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Autore: Cryinglightning    07/05/2016    0 recensioni
Mi sveglio. Sono le 7:00. Forse potrei riposare per altri 5 minuti... Mi ritrovo in questo letto, freddo e solitario -inizialmente mi sembra tutto a norma, di solito il risveglio a casa mia è così- ma c’è qualcosa che non quadra. Questo… Questo non è di sicuro l’odore che c’è a casa mia, penso che probabilmente sarà l’orrendo profumo di qualche puttana che mi sono scopato stanotte, fino a quando strizzo gli occhi e… “MA DOVE CAZZO SONO?!” E in questo momento penso di aver capito che non è affatto l’osceno profumo di una troia ma presumibilmente neanche quello di una persona… viva.
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Non-con
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7 AM.



 
Mi sveglio. Sono le 7:00. Forse potrei riposare per altri 5 minuti... Mi ritrovo in questo letto, freddo e solitario -inizialmente mi sembra tutto a norma, di solito il risveglio a casa mia è così- ma c’è qualcosa che non quadra. Questo… Questo non è di sicuro l’odore che c’è a casa mia, penso che probabilmente sarà l’orrendo profumo di qualche puttana che mi sono scopato stanotte, fino a quando strizzo gli occhi e… “MA DOVE CAZZO SONO?!” E in questo momento penso di aver capito che non è affatto l’osceno profumo di una troia ma presumibilmente neanche quello di una persona… viva. Mi alzo dal letto, i miei vestiti sono scomparsi, ho con me solo un paio di boxer e dei calzini. Noto che sul comodino opposto al mio ci sono delle sigarette che non avevo mai visto prima d’ora, leggo un po’ di qua e un po’ di là e penso fortemente che siano russe. In ogni caso, ne prendo una e l’accendo, iniziando a ricordarmi della situazione in cui mi sono ritrovato: solo, in una casa sconosciuta, con uno strano odoraccio e un pacco di sigarette. Prendo la decisione di uscire da quella stanza e ispezionare per filo e per segno il territorio ma di certo non potevo farlo… in mutande! D’un tratto sento uno strano *bip*, mi volto e vedo, accanto al letto, una scrivania con un pc dallo schermo completamente buggato, sposto di poco lo sguardo verso sinistra e mi accorgo della presenza di un armadio bello ampio. Mi avvicino, lo apro e… solo camicie bianche e pantaloni neri. Arreso all’idea di quell’orrendo vestiario, mi vesto. Mi incammino verso la porta quando a pochi millimetri dalla maniglia, sento l’urlo di una donna. Giro la maniglia ma… “Aspetta! Non si apre.” Sono seriamente entrato in panico. Riprovo. Non ci riesco ancora. Il pc dall’aspetto antiquato ricomincia con l’assordante *bip*. Riprovo. Si sblocca e riesco ad uscire. Mi si presenta davanti una lunga serie di scale, scendo e trovo una signora, penso sulla cinquantina d’anni, a terra. L’aiuto ad alzarsi e le chiedo cosa fosse successo. Mi dice semplicemente che era caduta a causa del pavimento bagnato che appunto stava lavando. Eppure, il pavimento, sembrava totalmente asciutto. Il tutto mi sconcertò ancor di più. Mi propone di seguirla in cucina, la seguo. Vedo che inizia a friggere delle uova, con della pancetta, mentre incomincia ad apparecchiare il tavolo… solo per uno. “Lei vive sola, signora?” Le chiedo. “No, assolutamente, mio marito è fuori a lavoro, penso che a breve tornerà.” Si gira di botto verso la padella e mi serve la colazione. Mi offre una sigaretta e la ringrazio. Mi accendo la sigaretta e noto un’altra stranezza, stavolta le sigarette avevano l’aria di essere giapponesi. “Perché queste sigarette sono giapponesi se ci troviamo in Italia?” aggiungendo poi un paio di scuse per aver precedentemente fumato una sigaretta, credo, del marito. “Che occhio che hai, gioia, sai, mio marito lavora in una fabbrica di sigarette importate dall’estero e mensilmente, ogni dipendente, riceve delle stecche di sigarette di varie nazionalità.” Mi spiega, io annuisco e colgo l’occasione per chiederle chi fosse e dove mi trovassi in quel preciso momento. Lei mi guarda per qualche secondo e mi racconta della notte precedente. “Eravamo tranquilli sul divano a guardare il solito show -sai, no? Roba per quelli della nostra età- quando, provenire da fuori, abbiamo sentito delle urla del tipo: “Aiuto! Aiuto!”. Spaventati siamo andati a controllare e abbiamo intravisto, nel buio, te che correvi ed entravi nel nostro giardino. A quel punto siamo usciti fuori e abbiamo provato a conversare ma sembravi veramente ubriaco, ti abbiamo portato dentro e ti abbiamo chiesto cosa fosse successo, ma tu non ne volevi veramente sapere di rispondere, alla fine ti abbiamo messo a letto e ti sei addormentato in tre secondi.” Un po’ la cosa mi lascia scombussolato ma lentamente riesco ad assimilare qualche ricordo. “Un’ultima domanda, dove sono finiti i miei vestiti?” “Semplicemente erano pieni di vomito, ovunque, di conseguenza mi sono permessa di metterli a lavare ma per il momento potrai continuare ad usare gli abiti di mio marito.” Allora la ringrazio, finisco la colazione e preferisco alzarmi per fare un giro della casa. C’è un corridoio lunghissimo, sembra non finisca più. Alla fine di questo c’è una strana porta con un lucchetto. Mi guardo un po’ intorno e decido di tornare indietro. Arrivo nella sala che è veramente enorme, mi ci potrei addirittura perdere. Noto una porta nascosta dietro delle scale a chiocciola -che sicuramente porteranno in soffitta-. Mi avvicino alla porta e vedo che stavolta non c’è nessun lucchetto quindi decido di entrare senza indugi. Una biblioteca. Grande quanto una villa. Stracolma di libri. Inizio col farmi un bel giretto della zona quando finalmente becco un bel libro e scelgo di leggerlo su delle poltrone un po’ più in là. Mi siedo e sento come un qualcosa sotto quest’ultima. Provo ad alzare il cuscino e… trovo una mannaia, completamente ricoperta di sangue. Penso immediatamente all’odore di prima, quello sentito appena sveglio. “E se… Non è possibile, sono solo degli anziani. Eppure… No, suvvia.” Mi sento confuso. “DOVE SONO FINITO?”. Neanche il tempo di prendere in mano la mannaia -per vederla da più vicino- che sento dei passi e stavolta non era la donna, ma suo marito. Caccia da dietro la schiena una seconda mannaia, ma più grande. “C-cosa vuoi fare?” Gli chiedo impaurito. “Ti uccido, ecco cosa voglio fare.” Mi risponde con un sorrisetto maligno. Non sapendo minimamente come reagire, inizio a correre fuori dalla biblioteca. La porta sembra di nuovo bloccata dall’esterno. Il marito mi è alle costole. Decido quindi di tornare indietro dalla parte opposta per prendere la mannaia che avevo trovato prima. Corro più veloce che posso, ma questa biblioteca sembra un labirinto infinito. A un certo punto scruto fra gli scaffali la poltrona che stavo cercando. Corro verso di lei ma sbuca dall’angolo il marito, incazzatissimo, ancora intento a uccidermi senza un’apparente motivo. Io prendo qualche libro e glieli sbatto violentemente in faccia. Lui resta leggermente perplesso e io riesco a prendere la mannaia e fuggire. Arrivo alla porta, di nuovo, e la colpisco più che posso. “Non si apre. Ancora!” Il marito era quasi arrivato a prendermi e decido di darle un colpo finale alla maniglia facendola saltare e riuscendo a uscire da lì. Scappo in direzione della cucina sperando che ci sia ancora la moglie. Arrivo lì e… BOOM. Mi arriva una padellata in faccia… Da chi? Non ne ho idea. Mi risveglio. Penso di essere svenuto per una buona mezz’ora. Mi guardo in giro ma lo scenario è totalmente diverso. Mi ritrovo in una cantina, si congela. Anche stavolta, i vestiti che avevo addosso, sono spariti. Stavolta ho solo un paio di slip e una strana collana con un altrettanto strano ciondolo. Non credo sia mia. La luce è veramente poca qui dentro. A malapena riesco a distinguere gli angoli dei muri così come l’ampiezza della cantina, ma mi sembra di vedere degli attrezzi come: motoseghe, coltellacci, fruste, tagliaerba, pinze ecc… Prendo la decisione di alzarmi ma… “Cazzo, quei figli di puttana mi hanno incatenato. Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo!” I tentativi di riuscire a liberarmi erano vani. Per un momento sento dei passi silenziosi. Mi guardo intorno compulsivamente ma non riesco a vedere quasi niente, solo quegli attrezzi. E' tutto così inquietante. Finalmente vedo qualcuno che sbuca lentamente dall’ombra. “Oddio, la prego, mi aiuti, non so dove mi trovo e sono incatenato a questa sbarra.” Ma dall’ombra non esce nessuno che può aiutarmi, anzi, escono i due anziani che mi stavano ospitando. “Non ti potrà aiutare nessuno.” Mi dicono in coro. Inizio a pensare che sia la fine per me. La moglie toglie dalla tasca del grembiule da cucina un coltello, a quanto pare abbastanza affilato, si avvicina a me con aria minacciosa e mi incide una croce al contrario sulla zona dello stomaco. Inizio a perdere leggermente sangue. Arriva il marito che con una forbice mi taglia il dread più lungo che ho e me lo lega intorno al collo. Io, incatenato, non posso fare nulla se non assistere allo spettacolo di questi due psicopatici. La moglie, con lo stesso coltello inizia a incidere sulle mie guance –di già parecchio incavate- allungandomi un sorrisone da paura. Comincio seriamente a perdere sangue. Cerco di gridare loro di smetterla ma non riesco a urlare. Loro continuano a fissarmi con occhi spalancati. Il marito si avvicina al mio piede sinistro e inizia ad annusarlo. Non concepisco. Prende la forbice e mi taglia via l’alluce. Io cerco di urlare ma ancora non ci riesco. Non smetto di piagnucolare e sottovoce chiedere aiuto. La moglie mi accarezza un po’ le cosce e incomincia a palparmi il cazzo. Sul punto di farlo uscire fuori dalle mutande il marito la spinge via e inizia a prenderla a forbiciate negli occhi accusandola di essere una troia. Io, ormai non sapendo più che fare, mi sconcerto all’idea dell’essere ormai morto. Il marito -su tutte le furie- corre verso gli attrezzi e subito penso “Merda.” Preferisco tenere gli occhi chiusi. Sento passi molto minacciosi che vengono verso di me. Apro gli occhi. Non vedo. Mi ha bendato. Mi mette delle pinze ai capezzoli. Mi apre le gambe e inizia ad abbassarmi le mutande. Sento lo slacciare di una cintura. Inizio a sentire una presenza vicino al mio retto anale e d’un colpo la sento entrarci dentro. Comincia a fare avanti e indietro rapidamente. Non ho mai pensato di poter avere un rapporto con un altro uomo fino ad ora. Di solito sono uno sciupafemmine e l’idea di farlo con una persona del mio stesso sesso… Ewww. Intanto so di dover morire ormai, non posso fare nulla per difendermi. Ad un tratto sento il seme caldo del signore in me e non è affatto una sensazione così male. L’avessi saputo prima, avrei fatto sesso con molti più maschi. Sento che si alza di botto, si alza anche i pantaloni e mi toglie la benda. Si avvicina al mio viso, chiude gli occhi e mi dà un bacio sulla fronte. Si gira, va verso un vecchio armadietto, lo apre e prende un paletto di legno. Lo prende, viene da me e inizia a passarlo lentamente nel mio ano. Tutto ciò era fuori dal normale. Provo un dolore assurdo. Emetto un urlo stridulissimo e si ferma. Allora decide di rialzarsi e ridirigersi verso l’armadietto e stavolta caccia fuori una motosega. Un po’ più piccola di quella appesa vicino gli attrezzi. Si avvicina molto lentamente al mio orecchio e mi sussurra “E’ finita.” L’accende e dà un colpo secco sul mio cranio, dividendomi in due precisamente. Mi sveglio. Sono le 7:00. Forse potrei riposare per altri 5 minuti... Mi ritrovo in questo letto, freddo e solitario -inizialmente mi sembra tutto a norma, di solito il risveglio a casa mia è così- ma c’è qualcosa che non quadra. Questa… QUESTA NON E’ ANCORA CASA MIA!
   
 
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