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Autore: Anastasija00V    11/05/2016    0 recensioni
Bruciavo.
Nell'inferno della mia anima tormentata.
Il vagabondo della notte.
L'usurpator dell'Alleanza.
Saccheggiator dell'Arca.
Profanator dell'Ara.
Si prega di NON pubblicare la storia senza mio consenso.
Genere: Dark, Generale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Distesa supina, addormentata, aveva preso le sembianze di un angelo immortale, bello e demoniaco.

La notte, che nel frattempo si era illuminata di lampi e bagnata di pioggia, stava lentamente lasciando spazio alle prime luci di un'alba pacifica e brillante di sole.

Ero rimasto solo con quel che restava della mia preda pregante.

La ferita inflitta al suo collo si era ormai completamente rimarginata.

Brandii la mia spada secolare, per sempre fedele, sempre gentile al mio tocco, decorata con uno dei regali più preziosi e a me cari al mondo: un crocifisso di diamanti.

Mi avvicinai lentamente a lei fermandomi al suo capezzale di rose e sangue trafugato. Oh se non era bellissima! E ne accarezzai il viso con la punta della lama lucida e fredda, scendendo sul collo, sul seno...E poi, facendo rotolare la mela giù dal suo grembo, puntai al cuore.

Leonardo Da Vinci. Ultima cena. Profezia. Tradimento. Peccato. Pentimento. Morte.

Fu allora che aprì gli occhi. Uno spettacolo di sfumature rubine ombreggiate da folte e lunghe ciglia corvine.

- Benvenuta, mia giovane amica.- Le dissi inguainando la spada.

Il suo sguardo, veloce e attento si spostava avaramente in tutte le direzione.

Non le sfuggiva nulla: ogni dettaglio, ogni crepa, ogni movimento...Sembrava voler imbottigliare il mondo nelle orbite.

Poi, finalmente, diventai il protagonista delle sue volubili attenzioni.

Le sorrisi in modo oltraggiosamente odioso e seducente.

Ero una canaglia, una bestia, e nessuna bestia prova pietà dopo aver ucciso le sue vittime.

Le avevo mangiato la vita, ma lei mi guardava con adorazione, non più con orrore.

Mosse i suoi primi passi verso il sottoscritto e si inchinò, al corrente della sua missione, pegno del mio dono immortale.

Nei giorni successivi istruii Annie Smithers su tutto ciò che conveniva che lei sapesse.

Acquistai per lei ed Isabel una tenuta in periferia con tutti i comfort e strappai un assegno da milioni di euro.

Per ogni cosa dovevano solo farmelo sapere.

Annie riprese a svolgere la sua professione di infermiera facendosi, però, trasferire in un altro ospedale circa qualche mese dopo, e lo fece come se nulla fosse accaduto, con quella fermezza, quella convinzione nei gesti che mai mi era capitato di vedere in un novizio.

Rimasi estasiato, colpito. Riusciva a gestire la trasformazione e la morte dello spirito con disinvoltura disumanamente umana, scrutando il mondo con una freddezza e superiorità agghiaccianti. Eppure Isabel era felice lì con lei.

Di tanto in tanto ricevevo sue notizie, era come se stesse crescendo e formulava, artisticamente, concetti astratti sempre più complessi.

E mentre una sorta di vita apparente sembrava essere stata ripristinata, io mi ritiravo nella mia solitudine, come avevo progettato sin dall'inizio. A che scopo? Redenzione? Ah! Che sciocca creatura infernale!

Vendetti le mie azioni e sparii ai confini del nulla lasciando la città, con i suoi suoni e suoi colori, abbracciando la natura incontaminata, dove il tempo sembrava aver cessato di esistere secoli prima.

E così ognuno ritornò alle proprie occupazioni, memorie, dolori...

Avevo atteso quel momento da mesi ormai, ma ora mi sentivo vuoto e senza progetti.

A che cosa serviva quella ricchezza smodata e smisurata se racchiusa in mani glaciali incapaci di compiere azioni benevoli?

Nei pressi della dimora pietrosa, vi era un piccolo lago dalle acque fresche che, in estate, attiravano lucciole eleganti e luminose come fuochi d'artificio che scoppiano in cielo stagliandosi a festa e confondendosi tra le stelle.

Spesso nelle notti più buie mi ci recavo meditando in solitudine, accarezzando le piccole increspature bagnate oppure immergendovi la mano, sorprendendomi quasi della bianchezza iridescente della mia pelle marmorea.

Durante uno di quelli inverni freddi e silenti, mentre ero seduto sui verdi prati ricoperti qua e là di sprazzi innevati, nell'acqua si creò un vortice di cerchi concentrici provocati dalla caduta di una bellissima piuma viola.

Erano mesi che il Sesto Discendente, L'incantatrice, non inviava sue notizie...Succedeva piuttosto raramente.

Raccolsi l'involucro di leggerezza e fragilità e...qualcosa attirò la mia attenzione.

Potevo vedere chiaramente il mio riflesso in tutto il suo mirabile incanto irraggiungibile come un astro...e poi...

Lei.

Sì, esatto, proprio lei.

La identificai senza conoscerla, senza averla mai vista, ma sapevo che era lei, senza un motivo spiegabile e razionale.

La osservai danzare ed essere felice, quella felicità che conoscevo ma che avevo smesso di ricordare.

Mi era sfuggita, ecco.

Con i suoi folti capelli al vento che giocavano con lei ad ogni suo movimento.

Cosa notai principalmente di lei?

No. non era la sua bellezza, ma la bellezza dei suoi gesti, la grazia dell'anima, la sua energia radiante e fresca come una rosa.

Poi vidi una corona, tempestata di diamanti. Molti diamanti.

Soldati.

Arresto.

Buio.

Grida.

Spari.

Morte.

Una piccola onda provocata da un più forte colpo di vento, sommerse la visione.

Cancellando la mia forma.

La mia identità.

 

-Sei sicuro che non è stata una proiezione involontaria della tua mente?

Quando parlai agli altri della faccenda, tutti stentavano a crederci.

Soprattutto il Cacciatore, un essere troppo razionale per credere, testuali parole, “alle mie fandonie”.

- Vi assicuro che sto dicendo il vero!

- Andiamo! Non proferisci parola da mesi e adesso racconti storie fantomatiche di immagini proiettate nelle acque di un lago. Perdonami, ma mi sembra che tu stia confondendo la realtà per romanzi.

- Non sto impazzando! Cosa credi che siamo noi? Persone? Creature benedette come tutte le altre, eh? COSA SIAMO?

Stavo decisamente urlando. Negli occhi della principessa, terrore.

- E poi, se metteste in discussione le mie parole, dubitereste dei messaggi del Sesto Discendente.

- Hai visto l'Incantatrice?

Gli occhi del Cavaliere puntarono i miei infiammati di indignazione.

- No, visto non è proprio il verbo esatto. Ho percepito la sua presenza.

Mostrai loro la piuma viola intatta.

- Allora è vero...- Sussurrò il Cacciatore.

- E secondo te, chi è questa ragazza?- Intervenne il Principino.

Il più delle volte è distratto, immerso in qualche fiaba incantata da lui inventata.

Sorride poco, e se lo fa la sua dolcezza sembra rasentare la follia dell'empietà.

Eppure sembra un angelo candido, sono solo i suoi occhi ad esser cresciuti avendo visto cambiare il mondo di anno in anno, di secolo in secolo...

Sorrisi maliziosamente.

- Non so, credo avesse pressapoco la tua età.

Distolse lo sguardo immediatamente.

Credo che se avesse potuto sarebbe decisamente arrossito.

- E se fosse...e se fosse lei la S...- Accennò il Cacciatore.

- Non essere sciocco! Io non credo che ci sarà mai.

- E allora, chi dovrebbe essere? E perché l'Incantatrice ha lasciato che vedessi la sua immagine?- Disse il Cavaliere.

- Non lo so. Ma non intendo cercarla. Ho già i miei problemi.

- E forse, guarda caso, lei potrebbe essere una soluzione.- Ribatté il Cacciatore.

- Una soluzione a cosa? Non mi serve una donna e nemmeno una bambina. Ho bisogno di stare da solo. Anzi, devo stare da solo. È questo il mio destino.

- Che ti piaccia o no, non potrai mai essere solo. Appartieni a un Clan, o ti è sfuggito di mente?

Il Cacciatore aveva centrato il punto.

- Comunque non andrò a cercarla, sia ben chiaro. Fine del discorso.

Girai i tacchi e me ne andai nella mia camera. O come spesso diceva il Cacciatore, a rintanarmi.

Tolsi gli stivali e mi buttai sul letto con la faccia sui setosi guanciali lavanda.

Non riesco a spiegarmi ancora come fu possibile, ma mi addormentai. Profondamente. Come un bambino.

Sognai cose belle.

Sognai e basta come fanno gli esseri umani.

Danze. Ori. Lusso. Grazia e bellezza.

Sognai mia madre.

Sognai Versailles.

 

   
 
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