve la massa informe di calzini verdi volanti la situazione divenne critica.  
 
«Per Merlino» James qualche metro più in là urlò. Quattro secondi dopo una pioggia di calzini assassini li investì. Elisa sentì indistintamente qualcuno urlare al suo fianco. Un calzino la colpì allo stomaco, mandandola a terra. Si accucciò per qualche secondo per riprendere fiato.
 
A fatica raggiunse la sua bacchetta a terra qualche centimetro più in là. Con uno sforzo si alzò, ricadendo più volte colpita da qualche calzino volante. Puntò la bacchetta in avanti e, con tutta sé stessa, pensò al cielo. Non le veniva in mente nient’altro, voleva soltanto poterlo rivedere. Una scossa lungo il corpo annunciò lo squarcio di parecchi metri che si aprì tra la massa di indumenti volante.
 
«Cosa diamine-»  James perse l’equilibrio e cadde tra i calzini. Una fitta allo stomaco la colse, facendola piegare su sé stessa. Non ce l’avrebbe fatta ancora per molto. La bacchetta tremava nella sua mano per lo sforzo.
 
In un attimo di lucidità si rese conto della sua pazza impresa: resistere contro gli incantesimi di quattro persone. La sua forza contro quelle di altri quattro. Ma quell’attimo di distrazione le costò caro. La bacchetta le sfuggì inesorabilmente dalle mani, volando qualche metro più in là. Una decina di calzini la colpì con forza. Chiuse gli occhi.
 
Poi qualcosa cambiò. Sospirare divenne strano, un lento incanalare di aria fredda e gelo. L’atmosfera si fece più fredda, l’elettricità a pizzicarle la pelle più intensa. Riaprì gli occhi.
 
La mano era ancora tesa davanti a sé ma questa volta non c’era nessuna bacchetta. I calzini rallentarono sempre di più fino a fermarsi. «Per Merlino» Remus si alzò da terra guardando ammirato la scena. Con un lieve movimento del polso i calzini sparsi a terra si alzarono in massa. «Ok» Sirius si alzò lentamente « Questo sì che è inquietante» sillabò piano voltandosi spaesato. La ragazza si mosse con cautela. Ruotò con maestria di nuovo il polso e i calzini scattarono. Piccoli torrenti verdi in piena si diressero verso i sacchi, riempiendoli.
 
Quando finalmente anche l’ultimo calzino scomparve la mora si accasciò al suolo, in ginocchio. Riprese fiato cercando di trattenere quel fiatone che la colpiva ogni volta.
 
Remus le fu al fianco, aiutandola a reggersi. «È stato-» «Incredibile!» Sirius completò per lui la frase, avvicinandosi.  Lei lo guardò, piacevolmente sorpresa. «Incredibile sì, ma anche terribilmente inquietante» bofonchiò allora punto sul vivo.
 
«Che avevo detto? Incredibilmente unica!» James, qualche metro più in là, si alzò finalmente in piedi «Idiota» Un sorpreso silenzio si distese nel corridoio. James la guardava, corrucciato. Un rumorino alla sua destra richiamò la sua attenzione. Remus, al suo fianco, trattenne a stento il riso finché, al centro dell’attenzione, non scoppiò irrimediabilmente a ridere. Gli altri quattro ragazzi si guardarono stralunati per un attimo, per poi seguirlo in una contagiosa risata.
 
Perché alla fine la vita era fatta anche di questo: calze assassine e risate.
 
 
Angolo autrice
‘Giorno … Ok ok allora, parliamo di quello che la mia mente malata ha appena partorito. Ho sempre immaginato così i Malandrini: molto vivaci, divertenti e sì, molto stupidi. Spero di essere riuscita a ricrearli a pieno! Aggiornamento in anticipo, come avrete potuto notare. Domani però ho un impegno, quindi non avrei potuto aggiornare. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate
Alla prossima
Eli ;-P
   
 
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