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Autore: lasognatricenerd    09/05/2016    0 recensioni
#‎AU‬. James Carstairs + William Herondale. Scuola superior di Londra, 19 settembre. Au scritta insieme a BlueMagic_96
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James Carstairs, William Herondale
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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William cominciava a perdere la pazienza, anche se la colpa era tutta sua e solamente sua. Non era giusto che si comportasse in quel modo, quando voleva solamente abbracciarlo, stringerlo e dirgli quanto gli fosse mancato! C’era un conflitto interiore dentro di lui che non riusciva proprio a sconfiggere; da una parte, voleva solamente dirgli quanto fosse stato male per la sua scomparsa, quanto avesse pianto, quanto si fosse punito per non averlo tenuto ancor più stretto a sé. Dall’altra parte invece, desiderava solo che se ne andasse e che non tornasse più. Che scomparisse dalla sua vita, che non gli rivolgesse la parola né a scuola né da nessun’altra parte. Non riusciva a capire quale delle due parti stesse andando più forte, e quale delle due fosse più debole. Non riusciva a capire, non riusciva a decidersi. Stava andando totalmente in confusione e questo James l’aveva capito perfettamente! Per questo aveva tirato quella battuta sarcastica che William non si sarebbe mai aspettato…

James non era mai stato cattivo, né così… AH, non sapeva nemmeno come spiegarlo! Così brutale, più o meno. Era sempre stato calmo, pronto ad aiutare l’amico, ma soprattutto a calmarlo. Era sempre stato William quello scontroso, quello asociale, quello che non sapeva come rivolgersi alla gente, non di certo James! Ed invece era come se fosse cresciuto, come se il suo passato gli avesse fatto capire che non poteva continuare ad avere il carattere di una volta. Se solo il moro fosse stato nelle sue facoltà mentali, molto probabilmente gli avrebbe detto che aveva fatto un ottimo lavoro. James aveva un carattere così calmo ed altruista, che andando avanti avrebbero potuto fargli tanto male, proprio come stava succedendo adesso. Però, in qualche modo, si stava difendendo, ed era proprio quello che voleva William. Che si difendesse, che gli facesse vedere quanto il più piccolo lo stesse facendo stare di merda!

Non si capiva nemmeno lui, figuriamoci se James l’avrebbe capito. Non era possibile; nessuno poteva capirlo, nemmeno lo stesso William che stava, piano piano, perdendo la testa. Non riusciva più a pensare e a ragionare lucidamente. Era come se si fosse drogato. Avrebbe voluto dirgli che nemmeno lui si aspettava di reagire in quel modo alla vista del suo ex migliore amico. Voleva dirgli che non capiva che cosa gli prendesse, ma non riusciva ad aprire bocca, o meglio, ad aprire bocca per dire le parole giuste. Era come se le corde vocali non riuscissero a produrre i suoni che stava pensando. E faceva male, continuavano a rimanere incastrati in gola! Un colpo di tosse gli uscì dalle labbra quando lo vide di nuovo nella sua camera.

Aveva cambiato casa nel frattempo, ma si ritrovavano nella stessa stanza dopo tantissimo tempo e mille pensieri cominciarono a farsi strada in lui. Appoggiò una mano al muro per non cadere a terra. Troppi pensieri, troppi pensieri gli tornarono alla testa, facendolo stare ancora peggio. Più di quanto già non stesse. In quel momento era così egoista! Non poteva pensare a James, no, pensava solamente a se stesso. Una volta, invece, sarebbe stato molto diverso. “Un noioso imprevisto…” Sussurrò di rimando William e sembrò tanto un’accusa, ma in realtà non doveva essere così. Voleva essere solo una cosa del tipo “non penso che tu lo sia”, ma non era uscita dalle labbra come voleva l’Herondale. Sperava che il karma lo facesse stare peggio, davvero peggio. Che gli facesse sputare sangue.

Rimase in silenzio quando James disse che si rifiutava di pensare che William stesse bene con quella gente. Era ovvio che non stesse bene, no. Non li odiava, o forse sì, ma stava con loro per il gusto di fare. Preferiva stare da solo, a casa, a leggere o a studiare. Non gli importava molto di avere amici, alla fin fine, non se non c’era James con lui. E adesso che c’era, faceva l’idiota in quel modo! Possibile che non riuscisse a ragionare come una persona normale? Una persona con un cazzo di cuore?! “Lascia stare, James! Non è gente per te, quella!” – Non è nemmeno per me, in realtà. – avrebbe voluto aggiungere, ma restò in silenzio. Non era gente per nessuno dei due. Loro due erano simili. Avevano caratteri opposti, avevano poche cose in comune, eppure si erano voluti un bene dell’anima. Un bene che fino ad ora… Non aveva mai voluto a nessun altro. Ed era sicuro che non l’avrebbe provato con nessun altro.
“Tu lo sapevi?” Domandò con rabbia. “Sapevi che ci saremo visti questa sera?!” Doveva chiederglielo, doveva sapere se lo sapeva oppure no. Oppure se era un piano dei loro genitori e basta. Alla fin fine nessuno di loro aveva colpa, se non solamente lui. Se non fosse stato così scontroso, le cose sarebbero tornate come una volta. Con un po’ di difficoltà, ma ci sarebbero riusciti. Adesso, invece, era tutto confuso e tutto distrutto. Era terribile, gli veniva anche da vomitare. In più anche da piangere, ma non sarebbe mai crollato davanti a lui.

“James.” Sussurrò con voce flebile quando l’altro gli diede le spalle. “Per favore. Lascia perdere e basta. Continua la tua vita. Non immischiarti in gente come loro. Sanno fare solamente del… male.” – Perché, tu che cosa gli stai facendo? – Quella coscienza che sapeva prendere il sopravvento della sua mente nei momenti migliori – o peggiori, dipendeva dai punti di vista – della giornata. “Non voglio che ti facciano del male. Non… voglio che si avvicinino a te. Per favore, Je-James.” Lo stava per chiamare con quel soprannome che si erano dati anni prima. Will e Jem. Era così che si chiamavano. Sempre e comunque.

Restò in silenzio, ascoltando quelle parole che gli fecero male al cuore. Non poteva davvero chiedergli una cosa del genere. No. Non poteva dirgli di andarsene e di non farsi più vedere, cazzo. Non era possibile… Faceva troppo male. William aveva bisogno di James per vivere. E se ne rese conto solamente adesso. Da quando l’aveva visto quella mattina, aveva provato esattamente queste emozioni in successione: stupore, sorpresa, gioia, felicità, paura, tristezza, malinconia, paura ed infine rabbia. Aveva provato tutte quelle emozioni in una giornata, ed erano emozioni che non aveva più provato da quando lui se n’era andato. Aveva provato solamente apatia. Un’apatia che aveva paura non se ne fosse mai più andata, ma adesso era tutto diverso…

“Non mi importerebbe, a dire la verità. Stare fuori dal club per troppa cultura.” Un piccolo sorriso gli si dipinse sul volto, perché aveva amato quella battuta. In effetti nessuno dei suoi “amici” era mai entrato nella sua stanza; ma nessuno si era mai chiesto perché, quindi era meglio continuare in quel modo. “Non ti dirò… mai queste cose. Mai. Non posso dirtele. Non posso guardarti negli occhi e farlo, perché mentirei a me stesso. A te, a tutti. Non posso…” Quel guscio nel quale si era rifugiato fino ad ora, si stava lentamente schiudendo. “Sei riuscito, per la seconda volta, a penetrare in me con forza, senza darmi il tempo di difendermi. Sei sempre tu, James Carstairs. Ma come devo fare con te? Dimmelo…” Sospirò e gli si avvicinò. Appoggiò il viso contro la sua spalla, il petto contro la sua schiena e le braccia attorno al suo bacino.

Non era più il bambino di una volta e riusciva a percepire i muscoli sotto la maglietta. Riusciva a sentire il suo buon profumo, il suo respiro. Era cresciuto, proprio come William. Era un corpo diverso, era un corpo che non aveva mai sentito prima d’ora ma che avrebbe voluto conoscere. Come aveva fatto anni prima. Non voleva lasciarselo scappare. Non poteva succedere ancora; non poteva farlo scappare, com’era successo già. “Non posso perché ho bisogno di te, Jem.” Aggiunse poco dopo, affondando il viso contro il suo collo, annusandone per l’ennesima volta il buon profumo, sperando non se ne accorgesse. “Sono stato uno stupido. Ero preso dalla sorpresa, dalla tristezza e dalla rabbia. Non riuscivo a controllarmi. Ma ora che mi sono sfogato…” Lasciò la frase in sospeso perché non c’era bisogno di completarla. “Perdonami, Jem. Perdonami…”
   
 
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