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Autore: Roxar    08/05/2016    1 recensioni
Jem non sorride più; la sua pupilla ha inghiottito tutto quell'argento sporco, riducendolo ad un anello sottile. Non fai in tempo a formulare il desiderio stuzzicante e proibito di baciarlo che la sua bocca è già sulla tua, le sue labbra si stanno muovendo per schiudere le tue, la sua lingua sta scivolando contro la tua. C'è, da qualche parte, una voce nella tua testa che ti rammenta che non potete essere in questo modo, ma tu le comandi di tacere.
[Heronstairs | Kissing]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Herondale, William Herondale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Crew&Ship

Crew&Ship: Will Herondale, James Jem Carstairs | Will/Jem
Warnings: Slash, Kissing
Note: Dopo aver visto, su Pinterest, l'immagine che vedete qui sotto, voi capite che io ho dovuto scrivere questa cosa. Voi capite pure che, dopo anni passati a shipparli con la consapevolezza che non sarebbe mai successo niente tra loro perché entrambi innamorati di Tessa (che è puccina, mi piace un sacco e tutto quanto, ma da questo punto di vista, argh, Tessa, non potevi restartene in America? ç_ç), la Clare pubblica questo art-book in cui dice che "Quindi, Will e Jem si stanno allenando, magari, tutti sudati, e l'allenamento sfocia in una lotta scherzosa e cadono per terra, Jem sopra Will, e si scambiano un lungo sguardo, e poi Jem si china in avanti per dargli un lungo bacio... Le armi cadono per terra, non ne hanno più bisogno..." e sì, SEND HELP PLS. Quindi, habemus (apparentemente) canon. Alè! Il pezzo originale lo trovate cliccando su questa meravigliosa fanart - Dio benedica chi le disegna.
Ultimo: titolo tratto da Sun, degli Sleeping at last.
Buona lettura!

 

____

 

 

Il clangore delle lame si arresta di colpo e il silenzio che segue è quasi irreale, quasi assordante. Nelle orecchie, continui a risentire i fendenti incrociati delle vostre lame, confusi agli ansiti dei vostri respiri irregolari. Adesso non c'è altro che silenzio mentre, come due pianeti, seguite un'orbita quasi circolare, senza mai interrompere il contatto visivo. Il tacco dei vostri stivali striscia sul pavimento, assecondando il movimento sciolto delle gambe, che continuano a muoversi come seguendo una coreografia già scritta.

Jem è chiaramente affaticato. Tutto, in lui, urla una tregua: il viso arrossato, la pelle bagnata di sudore, la camicia bianca che aderisce fastidiosamente al petto e alla schiena, il tremito lieve della mano della spada. Ciononostante, continua a circoscrivere lo spazio tra di voi, cauto e diffidente come un gatto. Aspetta il momento più opportuno per cui attaccare, aspetta di cogliere una debolezza in te, un qualsiasi movimento sgraziato che sia la tua condanna.

Non hai intenzione di accontentarlo. Sei esausto, naturalmente, perché quando avete incrociato le lame per la prima volta il sole era un tondino stretto al centro del cielo e adesso è un bollino sbiadito che naufraga all'orizzonte, e pur essendo un Cacciatore sei fin troppo consapevole dei tuoi limiti. Eppure, devi ammetterlo: non ti aspettavi così tanta resistenza. Non nelle sue condizioni. Ti passi la lingua sulle labbra, trovandole secche e riarse. Jem commette l'errore imperdonabile di osservare quel movimento, di distrarsi e tu sai che la partita è chiusa. Ti immobilizzi solo per caricare i muscoli delle gambe e fare leva per spiccare il salto. Ti libri a mezz'aria e l'angolo della tua spada è tale che, se Jem fosse un demone, calando gli staccheresti di netto la testa. Ma Jem è un Cacciatore e ha ancora la forza per sollevare l'arma e parare il fendente.

Quando lo guardi in faccia, scopri che sta sorridendo. Ha l'aria trionfante di chi ha appena vinto.

Il calcio trova il tuo petto fin troppo facilmente e le rune da combattimento che gli marchiano la pelle ti scaraventano a parecchia distanza da lui. Stai scivolando sul pavimento e la tua corsa incontrollata si ferma solo quando Jem si scaraventa su di te, cala l'elsa sul tuo polso e getta lontano la tua spada, mentre la sua ti preme contro la gola. Le sue gambe sono serrate ai lati delle tue – probabilmente per impedirti di muoverle – e le sue mani adesso ti spingono i polsi in alto sopra la testa, lasciandoti terribilmente esposto e vulnerabile.

Capisci, con un moto di rabbia, che sono finiti i tempi in cui lo disarmavi in nove secondi netti.

Il suo viso è vicino a tuo, al punto che un rivolo del suo sudore cola sulla tua guancia e si mischia al tuo. Nella penombra del crepuscolo, i suoi occhi sono come argento opaco, sporco. Il suo sorriso quasi brilla nell'intrico di ombre e luci che è diventato il suo viso e, senza esserne consapevole, ti arrendi. Il tuo corpo di rilassa di colpo e la bocca crucciata si distende in un ghigno divertito, sfaccendato, sfrontato. Senti le sue mani abbandonare i tuoi polsi e la spada scivolare sul pavimento con uno stridio quasi metallico.

Jem non sorride più; la sua pupilla ha inghiottito tutto quell'argento sporco, riducendolo ad un anello sottile. Non fai in tempo a formulare il desiderio stuzzicante e proibito di baciarlo che la sua bocca è già sulla tua, le sue labbra si stanno muovendo per schiudere le tue, la sua lingua sta scivolando contro la tua. C'è, da qualche parte, una voce nella tua testa che ti rammenta che non potete essere in questo modo, ma tu le comandi di tacere.
Le rammenti  anzi che ti è permesso avere quest'unico, ultimo momento di debolezza. E siccome ti è permesso, dici, non c'è niente di male ad affondare le dita nei suoi capelli per tenerlo più vicino. Non c'è niente di male, ti dici, mentre le sue mani da violinista ti sfiorano, le dita si inarcano e suonano una melodia che conoscono solo loro e che non capisci, ma che comunque ti manda brividi lungo la schiena. Intrecci le gambe alle sue, non riesci più a distinguere la fine del tuo corpo dall'inizio del suo, e la sua bocca sta diventando più esigente, i suoi denti iniziano a morderti il labbro, la pelle bianca del mento, quella sottile del collo. Le sue mani scivolano sotto la camiciola, bruciano come l'inferno contro la tua schiena. Spennellano un disegno dalle curve morbide, attizzano i nervi che vi soggiacciono, risalgono dalla base fino alle sporgenze delle scapole, ne tracciano il profilo con la punta delle dita e, infine, si chiudono brevemente sul tuo collo sudato, sfiorando i capelli bagnati; poi, veloci e impalpabili, seguono la curva del tuo fianco e si aprono contro il petto, la destra che indugia proprio sul cuore – che non ha mai battuto così forte – e poi riprende a scendere, si ricongiunge alla sinistra, così vicine che sembrano un unico insieme di dita flessuose che ti incidono uno spartito sotto la pelle. Cadono, scivolano fin dove la tua pelle incontra l'orlo dei pantaloni.

Desideri che lo eludano, desideri quelle mani su di te, ma le sue labbra stanno già rallentando, come un giro di giostra che va terminando. Si stanno facendo più lievi, meno pressanti. Il bacio si spezza in molti, piccoli baci vaghi, sempre più brevi, sempre più labili, finché uno schiocco debole non chiude la catena e Jem riapre gli occhi, sorridendoti. Sorride dei tuoi zigomi arrossati, del tuo collo che si allunga per averne ancora, o forse sorride solo perché questo strano gioco è andato più lontano di quanto entrambi avreste mai potuto immaginare, più lontano di quanto fosse stato lecito spingerlo.

"È stato..." inizia e non hai mai sentito la sua voce in questo modo, così bassa, così graffiante, così... eccitante.

"Memorabile?" suggerisci e arrossisci, perché ti vergogni del modo e del tono con cui è venuto fuori – eccitato, incerto, furiosamente bisognoso.

"Stavo per dire sorprendente, ma memorabile va bene."

"Forse allora dovremmo ripetere l'esperienza."

Jem ride e qualcosa si spezza, qualcosa va in frantumi mentre si puntella sulle ginocchia e si allontana da te, rimettendosi in piedi. Da questo punto di vista, è solo una figura buia stagliata contro le vetrate, ma la mano tesa verso di te è impossibile da non vedere.
Con una punta di imbarazzo e tanto biasimo per esserti spinto così oltre, la rifiuti e ti rialzi da solo. Non ti è permesso di andare via, non ancora: la sua mano si chiude sul tuo polso – e il contatto, lo giuri, brucia come una fiamma viva.

"Forse potremmo," conviene a bassa voce e i suoi occhi sono pieni dello stesso tormento che affligge te: la voglia di rifarlo che lotta contro la consapevole che davvero non dovreste. Ai Parabatai, pensi ancora una volta, non è consentito stare vicini in questo modo. Eppure, mentre le dita salgono ad intrecciarsi alle tue e la sua fronte preme contro la tua, riesci solo a pensare a quanto questo, in pancia, ti sembri tutto fuorché sbagliato.

   
 
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