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Autore: elizaveta    08/05/2016    0 recensioni
Quando la morte di un'amica riporta nei cuori le tenebre, i sensi di colpa e le sofferenze, l'amore è fonte di salvezza.
[OLICITY] [4X19 ARROW]
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dinah 'Laurel' Lance, Felicity Smoak, Oliver Queen, Tommy Merlyn
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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OLICITY

DARK AND LIGHT


«È colpa mia,» mormorò, le labbra colpite da impercettibili tremolii, «Laurel è morta per colpa mia, proprio come Tommy.» Le parole di Oliver fluttuarono nell'aria, impetuose e difficili da sussurrare.

La sua voce era roca, spenta e delusa da se stessa. Pareva aspettare uno strappo, qualcosa che potesse distruggere la sua melodia così  fremente. Sembrava macchiata da un'opaco grigio, sfumato verso una tonalità oscura, un nero privo della lucentezza delle stelle.

Per un istante una brezza gelida invase il suo corpo, facendogli portare alla mente ricordi mai sbiaditi da essa.

Oliver Queen stava osservando un punto fisso, lontano, nel completo oblio dell'anima. Cercava di restare in piedi, tentennando con la gamba e con i pensieri, ma i suoi occhi esprimevano una perdizione ulteriore. Scure ombre invadevano il viso dell'uomo che cercava, e desiderava, salvare la propria città, qualcuno che non aveva mai camminato in un cammino pieno di luce. 
Il suo cuore era in frantumi, diroccato, fatto a pezzi dalle proprie mani, tinte di un dolore immenso che non gli dava pace. 

Felicity lo stava guardando, il cuore che palpitava e cercava di uscire dalla gabbia toracica. Lo sentiva battere, sussultando, mentre al fondo dei propri occhi le lacrime chiedevano di uscire, con decisione, pizzicandole la vista. L'energia emotiva in quella stanza era colma di sofferenza, così tanto che sentiva il proprio corpo vacillare. 

L'espressione di Oliver, in quel momento, richiamava un profondo senso colpo, radicato nella sua anima come delle radici, sudice, sporche di terraccia umida, impiantate nella terra.

Il viso corrucciato, sofferente, preoccupato e quasi terrorizzato dalle sue stesse parole, faceva stringere il cuore della donna in una morsa insostenibile. 

I suoi occhi cercavano corrispondenza, perdono, e perfino una conferma per ciò che aveva detto, sotto il tremito della luce. Essi brillavano come due lampioni favillanti, traboccanti di luce ed energia, ma vi erano, dentro di essi, colori scuri ed emergenti, che rendevano lo sguardo minaccioso, feroce. 

La mano di Felicity raggiunse la sua, una disperata donazione di amore e gentilezza. Oliver alzò il viso, stupito e curioso dalle azioni dell'amata. Percepì il proprio corpo fremere con la vicinanza della ragazza, mentre questa intrecciava le proprie dita, accarezzandogli, sotto uno sguardo fatto di lacrime, la pelle morbida. 

Colui che aveva assunto la maschera di Green Arrow la stava osservando, con ammirazione e una piccola, ma importante, gratitudine. Le labbra secche e screpolate della donna, a quella vista, si mossero verso l'alto, formando un sorriso debole, malinconico e amaro. 

Eppure la partner del vigilante sapeva che dentro lo sguardo feroce e forte di Oliver, si nascondeva un animo distrutto dall'oscurità e da morti che si erano assopite dal rintocco delle lancette.

Ella, rabbrividendo, strinse con forza quella presa, con la sensazione che se avesse lasciato la presa, Oliver sarebbe scomparso come sabbia al vento. Sentiva dentro di sé una consapevolezza prendere il sopravvento, una convinzione che si era stabilita anni dopo anni: sentiva di poter combattere le tenebre, quelle stelle che avevano invaso il cuore dell'uomo che aveva davanti.

«Non è stata colpa tua» mormorò convinta, lambendo le labbra di parole decise e amabili.

La voce della ragazza non aveva vacillato, nonostante l'emozioni che le esplodevano nel petto, e ciò diede all'uomo che amava la forza di ricambiare quella stretta, aggrappandosi ad essa come un'ancora, tra la vita e la morte.  

Tuttavia egli non fiatò, non emise nemmeno un soffio e ciò scaturì, nella mente dell'informatica, pensieri torbidi. Era a conoscenza, nel suo profondo, che Olivera non credeva a tali parole ma le accettava, con un calore immenso da spezzare il gelo che aveva ristretto il suo corpo. 

A quel punto la ragazza capì e, stringendo la presa con maggiore forza, mise l'altra mano sul viso dell'uomo, voltandogli il viso per incatenarlo ai suoi occhi. Gli occhi di Oliver erano di un azzurro profondo, resi cupi dalla poca luminosità della stanza e tenebrosi dall'animo burrascoso. Un pittore, vedendoli, avrebbe usato il blu cobalto per colorarne il contorno, sfumato da un celeste opaco e scintillante. Ma, lì, verso la pupilla nera, priva di qualsiasi altro colore, avrebbe utilizzato un blu di Prussia, misto al blu dello zaffiro. 

I suoi occhi non brillavano, non ardevano di quella forza che risiedeva dentro di lui, creata dopo anni di torture, sofferenze e perdite. La sua anima, lì, ferma, in bilico tra la perdizione e la salvezza, piangeva ma non richiedeva più un salvataggio: si era ormai arresa agli eventi che si erano messi contro di lei. 

Felicity, notandolo, sentì gli occhi pizzicarle, il dolore scoppiettante causato dallo sguardo dell'uomo che aveva difronte. Un dolore che condivideva, non appieno, non costantemente, non così profondamente, ma che capiva e racchiudeva nel proprio cuore. 

«Non è stata colpa tua.» Ripeté, gli occhi ormai colmi di lacrime piene di scintille. «Non puoi prenderti questo senso di colpa sulle tue spalle, Oliver. Tommy ha deciso di salvare Laurel, ha deciso di rischiare la propria vita per la donna che amava» continuò, con frenesia, con il cuore che le balzava in petto.

Sentiva la necessità crescente di rendere partecipe il vigilante dei propri pensieri. Non poteva sprofondare nei sensi di colpa, non poteva cadere nella perdizione e non rialzarsi più.

Felicity sentiva la necessità di donargli la forza che, in quel momento, egli non possedeva.

«Tommy ha fatto una scelta ed è morto per la scelta che ha fatto.» Disse vedendo il viso di Oliver rabbuiarsi e illuminarsi allo stesso tempo. «Laurel è stata assassinata, uccisa da una persona che non conosce altro che odio e brama di potere. E ciò non a causa tua, Oliver, ma per colpa di Damien Darkh.»

Esalò, sospirò, trattenne il fiato, riprese a respirare. Sentiva la sua voce ferma, dura, decisa, dritta al punto. Ma dentro di sé aveva l'impetuosa paura di ferire colui che non conosceva altro che ricordi di morte. Aveva la paura di far crollare quella barriera che si era creata nel suo cuore, come una piccola hacker che distruggere protezioni wireless.

Sentì le dita di Oliver toccarle la guancia, con tale gentilezza da farle tremolare il cuore. Il vigilante davanti a lei la guardava con un sorriso fragile, dettato dal dispiacere. Quel sorriso soffuso, debole, fece crescere in lei una labile speranza. 

Felicity chiuse gli occhi, percependo, ancora, le dita del vigilante accarezzargli il viso, facendola fremere dall'emozione. E prima ancora che potesse spalancare le ciglia, per osservarlo nella sua bellezza, sentì le sue labbra sulle proprie e così, nella luce tenue e gracile del covo, fece scendere quelle lacrime che da tanto aveva trattenuto. 

Lentamente, in singhiozzi sussurrati, pianse tra i baci delicati e casti di Oliver. Gli toccava le labbra con esitazione, come se avesse la paura di distruggerla, assaporandole nel modo più puro che si potesse baciare, allontanandosi subito dopo. E riavvicinandosi immediatamente essersi distaccato.

E continuò così per minuti o forse ore. Felicity non lo seppe mai, ma sapeva che quella notte, nel covo dove tutto era iniziato, Oliver Queen si era affidato alle sue parole, alla sua premura e alle sue verità.

Per la prima volta il senso di colpa, costruito su passati di tenebre, era crollato, distrutto dalla luce della sua vita. E restarono così, stretti tra le braccia l'una dell'altra, salvandosi a vicenda dall'odio che divagava negli animi umani.

FINE

* * * *









   
 
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