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Autore: Whiteeyes95j    07/05/2016    4 recensioni
(Ayato center) Tratto dalla storia:
“Che buffo, lei era stata il motivo del nostro allontanamento”, pensò Ayato, continuando ad osservare la Luna. Eppure… lei era anche l’ultimo legame che li teneva in vita… l’ultimo legame che loro avevano reciso insieme… spezzato… scomparso…
Quando il filo di vita di Cordelia si era spezzato… il loro ultimo vincolo di fratellanza lo aveva seguito e loro non avevano fatto nulla per ricucirlo.
Quel legame indicava la loro infanzia, quando erano ancora giovani e belli, belli dentro, quando erano felici e credevano che il mondo potesse offrire loro mille speranze. Un legame così non poteva sopravvivere alla loro vita fatta di oscurità, poteva vivere solo attraverso i loro ricordi e in fondo andava bene così.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ayato Sakamaki, Kanato Sakamaki, Laito/Raito Sakamaki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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THE LAST THING THAT HELD US TOGETHER 

Era una tranquilla notte di luna piena quella che Ayato stava osservando dal balcone della sua stanza. La luna quella sera era la padrona assoluta del cielo notturno, un cielo privo di stelle, ma non per questo meno piacevole da contemplare.
“Anche quella notte il cielo era stato privo di stelle…”pensò Ayato continuando a contemplare il cielo e beandosi del silenzio che lo circondava.
In molti credevano che un cielo privo di stelle fosse un cielo spento, malinconico, vuoto, ma Ayato era contento che il cielo fosse così quella sera, come se quel blu immenso si fosse preoccupato di rammentare che cosa fosse accaduto in quella stessa notte un anno prima, quando la luna era stata l’unica ad aver il coraggio di guardare, attenta, il sangue che macchiava la sua camicia e le pareti della dimora Sakamaki e quando la pioggia, un’altra amara compagna, aveva ripulito quel luogo dall’infamia e dalla spregevolezza di una donna che aveva causato tanto dolore tra quelle mura.
A volte Ayato poteva ancora avvertire la sua presenza, come se sua madre non fosse mai davvero morta, come se stesse attendendo, da qualche parte, di poter tornare in vita e continuare a fargli del male.
Perché sua madre voleva fargli del male ?
“Perché era una puttana senza cuore, ecco perché”, pensò con rabbia, stringendo le mani a pugno.
La maggior parte delle persone lo avrebbero sicuramente biasimato per il pensiero poco educato che aveva avuto su sua madre, ma la maggioranza delle persone aveva, molto probabilmente, avuto una madre migliore della sua.
Madre poi, genitrice al massimo.
Se i bambini piccoli avevano paura dell’uomo nero nell’armadio o dei mostri sotto il letto, lui aveva temuto in egual maniera Cordelia, la sua crudeltà, i suoi occhi identici ai suoi che non mancavano di guardarlo con biasimo e freddezza in ogni occasione, facendolo sentire così inutile, così debole, così umiliato da farlo piangere ogni volta che nessuno lo poteva guardare.
Non era un mistero che Cordelia non avesse mai voluto dei figli, né che fosse manchevole di qualsivoglia sentimento materno, ma lei aveva letteralmente abusato di loro, di ciascuno di loro, anche di Laito e Kanato, non solo di lui, e anche questo lo aveva sempre fatto sentire debole.
“Io ero il più grande e non sono stato in grado di proteggerli”, pensò.
Quello era stato il più grande fallimento della sua vita, non essere mai riuscito a proteggere i suoi fratelli e questa era stata anche la vittoria più grande di Cordelia. Non avrebbe mai dimenticato l’espressione vittoriosa e crudele sul volto di quella puttana quando lui aveva scoperto, per via indiretta, che lei si dilettava ad avere rapporti sessuali con altri uomini, e con suo zio, davanti a Kanato o che lo costringeva a cantare fino a fargli sanguinare le corde vocali, per non parlare poi di quando aveva scoperto del motivo per cui suo padre aveva rinchiuso Raito nei sotterranei. Cordelia aveva manipolato Raito al fine di avere una relazione incestuosa con lui, distorcendo il significato dell’amore e spingendo suo fratello ad amarla come si ama un’amante, per poi spezzargli il cuore.
“In quel momento avrei voluto ucciderla”.
Se qualcuno in quel momento fosse entrato nella dimora dei Sakamaki, avrebbe intuito subito che tra i sei fratelli non c’era alcun legame d’affetto, ma Ayato sapeva bene che non sempre era stato così, poiché c’erano stati giorni, giorni spensierati, in cui lui e i suoi fratelli si erano voluti bene sinceramente, in cui lui aveva provato dei sentimenti autentici, sentimenti che erano pian piano svaniti e che forse non sarebbero più tornati.
Che cosa era cambiato da quando erano dei bambini ? Da quando si divertivano a giocare e ridere insieme ?
La risposta era semplice, erano cambiati loro stessi, il loro modo di vedere il mondo e il loro modo di vedere soprattutto se stessi.
Ayato ammetteva di essere diventato alquanto arrogante con l’età, nonché impulsivo, prepotente, molto possessivo nei confronti di ciò che considerava suo ed era inoltre, in poche parole, il “combina guai” di casa, ma non era stato soltanto il suo carattere leggermente discutibile a provocare una crepa irreparabile nel loro rapporto.
Cordelia l’aveva provocata quella crepa, di proposito e sin dall’inizio, sin dalla loro infanzia. Cordelia non sapeva amare niente e nessuno se non se stessa e come tale, lei doveva essere il fulcro vitale di chiunque la circondasse, uomini, donne e persino i suoi figli. Sin da quando erano piccoli, lei li aveva istigati affinché litigassero tra di loro per ricevere più attenzioni, più “amore”, più elogi, più ogni cosa.
 
INIZIO FLASHBACK
 
Un piccolo Ayato di dieci era seduto in camera sua e stava cercando di concentrarsi sui compiti, ma non ci riusciva. Erano ore ormai che studiava, studiava e studiava e avrebbe tanto voluto concedersi un breve momento di pausa per giocare insieme ai suoi fratelli, ma era sicuro che la sua mamma si sarebbe arrabbiata moltissimo se avesse osato fare una pausa senza il suo permesso. Lui era il più grande dei suoi fratelli, lui doveva essere il migliore, doveva rendere orgogliosa di lui la sua bellissima madre e per farlo doveva impegnarsi moltissimo.
“Però non mi dispiacerebbe poter giocare con i miei fratelli, un po’ di più”.
Quasi come se con quel pensiero li avesse chiamati a sé, i suoi due fratelli, Raito e Kanato, entrarono silenziosamente nella sua camera, sorridendogli allegramente.
 
<< Ciao, Ayato-kun. Siamo venuti a farti un po’ di compagnia. Vero, Kanato ? >> disse Raito entrando per primo nella stanza, seguito da Kanato.
 
<< Laito-kun, Kanato-kun, ciao ! >> li salutò Ayato con un’espressione sorpresa << Sono felice che siate venuti a trovarmi, ma non voglio che la mamma se la prenda con voi >>.
 
<< Oh non preoccuparti !! Un suo amico è venuto a trovarla pochi minuti fa >> disse Raito innocentemente sedendosi su uno dei due divani che c’erano nella camera del fratello << Per cui sono sicuro che non si accorgerà di nulla. Di solito lei non ci presta mai molta attenzione >> concluse Raito, indicando Kanato, che si era seduto sul divano vicino a lui, con un cenno del capo.
 
<< Beh, io sono il suo primogenito, ed è normale che lei si dedichi di più a me, ma lei vuole bene anche a voi, ne sono sicuro >>.
 
<< Io credo che lei voglia più bene a me, se devo essere sincera. Lei passa più tempo a schiaffeggiarti, a rimproverarti e a gettarti nel lago. No, no… lei vuole più bene a me, mi chiede sempre di cantare per lei e per i suoi amici… >>.
 
<< Amici ? Lei ti fa cantare mentre chiacchiera con i suoi amici ? >> chiese Ayato con un’espressione scettica, mentre Raito rimaneva in silenzio perso tra i suoi pensieri.
 
<< La mamma non chiacchiera con i suoi amici… in realtà… fa delle cose che mi sembrano molto strane, sai ? >> chiese Kanato con lo sguardo assente.
 
<< Molto strane ? In che senso scusa ? >> chiese Ayato con un po’ di timore nella sua voce.
 
<< Sai, lei lascia che questi suoi amici le succhino il sangue e sembra che le piaccia. Farsi succhiare il sangue da qualcun altro è un segno d’amicizia oltre che d’amore ? >> chiese Kanato con ingenuità.
 
<< Perché chiedi queste cose ? >> chiese Ayato desideroso di cambiare argomento.
 
<< Perché lei lo fa anche con lo zio e credo che loro due non si vogliano bene solo come amici e la cosa mi confonde un po’. >> disse Kanato.
 
<< Non pensarci Kanato-kun, la mamma ha sempre avuto dei bizzarri modi di fare. Non lo credi anche tu Raito-kun ? >> chiese Ayato sperando di riuscire a porre fine a quella discussione sulla madre.
 
Raito però non rispose alla sua domanda, anzi sembrò che quasi non l’avesse sentita. Pose invece una domanda completamente diversa, che tuttavia non affievolì minimamente la tensione che si era venuta a creare anzi, l’aumentò soltanto.
 
<< Voi chi pensate che la mamma ami di più ? >> chiese.
 
<< Perché dovrebbe volere più bene a qualcuno ? Noi siamo tutti e tre suoi figli. Perché dovrebbe preferire uno di noi ? >> chiese Kanato.
 
FINE FLASHBACK
 
Nessuno dei tre seppe trovare una risposta all’epoca, poiché erano dei fanciulli e i fanciulli nonostante tutto continuano a credere che i propri genitori vogliano loro del bene, sebbene fosse alquanto chiaro il contrario, ma loro non lo sapevano. Non avevano proprio idea dell’inferno che la loro “mamma” aveva in serbo per loro. Nessuno di loro all’epoca avrebbe mai immaginato che loro tre si sarebbero allontanati fino a diventare quasi del tutto estranei. Nessuno di loro immaginava che da grandi avrebbero lottato per l’amore della loro madre, considerandosi l’uno il nemico dell’altro.
 
INIZIO FLASHBACK
 
Era una gelida notte di novembre, l’aria era gelida e il cielo celava la luna dietro a nuvole scure, quasi volesse impedirle di assistere al nefasto evento che sarebbe accaduto di lì a poco. Le nuvole che celavano l’immenso faro del firmamento erano nere, come se fossero pronte a versare lacrime amare e cariche di dolore perché purtroppo esse non potevano non essere presenti a quanto stava accadendo. Neppure il vento aveva osato fischiare nell’aria, ma il silenzio che possedeva quella sera era tetro come i fiori del giardino che lentamente perdevano i loro petali, come quel maniero stava perdendo l’ultimo sprazzo di felicità che possedeva. L’ultimo legame fraterno che poteva ancora essere salvato dall’oscurità di quelle mura.
I quindicenni Ayato, Raito e Kanato si trovavano in giardino, ben distanti gli uni dagli altri, guardandosi con uno sguardo di sfida, minaccia e anche con un po’ di cattiveria.
 
<< Guarda, guarda… alla fine i miei fratellini hanno avuto il coraggio di fronteggiare l’Ore-sama >> commentò Ayato con scherno.
 
<< Smettila di darti tante arie da Ore-sama, tu non sei migliore di noi Ayato-kun ! Nostra madre ti dedica più attenzioni solo perché sei il primogenito, non perché tu abbia qualcosa di speciale >> ribatté Kanato a voce alta, stringendo il suo Teddy forte al suo petto.
 
<< E tu Kanato-kun ? Nostra madre si fa beffe di te e se non fosse per i tuoi capelli, viola come i suoi, si dimenticherebbe persino di averti partorito ! Ti usa soltanto per intrattenersi con i suoi amici e niente di più Io, Ore-sama, sono il suo prediletto ed è ora che lo capiate entrambi ! >>.
 
<< Taci, Ayato-kun. Nostra madre vede in te lo specchio infranto dei suoi sogni, perché, anche se tu fai tutto per negarlo, sei un’inutilità. Non eccelli negli studi, non hai un talento particolare come Kanato-kun e di certo non sei bello quanto me. Sei solo un bambino viziato che è incapace di guardare in faccia la realtà e ad accettare che nostra madre ha un solo favorito, me >> disse Raito spostandosi un ciuffo di capelli dagli occhi.
 
<< Immagino che nostra madre apprezzi veramente tanto i tuoi “talenti”, Raito-kun. Il vostro rapporto dev’essere davvero eccitante… sono sicuro che nostra madre ti sta insegnando talmente tante cose e che a te queste cose piacciono e tanto anche… che schifo ! >> commentò Ayato con disprezzo.
 
<< Nostra madre mi ama, hai capito ? Il nostro è un amore autentico, lei me lo ha insegnato, lo ha insegnato a me !! Lei ha scelto di amare me !! >> disse Raito, perdendo tutta la sua naturale compostezza.
 
<< Tzk, amore… che cosa mi tocca sentire ! Nostra madre non ha amore per nessuno, se non per nostro padre e ovviamente per me, che sono il suo primogenito, l’Ore-sama di questa casa !! >> esclamò Ayato.
 
<< Illuso !! Nostra madre ti crede una nullità, Ayato-kun. E per quanto riguarda te, Raito-kun, lei non ti ama, sei solo un passatempo, uno dei suoi tanti giocattoli. La mamma passa molto più tempo con me che con tutti voi, mi ha anche fatto un regalo, mi ha regalato un amico. Non è vero, Teddy ? >> disse Kanato rivolgendosi al suo amato orsacchiotto.
 
<< Nostra madre ti ha dato quell’inutile pezzo di stoffa perché non sapeva che farsene, non perché tenga a te. Quell’orso è stato scartato dai suoi regali, così come lei è solita scartare te da tutto il resto >> ribatté Ayato con cattivera.
 
<< Smettila Ayato-kun !! Le tue cattiverie ormai mi scivolano completamente addosso e ora che ho Teddy, qui, con me, non ho più bisogno di voi due !! Siete soltanto due bambocci egoisti e io non sprecherò più un secondo ad ascoltare le vostre scemenze. Io sono migliore di tutti e due e la mamma lo sa, per questo preferisce me a voi >>.
 
Dopo aver detto questo Kanato volse le spalle ai suoi fratelli e tornò all’interno della villa Sakamaki, spezzando per primo, di conseguenza, quel legame fraterno che tanto lo aveva reso felice durante l’infanzia.
 
<< A questo punto credo che Kanato-kun abbia ragione. Io non ho più bisogno di voi due, lei mi dà e m’insegna tutto l’amore di cui ho bisogno. Lei mi ha scelto, Ayato-kun, mi ha scelto per godere del suo amore. Noi ci amiamo, Ayato-kun e non permetterò a te o alla tua presunzione di privarmi dell’amore che lei mi ha donato >> disse Raito andando via a sua volta.
 
<< Ma si, andatevene pure. L’ore-sama ormai non ha più tempo per voi due >> disse Ayato allontanandosi nella direzione opposta.
 
FINE FLASHBACK.
 
Da quel momento erano ufficialmente iniziate le sfide per l’attenzione e l’amore di loro madre. Sfortunatamente, lui era quello che vinceva sempre, ma non perché facesse chissà cosa di diverso dai suoi fratelli, vinceva semplicemente perché era il primo dei tre e di conseguenza era colui che era destinato a diventare il successore di suo padre, per cui Cordelia si assicurava sempre che studiasse incessantemente, che fosse il più bravo in tutto quello che faceva, il migliore.
 
“Sei inutile per me se non sei il migliore. I ragazzi inutili devono trascorrere l’eternità nel freddo, umido fondo del lago, totalmente soli, dove nessuno li può aiutare.”.
 
“Fottiti cara madre, quando io ti stavo uccidendo non hai esitato un attimo a chiedere aiuto a Raito”, pensò con un ghigno perverso sul volto, beandosi di quel ricordo che gli sembrava sempre più idilliaco ogni volta che gli veniva alla mente.
Aveva conservato addirittura la camicia imbrattata del sangue di sua madre, anche se aveva detto a tutti di averla bruciata. In realtà quel pezzo di stoffa, macchiato di quel sangue sudicio e dolce allo stesso tempo, si trovava in un angolo del suo armadio, dove poteva essere certo che nessuno l’avrebbe mai trovata. Ogni tanto, quando i ricordi si facevano prepotenti nella sua mentre, Ayato andava a prenderla e la osservava, a volte per pochi minuti, a volte per ore intere e ripensava a quel momento in cui, mai come nella sua vita, si era sentito talmente tanto forte, sicuro di sé e potente. Ripensava all’ultima volta che lui e i suoi fratelli sono stati davvero uniti. Ripensava a quando Raito si divertiva a legare alcune ciocche dei  suoi capelli con dei nastri, mentre Kanato si divertiva a guardarli e poi chiedeva a Raito di fare lo stesso con i suoi. Ripensava a quei tempi andati e a quanto loro tre erano diventati marci dentro.
A volte quando Yui lo guardava, gli sembrava di vedere nelle sue iridi color magenta un mostro, e forse lo era davvero. D’altronde, lui aveva convinto i suoi fratelli a fare quello che avevano fatto, quando l’odio nei confronti della loro madre era prevalso sul loro bisogno di amore da parte sua.
 
<< Stai pensando troppo, Ayato-kun. Rischierai che il tuo cervellino bacato possa esploderti, così >> disse una voce dietro di lui.
 
<< Che cosa vuoi tu ? Nessuno ti ha invitato a prendere parte ai miei pensieri >> disse Ayato senza neanche voltarsi indietro, verso il suo inopportuno interlocutore.
 
Raito, dietro di lui, rise lievemente davanti all’infantilità del fratello. Sapeva che lo avrebbe trovato qui, veniva sempre nella sua camera, il giorno dell’anniversario della morte di Cordelia, conosceva suo fratello troppo bene.
E adesso che Bitch-chan sapeva la verità, sapeva che Ayato avrebbe cercato con tutto se stesso di aggrapparsi a quel ricordo doloroso, cercando di rammentare a se stesso perché erano giunti a compiere quel delitto, perché lui era stato il primo a ferire sua madre. Ayato sapeva che la biondina disprezzava con tutta se stessa l’atto che avevano compiuto, lo si poteva chiaramente capire dal modo in cui i suoi occhi magenta si erano posati su di loro quando avevano finito di raccontare l’accaduto e il modo in cui aveva cominciato a correre, sbattendo la porta dietro di sé, scappando il più possibile lontano da loro. Sapeva che Ayato, anche se non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura, non gradiva il disappunto di Bitch-chan, né che le sue azioni venissero messe in discussione, forse per puro orgoglio o forse perché non accettava di essere criticato da una ragazzetta, o forse semplicemente perché voleva essere considerato un mostro da chiunque ma non da quella ragazzina.
“L’Amore… è per i bambini, Ayato-kun”, pensò Raito.
Non che Raito potesse definirsi un genio sull’argomento, anzi, in riguardo all’amore, lui e suo fratello raggiungevano ogni limite possibile dell’ignoranza. Nessuno aveva mai insegnato loro l’Amore quando avevano voluto impararlo, e adesso non voleva più, semplicemente perché non credevano potesse essere costruttivo imparare qualcosa di così futile, così sfuggente, qualcosa che forse non era mai esistito o che non era stato a loro destinato.
D’altronde, chi mai avrebbe potuto amarli ? Amarli veramente, senza esitazione, accettando quello che erano diventati ? Quello accadeva nelle favole e nelle favole non c’era posto per i dannati. Raito lo aveva imparato sulla sua pelle, quando i polsi delle sue mani furono stretti a sangue dal ferro delle catene, quando i suoi occhi erano stati costretti a guardare lo spettacolo più degradante su cui potessero mai posarsi, quando capì, che quello che aveva considerato il suo unico vero amore, lo aveva tradito per sempre.
In quello stesso luogo, Raito aveva sancì per sempre il suo patto con l’oscurità, lasciandosi alle sue spalle tutto ciò che di decente e piacevole potesse esserci dentro di lui e dentro al suo cuore. In quello stesso luogo, lui e i suoi fratelli, avevano stretto un patto, un alleanza che avrebbe cambiato per sempre la loro esistenza.
 
 
INIZIO FLASHBACK
 
Ayato era appena sceso nelle segrete, dove sapeva che avrebbe trovato suo fratello Rayto rinchiuso, dopo che la sua relazione con Cordelia era stata scoperta. Ayato lo aveva sempre saputo che quel maledetto di suo padre prima o poi avrebbe scoperto ogni cosa, nonostante lui avesse cercato di far in modo che ciò non accadesse. Lui e suo fratello non avevano più lo stesso rapporto di una volta, ma Ayato non provava odio nei suoi confronti, ma solo nei confronti di Cordelia e del suo cuore marcio, che aveva rovinato ogni cosa. Insieme a lui era sceso anche Kanato, che teneva tra le sue braccia il suo amato orsacchiotto Teddy.
Non era stato difficile convincere Kanato a scendere lì sotto, in quel luogo putrido e sporco, dove ragazzi del loro rango e della loro educazione non avrebbero mai dovuto trovarsi. Dopotutto, suo fratello Kanato disprezzava Cordelia quanto lui e adesso che anche Raito aveva avuto la sua parte di dolore (essere umiliato, rinchiuso nelle segrete e aver assistito a un rapporto tra Cordelia e Ricther), forse avrebbe finalmente accettato di unirsi a lui per uccidere insieme quella maledetta vipera. Ayato aveva progettato di uccidere sua madre da molto tempo, dopo l’ennesima volta in cui Cordelia, creatura bella quanto fatale, una donna che lui un tempo aveva amato con tutto se stesso, non con la passione e la lussuria di Raito, o con il modo perverso e lugubre di Kanato, ma con riverenza, rispetto e timore, come gli uomini amavano i loro Dei, e per lui sua madre era stata come una Dea. Una Dea bellissima, dall’indole capricciosa, che era severa con lui solo perché voleva essere rispettata come meritava, perché voleva che il suo primogenito fosse il migliore, un Dio, come lei credeva di essere. Ayato aveva capito troppo tardi che sua madre non era una Dea, ma un demone, una strega, un’ammaliatrice, una creatura crudele che non aveva posto per l’amore nel suo cuore, se non per un ossessivo e insano “amore” per suo padre. Adesso lo avevano capito anche i suoi fratelli e forse erano finalmente pronti per aiutarlo a togliere di mezzo quella stramaledetta vipera. Avrebbe voluto ucciderla prima ma sapeva che non avrebbe mai potuto farlo, i suoi fratelli si sarebbero sicuramente messi in mezzo, glielo avrebbero impedito e forse avrebbero ucciso lui o lui sarebbe costretto a uccidere loro.
Ayato ormai non era più il bambino ingenuo e amorevole di una volta, che avrebbe dato il tutto per tutto per i suoi fratelli, senza pensarci due volte. Era un ragazzo freddo, spietato e disposto a tutto per ottenere quello che voleva, ossia la morte di sua madre, ma sapeva anche che, in una minima parte del suo cuore, lui e i suoi fratelli erano ancora legati da qualcosa di oscuro, di sfuggente, un ultimo legame che non erano ancora riusciti a spezzare e che adesso sembrava essersi rafforzato come non mai, l’odio per la loro madre.
Ma era solo quello ?
Molto probabilmente no. Forse ci teneva ancora un po’ a loro, ma non lo sapeva più e neanche gli interessava saperlo. Era un quesito al quale forse non avrebbe mai avuto risposta e sul quale forse non si sarebbe interrogato mai più, o forse il contrario, non lo sapeva. Sapeva solo che in quel momento l’appoggio dei suoi fratelli era prezioso come non mai, soprattutto adesso che anche Raito era stato distrutto dalla violenza e dall’oscurità di Cordelia. Loro avrebbero compiuto insieme quell’atto diabolico, malvagio, pregnante di vendetta e di odio che lui aveva così tanto agognato di realizzare. Voltandosi brevemente verso Kanato, che stava a pochi passi da lui, quasi avesse paura che il fratello potesse cambiare idea da un momento all’altro, si voltò nuovamente verso Raito che, con la schiena poggiata al muro, i polsi legati, i capelli sporchi e disordinati, lo sguardo spento ma allo stesso tempo luminoso di una luce nuova, non più una luce di vita, ma una luce perversa e maligna, quasi come quella di un fuoco che, imponente e senza pietà, bruciava ogni cosa intorno a sé.
Era la fiamma dell’odio, la stessa che bruciava il cuore e gli occhi di Ayato, la fiamma che lo stesso aveva atteso pazientemente di scorgere negli occhi dei suoi fratelli per mettere in atto il suo piano.
 
<< Sei venuto qui per gioire, Ayato-kun ? Ti piace quello che stai vedendo ? >> gli cheise Raito a voce bassa e spenta.
 
<< Mi piacerebbe di più se al tuo posto ci fosse qualcun altro e lo sai bene >> rispose Ayato con tono freddo.
 
Raito rimase in silenzio, continuando ad osservare il fratello con sguardo vuoto, quasi che sembrava non riuscisse neanche a vederlo o che semplicemente i suoi occhi erano intenti ad osservare una realtà lontana, più piacevole di quella che stava vivendo, una realtà in cui le sue mani potevano ancora accarezzare la pelle morbida di sua madre, in cui le sue labbra potevano ancora baciare le sue, prima di ucciderla, prima di strozzarla, toglierle ogni linfa vitale, distruggere l’anima di quella donna crudele prima che lei decidesse di distruggere la sua.
 
<< Oh… non fare così Raito-kun, Ayato-kun ha una proposta da farti, una proposta che sicuramente ti piacerà. Io l’ho trovata bellissima >> disse Kanato con un tono di voce folle, quasi quanto il suo sguardo, mentre i suoi occhi viola brillarono di una luce sadica e malata.
 
Raito continuò a rimanere in silenzio, attendendo che l’altro gemello prendesse parola. In fondo lui non aveva di meglio da fare, ne aveva altro posto in cui andare. Ascoltare Ayato non era di certo il male peggiore che gli era capitato in quei giorni, forse niente di peggio sarebbe mai potuto accadere nella sua vita.
Non c’era nulla di peggio di essere distrutti dall’interno, di sentire il proprio cuore andare in mille pezzi, come tutta la tua vita passata, illusoria, falsa, un ammasso di bugie che si era creato per poter credere che la sua vita era qualcosa di più, di una merda inutile. Sua madre questa volta la lezione gliel’aveva insegnato proprio bene, doveva ammetterlo, e lui era felice che lo avesse fatto, perché non avrebbe dovuto esserlo ?
Sua madre lo aveva liberato dalle catene della sua ingenuità e della sua stupidità, lo aveva reso libero da quelle inutili fantasie che si era creato, lo aveva reso libero da lei, sebbene avesse lasciato che suo padre lo rinchiudesse con altre catene, ma da quelle si sarebbe liberato presto. Lo sentiva, ne era sicuro. Qualcosa stava per cambiare e lui era più che felice di dare il suo contributo.
 
<< Che cos’hai in mente ? Ayato-kun ? Se è un’altra delle tu bravate per far arrabbiare nostro padre… sappi che sarò d’accordo a prescindere… >> disse Raito, mentre sul volto si formava un sorriso sadico, paragonabile a quello di Kanato.
 
<< In realtà, è un’altra la vittima che avrei in mente. Inoltre, non si tratta di una bravata, ma di un cambiamento radicale che vorrei attuare in queste mura. Penso che tu abbia capito di chi sto parlando e che cosa ho intenzione di fare, vero ? >> chiese Ayato avvicinandosi alle sbarre e appoggiando la fronte su di esse.
 
Raito contemplò un attimo l’espressione seria di suo fratello, seria come mai lo era stata nella sua vita, ma durò solo un attimo. Raito non aveva bisogno di studiare il volto del fratello, per capire che quello che stava pensando, provando o mostrando, non ne aveva bisogno perché per lui guardare il fratello, in quel momento, era come guardarsi allo specchio, niente di più, niente di meno. Ciò che in quel momento invece aveva tutta la sua attenzione era il destino che Ayato aveva prestabilito per la sua cara mammina. Nella sua mente presero immediatamente vita milioni di scenari diversi, dove le uniche cose identiche erano la vittima e i carnefici. Si stupì da solo, in quel momento, di quanti modi ci fossero per ferire, torturare e uccidere una persona.
 
<< Ho capito perfettamente… e ti aiuterò… che cos’hai in mente ? >> chiese Raito, mentre la luce oscura nei suoi occhi si accendeva ancora di più, e il volto si riprese di una sinistra vitalità.
 
<< Ho intenzione di uccidere nostra madre insieme, quando saprò che nessuno sarà qui a impedircelo. Tra tre notti, quando ci sarà la luna piena, Reiji e Shu dovranno uscire per occuparsi di alcune cose, non chiedermi cosa, non m’interessa. Subaru invece andrà sicuramente da sua madre e noi avremo la casa tutta per noi. Sia chiaro, non voglio condividere lo spettacolo con nessuno, a parte voi due. >> disse Ayato in tono duro.
 
<< Mh… vuoi avere la scena tutta per te ? Anche in situazioni come queste non riesci a far a meno di metterti in mostra eh ? >> chiese Raito con una nota di disappunto.
 
<< Ha ragione lui. Neanche io voglio avere qualcun altro dei nostri fratelli tra i piedi. Non voglio sorbirmi i rimproveri di Reiji, né voglio avere la faccia di Shu tra i piedi e tantomeno sopporterei lo sguardo carico di biasimo di Subaru. Io voglio bruciare il corpo di quell’arpia come lei ha fatto con le mie corde vocali, ogni volta che voleva sentirmi cantare >> disse Kanato, nascondendo le labbra dietro Teddy mentre parlava.
 
Ayato ascoltò le parole del fratello e ghignò tra sé. Alla fine, seppur per un motivo macabro, erano riusciti, dopo tempo, a trovare un punto d’incontro. Sua madre li aveva messi l’uno contro l’altro, per divertimento, credendo di aver vinto quella sfida in cui loro magari si sarebbero uccisi a vicenda, mentre lei, bella e fatale, si sarebbe liberata dei tre fardelli che, al contrario di quanto aveva pensato, non le avevano fatto guadagnare l’amore del Signore dei Vampiri. Alla fine erano loro i vincitori, o almeno lo sarebbero stati, presto.
 
<< Sarò io il primo a colpire nostra madre… quando tornerà da uno dei suoi “appuntamenti”, io sarò al piano di sotto, pronto ad accoglierla. Sarà la mia mano, la prima ad ucciderla. Conoscendola, lei a quel punto chiederà aiuto al figlio che crede la ami di più… >> disse Ayato guardando Raito.
 
Raito emise un piccolo ghigno, poi disse << Sebbene non mi piaccia l’idea che tu abbia il primo round… devo ammettere che come piano non mi dispiace… avere la mammina alla mia mercé… tutta sanguinante e dolorante… che mi supplica di aiutarla, che protende le sue mani delicate verso di me, in cerca di salvezza… mentre io l’afferro solo per spedirla all’Inferno dove appartiene… mi sento già eccitato… >> disse Raito con tono perverso, mentre i suoi occhi si illuminavano ancora di più.
 
<< Non ti sei dimenticato di me, vero ? Ayato-kun ? >> chiese Kanato con tono irritato, sentendosi messo in disparte.
 
<< Ma certo che no. Raito attenderà nostra madre al piano di sopra, nella stanza del piano forte, c’è un balcone che offre una vista niente male, sai ? Raito spingerà nostra madre da lì, facendola cadere sul prato di rose e a quel punto tu, Kanato, le dai il colpo di grazia. Brucerai il suo corpo, in modo che di lei non resti altro che le ceneri. >> disse Ayato voltandosi verso l’altro fratello.
 
Gli occhi viola di Kanato si accesero di una malignità, di un desiderio malvagio, di un sadismo che forse avrebbe fatto gola anche al diavolo in persona, mentre immaginava il corpo della madre ardere davanti ai suoi occhi.
Ecco che cos’erano diventanti, in quel luogo, in quel preciso istante, insieme… erano diventati tre bellissimi giovani mostri.
 
FINE FLASHBACK
 
Ayato sentì Kanato cantare da un'altra parte del castello, la canzone Songbird, quella che aveva cantato anche quella notte, dopo che sua madre era diventata polvere nell’aria, una piccola reliquia che rappresentava la fine di un incubo passato, mai destinato all’oblio, ma almeno concluso.
Ayato aveva vinto una delle sfide più grandi della sua vita, era riuscito a vincere il gioco perverso e malevolo di sua madre, un gioco che lo aveva distrutto fin dalle membra. Era facile, tuttavia, ricordare a se stesso che non sempre era stato così, che c’era stato un tempo in cui era riuscito a sentirsi vivo, in cui non era solo ossa e malvagità che camminavano e procedevano su un percorso che non poteva più abbandonare. La verità era molto più aspra, molto più dolorosa. Lui era morto da tutta la vita, sin dalla sua nascita, poiché sin da essa sua madre lo aveva condannato a essere un mostro, lo aveva condannato a morire ogni volta in quel lago e rivivere ogni volta che riusciva ad uscirne.
Ayato il bambino era un idiota, sua madre lo aveva capito bene, e gli idioti nel loro mondo non sopravvivono, si lasciano sopraffare e poi vengono uccisi. Sua madre almeno aveva fatto qualcosa di giusto, aveva ucciso quel bambino ingenuo e idiota e aveva costruito, dalle sue ceneri e dalle sue lacrime, un giovane uomo più che consapevole di come funzionavano le cose in quel mondo.
Lo stesso valeva per i suoi fratelli.
Gli stessi fratelli con cui non aveva più un legame, non aveva più niente in comune. Eppure… eppure a volte non poteva fare a meno di pensare a Raito, a quanto gli facesse pena, a quanto si sentisse in colpa per non averlo salvato, per non averlo rinchiuso egli stesso in una gabbia per allontanarlo da Cordelia, per non essere stato un buon fratello per lui… Poi pensava a Kanato, che continuava a cantare con quella voce dannata, che tante volte aveva fatto sanguinare la sua bocca per il pro divertimento di una stronza… E si chiedeva perché non avesse provato ad aiutarlo, perché non avesse provato a difenderlo…
I suoi fratelli non erano degli stupidi, non erano deboli, avrebbero potuto difendersi da soli, non avevano di certo bisogni di lui, ma lui era il più grande e ricordava ancora i pianti di Kanato, che soffocava il viso sul dorso di Teddy, per trattenere i singhiozzi e il sangue che gli usciva dalla bocca.
Ricordava ancora il corpo di Raito cadere sul pavimento, mentre suo padre lo colpiva brutalmente, dopo che aveva scoperto della sua relazione con sua madre e, se si immergeva in quel ricordo con maggiore attenzione, poteva ancora sentire il suo del cuore di suo fratello mentre andava in frantumi.
Forse era lui che, in fondo, sentiva di aver bisogno di loro… forse anche loro sentivano di aver bisogno di lui…
Forse erano tutti pensieri vuoti e privi di significato i suoi. La notte ormai era quasi passata e il giorno nuovo avrebbe posto fine ad un altro anniversario, portandosi con sé la fine di un altro anno che li distanziava dalla morte di quella persona crudele e dannata che li aveva segnati per sempre.
“Che buffo, lei era stata il motivo del nostro allontanamento”, pensò Ayato, continuando ad osservare la Luna. Eppure… lei era anche l’ultimo legame che li teneva in vita… l’ultimo legame che loro avevano reciso insieme… spezzato… scomparso…
Quando il filo di vita di Cordelia si era spezzato… il loro ultimo vincolo di fratellanza lo aveva seguito e loro non avevano fatto nulla per ricucirlo.
Quel legame indicava la loro infanzia, quando erano ancora giovani e belli, belli dentro, quando erano felici e credevano che il mondo potesse offrire loro mille speranze. Un legame così non poteva sopravvivere alla loro vita fatta di oscurità, poteva vivere solo attraverso i loro ricordi e in fondo andava bene così.
Cordelia era morta e alla fine aveva vinto anche, perché era riusciti a separarli per sempre, recidendo l’ultimo legame che li univa, ma almeno era morta.
Osservando un’ultima volta la Luna, Ayato si voltò, lasciando alle spalle quei pensieri futili e andando alla ricerca di Chichinashi. 
  
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