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Autore: NewNeon_Traduzioni    09/05/2016    3 recensioni
"Un matrimonio politico tra due principi è reso più difficile dalla barriera languistica e dai due testardi idioti. Ma anche se saranno capaci di superare le difficoltà, ci sono altri che non sono contenti del loro matrimonio..."
Una drabble diventata long dell'autrice New Neon (FanFiction.net), originariamente in inglese, che mi ha rapito il cuore, tanto da indurmi a cominciare a tradurla ancor prima che l'autrice mi desse l'ok per postarla. Spero che l'amiate come la sto amando io.
Genere: Angst, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji, Un po' tutti | Coppie: Sanji/Zoro
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9


 

“Sono arrivata qui più in fretta che ho potuto Zoro, stai bene?”, gli chiede Nami, preoccupata, lanciandosi verso di lui e gettandogli le braccia al collo prima di lasciarlo andare ancora e fissarlo. Zoro scuote la testa, ma lei sembra intenderla nel modo sbagliato, digrigna i denti e la sua mano si sposta in direzione della sua arma.

“Intendo che no, non avevi bisogno di correre qui. Sei in anticipo. Sto bene.”, spiega Zoro, brevemente. Ha visto l’espressione sul viso di Sanji, il modo in cui ci si è dipinta la paura in un attimo. Non è colpa di Nami, ovviamente, non è stata lei a provocare quella reazione, ma sente una strana aggressività verso tutto quello che può far ricomparire quell’espressione. Si focalizza su un nucleo di calma al centro del suo petto, quello che lo aiuta sempre durante la meditazione. Centro. Calma. Respiro.

Quando si focalizza di nuovo sul presente, l’espressione di Nami è ancora preoccupata, gli angoli della sua bocca sono tesi e le sue sottili sopracciglia aggrottate. Lei non è nata Tsukian, anche il suo aspetto lo mostra, la sua pelle è troppo pallida e i suoi capelli troppo rossi perché lo sia. Per quanto riguarda l’aspetto poi, sembra appartenere più alla gente di Sanji che a quella di Zoro. Loro due si sono incontrati quando Zoro era ancora un ragazzo che giocava a essere un uomo. Si considerava un giovane guerriero, allora, e suo padre glielo permetteva, “in un modo o nell’altro imparerà da questo”, era stata la logica la sua logica.

Lei aveva dodici anni e lui tredici. Era stata una scaramuccia davvero trascurabile, il suo sonnolento paese che era appartenuto alla piccola Unione d’Arancio, un piccolo insieme di piccole isole ai confini del paese. Non facevano parte del suo regno e nemmeno ne erano alleati ufficialmente. Le città e le isole erano sparpagliate lungo un largo fiume che separava diversi paesi, incluso quello di Zoro. Perlopiù l’Unione Arancio veniva lasciata in pace, era una specie di terra di nessuno. Non portava abbastanza vantaggi per prendersi il disturbo di conquistarla e avrebbe dato troppi problemi per una troppa piccola ricompensa. Il fiume stesso appariva calmo e in larga parte lo era. Ad ogni modo c’erano luoghi in mezzo al fiume, tra le rive sabbiose, che sembravano invitare a saltarci sopra, ma l’acqua intorno era profonda e la corrente veloce aveva chiamato a sé molte vite. Vortici potevano apparire e far affondare piccole barche in pochi secondi, barche che nessuno avrebbe più rivisto. Solo le persone delle isole sapevano davvero come navigare quelle acque, sfruttandole come un’eccellente difesa naturale.

A quel tempo erano stati riportati dei disordini in quell’area, così Zoro e il suo migliore amico, Luffy, con altri due amici d’infanzia del giovane principe, erano andati a investigare. Non era stata la più brillante delle idee. Lui era già un bravo combattente a quel tempo, come lo era Luffy, ma Johnny e Yusaku…beh, erano bravi ma niente di che. I due ragazzi avevano le spade ed erano un pericolo più per le altre persone che per loro stessi, ma non di molto.

Scoprirono che un gruppetto di uomini-pesce stava terrorizzando le isole, compiendo massacri in alcune di quelle, e che adesso stavano occupando l’isola di Nami in attesa di un riscatto. Come presentazione, lei mentì loro, rubò la loro barca, i loro soldi e si affrettò a offrirli agli uomini-pesce. Quindi ovviamente la cosa più logica da fare era seguirla, attraverso le acqua pericolose del fiume, su una barca “comprata” che non sapevano gestire. In tutta onestà, ancora adesso Nami non aveva idea di come avessero fatto quei quattro ragazzi a non morire e non era ancora riuscita a capire che razza di rotta avessero preso. Lei e Luffy avevano legato e Luffy aveva deciso che dovevano prendere a calci qualche culo e quei culi erano stati presi a calci. Alcuni dei quali erano stati i loro, ma avevano vinto alla fine, in parte grazie alla stessa Nami. Lei aveva stretto accordi con gli uomini-pesce da sola per qualche anno, rubando e rapinando le persone per ripagare il riscatto per la sua isola tutta da sola, ma con l’isola ormai libera, era tornata indietro con loro.

La gente di Zoro l’aveva chiamata bugiarda e ladra, lei chiamò se stessa la gatta ladra e Zoro la chiamò nakama. Adesso era una dei suoi più fidati alleati, la sua navigatrice, la sua consigliera e anche una guerriera coi controcazzi.

Di solito lui non ignora la sua opinione o i suoi consigli alla leggera, ma ora, quando la ragazza parla di nuovo, lo spadaccino non ha scelta.

“Non posso credere che tu abbia accettato questo…questo…affronto! Essere barattato con un principe del cazzo come un-”, sibila Nami e Zoro la ferma.

“Non finire quella frase, Nami.”, la mette in guardia e lei ringhia al suo indirizzo.

“Sono sorpresa che Robin non lo abbia ucciso. Tu non ti rimangerai mai la parola, visto che hai accettato, ma Robin ha giurato di guardarti le spalle e questa sembra il genere di situazione in cui qualcuno deve guardarti le spalle.”, continua cupamente Nami.

“Mi preoccuperò delle mie spalle da solo, grazie.”, scatta Zoro e lei sembra un po’ dispiaciuta.

“Non stavo dicendo che non sai farlo.”, dice, scusandosi. Per chiunque altro questo tipo di commento avrebbe scatenato un duello per aver insultato il suo onore, ma i suoi nakama erano per la maggior parte dei casi esentati. A Zoro non importa cosa dice la gente, sono i suoi nakama e si possono prendere delle libertà per cui altre persone verrebbero accoltellate.

“Non lo hai neanche incontrato.”, replica Zoro, freddo.

Nami borbotta sottovoce qualcosa che è senza dubbio insubordinazione ma che Zoro fa finta di non sentire. Nakama o no, lui è comunque il principe, ma ha dei selezionati momenti di sordità quando si tratta di loro.

“Lui non è quello che credi. Non è nemmeno quello che pensavo io.”, dice fermamente. Zoro afferra l’impugnatura della sua spada e rimane in silenzio per un momento.

“Ho accettato questo perché il regno ne aveva bisogno, lo sai. Avevo messo in conto che avrei dovuto tollerarlo, era un prezzo che ho accettato. Ma è andata in modo completamente diverso.”, continua e si siede su una pietra all’ingresso dell’anticamera. Adesso è vuota, ma solo perché Luffy e il resto dei cavalieri stanno esplorando il perimetro e sistemando i cavalli. Beh, gli altri cavalieri probabilmente stanno facendo questo, mentre Luffy è quasi sicuramente in giro all’avventura.

“Cosa intendi?”, chiede Nami, sedendosi vicino a lui, con più grazia.

Zoro sceglie le parole con cura. È importante e sottrarsi alla discussione è mentire, sarebbe una cosa disonorevole da fare per lui, senza contare che mancherebbe di rispetto a Nami e ancor di più a Sanji. Forse il biondo la vedrebbe come “tattica” o “politica”, come la chiama spesso, che sono due cose che Zoro ha ancora problemi a distinguere.

“È complicato.”, comincia, focalizzandosi sui suoi stivali piuttosto che sullo sguardo attento di Nami. “Mi pungola, non so dirti quanto mi pungola. Litiga con me, si lamenta, mi insulta e tutto questo di solito prima di pranzo. Non penso che sia mai passata una settimana senza che io avessi voglia di prenderlo a pugni in faccia ancora e ancora.”, dice, perché Sanji è semplicemente l’uomo più frustrante che ha mai incontrato.

Può vedere i muscoli del polpaccio di Nami e il modo in cui si tendono, come se volesse prendere a calci qualcosa. È sempre stato capace di notare cose del genere o è una conoscenza che ha acquisito guardando Sanji?

“Ma mi pungola in modo positivo. È come se cercasse di farmi fare meglio, di testarmi e farmi capire cosa sto facendo. Mentirei se dicessi che non lo faccio anche io con lui. È forte, davvero forte. Ci battiamo e mi fa sul serio faticare e lui…”, la voce di Zoro si spegne. Dovrebbe ammettere che un paio di volte Sanji è anche risultato migliore di lui ma di solito finisce in parità.

È una cosa troppo personale. Scuote la testa e va avanti.

“Ma è anche gentile e premuroso, anche se qualche volta è difficile da vedere. La sua cultura è così diversa che finiamo per litigare su incomprensioni, ma so che non la intende come una cosa brutta. Proprio oggi noi-”, comincia Zoro, ma no, anche quello è troppo personale.

Si ricorda di Sanji che dice la cosa sbagliata. Quell’unico occhio blu visibile spalancato e luccicante di una lacrima che non avrebbe asciugato, mentre insiste fermamente che lo conosce e che pensava che anche Zoro lo conoscesse. Qualcosa di sconfortante fa stringere il petto a Zoro al ricordo e anche ora non è sicuro se è il bisogno che fosse vero o l’orrore di vedersi detto qualcosa di così personale per errore. Ricorda Sanji che ammette che quello che sente è un po’ di ogni tipo di relazione possibile e come Sanji si è aperto con lui, come ha ammesso di essere spaventato. Sanji gli ha esposto un pezzo di lui, ha mostrato a Zoro un suo punto debole e ha avuto fiducia nel fatto che Zoro non avrebbe fatto nulla per ferirlo sfruttandolo. Un brivido scende lungo la spina dorsale di Zoro solo a pensarci.

Deve ancora dire la verità.

“Sono innamorato di lui”, dice, con calma.

“Tu sei COSA?”, guaisce Nami, saltando in piedi.

Zoro non vuole guardare verso di lei, ma lo fa. Non ha nemmeno ammesso questa cosa con Robin, anche se più che altro è perché sa che lei sa bene come si sente lui. Robin probabilmente lo ha realizzato da prima e lui è stato stupido a non accorgersi che lei aveva iniziato a spingerli nella giusta direzione. Gli occhi spalancati di Nami sono pieni di orrore.

“Non puoi essere innamorato di lui, questa deve essere una sorta di…autodifesa. Forse pensi che…che essere qui e stare con lui non è così male se si scopre che sei innamorato. Tutta questa cosa non ti apparirebbe degradante se è amore.”, dice Nami, gesticolando con enfasi.

“Io non mento così a me stesso, siamo nakama Nami. L’ho mai fatto?”, le chiede lui. Nami scuote la testa e si passa le dita fra i capelli.

“È più di questo. È…e forse è solo perché è una cosa nuova e so che molte persone che si sono innamorate da poco reagiscono in modo spropositato e ingigantiscono i proprio sentimenti perché sono nuovi ma…penso di star iniziando a conoscerlo. Ma allo stesso tempo no ed è complicato, non ho parole per descriverlo da quanto è complicato.”, ammette, tutto in una volta.

“Santa merda, Zoro.”, impreca Nami, guardandolo ad occhi spalancati. I suoi capelli sono tirati all’indietro, dove lei li sta nervosamente tenendo lontani dal suo viso, il che la fa somigliare un po’ a un gufo e fa sembrare i suoi occhi già spalancati ancora più grandi.

“Sto solo dicendo che non so a che punto siamo, che è una cosa instabile e che nessuno dei due sa che cazzo stiamo facendo o cosa siamo. Ma lui è importante per me. So che non ti do spesso ordini, ma ti sto ordinando di essere gentile con lui. Sta ancora imparando e il suo livello di comprensione culturale è ancora basso, quindi se si comporta da stronzo non è una cosa deliberata e tu dovrai comunque essere carina con lui.”, le ordina Zoro e gli occhi di Nami si fanno ancora più grandi. Non riesce neanche a ricordare l’ultima volta che lui le ha ordinato di fare qualcosa al di fuori di un piano di attacco coordinato in battaglia.

“Lo farai per me, per favore?”, aggiunge, con gentilezza.

Nami non ha il tempo di rispondere perché la voce di Sanji risuona nella stanza, seguita a breve distanza dallo stesso Sanji.

“Cazzo Zoro, hai perso il tuo stupido culo? Fate tutti così? I tuoi cavalieri di merda sono arrivati dal retro e – oh porca puttana!”, il biondo interrompe l’imprecazione a metà quando si accorge di Nami.

“Ha appena cambiato lingua tre volte solo per imprecare?”, chiede Nami, tranquilla, ancora con gli occhi puntati su Sanji, che è palesemente senza armatura e disarmato. Oh geez, ha davvero bisogno di fare qualcosa a quel riguardo. Forse può trovare all’altro qualche armatura formale e convincerlo a indossarla tutto il tempo per non sembrare inappropriato agli altri Tsukians.

“Lo fa sempre, è fantastico.”, risponde Zoro, rivolgendole un sorriso. Il giorno in cui ha insegnato a Sanji ogni insulto e imprecazione che conoscesse è stato uno dei loro giorni migliori.

“Sanji, è okay. Non hai interrotto niente. Avvicinati.”, dice, alzandosi e notando il disagio di Sanji, parlando in Baratiano.

“Almeno è carino, penso. Questo è già qualcosa.”, gli dice Nami, in Tsukian. Guarda i vestiti di Sanji dall’alto al basso. Come non sta indossando un’armatura, Sanji sta a malapena indossando una maglietta, di un blu quasi trasparente, che Zoro non ha idea di come possa ondeggiar in quel modo, sembra che il tessuto tocchi a malapena la sua pelle. Oltretutto sta indossando del bianco, così tanto bianco, è un colore così stupido perché è come se implorasse di venire macchiato in qualche combattimento e vestirlo potrebbe annunciare, quasi urlandolo con un megafono, che lui neanche reagirebbe.

“Lui va in giro così e tu dici che è forte?”, borbotta Nami, rivolta verso di lui, senza staccare gli occhi da Sanji, anche se il biondo è abbastanza vicino da sentirla. Sanji si irrigidisce. Prima di incontrarlo non se ne sarebbe neanche accorto, ma ora che lo conosce può dire che l’altro principe ha capito cosa Nami ha appena detto e che ne è ferito.

“Nami, questo è Sanji. È il principe, mio marito, un combattente dotato e-”, Zoro si blocca e guarda verso il biondo.

“Hai capito tutto?”, chiede a Sanji, in tono cautamente neutro, usando il Baratiano invece dello Tsukian.

“Sì. Beh…eccetto qualche parola. Vedi di cosa stavo parlando, ora?”, risponde Sanji, con il volto completamente indecifrabile, fingendo sicurezza. Il cuore di Zoro si stringe nel vedere la debolezza ammessa da Sanji ritorcersi contro di lui.

“Vuoi che le dica che la capisci? O vuoi sentirla parlare di te mentre pensa che non puoi?”, chiede di nuovo Zoro. Non ha mai considerato questo genere di cose, usare l’astuzia è più una cosa di Nami o di Robin che sua, ed è pericolosamente vicina alla menzogna, ma questo è per Sanji e per lui può farlo. Merda, questa cosa si sta avvicinando in modo preoccupante al tipo di comportamento che lui assumerebbe per qualcuno che conosce.

“Direi che me ne sono già fatto un’idea. Diglielo pure e vuoi.”, risponde Sanji, con un sospiro, e persino Nami sembra accorgersi che il principe è abbattuto. Zoro riporta la sua attenzione sulla ragazza.

“Hai imparato in fretta la sua lingua. Ma hai dovuto per forza, se lui non sta imparando lo Tsukian, il che è una cosa fottutamente irrispettosa-”, dice Nami, mentre il suo tono si incupisce.

“Lo ha imparato. Lo parla e capisce quello che stai dicendo.”, replica Zoro e persino lui si accorge che il suo tono è freddo e sente Sanji trasalire appena al suo fianco. Quella frase non sarebbe venuta molto bene nella lingua del biondo. Sanji ha sempre detto che lui in Baratiano è un libro aperto. Quando è teso o di malumore le sue frasi vengono fuori secche come ordini e anche se sta cercando di lavorarci su, continua a sbagliare.

“Oh.”, è tutto quello che Nami riesce dire, mentre impallidisce per l’orrore.

“Sono così dispiaciuta, sua Altezza, io…Zoro è il mio nakama e-”, Nami incespica con le parole. Zoro alza le sopracciglia, non è sicuro di aver mai realmente visto Nami così in confusione. Ma dopotutto lei non ha mai insultato qualcuno a cui Zoro tiene che non fosse già pubblicamente un suo nakama. Nami di solito è cauta. Si inchina profondamente in segno di scusa, chinando la testa ancora più in basso, mostrando il retro del collo in un gesto di scusa seriamente sottomesso che, a giudicare dall’espressione di Sanji, è del tutto sprecato con lui.

“Non devi- merda, per favore…”, insiste Sanji, inginocchiandosi per incontrare lo sguardo di Nami.

“Cazzo, non inginocchiarti, idiota.”, geme Zoro, in Baratiano, e il biondo lo guarda.

“Non dirmi cosa devo fare, coglione.”, replica Sanji, cambiando lingua per insultarlo. Nami li guarda, immobile nel suo inchino e con la confusione scritta in faccia.

“Faccio quello che voglio.”, dice Sanji, in tono secco, a Zoro, di nuovo in Baratiano.

“Per favore, alzati.”, il biondo esorta Nami, prendendole le mani e facendola alzare in piedi di nuovo. Evidentemente Sanji vuole giocarsela a suo modo, come se Sanji non facesse tutto a modo suo ogni volta che ne ha la possibilità. Che stronzo testardo.

Quella riflessione è probabilmente molto più azzeccata di quanto Zoro avesse anticipato.

“Non c’è bisogno di chiedere scusa, voglio che noi siamo…”, inizia Sanji e poi guarda Zoro.

“Qual è una parola per ‘amico’ che non implichi qualcosa di davvero sbagliato?”, gli chiede, in Baratiano.

“Uh. Beh, tu sei già vicino a essere nakama per lei, ecco perché è dispiaciuta. Lei è la mia nakama e tu sei…qualsiasi diamine di cosa senza nome che siamo noi, quindi tu sei importante per lei anche se non ti conosce. Quindi “vicino” è quello che siete, ma se vuoi avvicinarti a lei in modo più personale, allora intendi “amico”, penso(*).”, risponde Zoro, con parole di entrambe le lingue.

“Vorrei che fossimo amico.”, le dice Sanji, in tono sentito.

“Amici. Tu hai un amico ma insieme siete amici. Singolare e plurale.”, lo corregge Zoro, per abitudine.

“Sai cosa cazzo stessi intendendo, tu, cervello erboso e deficiente!”, ringhia Sanji, ancora in Tsukian, e gli tira un calcio alla caviglia con abbastanza forza da chiarire il suo punto di vista.

“Tu mi hai chiesto di aiutare e io sto aiutando!”, replica lui.

“Suggerirmi le parole era aiutare, correggermi è stato fare il cretino!”, dice Sanji, mentre i loro toni di voce si alzano.

“Scusami, parlo solo Tsukian e Baratiano, non parlo il “lamentarsi stronzo(**)”, prova di nuovo.”, grida.

Vengono interrotti da una risata che Nami non si cura neanche di nascondere. Sta passando lo sguardo da uno all’altro, raggiante, con palese allegria e la sua opinione di Sanji chiaramente più alta.

“Oh, tu ed io diventeremo definitivamente amici. Chiunque gridi dietro a Zoro in quel modo deve esserlo.”, ride Nami e colpisce giocosamente Sanji sulla spalla. Sanji arrossisce per l’imbarazzo di essersi messo a litigare davanti a una signorina. Il biondo avrà certamente una bella sorpresa quanto vedrà quanto poco Nami si comporta come una donna Baratiana. È già ribelle per una ragazza Tsukian, le piace sconvolgere la cultura di Zoro per confondere gli idioti di casa, avrà di certo di che divertirsi con l’altro principe. Lei non è davvero una Tsukian e non è neanche una Mikan. È solo…Nami.

“Hai detto che Luffy e gli altri sono da qualche parte in cui non dovrebbero essere?”, interviene Zoro, sperando di ritardare il suo destino almeno di un po’.

“Sì, hanno fatto il giro, sono entrati attraverso l’entrata dei servi e loro sono cavalieri.”, si lamenta Sanji, sembrando scandalizzato.

“Non lo sanno o non gli importa, specialmente a Luffy. Andiamo, sperando che non abbiano ancora trovato la tua cucina.”, dice Zoro, scrollando le spalle.

“La mia cucina. Andranno nella mia…Vado avanti, scusati con Nami da parte mia!”, esclama Sanji in Baratiano, in tono colmo di panico, e corre via.

“Andiamo.”, dice a Nami, indicando con la testa la giusta direzione.

“Sono appena arrivata qui e so che quella è la strada sbagliata, tuo marito è andato nella direzione opposta, idiota.”, sospira Nami e si dirige dall’altra parte.

“Voi due bisticciate come una vecchia coppia di sposi. Lui mi piace. Hai bisogno di prendere un colpo o due qualche volta. Avere attorno più persone che non hanno paura di prenderti a calci in culo è un bene per te.”, esclama Nami, rivolta a lui, mentre il suo sorriso ferino torna a attraversarle il viso in un’espressione snervante.

“Ti odio, strega.”, mugugna lo spadaccino, scontento.

“Cos’era quello? Sembra proprio che mi dovrai ancora più favori.”, canticchia Nami, con un tono di voce che non porta mai niente di buono a lui.

“Ti ho chiesto un favore UNA VOLTA Nami! E avevo QUATTORDICI anni!”, grida, esasperato.

“Sì, ma c’erano gli interessi, quindi ora mi devi un sacco di favori.”, replica lei, felice.

“Non è così che funzionano i favori!”, protesta Zoro, alzando le mani al cielo.

“Adesso me ne devi un’altro ancora.”, dice fermamente Nami e Zoro urla di rabbia. Gli è mancata Nami, davvero. Solo che in quel momento non riesce più a ricordare esattamente perché.

 

 

 

 

 

Note  della Traduttrice: Mmh, non pensavo che sarei riuscita  a finire di tradurre anche questo capitolo così in fretta. Magari potrei ricominciare a postare regolarmente se ne accumulo abbastanza. Comunque, come vedete, Nami è arrivata! E nel prossimo incontreremo Luffy e qualcun altro, eheheh, ora sì che la trama inizia a muoversi. Ne succederanno di cose! Eww, voglio il capitolo 29 ç_ç

Scleri a parte, mi dispiace per come ho reso gli insulti di Sanji, so che suonano male in italiano, ma il fatto è che Sanji è parecchio creativo con le parole e inoltre la lingua inglese si presta meglio dell’italiano a certi tipi di costrutti.

Per ora vi saluto, baci,

SweetHell.

 

[Qualche noticina di traduzione]

* qua sinceramente sono stata parecchio perplessa sulla resa. Zoro parla di “nakama corner”, che sarebbe “angolo nakama”, riferendosi al rapporto di Nami e Sanji. Perché Nami, in quanto nakama di Zoro, ha degli obblighi anche verso Sanji, pur non avendolo mai visto prima. Si tratta di una relazione formale e non personale, quindi, influenzata dal rapporto che loro hanno con Zoro. Solo che tradurre “angolo” in italiano non aveva senso, quindi ho reso con “vicino”.

** il testo diceva “whining asshole”. Ora. Si tratta di due sostantivi, perché “whining” vuol dire “piagnisteo, lamento” e “assohole” sarebbe “stronzo”. ma in italiano non usiamo mai due sostantivi vicini…ci vuole un verbo o un aggettivo. A senso direi che Zoro volesse dire “non parlo la lingua del piagnisteo stronzo”, ma suona comunque male. Meh. Se avete suggerimenti sono qui…

 

   
 
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