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Autore: _Trixie_    09/05/2016    5 recensioni
Emma si asciugò le mani sudate passandole sui jeans aderenti.
Si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Respirò.
Dannazione.
Si asciugò di nuovo le mani.
Assunse un’espressione dura, decisa, ma non intimidatoria e si schiarì la voce. Studiò attentamente il proprio riflesso nello specchio.
Bene, ok, allora.
Emma aveva la situazione sotto controllo, totalmente, completamente sotto controllo.
Si schiarì di nuovo la voce prima di inumidirsi le labbra passandovi la lingua repentinamente.
«Salve» esordì, prima di portarsi entrambe le mani alla bocca e spalancare gli occhi, sorpresa.
[Prima stagione, Pre-SQ, rating giallo per il "raffinato" linguaggio della signorina Swan].
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un regalo
a chi è riuscito a porre una domanda
quando ha voluto (o dovuto).
 
 
 
 
 
Di richieste ragionevoli e dubbi irrisolti
 
 
 
 
 
 
 
Emma si asciugò le mani sudate passandole sui jeans aderenti.
Si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Respirò.
Dannazione.
Si asciugò di nuovo le mani.
Assunse un’espressione dura, decisa, ma non intimidatoria e si schiarì la voce. Studiò attentamente il proprio riflesso nello specchio.
Bene, ok, allora.
Emma aveva la situazione sotto controllo, totalmente, completamente sotto controllo.
Si schiarì di nuovo la voce prima di inumidirsi le labbra passandovi la lingua repentinamente. 
«Salve» esordì, prima di portarsi entrambe le mani alla bocca e spalancare gli occhi, sorpresa.
Quel tono di voce era decisamente troppo acuto. Non aveva mai avuto un tono di voce così acuto, non credeva nemmeno di poter produrre un suono del genere, forse nessun essere umano sarebbe mai in grado di riprodurre un verso come quello.
Emma scosse la testa. Doveva ritentare.
«Salve» esordì nuovamente, questa volta con un tono che le era più usuale, anche se lievemente isterico. «Ho riflettuto a lungo sulla questione e ho pensato che, dal momento che lei già possiede il numero del mio cellulare, sindaco Mills, sarebbe opportuno che lei mi desse il suo. Per Henry. In questo modo, potrei contattarla per qualsiasi emergenza» recitò la ragazza, quasi senza pause.
No, decisamente aveva bisogno di riprovare.
«Emma? Va tutto bene?» la voce di Mary Margaret la fece sobbalzare.
Dio, non si era nemmeno accorta che la donna era rientrata dal lavoro.
Da quanto tempo era lì? Aveva assistito a tutto l’imbarazzante teatrino di Emma?
La ragazza cercò di assumere un atteggiamento composto.
«No! Sì! No, voglio dire, sì, va tutto bene».
Beh, non era la risposta migliore che Emma avrebbe potuto dare, ma almeno era riuscita a darne una, di risposta.
Mary Margaret alzò un sopracciglio e la guardò circospetta.
«Ah» disse solo, fissando Emma in silenzio per qualche secondo.
Infine, la ragazza si arrese e le sue spalle si accasciarono sotto lo sguardo indagatore dell’altra donna. «Vorrei chiedere a Regina il suo numero di telefono» spiegò Emma.
«Credevo lo avessi».
«Quello dell’ufficio e di casa, certo. Ma non quello del suo cellulare. E ora che Henry passa sempre più tempo con me, che Regina lo voglia o meno, mi sentirei più sicura sapendo di poterla raggiungere in caso di necessità».
«Mi sembra ragionevole» rispose Mary Margaret, stringendosi nelle spalle. «Perché sei tanto tesa?»
Emma spalancò la bocca.
Poi  la richiuse.
Regina.
Regina dannazione Mills era la ragione della sua tensione.
Era ovvio, no?
Regina era il sindaco.
Ed era la madre adottiva di Henry.
Ed era una bella donna.
Forse la più bella donna che Emma avesse mai visto.  
La ragazza scosse la testa, stizzita.
No. Quello non andava affatto bene.
Emma doveva smetterla di pensare a Regina in quel modo.
Perché Regina era Regina.
«Emma, cosa c’è che non va?» insistette Mary Margaret.
La ragazza rispose con un verso di frustrazione.
«Quella donna mi farà diventare pazza» sbottò, prima di uscire dall’appartamento armata di tutta la determinazione del mondo per andare a chiedere il numero di cellulare a Regina Mills.
 
Merda.
Merda, merda, merda.
Il suono del campanello del numero 108 di Mifflin Street si spense, lasciando Emma sola con i suoi pensieri, al momento per nulla articolati.
A che cosa dannazione stava pensando, esattamente? Andare da Regina e chiederle il numero, sul serio?
Ma ora non poteva scappare. Aveva suonato il campanello.
E poi Mary Margaret aveva ragione: era del tutto ragionevole chiedere di avere il numero di telefono dell’altra madre del proprio figlio.
La ragazza sentì dei tacchi avvicinarsi alla porta e non poté trattenere un sorriso: ovviamente Regina Mills non sarebbe stata meno che perfettamente presentabile, nonostante quella visita non fosse programmata.
Merda.
«Signorina Swan» disse Regina. Il suo tono era indecifrabile.
Emma lo odiava.  
Emma odiava il modo in cui Regina riusciva a nascondersi a lei. La ragazza aveva sempre creduto di avere un ottimo fiuto quando si trattava di indovinare l’atteggiamento degli altri nei suoi confronti, ma con Regina…
A volte sembrava che il sindaco fosse sollevato nel vedere Emma, altre che ne fosse divertita, altre ancora sul punto di ucciderla o per lo meno di strapparle le falangi di mani e piedi ad una ad una. Ma la maggior parte delle volte sembrava che Regina fosse tutte queste cose insieme.
E questo mandava Emma in confusione.
O forse era solo quel suo volto pericolosamente incantevole a mandare in avaria i sensori di Emma.
Oh, Swan, dannazione non ora!
Emma inspirò a fondo: «Sindaco Mills» esalò poi, con il miglior tono d’indifferenza e noncuranza che riuscì a fingere.
E la sua finzione dovette funzionare, perché Regina non batté ciglio né sembrò in alcun modo notare il nervosismo della ragazza.
«A cosa devo la… visita?» domandò il sindaco, assicurandosi che Emma capisse che il convenzionale piacevole era stato omesso volontariamente e non per sbadataggine.
«Voglio il suo numero di cellulare» disse la ragazza, senza nemmeno riflettere.
E quando mai Emma si ricordava di pensare, di ragionare, di fronte a Regina Mills?
La snervava il modo in cui il suo cervello decideva volontariamente di rispondere a ogni domanda ed eseguire ogni richiesta di Regina senza un attimo di esitazione.
Andiamo, Swan, sai fare sicuramente meglio di così.  
«Come, prego?»
«Il numero di cellulare. Lei ha il mio, ma io non ho il suo».
Regina strinse gli occhi a due fessure sottili.  
«Aspetti qui» sospirò infine, prima di scomparire in casa lasciando la porta d’ingresso socchiusa.
Merda.
La ragazza si diede dell’idiota per non aver scelto un altro momento per quella missione autolesionista. Avrebbe dovuto farlo in presenza di Henry, che in quel momento era ad una seduta con il dottor Hopper, in modo che il ragazzino facesse da paracolpi tra le sue madri.
Non era esattamente il più maturo dei pensieri, Emma lo sapeva, ma dannazione Regina Mills!
Il sindaco tornò, tenendo il proprio cellulare in mano.
Il telefono nella tasca posteriore dei jeans di Emma vibrò e la ragazza si affrettò a prenderlo. Il numero sullo schermo era sconosciuto. La chiamata si interruppe.
«Bene, signorina Swan, ora ha il mio numero. Altro?» fece Regina, con un sorriso di circostanza.
«Oh» fece Emma, incapace di nascondere la sorpresa. «No, grazie» riuscì a dire borbottando.
Regina Mills le aveva davvero dato il suo numero e senza nemmeno una sola, singola protesta.
«È venuta fino a qui solo per una sciocchezza del genere?» domandò Regina, incredula.
«S-sì» balbettò Emma, prima di schiarirsi la voce e ripetere, più fermamente e in tono casuale: «Sì, non avevo nulla di meglio da fare».
Emma lo vide, nonostante Regina riuscì a dissimularlo immediatamente, quel sorriso di scherno e insieme di ammirazione che le accese una luce sinistra negli occhi.
«A volte si comporta come un’adolescente impacciata alle prese con la sua prima cotta, signorina Swan» commentò il sindaco.
«E lei come la ragazza più stronza e popolare della scuola. Ma se le cose stessero così, lei non mi avrebbe mai dato il suo numero» fece Emma, dandosi immediatamente e nuovamente dell’idiota per non aver filtrato le proprie parole.
Merda, dannazione, merda.
«Ne è così sicura, signorina Swan?» domandò Regina, prima di chiudere la porta.
 
Emma rimase ferma, immobile per qualche secondo davanti alla porta bianca con il numero 108 in caratteri d’oro.
Ne è così sicura, signorina Swan?, Emma aveva capito bene?
Emma aveva colto correttamente il tono di voce del sindaco? Divertito, provocatorio, quasi… sbarazzino?
Emma aveva realmente visto e non solo immaginato quell’espressione sul volto di Regina, che sembrava al contempo invitarla a cogliere la sfida e ad arrendersi subito, perché non aveva possibilità di vincere?
Emma Swan aveva davvero il numero di cellulare di Regina Mills? 
Sì, sì e dannazione sì, Emma era sicura che la risposta a ciascuna di quelle domande potesse essere una e una soltanto: sì.
La ragazza suonò di nuovo il campanello.
La porta si aprì quasi immediatamente, come se Regina non si fosse allontanata dall’ingresso.
«Sì?»
«Ha appena flirtato con me, signor sindaco?» domandò, baldanzosa.
Regina Mills sorrise, chiudendo la porta in faccia a Emma Swan.
 
 
 
   
 
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