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Autore: Eiko Quinn    10/05/2016    3 recensioni
E lui ride. E tu sai che è la lingua del Diavolo, del più oscuro dei demoni, quella che lecca la tua bocca, le zanne dell’Anticristo che ti lacerano le labbra. Fa così male che un fremito ti scuote: Estasi.
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Questa è un'elegia della psiche frammentata. Raccolta di one-shot. Una sorta di puzzle.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gemini Aspros, Gemini Saga, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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I. Dawn of the Iconoclast | Gemini Saga




Spostati. Scansati. Mi fai ribrezzo.

Lo pensi, te lo mormori come una preghiera, ma sai che resterà. Ti sposti tu, invece.

Ti domandi dove potresti andare. Atrio, studio, camera, bagno.

Il bagno. Il bagno è luminoso, è chiaro, è sicuro. C’è l’acqua. L’acqua va bene.

Apri il rubinetto, e la sua voce ti soffia nell’orecchio. Lasciva. Quanta improvvisa lussuria, in questa farsa. Ti dice che, tanto, lui resterà. E’ sua la mano sotto l’acqua, sua quella che tiene aperto il rubinetto, suo il volto che guardi allo specchio. Eri sicuro di averlo tolto, quello specchio. Forse rotto. Infranto. Come la sua voce.

E invece, è ancora lì. Come te.

Acqua. Pelle. Gocce. Lussuria. Di nuovo. Perché? E’ come se quell’acqua ti leccasse la pelle, il viso, il corpo, perfino i capelli, fino a diventare un morso, un leggero stridere di denti, e poi una scossa, e la tua testa si riversa all’indietro, lasciva.

Lasciami. Lasciami, gli dici, ma non ti ascolta. Perché non mi lasci? Vattene.

Ma non ti risponde. Non ti risponde, perché tu non hai parlato. Tutto quello che esce dalla tua bocca è turpiloquio.

Il collo ti fa male, perché le sue mani ti stanno bloccando la testa, te la dirigono verso l’alto. Senti dita, troppe dita, toccarti il corpo. La pelle è nuda. Il marmo è freddo.

Voglio andare via.

Ma non puoi andare via. Sei già dove dovresti essere.

E’ casa, questa?

La casa è là dove è il cuore. Dov’è che hai lasciato il tuo? Probabilmente in mezzo al mare, in un grumo di sangue, in una pozza di vomito, in un lago di lacrime.

Lacrime. Ecco cosa ti toccava le labbra. O forse non sono lacrime, ma dita, ancora dita a sfiorarti con desiderio l’angolo della bocca. Non è un nodo quello che senti in fondo alla gola, ma una violenza che non hai chiesto. Ma, dopotutto, te lo meriti.

Basta, adesso basta. Usciamo dal bagno, almeno. Spostati. Non riesco ad alzarmi, mi stai facendo male.

E lui risponde con uno sguardo senza palpebre, scarlatto, sanguigno. Per ogni tua lacrima, le sue labbra si increspano di più. Ti senti violato dalle sue dita. Non senti mai tutta la mano. Niente palmi, niente polsi. Solo dita. Unghie. Polpastrelli.

Ed ecco, quelle unghie. Ti si piantano nella carne, seguendo l’incavo del fianco e delle costole. Sangue. Odore del sangue, e ora lui ti costringe a sentirne il sapore, il suo dito sulla tua lingua. Attorcigli la lingua sulla carne dura. Che cos’è tutta questa simbologia, d’improvviso? Che cos’è questo, dove sei, ora? Non riesci più a capirlo. Sembra marmo, quello su cui appoggi la schiena. O forse è il suo corpo, gelido e rigido. E le sue mani ancora ti afferrano la testa, e ora ti tirano i capelli, scoprendoti la gola. Denti e unghie, sangue.

Tossisci. Non riesci a respirare. E’ sangue quello che ti esce dalla bocca. Le lacrime si mescolano divinamente al sangue. Magistrale. Uno splendido drink. Delicato ed esotico. Mancano soltanto il sudore della vergogna e il seme del Diavolo.

Cosa devo guardare? Devo andare. Lasciami. Se non ti sposti, me ne vado da me.

Spostami. Eccola, infine, la sua voce. Lurida, oscena. Che cos’è questa sensazione?

Vergogna.

E lo scansi. Con un pugno, un’artigliata. Un colpo che farebbe incrinare le costole.

E lui ride. E tu sai che è la lingua del Diavolo, del più oscuro dei demoni, quella che lecca la tua bocca, le zanne dell’Anticristo che ti lacerano le labbra. Fa così male che un fremito ti scuote: Estasi.

Destati.

E apri gli occhi, gemme di sudore gelido ti adornano il corpo. Sei in piedi davanti allo specchio, quel grande, enorme specchio che c’è nel bagno, in cui ora si riflette la tua pelle nuda, e non c’è traccia di unghie, o di sangue, o di denti.

La vergogna, però, c’è. E tu devi distogliere lo sguardo. Non puoi sostenere quegli occhi. Anche se sono i tuoi. Soprattutto se sono i tuoi.

Non sai mai come concludere. Concludere un momento, concludere un trauma, concludere un pensiero. Ma lui non ti guarda più, adesso. Lui e le sue lacrime sono lontani. E’ ora di tornare al tuo trono e al tuo regno: lui non ti recherà alcun danno, poiché le lacrime riempiranno la sua bocca e incolleranno la sua lingua.

Ma il suo regno, il suo regno sta giungendo.



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Sono confusa anch'io.
Tutti i titoli dei capitoli sono canzoni dei Dead Can Dance, che danno il nome a questa raccolta. Sono sincera, non so cosa sto facendo. Come l'ottanta percento delle volte. Ma penso finirà bene. L'intenzione è quella di scavare a fondo nei personaggi che mi hanno colpita. Non so come scaverò: diciamo che al prossimo capitolo, forse, me ne renderò conto.
Perdonate il caos: è il mio. Non so cosa farci. Spero ci intenderemo comunque.
Buona lettura,
Eiko <3
   
 
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