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Autore: Rebecca04    09/05/2016    5 recensioni
Merlin, nuovo studente all'Albion High School, viene continuamente preso di mira dalle cheerleader della scuola.
Tentando di vendicarsi finirà ancor più nei guai, venendo obbligato a impersonare la mascotte della squadra di basket, capitanata dall'insopportabile Arthur Pendragon.
Tra i due sarà scontro al primo sguardo...
[6° classificata alla seconda edizione del contest "AU - Wherever we are" indetto da EmmaStarr sul Forum di EFP]
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gaius, Merlino, Morgana, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Gwen/Lancillotto, Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Scusate per il ritardo, ma ieri scadeva il contest ed ero un po' con l'acqua alla gola.
Un abbraccio a chi ha recensito il terzo capitolo: nyssa16, GiuliaGiulia88, Miky_Holmes e thegirlwholovesbooks :)
Ringrazio anche chi ha inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite!
E un grazie a mary del, che ha letto la ff in anticipo, dandomi un prezioso parere.
Buona lettura!


White Goats

Questa volta Merlin iniziò la settimana completamente rilassato, sicuro che Arthur non l’avrebbe più disturbato. Gli allenamenti del lunedì erano stati formidabili e tutti stavano dando il massimo per la semifinale.
“Merlin.” Lance gli sorrise appena entrò in classe. “Ho portato la ricerca di biologia, vuoi dargli un’occhiata?”
“Certo, certo.” Il moro si avvicinò di più all’amico, sorridendo anche ad Arthur, seduto accanto a lui.
“Come va con Aithusa?”
“Mi ha fatto dannare tutto ieri” commentò il capitano. “E Morgana l’ha scoperta.”
“Oh, mi spiace. Tua sorella si è arrabbiata?”
“No, non fa altro che coccolarla… ”
“Beh, bene. Ho trovato un paio di fattorie che potrebbero accoglierla, dopo ti passo i nomi, ok?”
“Ok, non voglio che combini altri danni.”
“Ecco qua.” Li interruppe Lance, allungando la ricerca a Merlin.
“Grazie. Più tardi controllo se tutto è a posto, ma sono sicuro di sì.” Prese i fogli dalla mano di Lancelot. “Ho saputo che anche il professor Geoffrey assegnerà una ricerca da fare. Potremmo farla sempre insieme, che dici?”
“Sicuro!”
“Speriamo che il professore accetti.” Merlin gli sorrise e si avviò al suo banco, sedendosi e guardandosi intorno.
Morgana lo stava osservando, mordicchiando una matita, sicuramente aveva in mente qualcosa.
Le sorrise timidamente e cominciò a sistemare i libri di storia sul banco, mentre la campanella di inizio lezioni iniziava a suonare.
Il professore entrò lentamente appena lo scampanellio cessò e si sedette alla cattedra, aprendo il registro.
“Sono felice che siate tutti presenti. Come vi ho accennato la settimana scorsa, se pur molti di voi avessero la mente altrove, ho deciso di farvi fare una ricerca a coppie. A ogni coppia verrà affidato un costume o un’usanza medievale e mi aspetto un’analisi approfondita del tema che vi affiderò. Vediamo di finire l’ultimo capitolo e poi vi dirò tutto.” Aprì il libro e iniziò a leggere per i restanti cinquanta minuti, guadagnandosi il record di sbadigli da tutta la classe; sempre meglio dei suoi monologhi sulle famiglie nobili dell’epoca.
“Molto bene ragazzi. Visto che abbiamo finito veniamo alle coppie.” Il professore si schiarì la voce e afferrò un foglio dal registro.
“Professore, ma non potremmo sceglierle noi?” chiese Lance dalla prima fila.
“No, le coppie sono state sorteggiate a caso.” Cominciò a elencare i nomi dei gruppetti, alzando e abbassando gli occhiali ogni volta che passava dall’osservare dal foglio agli alunni.
Morgana finì con una ragazzina alquanto timida, che la scrutò come se avesse visto un fantasma e Lance con Jonas, un personaggio alquanto viscido.
“Arthur Pendragon e Merlin Emrys.” Il prof rinfilò il foglio nel registro, già pronto per la prossima classe. “Ah, dimenticavo. Il vostro progetto sarà sulla giostra.”
Merlin sorrise entusiasta, mentre Arthur lasciò cadere la testa contro il banco, guadagnandosi un sopracciglio alzato da Lancelot.
La campanella suonò di nuovo e i ragazzi si alzarono, raccogliendo i libri e liberando l’aula.
“Allora lavoreremo insieme.” Merlin si accostò al biondo, seguendolo lungo il corridoio. “Ti va di vederci oggi in biblioteca?” domandò, cercando di mantenere il passo dell’altro.
“Non posso” bofonchiò il biondo, mentre la mascotte gli afferrava il braccio per fermarlo.
“Stavo rimanendo senza fiato.” Merlin gli sorrise. “Allora, domani..?”
“C’è l’allenamento.”
“Oh, sì. Potremmo giovedì? Sono sicuro che in un giorno riusciremmo a fare tutto. Anche se dovrò cercare qualche libro sull’argomento.”
“Mio zio è un patito dell’epoca medievale, di sicuro avrà qualcosa nella sua libreria. Ti andrebbe di venire da me?”
“A casa tua?” chiese confuso il moro.
Arthur annuì. “Se non è un problema… ”
“No, è perfetto. Poi così potrò coccolare un po’ Aithusa.”
“A-A giovedì allora. Domani all’allenamento ti passo il mio indirizzo.”
“Puoi mandarmelo sul telefono. Prendi il mio numero dalla chat Whatsapp che ha creato Gwaine.”
“Ah, sì. Certo.”
Merlin annuì e si diresse verso il suo armadietto, mentre Arthur faceva lo stesso, anche se si trovavano in corridoi diversi.
Il biondo arrivò in fretta a destinazione e dopo aver composto la combinazione aprì lo sportello, vedendo la sagoma di Gwaine apparire di fianco a lui.
“Capitano.” L’amico gli sorrise.
“Non hai lezione a quest’ora?” domandò sbuffando Arthur.
“Buca.” Gwaine osservò l’altro prendere i libri e sbattere l’armadietto, incamminandosi. Ovviamente lo seguì subito, prendendogli i quaderni di mano. “Ti ho visto parlare con Merlin.”
Arthur si riprese le sue cose, lanciandogli un’occhiataccia. “Hai iniziato a spiarmi?”
“Sembra essere l’unico modo per scoprire cosa stia accadendo tra di voi” sussurrò all’orecchio del biondo, facendolo fermare in mezzo al corridoio.
“Gwaine, te lo dirò per l’ultima volta. Non c’è niente tra me e Merlin e mai ci sarà, capito?”
Il giocatore annuì e si fece da parte, lasciando passare Arthur: di certo non si sarebbe arreso qui.
Entrò nel laboratorio di meccanica, vuoto a quell’ora, e uscì dall’altra porta dell’aula, finendo nel corridoio parallelo. Si mosse velocemente alla fine di esso, notando Merlin dirigersi in classe.
“Ti ho visto parlare con Arthur… ” La voce di Gwaine fece girare il moro, intento a camminare.
“Gwaine, ma non hai lezione adesso??” chiese stupita la mascotte.
“Il prof è malato e ho pensato di fare un giretto.”
“Potresti ripassare invece… Non sei un asso in tutte le materie, o sbaglio?”
L’amico si imbronciò e si posizionò davanti a lui. “Di che parlavate?”
“Dobbiamo fare una ricerca insieme e mi ha invitato a casa sua. Ho esaurito la tua curiosità?” Merlin lo sorpassò, riprendendo il percorso verso l’aula del professor Sarrum.
“Per adesso si.” Gwaine gli sorrise e si appoggiò agli armadietti davanti alla classe della mascotte. Stranamente Arthur aveva tralasciato l’importante dettaglio della ricerca, ma lui sarebbe riuscito organizzare qualcosa di epico.
 
 
Gwaine aspettò fino all’ora di pranzo per agire, pedinando il suo bersaglio lungo le scale che conducevano alle caldaie.
“Gwaine, so che mi stai pedinando” vociferò Morgana, fermandosi alla fine degli scalini.
“Lo sapevo di non avere chance con te.” Il giocatore apparve da dietro l’angolo della ringhiera, sorridendo. “Se è il tuo solito tentativo di invitarmi a pranzo dovresti sapere qual è la risposta.” Morgana si incamminò verso la stanza centoquattro, ignorandolo del tutto.
“Ehi!” Il ragazzo si sbrigò a raggiungerla e si appiccò alla porta dell’aula. “Si tratta di una questione importante” disse serio.
“Sarebbe?” La strega lo guardò dubbiosa.
“Merlin verrà a casa vostra, deve fare una ricerca con Arthur.”
“Non vedo come la cosa possa interessarmi” replicò l’altra, iniziando a mordicchiarsi leggermente il labbro inferiore.
“Non pensare di riuscire a ingannare me, Morgana. So bene che hai assistito alla scenata di Arthur con le cheerleader e avrai capito che tra i due c’è qualcosa.”
“Anche se fosse e non lo sto ammettendo, la cosa non mi riguarda.” La ragazza afferrò il pomello della porta. “Vuoi spostarti?”
“Avanti, Morgana! Non è possibile che non ti interessi! Sai meglio di me le inclinazioni di Arthur!”
“Gwaine, lo sai che mi piace mettere nei guai mio fratello, ma non voglio… Certe cose sono private. Lo riesci a comprendere?”
Il giocatore si spostò dalla porta e Morgana entrò, dirigendosi verso la sedia su cui era appoggiata la sua mantella.
“Tu non hai visto come i due si squadrano il culo a vicenda negli spogliatoi!”
“Forse stanno guardando le rispettive marche di jeans… ” replicò l’altra, mentre si infilava la mantella.
“Come se tutto ciò non fosse meno gay!” Gwaine sbuffò, incrociando le braccia al petto. “Vuoi aiutare me e tuo fratello o no?” richiese.
La strega lo fissò per qualche secondo. “Io decido il piano, io ti dico cosa fare e se sarà un fallimento te ne pentirai!” Indicò con gli occhi il cerchio magico in cui Gwaine si era fermato.
“Abbiamo un accordo!” Gwaine le ammiccò. “Sono ai suoi ordini, milady.”
Morgana sospirò. “Vediamo di architettare questo piano.”
 
 
Merlin fermò il furgoncino davanti a un enorme cancello, ascoltando il navigatore del cellulare parlare; i giorni erano passati in un lampo e senza accorgersene giovedì era già arrivato.
Ultimamente si era ritrovato a passare sempre più tempo con i ragazzi e soprattutto Arthur: vederlo giocare era alquanto stimolante e parlandoci aveva scoperto che non era poi così male.
Abbassò il finestrino e suonò con la punta del dito il citofono. “Arthur..?”
“Entra” pronunciò la voce dall’altra parte.
In un attimo il cancello si spalancò e Merlin percorse piano il lungo viale, cercando di tranquillizzarsi mentalmente.
Parcheggiò nell’enorme spiazzo davanti all’ingresso e scese, scrutando l’imponente casa bianca.
La facciata ricordava un vecchio tempio greco, se non fosse stato per le finestre che si aprivano nella struttura triangolare in cima. Delle enormi colonne, infatti, sorreggevano il possente architrave dell’abitazione, sovrastante il secondo piano.
Tutto era di un bianco armonioso, a esclusione delle imposte nere delle finestre e il portone rosso.
La mascotte saltò i due gradini in pietra grigia che portavano all’ingresso e si tuffò sul campanello, suonandolo piano.
Pochi secondi e Arthur aprì la porta. “Sei riuscito a non perderti, Merlin?” Arretrò di qualche passo per far entrare l’altro.
“Destinazione raggiunta. Destinazione raggiunta.”
Il biondo alzò un sopracciglio mentre la mascotte recuperava il telefono dalla tasca, spegnendo l’aggeggio.
“Ho usato il navigatore” rispose imbarazzato, mentre entrava in punti di piedi, studiando il parquet lucido che arredava l’ingresso.
Sulla sinistra poteva intravedere una porta che doveva condurre a uno studio o un salotto: era in grado di scorgere numerosi libri adagiati su degli scaffali in prezioso legno, per non parlare del divano in pelle marrone al centro della stanza.
Sulla destra, invece, un breve corridoio sembrava condurre verso una sala perfettamente illuminata dalla luce delle finestre; sicuramente una sala da pranzo per gli ospiti.
“Ho preparato i libri di sopra. Ti faccio strada.” Arthur indicò le scale e Merlin rindirizzò lo sguardo al panorama davanti a sé.
La scala a semi chiocciola era adornata da una ringhiera in ferro battuto e gli scalini erano ricoperti da un sottile tappeto color avorio, lasciando intravedere il legno solo ai bordi.
“Tutto ok?” Si lasciò sfuggire Arthur, girando il viso verso le scale subito dopo.
“Si, scusa.” Il ragazzo iniziò a salire, seguendo il capitano.
Arrivati al primo piano il biondo voltò a sinistra, dove percorse velocemente un’altra scalinata e Merlin lo seguì rapidamente, rimanendo senza parole una volta arrivato al livello superiore.
Il parquet regnava su tutta la superficie, coperto solo da un pedana beige su cui appoggiavano il divano a più posti, sobrio e moderno e un piccolo tavolo.
“I libri sono lì. Penso di averne trovati abbastanza sull’argomento.” Arthur si avviò verso il divano, accomodandosi e disponendo ordinatamente i tomi sul tavolino. “Che dici?”
La mascotte si avvicinò, mentre osservava la luce diffusa dalle lampade incastonate nel soffitto tra le travi in legno. Allungò il viso per leggere i titoli dei volumi e sorrise. “Mi sembrano perfetti.”
Il capitano ricambiò il sorriso e prese il portatile lasciato sul divano. “Ho scaricato anche qualcosa da Internet.”
“Non credevo ti piacesse così tanto questa ricerca.”
“Ehm, si.” Arthur accese il pc, aprendo i vari file che aveva scaricato. “Ho salvato anche diverse immagini.”
“Fammi vedere.” Merlin gli si appiccicò, scrutando il monitor.
Il capitano deglutì e poi aprì le foto, facendole passare una ad una. “Te ne piace qualcuna?” domandò tossicchiando.
“Questa!” Il moro fermò il dito del biondo sulla tastiera. “Lo stendardo del cavaliere sembra quello della squadra!”
“Si, hai ragione.” Arthur si voltò verso l’altro sorridente. “Potremmo usarla come copertina.”
“Perfetto. Mettiamoci all’opera.” Merlin cercò nella sua tracolla il quaderno di storia e iniziò ad appuntarsi tutte le informazioni fondamentali.
Dopo venti minuti avevano stilato la mappa e dopo un’ora la ricerca era a buon punto.
“In questo libro c’è un’immagine sulle lance.” Arthur girò il viso verso Merlin, che alzò il naso dal portatile.
Entrambi si erano coricati a terra per stare più comodi, sommersi tra libri e appunti.
“Mm, si. C’è qualcosa sugli stemmi e le armature?” chiese il moro, voltandosi di scatto quando sentì uno strano rumore provenire dal piano di sotto. “Hai sentito?”
“Si.” Arthur si alzò, scrutando verso le scale.
“Sarà Morgana..?” domandò confuso Merlin.
“No, mi ha detto che usciva.”
“C’è qualcun altro in casa?” domandò l’altro, un po’ preoccupato.
“Mio padre… ”
“Beh, sarà lui no?”
“Non penso. Sarà meglio controllare.”
 
“Ti avevo detto di non fare rumore!” gridò Morgana.
“Perché arrampicarsi su un albero e poi entrare da una finestra è facile, vero?” Si lamentò Gwaine, alzandosi dal pavimento.
“Devono credere di essere soli” soffiò la strega in risposta, scrutando la camera del fratello. “Dove la mettiamo?” chiese, mentre si affannava a cercare qualcosa nella borsa.
Il giocatore si accostò alla libreria di fronte al letto, spulciando con lo sguardo trai i vari libri e soprammobili. “Deve essere un posto sicuro, di certo non in bella vista. E dove tua madre non pulisce.”
“Noi abbiamo la domestica” chiarì Morgana, passando a guardare la scrivania, dopo aver finalmente trovato ciò che cercava nella borsa. “Potremmo lasciarla qui sul tavolo… La stava sfogliando e l’ha dimenticata lì.”
“Poco credile.” Gwaine si gettò sul letto. “Trovato!”
“Sul letto?” Morgana alzò un sopracciglio.
“Sotto.” Il giocatore allungò la mano verso la ragazza, che gli passò la rivista.
Si sporse dal materasso e appoggiò il giornaletto a terra, lasciando solo la parte del titolo in bella vista. “Perfetto. Ora come li attiriamo qui?”
Morgana tirò fuori il cellulare di Arthur dalla tasca, appoggiandolo sul comodino. “Mi basterà solo farlo squillare all’infinito.” Sorrise, ma si fermò quando sentì un tonfo provenire dal corridoio. “Hai sentito?”
“Sono qui!” Gwaine scattò in piedi, accostandosi alla porta e scostandola piano.
“Arthur… ” Merlin seguiva il biondo passo passo. “Credi ci sia qualcuno?”
“Ti avevo detto di restare su, Merlin!” brontolò il biondo.
“Si ma ho il cellulare scarico… Come potrei chiamare aiuto? E non ti posso lasciare da solo!”
“Bene.” Arthur lo guardò con la coda dell’occhio, continuando a camminare in punta di piedi. “Io il mio non lo trovo più da quando sono tornato a casa.”
“Ottimo.”
Un nuovo rumore li fece voltare entrambi verso la porta sulla sinistra.
“Oh no, papà!”
 
“Che succede?” Morgana si affiancò a Gwaine, tentando di scorgere qualcosa.
“Problemi. Dovremo rinviare il piano.”
“Come?” chiese stupita la ragazza.
“È successo qualcosa a tuo padre, credo.”
“Fammi controllare.” Cercò di spostare poco regalmente Gwaine, ma il giocatore rimase fisso dov’era.
“Tu non sei in casa, ricordi?”
Morgana annuì a malincuore, sedendosi pensierosa sul letto. “Spero niente di grave… ”
“Sicuramente sarà così.” Il giocatore le sorrise. “Aspettiamo che se ne vadano e poi puoi controllare.”
 
Arthur aprì velocemente la porta della stanza, scorgendo il padre a terra, di fianco alla poltrona su cui l’aveva lasciato. Si precipitò accanto a Uther, appoggiato malamente contro l’imbottitura sgualcita. “Papà, mi senti?”
L’uomo sentì il figlio, ma le pupille vitree non si mossero, continuando a fissare il vuoto.
“Adesso ti tiro su.” Arthur afferrò l’avanbraccio del padre, cercando di issarlo, ma per quanto ci provasse la sua sola forza non poteva bastare.
“Ti do una mano. Aspetta.” Merlin lo scavalcò e si accucciò dall’altra parte della poltrona, prendendo sotto braccio Uther. “Sono pronto.”
Il biondo lo fissò per quella che sembrò un’infinità, per poi annuire e fare forza sulla presa.
Entrambi emisero un sospiro di sollievo quando l’uomo fu di nuovo seduto, impegnato a scrutare fuori dalla finestra.
“Papà… Ci sei?”
Uther per qualche secondo si voltò verso il figlio e questo basò a far sorridere Arthur.
“Forse è meglio che io vada… ” farfugliò Merlin, indietreggiando verso la porta.
“No, aspetta.” Arthur lo squadrò. “Potresti stare con lui un attimo? Devo prendere le sue medicine.”
“Certo.”
Merlin osservò il biondo uscire dalla stanza, mentre lui si sedeva nella poltrona accanto a Uther. Era rimasto sorpreso dalla faccenda, soprattutto perché la stanza del padre appariva normale. Nessun letto con protezioni, come era abitudinario negli ospedali, e nessun carrello pieno di medicine.
Si soffermò sulle foto di famiglia che poteva scorgere da una delle mensole e non resistette al desiderio di alzarsi e curiosare: Morgana sembrava una strega anche da piccola e Arthur era già posato fin da bambino; una donna bionda abbracciava tutti e due e la stessa donna si ripeteva foto dopo foto.
“Che guardi?”
La mascotte si allontanò dalla parete. “Mm, niente” disse a bassa voce, mentre il biondo si accostava al padre con un bicchiere d’acqua.
“Bevi, papà.” Arthur appoggiò piano il bicchiere contro le labbra di Uther, cercando di non fare danni.
Merlin era rimasto imbambolato, sentendosi terribilmente di troppo. Si sedette sul maestoso letto a baldacchino, finendo per far cigolare le molle del materasso, ma il capitano non sembrò notarlo.
“Mio padre se ne è andato tanti anni fa” sussurrò più ai suoi piedi che verso l’altro.
“Come?” chiese il biondo, ritrovando interesse verso l’altra figura.
Il moro alzò gli occhi e trovò quelli di Arthur intenti a scrutarlo. “Mio padre… Se ne è andato quando ero bambino” vociferò. Girò il viso, probabilmente doveva sembrare un idiota, un grande idiota.
Avvertì un peso in più sul letto qualche secondo dopo: Arthur si era seduto accanto a lui, senza dire nulla, forse voleva che continuasse?
“Io non l’ho mai conosciuto, ma mia madre mi ha detto che sarebbe stato un papà straordinario.” Sospirò, sorridendo poi leggermente, ritornando a guardare il capitano.
“Allora deve essere sicuramente vero” rispose Arthur, sentendo il respiro del padre affievolirsi.
“Quindi è meglio che io… ”
“Mia madre è scomparsa da qualche anno” mormorò il biondo, volgendo lo sguardo alle foto che Merlin stava osservando prima. “Mio padre non l’ha presa molto bene e gli affari non stavano di per sé andando al meglio.”
“Affari?” chiese dubbioso Merlin.
“Abbiamo una azienda, di famiglia.”
La mascotte annuì. “Mi spiace per tua madre.” Spostò la mano vicino a quella del biondo, sfiorando lievemente le dita dell’altro, non capendo come quel gesto apparisse sbagliato e giusto nello stesso tempo.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, udendo il russare di Uther provenire dalla poltrona.
“I calmanti hanno fatto effetto” commentò Arthur.
“Oh… Sarà meglio che vada allora.” Merlin si alzò dal letto, incamminandosi verso il corridoio.
“Ti accompagno.” Il capitano lo seguì, dando un’ultima occhiata al padre addormentato, per poi chiudere la porta.
Corsero su per le scale e la mascotte raccattò tutte le sue cose, mentre Arthur rimetteva libri e computer sul tavolino.
“Possiamo vederci anche la settimana prossima se hai problemi. La consegna è tra due settimane” mugugnò il biondo e Merlin fece cenno di sì.
“L’importante è non fare tutto all’ultimo” disse il moro, pronto per tornare a casa.
“Concordo.” Arthur si ridiresse alle scale e Merlin lo seguì, scendendo dietro di lui.
La mascotte si fermò un attimo sul pianerottolo del primo piano, ma ricominciò alla svelta a percorrere gli scalini. In quei pochi minuti nella stanza del padre era sicuro di aver scorto un altro Arthur Pendragon.
Il biondo aprì la porta dell’ingresso e Merlin uscì sorridente. “A domani.”
Arthur fece solo un lieve cenno affermativo mentre la mascotte si dirigeva al suo furgoncino.
Quel ragazzo, senza neanche accorgersene, lo stava mettendo alle strette.
Tornò su per le scale e camminò fino alla stanza del padre, trovando la sorella accanto alla poltrona.
“E tu da dove arrivi?”
Morgana lo fissò sorpresa per poi sorridere. “L’entrata sul retro fratellino, come sai ho un mazzo di chiavi per entrare.”
“Uhm… Ok.”
“Ok” rispose frettolosamente la ragazza, facendogli cenno di avanzare.
Arthur le sorrise e si accomodò sul bracciolo della poltrona, sgomitando, di proposito, contro il braccio di lei.
“Sei sempre stato molesto, persino nella pancia!” sbuffò Morgana, sistemandosi meglio.
“Cosa??”
“Si, si. E sei pure tardo!” Scherzò, pizzicandogli un fianco.
“Sarà a causa dei tuoi calci nella pancia che sono nato così” rispose a tono lui, ricambiando il pizzicotto e dando inizio a una gara di torture.
I gemelli continuarono per svariati minuti, tra risate e smorfie, non accorgendosi che il russare del padre era cessato e l’uomo li stava osservando sorridente.
 
 
Il venerdì tutto era filato liscio; l’allenamento era stato leggero perché Alator non voleva affaticare i ragazzi e Merlin aveva chiacchierato con Mithian e Vivian quasi tutto il tempo, ma sempre tenendo d’occhio il capitano.
La sera prima aveva cercato su Internet informazioni sulla famiglia Pendragon e l’azienda di loro proprietà. Da quello che aveva trovato aveva capito che la compagnia avesse subito un duro colpo dopo l’allontanamento del padre di Arthur e ora fosse in mano allo zio. Non vi erano state dichiarazioni sulla sparizione di Uther come presidente, ma molte voci riportavano il drammatico incidente della moglie come causa.
La mascotte iniziò a sfilarsi il costume, appoggiandolo sulle panchine, mentre Arthur usciva dalle docce.
“Hai riletto la ricerca?” domandò, fissando Merlin tentare di non soffocarsi nel maglioncino che si stava mettendo.
“Certo. Tutto perfetto per adesso” blaterò da sotto la stoffa la mascotte, sbucando un secondo dopo dalla maglia.
Merlin respirò a pieni polmoni e afferrò i jeans dall’armadietto. “È andato tutto ok con tuo padre dopo?”
Il biondo annuì, mentre faceva passare i boxer sotto l’asciugamano.
“Mi fa piacere.” L’altro sorrise e tornò a vestirsi.
Arthur ricambiò il sorriso e si accostò al suo armadietto, aprendolo per recuperare i vestiti, ma quando scostò lo sportello di metallo una rivista cadde dal mobiletto, finendo giusto sui piedi del moro.
“È qualcosa per la ricerca?” Merlin si chinò per raccogliere il giornaletto, ma in contemporanea Arthur si abbassò e i due si inzuccarono: la mascotte finì in ginocchio e il biondo indietreggiò di due passi, tenendosi una mano sulla tempia.
“Volevi uccidermi??” Il moro prese il giornaletto, sventolandolo a mezz’aria, mentre gli occhi di Arthur si allarmavano sempre di più. “Che c’è?” disse scherzosamente Merlin, per poi intravedere un lembo di copertina e sgranare gli occhi. “Ma questo è un pene!” urlò, fortunatamente, nello spogliatoio deserto.
Arthur diventò rosso pomodoro. “Ridammela, Merlin. Alla svelta.”
“È tua??” domandò ancora esterrefatto il moro.
“No! Sarà uno scherzo di Gwaine, sicuramente.”
“Ah… Certo.” La mascotte osservò di nuovo la rivista e poi Arthur.
“Non mi credi??” Il biondo avanzò verso di lui, afferrando il giornaletto che non si scollava dalle mani dell’altro.
“No, è che… Hai jeans sempre molto attillati.”
“Come?” esalò Arthur, in preda a una perdita di pazienza.
“E i tuoi capelli sono sempre in ordine.”
“Non credo di aver capito” proferì il capitano, a un pugno di distanza dalla faccia del moro.
“Si, e poi hai sempre le labbra così lucide. Ti metti il burro cacao?” pronunciò leggermente titubante la mascotte, guardando l’altro.
Il biondo sgranò ancora di più gli occhi, leccandosi involontariamente il labbro inferiore. “E tu che ne sai delle mia labbra???”
Merlin sorrise imbarazzato, non sapendo che dire e soprattutto che fare. Forse stava sviscerando quelle sciocchezze per prenderlo in giro o molto più probabilmente perché sperava che Arthur fosse gay.
Il capitano strappò la rivista dalle mani della mascotte, lanciandogli un’occhiataccia glaciale. “Non una parola, Merlin! Ne va della tua vita.” Il biondo aspettò che l’altro annuisse e si avviò verso l’uscita, per poi tornare indietro e riprendere i suoi vestiti.
“Mi vesto, trovo Gwaine, lo uccido e torno. E quando torno tu non ci devi essere” disse in tono minaccioso, per poi scomparire fuori dalla porta.
La mascotte sospirò, appoggiandosi di spalle al suo armadietto; la semifinale sarebbe stata un disastro.
 
 
Gaius parcheggiò poco distante dal pulmino del coach Alator, guardando preoccupato il nipote.
“È da oggi pomeriggio che non parli, ragazzo.”
“Sono stato occupato.” Merlin fissò i giocatori uno dopo e l’altro e afferrò la maniglia del furgoncino. “A pensare” aggiunse, assottigliando gli occhi.
Lo zio fece una strana smorfia. “Pensare..?”
“Zuccone” vociferò la mascotte, adocchiando un ciuffo biondo.
“Zuccone? A me?” domandò Gaius, alzando un sopracciglio.
“Eh? No, no, zio. Devo andare. Ti chiamo dopo, ok?”
“Certo.” Gaius annuì, mentre Merlin scendeva dal furgone, accostandosi al team.
“Ciao Merlin.” Lance lo salutò. “Pronto per la semifinale??”
“Agguerrito!” pronunciò a gran voce, attirando l’attenzione del coach.
“Il mio drago preferito!” urlò Alator, scortandolo fino allo sportellone del pulmino. “Forza, entrate!”
Il moro si sistemò in ultima fila, mentre Lancelot preferì sedersi accanto al capitano, già posizionato nella prima insieme a Leon.
Subito dopo Percival si infilò nella seconda con Elyan e Gwaine corse nell’ultima con la mascotte.
“Ciao Merlin.” Gwaine gli sorrise, aggiustandosi nel sedile.
“Cia-oddio” esalò il moro, notando il livido sotto lo zigomo del giocatore. “Che hai fatto?”
“Incontro ravvicinato del quarto tipo con un Pendragon.” Il giocatore roteò gli occhi. “Mi è andata bene.”
“Ma… Come?” Merlin rimase perplesso. “Arthur ti ha picchiato per il giornale?”
“Penso di essermelo meritato questa volta.”
“Quindi l’hai messo tu..?”
“Certo che no.” L’amico si abbassò, facendo cenno a Merlin di seguirlo.
La mascotte seguì Gwaine dietro i sedili. “Quindi?”
“Non è la prima volta che il capitano porta certe cose, se capisci di cosa parlo. Ma ho preferito lasciarlo sfogare su di me, per quieto vivere… ”
Merlin annuì e l’altro continuò.
“Da sempre la colpa a me, ma posso giurarti che non è vero.”
Il moro sentì la bocca impastata, non sapendo che dire. Si chiuse in silenzio per alcuni secondi, tentando di concentrarsi.
“Che state facendo là dietro?” domandò Tristan, appena salito sul pulmino.
“Niente.” Merlin si rialzò, cercando di apparire innocente. “Partiamo?”
“Metto in moto!” gridò Alator, girando le chiavi, ma il motore dopo il primo rombo fece uno strano stridio, spegnendosi di colpo.
“Ehm, sono sicuro che non è niente.” Il coach spense e riaccese tre volte, ma il pulmino non accennava ad accendersi. “Oh, no.”
“Che c’è coach?” Leon si allungò dalla prima fila, sporgendosi verso il posto di guida.
“La spia del motore lampeggia.” Alator indicò una lucina rossa nel pannello di controllo. “Credo che siamo nei guai… ” soffiò, aprendo lo sportello e scendendo dalla macchina.
La squadra scese dopo di lui, accerchiando l’uomo, intento ad alzare il cofano. Alator osservò all’interno, ma ad una prima occhiata niente sembrava fuori posto.
“Dovremo prendere le nostre macchine?” chiese Leon.
“No!” disse di getto il coach, voltandosi e ammonendoli con lo sguardo. “Si va e si torna insieme.”
“Proprio oggi che non ho il monovolume” commentò Percival.
“Non entreremo mai tutti in una delle nostre auto” sbuffò Gwaine. “A meno che qualcuno non stia sul tettuccio.”
“Io voto per Merlin e te.” Lo interruppe Arthur, lanciando un’occhiata ad entrambi.
Uno schioppettio fece girare il team e Gaius passò col furgoncino lungo il parcheggio, fermandosi davanti ai ragazzi. Lo zio abbassò il finestrino, squadrando il nipote. “Merlin, per fortuna ho fatto in tempo. Hai lasciato il cellulare qui.”
“Grazie zio.” La mascotte circumnavigò il mezzo e si affacciò al vetro, prendendo il telefono.
“Se non avessi la testa attaccata al corpo perderesti anche quella.” Sospirò Gaius.
“Quanti posti ha il suo furgoncino?” chiese Alator, accostandosi al lato del passeggero.
Nessuno dei giocatori si mosse a quelle parole, preoccupati dall’espressione di sollievo che aveva catturato il volto del coach.
“Due davanti e, se si sta stretti, otto nel retro.”
Alator guardò i ragazzi e poi Gaius. “Le dispiacerebbe darci un passaggio fino alla scuola Essetir? Il mio pulmino ha qualche problema.”
“Certo, vi porto volentieri” rispose Gaius.
“Cosa???” urlarono i giocatori.
“Conoscete la regola, nessuna eccezione” chiarì minaccioso il coach, aprendo lo sportello laterale del furgone, rivelando un interno ancora più raccapricciante delle decorazioni sulla fiancata.
Non vi erano sedili singoli ma due divanetti posti uno di fronte all’altro: le imbottiture erano di un arancione carico e gli schienali presentavano uno sfondo bianco, con sopra fiori multicolore stilizzati. Ad aggravare la accozzaglia del tutto un mini frigor giallo pallido era sistemato in mezzo ai due divanetti, vicino a un cestino della stessa fantasia degli schienali.
“Io lì non ci salgo” brontolò il capitano, indietreggiando. “Nemmeno morto.”
Perci e Lance lo guardarono male, mentre Leon arretrava come il capitano, prendendo le sue parti, Tristan ed Elyan si fissavano confusi e Gwaine si era già buttato sui divanetti.
“Possiamo fare due auto” continuò il capitano, ma l’espressione del coach lo fece tentennare.
Merlin era rimasto imparziale, appoggiato al muso del furgone, anche se avrebbe potuto ridere per i prossimi mille anni solo ricordando la faccia di Arthur in quel momento.
Dopo cinque minuti di urla e una ferrata diplomazia del coach, consistente in un calcio nel sedere, i ragazzi erano dentro il furgoncino hippie: Lance, Gwaine e Perci da un lato e Tristan, Leon, Arthur ed Elyan dall’altro; Merlin a causa della coda era stato costretto a sedersi sul frigorifero.
“La ringrazio infinitamente per il passaggio.” Alator sorrise a Gaius, che partì dopo aver fatto sfrigolare le gomme.
“Speriamo di arrivare vivi” commentò il biondo, mentre il furgoncino usciva dal parcheggio e imboccava la via principale.
“Mio zio è prudente” replicò Merlin, aggiustandosi sulla seduta. “Dovresti essergli grato.”
Arthur sbuffò, voltando il viso verso il finestrino e ignorandolo.
Lance e Perci si passarono delle strane occhiate: recentemente i rapporti tra i due erano migliorati e li avevano pure visti parlare senza aggredirsi, evidentemente si erano persi qualcosa.
“Diventeremo hippie Lance, hippie Leon e… ”
“Non ci provare” proferì Perci a Gwaine.
“Beh, visto che il primo che proverà a dare un soprannome a Percival si beccherà un pugno non dovrai più preoccuparti del tuo, Merl.”
“Che centro io con Perci?” domandò il moro.
“È chiaro, no? Dovrebbero prendere in giro tutti noi per essere saliti qui, ma nessuno oserà. Soprattutto con Perci vicino a te che potrebbe dare di matto.”
“Io non do di matto” rispose l’altro, incrociando le braccia.
“Fortunatamente questo nessuno lo sa, a parte noi.” Gwaine ammiccò alla mascotte.
“Non sono positivo riguardo questa teoria… ” bofonchiò Merlin, intanto che lo zio iniziava a percorrere la superstrada.
Gaius si sistemò nella prima corsia, mantenendo una velocità relativamente bassa, rispetto l’andatura delle altre auto.
Alator allungò il collo per leggere il tachimetro e si passò preoccupato una mano sulla pelata quando vide la lancetta sui cinquanta chilometri orari, per fortuna erano partiti in anticipo.
“Sbaglio o stiamo andando un po’ piano.” Arthur si risvegliò, alzando un sopracciglio. “Ci stanno sorpassando tutti.”
“In effetti.” Lance scrutò fuori dal finestrino. “Quella vecchietta sulla panda ci ha appena superato.”
“È già tanto che non fosse a piedi” commentò acido il biondo.
Lance sospirò, mentre Merlin era sul punto di lanciare il cestino in testa al capitano.
“Arriveremo comunque in orario” chiarì Elyan.
“Si, ma ci vedranno tutti scendere da questo coso… ” riprese il biondo.
“Non è una così gran tragedia.” Tentò di sdrammatizzare Gwaine, ma il capitano brontolò di nuovo, tornando a guardare fuori dal finestrino.
“E adesso perché siamo fermi??” riprese dopo dieci minuti Arthur. “Il semaforo è verde.”
“Sarà appena scattato” rispose la mascotte.
“Sì, più o meno cinque minuti fa… ” sussurrò il biondo, ma per fortuna Merlin fece finta di nulla.
Quando si avvicinarono alla scuola avversaria l’atmosfera nel bus era pressoché tagliente e appena parcheggiarono si temé per qualche momento lo scoppio della terza guerra mondiale.
“Mi hai pestato la coda!”
“Sei tu che sei sempre in mezzo ai piedi!” urlò Arthur in risposta al moro.
“Perché non la smetti di ragliare, uhm?”
Il biondo stava per gettarsi contro il moro, ma il coach aprì lo sportellone del furgone, lasciando spiazzati genitori e tifosi, che si aspettavano l’abituale pulmino.
Gwaine afferrò Merlin per un braccio e lo trascinò giù, inneggiando la folla, rimasta muta.
Le cheerleader, fortunatamente, iniziarono ad accompagnarli lungo il selciato che conduceva in palestra, mentre i fan riprendevano a incitarli.
Il resto della squadra scese velocemente, camminando e salutando, ad eccezione di Arthur, che continuava a fare bella mostra del suo muso.
Merlin, su consiglio di Gwaine, andò direttamente alle scalinate, pronto per il suo balletto di apertura; Arthur era stato un asino tutto il tempo ed era già al limite della pazienza.
“Ehi.”
La mascotte si voltò e notò Morgana appoggiata al muro, che subito si sedette accanto a lui.
“Giornataccia? Ti ho visto sbuffare.”
“Sono sicuro che sai qual è il problema, Morgana.”
“Beh, un uccellino mi ha dato una dritta.” La ragazza sorrise, attaccandosi al moretto. “Mio fratello è molto stressato ultimamente.”
“Stressato? Lui??” Il moro arricciò le labbra.
La strega non ascoltò l’ironia e continuò. “Per via del campionato e nostro padre.”
“Mi ha detto che stava meglio.”
“Oh, sì. Tranquillo. Arthur mi ha detto che l’hai incontrato.”
“Mi spiace molto per la sua condizione” disse sincero Merlin, osservando Morgana.
L’altra sorrise di più, stringendosi al moro. “Poi nostro zio ha anche scoperto Aithusa ieri sera… ”
“Vostro zio..?”
“È lui a prendersi cura di noi.”
“L’avevo immaginato. Comunque per Aithusa posso occuparmene io.”
“Ci penserò io non devi preoccuparti. Chiamerò le fattorie che hai consigliato a mio fratello.”
La mascotte annuì. “Se avete bisogno sono a disposizione.”
Morgana sorrise. “So che Arthur può sembrare un emerito cretino, ma in profondità non è male.”
“Lo so” pronunciò deciso Merlin, rendendosi conto di aver commesso un fallo. “Cioè… ”
“Sono sicura che se avesse qualcuno super paziente al suo fianco le cose andrebbero meglio” concluse la ragazza, alzandosi e sorridendogli a trenta due denti. “Torno da Gwen o crederà che mi sono persa. Ci vediamo dopo.”
“ … A dopo” ricambiò la mascotte, iniziando a stiracchiarsi gli arti: doveva concentrarsi sul tifo e no sul capitano.
 
 
La partita era iniziata da pochi minuti e Merlin scrutava i ragazzi dalla panchina, riprendendo fiato dopo il suo balletto.
I giocatori dei White Goats risultavano minacciosi solo a vedersi: il capitano aveva uno sguardo glaciale e un altro degli avversari sembrava addirittura più alto e massiccio di Percival.
Il team sembrava mettercela tutta, ma gli avversari erano coordinati al millisecondo, per non parlare del fatto che i Dragoni doveva stare all’erta per eventuali tiri mancini.
Il primo tempo finì in fretta e i Red Dragons erano in netto svantaggio; il coach era violaceo dalla rabbia e Merlin aveva la gola infiammata a forza di incitarli.
Il gioco ricominciò immediatamente e la mascotte non distolse un attimo gli occhi dal campo.
Lance aveva conquistato palla, ma appena si girò per avanzare verso il canestro il capitano avversario gli tagliò la strada, bloccandolo. Percival era accorso dietro di lui, trovandosi l’energumeno a impedirgli ogni passaggio.
“Passi” tuonò l’arbitro e la palla andò direttamente all’altra squadra.
Alator sospirò, sfregandosi una mano lungo il viso, mentre il moro si alzava dalla panchina.
“Forza ragazzi! Sapete fare di meglio!” urlò Merlin da bordo campo, ma finita l’incitazione si accorse degli occhi del capitano dei White Goats su di lui: non ispiravano nulla di buono.
“Come si chiama quel giocatore Gwaine?” domandò all’amico, ora di riserva.
“Quello è Helios… Dovrebbe essere cinque centimetri più alto di Perci.”
Il gigante stava giusto ostacolando Arthur, ma il biondo riuscì lo stesso a tirare, facendo uno strabiliante canestro.
“Stiamo rimontando. Forza Red Dragons!!” Li incitò di nuovo la mascotte, facendo sorridere Gwaine e l’allenatore.
L’arbitrò fischiò la fine del secondo tempo e in corrispondenza l’inizio dell’intervallo; tutti i giocatori ritornarono in panchina e Alator fece loro segno di seguirlo negli spogliatoi, doveva spronarli a fare di meglio.
Merlin avrebbe voluto seguirli, ma doveva accompagnare le cheerleader e Arthur sembrava non degnarlo di uno sguardo.
 
Il capitano uscì dallo spogliatoio finita la chiacchierata col coach e si affacciò al corridoio che portava alla palestra, sbirciando il balletto della mascotte.
Il moro si stava limitando a recitare il loro abitudinario slogan, ma aveva imparato qualche nuovo passo di danza.
“Carina la salamandra.” Iniziò una voce dietro il biondo. “Potreste prestarcela dopo la nostra vittoria.”
“No” rispose secco Arthur, mentre Cenred avanzava, allineandosi all’altro capitano.
“Non dirmi che ci siete affezionati… Mi pare un idiota.”
“Non azzardarti a chiamarlo così” ringhiò l’altro, avvicinandosi pericolosamente a Cenred.
L’avversario scoppiò a ridere. “Puoi scaldarti quanto vuoi Pendragon, ma stasera noi vi batteremo. Anche dopo tutti gli starnazzi della vostra mascotte.”
Arthur gli lanciò uno sguardo di fuoco, mentre l’altro ritornava verso la propria panchina.
“Tutto ok, Arthur?” domandò Alator, arrivando con il team dagli spogliatoi.
Il capitano si girò, osservando la sua squadra. “Annientiamo quei caproni!”
“Questo è lo spirito giusto!” pronunciò il coach.
“Forza Red Dragons!” urlarono i ragazzi, correndo verso il campo.
Merlin sorrise, vedendo la squadra arrivare. “Tutto a posto là dentro?” chiese a Lance.
“Perfetto. Non ci faremo sconfiggere.” L’amico lo scosse felice, prima di ritornare in campo con gli altri.
Il terzo tempo cominciò e i Dragoni si lanciarono all’attacco: Gwaine, finalmente in gioco, prese la palla fra le mani e non la mollò fino a qualche passo del canestro, passandola ad Arthur con un abile finta.
Il capitano fece due rapidi passi per poi saltare e tirare, centrando in pieno l’obiettivo.
“Sì! Canestro!” gridò il moro, lanciando un’occhiata al tabellone. Altri sei punti e i Red Dragons sarebbero tornati in vantaggio.
I Dragoni continuavano a sfrecciare lungo il campo, mandando gli avversari in confusione.
“Occupati di quello” sussurrò Cenred a Helios.
Il giocatore sorrise e corse verso Gwaine, che aveva di nuovo la palla fra le mani.
Tristan si intromise tra i due prima che l’energumeno potesse fare qualcosa, ma quello scompiglio distrasse Gwaine, facendogli soffiare la palla da uno degli avversari.
“Cacchio… Tenete duro ragazzi!” Merlin si agitò, muovendosi avanti e indietro lungo il bordo campo.
Percival intercettò il passaggio al capitano dei White Goats e riprese la corsa verso la metà campo avversaria, passando palla a Leon che segnò uno splendido canestro.
Cominciato il quarto tempo la situazione si era capovolta e i Red Dragons conducevano il gioco, in netto vantaggio.
Arthur senza neanche pensarci tirò da fuori dell’area dei tre punti: la palla roteò lungo il bordo del canestro per poi cadere all’interno, facendo urlare la tifoseria.
La mascotte osservò di nuovo il punteggio: sessantasei a cinquantaquattro per i Dragoni.
I minuti passavano velocemente e i ragazzi non davano segno di cedimento; un canestro di Tristan arrivò esattamente al fischio dell’arbitro che segnava la fine della partita.
“Abbiamo vinto di ben diciotto punti!” urlò la mascotte, inneggiando verso il pubblico. “Andremo in finale!” continuò, voltandosi e scoprendo l’intera squadra a scrutarlo sorridente.
“Credo che il basket ti stia dando alla testa, Merlin” commentò Perci.
Alator sorrise e guidò i ragazzi negli spogliatoi dopo i saluti, che non smettevano un attimo di esultare.
Il moro rimase ancora sul campo invece, improvvisando con le cheerleader un altro balletto. Poi si fermò a parlare con Elena, spiegandole che quella sera non c’era posto nel furgoncino, ma avrebbe rimediato.
Dopo un bel po’ di minuti era riuscito a infilarsi negli spogliatoi, trovandosi di fronte Gwaine già docciato, tuttavia in mutande.
“Occupato a firmare autografi, Merl?” chiese scherzosamente l’amico.
“Spiritoso” mugugnò l’altro, accostandosi alle panchine e iniziando a spogliarsi.
“Smettila Gwaine e vestiti, ci stai impiegando più di Arthur” commentò Lance.
L’amico si mise sull’attenti e accelerò i tempi, mentre il capitano usciva dalla doccia, camminando verso l’armadietto.
In meno di cinque minuti Merlin era rimasto solo col capitano, che non lo degnava nemmeno di uno sguardo.
Aveva quasi finito di rivestirsi e anche il biondo era a buon punto; la faccenda tra loro due doveva essere risolta.
“Mi hai trattato davvero male questa sera” disse sicuro di sé il moro.
Arthur si voltò immediatamente verso di lui, alzando un sopracciglio.
“Sei stato arrogante, anzi, cafone. Guarda che non ho detto niente agli altri… E comunque non è colpa mia se tu non riesci ad accettarti per quello che sei.”
Il capitano aprì bocca ma Merlin gli fece cenno di stare zitto.
“Ho parlato con Gwaine e con… Non importa. Comunque è chiaro che tu debba fare un po’ di chiarezza in quella tua testa di fagiolo.”
Arthur aveva alzato ancora di più il sopracciglio al nome di Gwaine e aveva incrociato le braccia allo strano insulto. “Non so di cosa stai… ”
“Taci” sentenziò la mascotte, sistemandosi davanti all’altro.
“Mi ha dato un ordine?” chiese scocciato Arthur.
“Sì! Non capisco perché tu abbia questo atteggiamento da principino, quando in realtà sei tutt’altra persona.”
“Non so di cosa stai farneticando… ”
“Se mi ascoltassi capiresti che sto cercando di aiutarti, Arthur Pendragon!” gridò Merlin, facendo fermare il capitano. Sbuffò, scuotendo la testa: di solito lì dentro c’era meno confusione.
Prese le mani del biondo nelle sue, e se il giorno prima quel gesto gli era sembrato un errore adesso era una tremenda idiozia.
“Siamo dalla stessa parte” scandì piano, accorgendosi di uno strano bagliore negli occhi dell’altro. “Hai capito..? Posso aiutarti, se vuoi.”
Merlin non capì bene cosa Arthur avesse compreso, perché in pochi secondi sentì il capitano stringerlo a sé.
Il biondo respirò profondamente, fissando gli occhi blu mare di Merlin, gettandosi sulle sue labbra un momento dopo.
La mascotte rimase fulminata, decisamente qualcosa stava andato in corto circuito nel suo cervello, eppure sarebbe rimasto a godersi quel bacio per lungo, lungo, tempo.
Arthur si staccò, riaprendo gli occhi e il bagliore di prima aveva preso una sfumatura di paura. “Devo andare. Chiederò un passaggio a Morgana. Ho sbagliato, scusa” concluse così, afferrando le sua sacca e correndo via, mentre Merlin era rimasto immobile.
 
 
Note:
Finalmente una svolta tra i due!
Segnalo che la battuta di Morgana:
“Forse stanno guardando le rispettive marche di jeans… ” è ispirata a Glee.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e se vi va lasciatemi un parere :)
Ho anche capito come usare l'html, forse XD
Come al solito lascio foto dei nuovi personaggi.
 
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Cenred (capitano dei White Goats): è il sovrano del regno di Essetir; alleato di Morgause contro Arthur e Camelot. Verrà ucciso dalla stessa strega quando non le sarà più utile.
 
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Helios (giocatore dei White Goats): alleato di Morgana per aiutarla a conquistare il trono di Camelot. Si batterà anche con Tristan e Isolde, venendo ucciso proprio da quest’ultima.
 
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(Interno del furgoncino)
  
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