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Autore: RaElle    11/05/2016    2 recensioni
[ Prima Classificata al Contest "TUTTI GLI ANIME DELLA NOSTRA INFANZIA" indetto da 9dolina0 sul Forum di EFP ]
Il desiderio di mostrare il suo amore per quello sport fu superiore a qualsiasi altra cosa provata fino ad allora: la stanchezza fu un mero ricordo, e solo in quel momento cominciò lo spettacolo.
Schiacciò e corse ancora, le gambe spinte all'estremo, i polmoni che urlavano pietà; ma nulla avrebbe potuto fermarlo, nulla.
Voleva giocare e lo stava facendo con gran stile
Genere: Generale, Slice of life, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kaede Rukawa, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli allenamenti si erano fatti più serrati; i titolari si sfiancavano dalla mattina presto fino alla sera tardi, ripetendosi ormai come un mantra che dovevano vincere ogni singola partita da lì a venire.
Tra la stanchezza e l'arrendevolezza di alcuni dei giocatori, Akagi riusciva comunque a far rigare dritto i suoi ragazzi.
Avevano perso.
Ma era stata una partita sola, ne avevano di anni davanti a loro dove avrebbero dovuto tirare fuori il meglio di loro stessi. Il sogno di diventare campioni nazionali era sfumato, ma se per lui il sogno si chiudeva momentaneamente lì, non si poteva dire la stessa cosa delle matricole e di chi ancora era al secondo anno.
Miyagi, in vista dell'addio del capitano era diventato, se non serio, decisamente più responsabile. Prendeva con serietà il gioco dei compagni, stava attento agli errori che commettevano e dove poteva, cercava di migliorarli.
Si era scoperto orgoglioso come non mai della squadra in cui militava, e provava una certa angoscia all'idea di dover fare a meno di tre membri, nell'anno a venire.
Ma nonostante questo, aveva cercato di rimediare.
Akagi era sempre lì, pronto a dargli una mano e consigliarlo su come sfruttare una mossa o un determinato giocatore; Mitsui e Kogure cercavano di far entrare in testa alle riserve tattiche e anche la più delle basilari azioni, seguendoli in ogni loro passo, assistendo alla loro disfatta o alla riuscita dell'impresa.
Erano intenzionati a tenere alto il nome della squadra, indipendentemente di chi ne facesse parte.
Loro erano parte dello Shohoku, e lo sarebbero stati sempre.
Ma impegnati com'erano dai duri allenamenti, nessuno dei ragazzi aveva notato chi venisse ad assistere alle loro partite.
Il ronzio di mille voci si confondevano tra loro, spezzati sporadicamente dall'urlo di qualche fan troppo focosa, dagli ordini accompagnati sempre da qualche pugno o da una ventagliata da parte di Akagi e Ayako.
Il rumore della palla che batteva dolcemente sul parquet e poi tornava in mano al proprietario, il ritmo incalzante del palleggio, il fruscio della cesta del canestro quando la palla vi passava attraverso segnando punto... quello solamente riempiva le loro orecchie.
"Miyagi, più passaggi! Sakuragi, attento al rimbalzo, ma dove guardi, razza d'imbeccile!"
Hanamici, al solito, si era perso in totale stato di sbrodolamento nel vedere Haruko, causando in questo modo la rabbia del capitano e scatenando le risate dei suoi amici.
"Idiota." si limitò a borbottare Rukawa, tornando a pensare al gioco.
Ed era proprio Kaede Rukawa a destare l'interesse di Inoue, da alcune settimane.
Ne aveva sentito parlare bene, aveva assistito personalmente alle partite, si era preso i dovuti appunti, arrivando a decretare che sì, era vero talento quello che vedeva.
Su alcuni punti aveva ancora dubbi, dubbi che con l'esperienza e l'avanzare dell'età sarebbero andati diminuendo, di questo era certo.
In fondo Rukawa, primo anno al liceo Shohoku, aveva solo 15 anni.

Un lungo fischio risuonò nella palestra, decretando così la fine degli allenamenti.
I ragazzi si buttarono di peso sulle panchine, bevendo a grandi sorsate dalle bottigliette appena ricevute, altri si sdraiarono direttamente sul parquet, a riprendere fiato.
Akagi, che alcuni minuti prima era andato via per qualche affare urgente, si ripresentò in palestra, non più solo.
Alla sola vista di chi era arrivato con lui e con il signor Anzai, Rukawa si sentì gelare, Mitsui al contrario sentì fuoco puro scorrergli nelle vene.
L'uomo, di un'altezza imbarazzante, i radi capelli spruzzati di grigio, nonostante gli anni aveva ancora un fisico asciutto e atletico, in grado di mettere in soggezione chiunque.
Il suo ingresso parve gettare su tutti i presenti sensazioni mai provate prima; aveva il sapore della vittoria, del futuro tanto agognato ora così vicino, di un sogno che si avvera. Era realtà.
La sua presenza lì e adesso, voleva dire una sola cosa...
"Ditemi che non sto sognando!" borbottò Miyagi, in ansia come non mai, seguito a ruota da Kogure e dalle riserve, mentre tutti pendevano dalle sue labbra.
"Beh, e questo vecchio chi sarebbe?" sfortunatamente per lui, tutti sentirono la domanda di Hanamichi, che non aveva idea di chi fosse l'uomo di così importante tanto da far ammutolire i suoi compagni.
"Idiota, vedi di portare rispetto per chi è più grande di te!" sibilò in risposta Mitsui, zittendosi poi, sorpreso dalla risata rauca dell'uomo che si era appena sentito dare del vecchio.
"Beh, non ha tutti torti: giovane non sono" ghignò. "Vi ho visti giocare. Siete veramente delle teste calde, povero Anzai!" frecciò, facendo impallidire il capitano e arrossire la metà di loro.
Avanzò poi con sicurezza tra di loro, fino a raccogliere un pallone rimasto per terra dagli allenamenti di poco prima.
La palla toccò terra, tornò alle sue mani, in un palleggio quasi ipnotizzante.
Nel giro di qualche secondo, la sfera arancione, che ancora seguiva il ritmo che l'uomo le imponeva, fu tirata con velocità e sicurezza attraverso il campo, fino a finire, tra lo stupore generale e una punta di delusione da parte dei più, dritta tra le mani di Rukawa.
La sfida era stata lanciata.

Kaede Rukawa, da che ricorda, aveva sempre sognato di diventare il numero 1 del Basket.
Si era allenato sin da piccolino, con un canestro per bambini e una palla altrettanto leggera. Ai tempi era un modo per passare le giornate, ma crescendo era diventato non solo un hobby, ma il suo modo di essere.
Il basket divenne vita.
Si rintanava in qualche campetto e tirava, tirava e tirava fino a non reggersi più in piedi.
Alle medie si era poi avvicinato più seriamente a questo sport, con dei compagni da affrontare e una vittoria da conquistare.
La mattina prima di andare a scuola si allenava, al pomeriggio dopo le lezioni si allenava. Non aveva amicizie o altri interessi che lo tenessero lontano dal canestro, e quindi ci si buttava dentro con tutto se stesso.
Aveva ottenuto ottimi risultati, lo leggeva negli occhi del suo coach e degli avversari.
Ma non gli bastava, no.
Stringere i denti e spaccarsi le ossa durante gli allenamenti gli venne quasi naturale; era discretamente bravo, ma doveva assolutamente migliorarsi.
Corsa, salto, canestro, rincorsa, scatto.
Era arrivato a sognare il pallone per molte notti, e altrettante notti si era alzato sentendo l'impulso di avere quella sfera ruvida tra le mani.
Aveva sudato, si era imbattuto in avversari scarsi e in altri che avevano acceso in lui un fuoco che puntualmente gli faceva dare il meglio di sé.
Ma continuava a non bastare.
Rukawa era sì bravo, ma lui voleva diventare più che bravo.
Così, quando quel giorno Inoue gli aveva tirato la palla, in quella palestra dove si era spaccato le ossa per un anno e che aveva visto i suoi migliori successi, sentì chiaramente il peso di quanto aveva dovuto affrontare per raggiungere quel livello.
Inoue gli rivolse quasi un sorriso di sfida, le braccia incrociate in attesa di una risposta.
"Hm."
"Mi spiace per te, ma dovrai tirare fuori la voce, ragazzo mio. Sono sordo -sogghignò- sai, l'età."
"Posso batterti."
Poche parole, dette con una sicurezza che non credeva quasi di avere, che furono una doccia gelata per i compagni.
"Cos-"
"Ma è scemo o cosa?!"
"Non credo ce la farà, non è bravo fino a quel punto. Rukawa non..."
"... che pallone gonfiato!"
Le voci dei compagni si sovrapponevano le une sulle altre, ma sentì ugualmente ognuno di quei commenti scettici uscire dalle loro labbra.
Idioti.
Non gli interessava il loro giudizio.
Non ci aveva mai fatto granché caso; certo rispettava il capitano e altrettanto Mitsui, trovava Miyagi un ottimo playmaker, ma se non si trattava di basket, si lasciava scivolare addosso la maggior parte dei commenti.
Dubitavano delle sue capacità?
Peggio per loro.
"Mi piaci ragazzo - fece Inoue, stupito dalla sicurezza con cui il ragazzo aveva accettato la sfida - ma non credi dovresti volare più basso?"
Rukawa strinse il pugno della mano libera, sentendo gli ennesimi gemiti dei compagni alle sue spalle. "Posso permettermelo."
"Ah sì? Mi piace la tua convinzione. Ma che ne diresti di lasciar perdere le parole e passare direttamente ai fatti? Dici di potermi battere? D'accordo." fece canzonatorio, "Allora fatti sotto, vedi di battere questo vecchietto!"
"Con piacere!" fu la risposta a mezza voce del ragazzo.
La palestra, fino ad allora occupata dai soli giocatori e qualche spettatore, si riempì di curiosi, attirati dall'idea di una partita tra la matricola Rukawa e il grande Inoue.
In panchina nessuno era calmo.
Akagi non sapeva come prendere la faccenda.
Conosceva Rukawa e sapeva quanto potenziale avesse, ma non sapeva fino a che punto fosse bravo.
"Credete ce la farà? Lo vedo seriamente convinto." disse Mitsui, gli occhi puntati sul numero 11. Non riusciva a detestarlo per l'opportunità che gli si era presentata davanti, sarebbe potuto toccare a lui... poteva esserci lui al posto di Rukawa. Chiunque avrebbe voluto essere al suo posto. Ma aveva perso tempo prezioso inseguendo una menzogna, e ora ne pagava le conseguenze.
Era talmente debilitato da non essere finito nemmeno tra i migliori giocatori di Kanagawa, e Rukawa meritava di stare sul quel parquet, in un confronto faccia a faccia con Inoue.
"Già. Rukawa non è il tipo che si mette a stranazzare sulla sua bravura a vuoto, ha accettato con sicurezza questa sfida perché pensa di potercela fare. Non è detto che non ce la faccia, eh, ma io non ci metterei le mani sul fuoco, ecco."
"Hey tappo, guarda che Rukawa è solo una mezza calzetta, non riuscirà mai a battere il vecchietto! Io e solo io potrei bat-"
"Hanamichi, tappati il becco!" grugnì Akagi, già sul piede di guerra. "Guarda e impara, mentecatto. Sia mai che ti entri qualcosa in quella zucca vuota!"
"Io mi fido di Kaede." li sorprese Anzai, tranquillo come sempre.
A quel punto Rukawa e Inoue erano pronti, i palloni usati durante le partite furono rimossi, la partita poteva iniziare.
Fischio.
Rukawa saltò alto, ma molto più in alto saltò Inoue, per cui la palla fu presa con facilità.
Toccato il pavimento cominciò con un palleggio, gli occhi fissi in quelli gelidi di Rukawa; da parte sua, Kaede, faceva la spola dagli occhi dell'avversario alla palla, cercando di intuire le sue prossime mosse.
Uno scatto in avanti e il vecchietto corse più veloce del vento, Rukawa attaccato alle costole intenzionato a non farlo segnare; purtroppo per lui, raggiunse il canestro e infilò la palla con facilità, portandosi in testa.
Si levò un boato e urla arrivarono dagli spettatori, chi entusiasta e chi scettico sulle sorti della partita.
"Cominciamo male!" sbuffò Ayako, timorosa di vedere quel ragazzo di ghiaccio che conosceva da anni uscirne sconfitto. Non che dubitasse del suo potenziale, era anzi certa che avrebbe potuto anche battere quel portento di Inoue. Rukawa non aveva ancora ingranato la quarta, ma a quel punto sarebbe stato pressoché impossibile fermarlo.
Si chiedeva quando l'ala piccola avrebbe tirato fuori la grinta; si sapeva che ad avere un avversario degno di tale nome, Rukawa era capacissimo di far fuoco e scintille in campo.
Una finta, corsa al canestro e ancora punto, sotto lo sguardo impassibile di Kaede.
0-4
In panchina i titolari erano stranamente silenziosi.
Stavano assistendo al declino di un campione?
Rukawa non faceva trasparire nulla, era affaticato e si passava spesso la mano sulla fronte a togliersi il sudore che gli appiccicava i capelli, ma a parte quello, nulla arrivava ai compagni.
Sembrava lontano mille miglia dal campo, non stava contrattaccando, non sembrava quasi interessato a quello che lo circondava.
Ma se da fuori lui dava l'immagine del ragazzo freddo e solitario che era di solito, dentro Kaede stava ribollendo.
Non sapeva con quale mossa Inoue si sarebbe fatto avanti, non aveva ancora idea dove colpire, e più di tutto era maledettamente stanco.
Quattro ore di corsa e allenamento l'avevano sfiancato, una partita giocata con la stanchezza che gli arrivava fin dentro le ossa era deleteria per uno come lui.
Al diavolo!
Il rumore assordante della palla che rimbalzava sul parquet gli riempiva le orecchie, gli occhi attenti ad ogni singola mossa dell'avversario in cerca di una falla, pronto ad attaccare non appena ne avesse avuto la possibilità.
Gli stava praticamente addosso, non lasciandogli respiro, finché riuscì a deviargli la palla durante un palleggio, impossessandosene.
Altro scoppio di urla, che quasi arrivava a coprire anche il rumore assordante del suo cuore.
Mai che si stessero zitti!
Prese la rincorsa, seguito a poca distanza da Inoue, e tra l'ansia e l'aspettativa che albergava nei cuori degli spettatori, saltò a canestro segnando con facilità.
Canestro.
"Bravissimo Rukawa, vai così!" esultò Ayako.
"Fai vedere a quel vecchio come gioca un giovane campione!" fu la risposta meno pacata di Miyagi, attirandosi così le ire del gorilla per la sfrontatezza, già pronto a raddrizzarlo a suon di pugni.
Gli incoraggiamenti non furono di buon auspicio.
Inoue non si fece fregare una seconda volta, e arrivò con un nonnulla a 8 punti di vantaggio contro i 2 punti di Rukawa.
Si stava trasformando in una partita a senso unico; Inoue correva e si sapeva in anticipo che avrebbe segnato, e Rukawa era solo l'ombra di sé stesso.
Dov'erano la grinta e la voglia di strafare che lo contraddistingueva di solito?
I ricordi delle partite disputate quell'anno lo travolsero, trovandolo impreparato. Un conto era giocare al palazzetto contro una squadra per un torneo prefetturale, ma stare lì, in un one-on-one niente meno che con Inoue, era un altro paio di maniche.
Non era un giocatore mediocre, sapeva quello che faceva e pur peccando di modestia, sapeva di essere un ottimo atleta.
Invece si stava solo rendendo ridicolo. Non riusciva nemmeno a toccare palla...
Come se non fosse abbastanza segnato, ricordò con amarezza di essere andato dal signor Anzai a rivelargli le sue intenzioni di partire per gli States. Credeva davvero di poter sfondare nell'NBA? Sì, e se non si fosse trovato in una situazione tanto critica come stava diventando quella partita, si sarebbe dato dello stupido davanti a tutti.
Credeva di essere bravo e stava vivendo sulla pelle la sua inesperienza, si stava facendo umiliare e non sapeva come riprendere le redini della partita.
Lui, che era stato spesso definito l'uomo partita.
Che amara illusione.
Inoue segnò ancora una volta.
Lo guardò dritto negli occhi, e Rukawa vide la sua disfatta: Dici di potermi battere? D'accordo. Allora fatti sotto, vedi di battere questo vecchietto!
Stava diventando uno spettacolo deprimente, e più di qualsiasi altra cosa, detestava l'idea di venire meno alle parole pronunciate prima: poteva batterlo, l'aveva ammesso senza problemi, e mantenere la promessa si stava rivelando più difficile del previsto.
Sapeva fin dove poteva arrivare, conosceva i propri limiti; quello che non gli dava respiro era la consapevolezza di non aver messo in atto neanche una frazione del suo talento.
Quello che aveva davanti non era un Sendoh o un qualsiasi altro avversario da poter battere, e forse da cui farsi battere; in quel caso una rivincita era nella norma, anzi.
Su quel campo si stava decidendo del suo futuro, e vedeva ogni secondo che passava il suo sogno sfumare.
Era veramente pronto ad abbandonare il Basket? Quello a cui stava partecipando come protagonista, era il suo vergognoso modo di dire addio alla vita?
"Sai..." Inoue gli venne incontro, lo sguardo di chi sa già di aver vinto dipinto in volto. "Non credo tu fossi nella posizione di dire quelle cose. Per niente. Che ne diresti di lasciare spazio a chi se ne intende veramente?"
E cucirsi addosso la consapevolezza di aver perso senza nemmeno aver combattuto degnamente?
Mai!
Rukawa sentì nitidamente l'adrenalina scorrere nel sangue, e le mani prudere vogliose di riscatto.
I dubbi vennero spazzati via in meno di mezzo secondo, abbattuti dalla speranza e dalla certezza di potercela fare.
A bordo campo, nessuno avrebbe potuto dire cosa fosse successo a Rukawa.
Semplicemente assistettero al ritorno.
Rukawa corse e saltò, difese con le mani e coi denti il suo canestro, aggirò e riprese possesso della palla, lasciando attonito Inoue, che credeva di aver rimesso al proprio posto quel ragazzino arrogante.
Si sbagliava.
Il desiderio di mostrare il suo amore per quello sport fu superiore a qualsiasi altra cosa provata fino ad allora: la stanchezza fu un mero ricordo, e solo in quel momento cominciò lo spettacolo.
Schiacciò e corse ancora, le gambe spinte all'estremo, i polmoni che urlavano pietà; ma nulla avrebbe potuto fermarlo, nulla.
Voleva giocare e lo stava facendo con gran stile.
In pochi minuti furono a 12-12.
Inoue gli stava parlando, ma anche volendo non avrebbe potuto capire cosa stesse dicendo: la palestra era invasa da gente che intonava cori su cori, grida esasperate e incoraggiamenti urlati a squarciagola; tutta la scuola sembrava essersi data appuntamento lì, e questo non gli dava fastidio solo perché i battiti frenetici del suo cuore gli rimbombavano nelle orecchie tanto da coprire le loro voci, rendendole lontane e prive di alcun significato. Sentiva giusto il cicaleccio tipico dei luoghi affollati, e al momento quello gli importava meno di niente.
Aveva una partita da vincere.
Negli anni successivi non avrebbe mai saputo dare una risposta su come avesse fatto a rimontare in quel modo.
Prendere la palla e segnare era l'unica cosa da fare, e farla bene non era difficile per uno come lui.
Nessuno avrebbe potuto dire se avrebbe infilato la palla da sotto il tabellone, se avrebbe schiacciato o ancora se avrebbe infilato una tripla.
Segnava da ogni postazione e ogni canestro era un'opera d'arte.
Inoue, pur essendo lo sfidante, seguiva con crescente attenzione il suo gioco, prendendo mentalmente appunti sulle tattiche e sulle finte che stava utilizzando. Studiarlo in una partita giocata in prima persona gli stava dicendo molto sulla sua personalità.
E Rukawa più segnava, più sentiva, come se fosse reale davanti ai suoi occhi, il sapore della vittoria. E non era riferito specificatamente a quella partita, quanto a quello che avrebbe dovuto affrontare dopo.
Ed era dannatamente eccitato all'idea di quanto lo aspettava.
Schiacciò, come solo lui sapeva schiacciare, con eleganza, segnando così i 20 punti prefissati, contro i 16 del signor Inoue.
Neanche nella vittoria contro il Ryonan aveva sentito quel fermento, quella gioia, quell'eccitazione che lo portava a chiedersi ho veramente vinto?, poi subito scalzata dalla realtà.
Aveva vinto.
Avrebbe voluto sedersi, per assicurarsi che non fosse solo un sogno, che quello che aveva appena battuto era il signor Inoue, e che quella vittoria comportava una sola cosa, la più importante di tutte.
Non ebbe modo di pensarci molto, due secondi dopo quell'ultimo canestro si era ritrovato circondato da persone~: Ayako aveva fatto per saltargli addosso, e solo grazie ai suoi riflessi pronti non erano caduti entrambi per terra, e come se quello non gli fosse bastato, si era aggiunta l'intera squadra.
Sakuragi lo insultava, Mitsui non faceva che prenderlo in giro perché miracolosamente ce l'aveva fatta, Miyagi gli batteva pacche amichevoli sulle spalle e il capitano, più composto ma ugualmente euforico, gli stava arruffando i capelli come ad un cucciolo.
Sono morti e ancora non lo sanno.
"Hai un culo che nemmeno immagini, Rukawa. Che stronzo! Potevi farci il favore di perdere, come pietà per le nostre orecchie. C'era un casino che neanche immagini."
"Come no! Tu eri il primo a sbraitare, Mitsui. Domani te la farò pagare, aspetta e vedrai!" ringhiò Akagi.
"Dai capitano, dobbiamo festeggiare! Anche Ayakuccia ha dato uno spettacolo canoro mica male. Mi sa che domani non avrà più voce!" cercò di rimediare Miyagi.
"Ehy tappo, dillo che avresti preferito sentire quelle urla in tutt'altro contesto!"
Le parole di Mitsui furono messe a tacere dalla stessa Ayako, e quanto si stavano dicendo loro perse importanza.
Erano felici.
No, erano felici per lui.
Il signor Anzai lo raggiunse, e sovrastando il chiacchiericcio che ancora riempiva la palestra, gli disse, accompagnate dalla sua solita risata: "Sono fiero di te."
Non aspettò una risposta, ma lo invitò con un cenno a seguirlo.
Inoue era rimasto ad osservare la reazione del ragazzo, e quello che più lo incuriosiva era la sua totale noncuranza alla vittoria appena conquistata. Non aveva gioito come si era aspettato, a differenza dei suoi compagni.
Quando furono di nuovo faccia a faccia, Inoue capì che non era con le urla che quel ragazzo esultava.
Era immobile, il respiro corto e gli occhi gelidi, e sembrava quasi sfidarlo, neanche lui avrebbe saputo dire a cosa.
Kaede Rukawa non sentiva la necessità di urlare o di saltare dalla gioia, non aveva bisogno di abbracciare i compagni, non si complimentava e non si aspettava che fossero gli altri a farlo con lui. Lui esprimeva la sua felicità solo quando aveva il pallone tra le mani.
E c'era solo si che rimanere affascinati a guardarlo.
"E così," gli si rivolse Inoue "mi hai veramente battuto. Non c'è che dire!"
Rukawa non rispose, e il mondo, le persone e quel campo stesso sparirono quando il signor Inoue gli tese la mano.
Avrebbe voluto ricambiare quella stretta con energia, senza sembrare allo stesso tempo un disperato. Nessuno, a parte loro due, avrebbe mai saputo che la mano gli tremava nell'atto di stringere l'altra.
Inoue sorrise, uno sguardo di intesa che correva tra i due, quasi che volesse rassicurarlo che quello sarebbe rimasto un segreto; e dopo aver pronunciato quelle parole assistette ad un miracolo ancora più grande di una mano tremante dall'emozione.
A nessuno in quella struttura era sfuggito.
Kaede Rukawa aveva sorriso.
Lieve, durato talmente poco che furono in molti a chiedersi se non fosse stata solo una visione, e nulla di eclatante, con le labbra che si curvavano leggermente verso l'alto e che tornavano subito distese non appena lo stesso Rukawa si accorgeva di aver osato troppo.
"Sei ufficialmente dei nostri, Kaede Rukawa." erano state le parole che l'avevano scosso.
Non avrebbe più indossato i colori dello Shohoku.
Qualche minuto dopo il signor Inoue lasciava la palestra, accompagnato da Anzai.
Rukawa guardò senza realmente vedere la palestra svuotarsi lentamente, finché non rimasero solo lui e la squadra.
"Ce l'hai fatta. Beh, sono molto orgoglioso di te, Rukawa."
Kaede alzò lo sguardo, incerto sul da farsi.
"Grazie, capitano."
"Siamo tutti orgogliosi, voleva dire." si inserì Ayako. "Non credevo si sarebbe presentato qui di persona, per una sfida oltretutto. Ci ha sorpresi un po' tutti. Capitano, tu lo sapevi?" gli chiese.
Akagi scosse le spalle. "Sapevo che sarebbe venuto, ma non per una sfida. Credo che neanche il signor Anzai lo sapesse. Certo che presentarsi qui dopo ore di allenamenti... nonostante la stanchezza gli hai comunque mostrato di cosa eri capace, Rukawa. Credo l'avesse previsto."
"Credo anche io." Si ritrovò a concordare Mitsui. "Uno bello fresco gioca che è una meraviglia, voleva testare quanto fosse la resistenza e cos-"
"Ragazzi," li interruppe Rukawa, molto più stanco di quanto fosse mai stato prima e desideroso solo di tornare a casa. Quei discorsi potevano aspettare. "Io... ci vediamo domani."
Non attese una risposta, semplicemente uscì da quella palestra, leggero come poche volte altre volte si era sentito.

Il viaggio in treno l'ha passato con gli occhi chiusi e in uno strano stato di dormiveglia, eppure sente ancora le palpebre pesanti. Vorrebbe dormire.
Ha passato la notte precedente a riflettere, e stupendo per primo se stesso, non ha chiuso occhio.
Ansia?
I giorni successivi a quella sfida era andato a scuola e come sempre aveva partecipato agli allenamenti con i ragazzi, e nulla sembrava essere cambiato.
Tranne quando si era trovato costretto, il giorno prima, ad annunciare al signor Anzai e ad Akagi che non ci sarebbe stato per quel giorno.
Aveva da fare.
Non aveva trovato il coraggio di specificare cosa dovesse fare, ma loro già sapevano, quindi non indagarono oltre.
Era passata già una settimana da quella partita.
E ora eccolo, borsone in spalla, davanti ad una struttura che sarebbe diventata presto molto familiare.
Non era teso, e neanche nervoso, questi stati d'animo non gli appartenevano; era solo tanto impaziente di cominciare.
Si cambiò in uno spogliatoio vuoto ma ingombro di borsoni, e più si avvicinava ai portoni della palestra, più gli arrivavano i tipici rumori di chi sta facendo allenamento.
Palloni che rimbalzavano sul pavimento, il rumore delle scarpe, e il sottofondo privo di significato di voci che parlavano tra di loro. E il silenzio più totale quando aveva fatto il suo ingresso, la curiosità negli occhi della maggior parte di loro, commenti e saluti di benvenuto.
Non conosceva nessuno.
"Oh eccoti, Rukawa!" esordì Inoue, venendogli incontro. Indossava una tuta, fischietto al collo e portava un registro su cui andava annotando di tanto in tanto qualcosa.
Rukawa fece un lieve inchino. "Salve, coach."
"Come vedi la maggior parte dei tuoi compagni è già qua. Manca ancora qualcuno, se vuoi riscaldarti nell'attesa..."
E così fece.
Corse attorno al campo, tirò a canestro, stretching, accompagnato tal volta da qualcuno dei ragazzi, e dove poteva cercava di stare solo il più possibile.
Era impegnato a canestro, concentrato e completamente estraniato da quanto gli accadeva attorno, quando il portone della palestra si aprì e si richiuse, attirando nuovamente l'attenzione di tutti.
Scese di nuovo il silenzio al nuovo arrivato; Rukawa gettò un'occhiata distratta, e riprese a tirare.
Non era interessato a fare comunella, men che meno con qualcuno che già conosceva.
Sentì frammenti della sua conversazione con il coach, le sue scuse per il ritardo, e qualche attimo dopo anche lui era immerso nel casino degli allenamenti.
Rukawa continuò a tirare, cercando in tutti i modi possibili di ignorare quella presenza. Non gli dava fastidio, e riflettendoci, neanche lui sapeva perché si stava comportando così.
Fino a quel momento, giocando allo Shohoku, non si era mai posto problemi, ma lì e adesso stava cominciando ad avere dubbi. Nonostante il suo atteggiamento scostante e solitario, nella sua squadra avevano comunque cominciato a conoscerlo, senza che da parte sua ci fosse stato il minimo sforzo, e quello gli aveva tolto un gran peso dalle spalle.
Non era socievole, e non poteva farci nulla, lo sapeva.
L'idea di dover andare d'accordo con qualcuno per forza gli fece storcere il naso. Nessuno lo costringeva a relazionarsi con gli altri, ma era arrivato a capire che una buona squadra cominciava ad essere tale solo se c'era affiatamento con i compagni.
Difficile.
Richiuse quei pensieri in un angolino del cervello e riprese a tirare, finché non si ritrovò davanti il sorriso perenne e quei capelli ricolmi di gel che non appartenevano ad altri che a Sendoh.
"Rukawa!" fece con semplicità. "A quanto pare saremo compagni!"
"Già." si limitò a rispondergli, continuando a tirare incurante della sua presenza.
Compagni... non si sarebbero più fatti la guerra in campo, anzi, dovevano cominciare l'uno a fare affidamento sull'altro.
Sendoh, capita l'antifona, prese ad allenarsi al suo fianco, silenzioso, finché non furono richiamati a gran voce dal coach Inoue.
"Tutti qui ragazzi, cominciamo!"
Abbandonarono le loro occupazioni e formarono una fila davanti al banco su cui sedeva l'allenatore, mentre il chiacchiericcio andava pian piano placandosi.
"Bene." fece Inoue grattandosi il mento, gli occhi che continuavano a contemplare il registro.
Borbottò qualcosa di indefinito e sparì qualche secondo fuori dalla palestra, per poi tornarne poco dopo con uno scatolone tra le braccia. Lo depositò vicino al banco, e dopo un'altra occhiata veloce agli appunti, alzò gli occhi verso i suoi atleti.
"Direi che possiamo iniziare, che dite?" chiese, ben conscio che non avrebbe ricevuto alcuna risposta. "Quando chiamo il vostro nome fate un passo avanti e presentatevi. Inizieremo con i titolari, quindi le riserve. Allora... Ryuji Tasako. Avvicinati."
Rukawa seguì distrattamente le parole di presentazione di tale Ryuji, seguito poi da un ragazzo biondo che sembrava tutto tranne che un giocatore di basket. Gli ricordava vagamente Tetsuo...
"... al secondo anno del liceo Ryonan, prefettura di Kanagawa. Gioco come play. Adoro pescare! Ho il brutto vizio di arrivare tardi agli allenamenti perché troppo occupato a imitare Sanpei!" disse Sendoh con una risata, contagiando alcuni dei ragazzi che ridacchiarono di risposta. "Giuro che cercherò di essere sempre puntuale!"
"Molto bene, Akira Sendoh." rispose Inoue, porgendogli poi un pacchetto di plastica, preso dallo scatolone, contenente la sua nuova divisa...
Rukawa distolse gli occhi da quella scena, e quasi sussultò poco dopo quando sentì chiamare il suo nome.
"Kaede Rukawa, vieni pure." lo invitò il coach.
Fece qualche passo avanti, e pur sentendosi tranquillo come non mai, non poté fare a meno di pensare che aveva già vissuto quella scena, quasi un anno prima.
Allora si era appena iscritto allo Shohoku, e davanti a lui, pronti a prendere appunti sul suo gioco, c'erano il capitano Akagi e Ayako.
Anche quella volta era tranquillo, voglioso di giocare e mettersi alla prova, desideroso solo di lasciar perdere quelle futili parole e prendere possesso del pallone.
Neanche lui, giocatore di talento e più volte definito come una promessa del basket, avrebbe mai creduto di trovarsi un giorno davanti ad Inoue, in quella palestra.
"Sono Kaede Rukawa." si presentò. "Sono iscritto al primo anno del Liceo Shohoku, prefettura di Kanagawa. Giocavo da ala piccola... ma posso ricoprire anche gli altri ruoli." rivelò poi con una tale faccia tosta da far sorridere Sendoh e far inarcare un sopracciglio a Inoue, per niente sorpreso. Ne sapeva qualcosa, lui. Se quel ragazzo ammetteva di poter giocare anche in altri ruoli, evidentemente era perché lo sapeva veramente fare.
"Immagino." gli disse. "Sei stato soprannominato la super matricola! E... sei stato incluso tra i best five di Kanagawa, giusto?"
"Sì, è vero." si limitò a rispondere Rukawa, per poi aggiungere, qualche secondo dopo: "Anche Akira Sendoh è nel quintetto."
Inoue annuì, senza mostrare quanto in realtà quella frase l'avesse compiaciuto.
Aveva assistito alle sue partite e si era accorto che quel ragazzo quasi non calcolava la squadra e i compagni, viveva per andare a canestro e solo quello sembrava importargli.
Per uno come Rukawa, lodare o anche solo vagamente accennare agli altri giocatori era qualcosa di impossibile. Non perchè fosse arrogante o convinto di essere il migliore, semplicemente faceva fatica a legare con qualcuno fino al punto da sentire il bisogno di parlarne, che fosse positivamente o negativamente.
Il fatto che avesse nominato il compagno, riferendo che non era stato l'unico ad essere incluso nella sfera dei migliori giocatori, era se non un segno di cambiamento, almeno uno spiraglio. Doveva trovare la giusta chimica coi compagni, solo così avrebbero formato una squadra di tutto rispetto.
"Sì, ho visto. Vieni Rukawa, ecco la tua divisa."
Furono i passi più semplici della sua vita, una camminata sciolta e liberatoria, e poi il trofeo che più agognava era tra le sue mani.
Rimase un attimo spiazzato, non facendo trasparire nulla dal suo volto, poi quasi inconsciamente si ritrovò di nuovo vicino ai suoi compagni. Non ricorda di aver ripercorso quella strada, troppo concentrato su altro.
Fu di nuovo la voce del coach a risvegliarlo dalla sua momentanea distrazione.
"E adesso, Kaede Rukawa, sei anche titolare nella nazionale juniores del Giappone."
Rukawa sentiva le orecchie fischiare e come prima, ignorò del tutto la presentazione degli altri ragazzi, troppo concentrato sulla sua nuova divisa... da quel giorno avrebbe indossato i colori del Giappone.~
Chiuse gli occhi, sentendo una strana pace avvolgerlo, e mai come allora, si sentì più leggero ed euforico allo stesso tempo.
Il suo sogno si stava avverando.
Giocare nella nazionale era il primo di una lunga serie di passi da percorrere per diventare il numero 1. Stava spiccando il volo, ma si sarebbe goduto tutto di quel lungo viaggio.
Quando il numero 8 della nuova maglia gli scivolò sulle spalle, si sentì di poter aspettare tutto il tempo del mondo per diventare il migliore. Non aveva fretta. Quella convocazione nei nazionali e la responsabilità che comportava gli sarebbero bastati.
Adesso voleva solo giocare, giocare, giocare...



•Nota: sono "costretta" a pubblicare questa storia oggi, dal momento che partecipa ad un contest, ma non avendo un computer decente ho dovuto fare a meno di una cosa che reputavo "necessaria" per questa storia: frasi o parti del testo scritte in corsivo, per marcare l'importanza di un pensiero oppure di un determinato fatto. Ho dovuto farne a meno perché con l'HTML non me li leggeva comunque. Non appena posso, cercherò di modificare il testo.
   
 
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