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Autore: herr    12/05/2016    4 recensioni
Hilda è una giovane giornalista di Castelia che rischia di perdere il lavoro quando comincia ad instaurare un rapporto di scambio con un misterioso individuo di nome N. Grazie a lui, Hilda riuscirà a brillare nel mondo del giornalismo, ma comincerà a capire che per mantenere il gioco — e l’attrazione — di N dovrà rinunciare a ciò che le è più caro, mentre Castelia si farà sempre più pericolosa ai suoi occhi.
{ ferriswheel ; Hilda centric ; introspettivo qb ; pain and suffering }
COMPLETATA, FOR FUCK'S SAKE


« Non erano questi i patti »
« Quali erano, i patti? »
« Mi hai ingannato »
« L’ho fatto? Ti ho dato quello che volevi, Hilda. Non hai mai voluto il tuo lavoro, quello che volevi era un senso alla vita spenta che conducevi, ed eccomi qua. Questi erano i patti »
Genere: Drammatico, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellocchio/Looker, N, Nuovo personaggio, Team Plasma, Touko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cards - Hilda Baskerville's story '
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CARDS
[ri-edition ; remake ; requelcazzochevipare]

 
PREFAZIONE
Ho da poco (l'altro ieri) completato la scrittura di Ditching Cards, il sequel a questa fanfiction, e solo ora mi accorgo, con non poca vergogna, che questa serie manca di una prefazione, ragion per cui in questo momento mi appresto a scriverne una. Questo breve trafiletto avrà la funzione di spiegare in poche righe le basi della storia, com'è strutturata e tutto ciò che c'è da sapere prima di immergersi nella lettura.
Prima di tutto, volevo far notare che in questa storia uso solo ed esclusivamente i nomi inglesi, poiché reputo che abbiano un suono migliore (principalmente le città) privo di quel cacofonico e decisamente poco gentile suffisso "-opoli". Touko/Anita diventa Hilda, Belle diventa Bianca, Austropoli diventa Castelia City, N diventa N (non ve lo aspettavate, eh?), Bellocchio diventa Looker, Violante diventa Zinzolin, Ghecis diventa Ghetsis, Antemia (la superquattro – Elite Four, in inglese – tipo spettro) diventa Shauntal, Mirton (il superquattro tipo buio) diventa Grimsley, e così via. Ho menzionato quelli che saranno bene o male i protagonisti della storia, se ne appaiono altri e pensate che abbiano un ruolo importante o che ricalchino dei personaggi che non conoscete, cercate pure su Bulbapedia, può darsi che non ne abbia menzionato qualcuno.
Secondariamente, in questa storia c'è presenza di OC (ovvero Original Characters). Piuttosto che prendere un personaggio esistente e renderlo OOC ho preferito crearli di sana pianta e delinearne una personalità; per quanto riguarda, al contrario, i personaggi già esistenti, ho fatto quanto potessi affinché fossero IC (ovvero In Character, che significa che mantiene la personalità del gioco). 
Questa storia, Cards, è divisa in tre archi narrativi, il terzo dei quali, al contrario dei primi due, è contenuto in Ditching Cards. Ad ogni modo, riprende ogni tema della storia e non è altro che la naturale prosecuzione degli eventi. Ogni arco narrativo consiste di nove capitoli. 
I temi affrontati in questa storia si mantengono sul thriller/introspettivo, mescolando così azione e mistero alla introspezione del personaggio principale, Hilda, sul quale è costruita la storia. Cards è, infatti, sia Hilda centric, ovvero incentrata sul personaggio di Hilda Claude Baskerville, sia una ferriswheel shipping, ovvero nella quale è presente come coppia protagonista quella che vede assieme Hilda Claude Baskerville a Natural Harmonia-Gropius. Una domanda nasce spontanea: è Cards una storia d'amore? Non ne ho idea.
Non mi resta che augurarvi buona lettura.

Chapter I
A Rush of Blood to the Head
 
presente — Castelia City — 15/10/11 
Negli anni ’60 si dice che, poco lontano da Castelia, si schiantò un meteorite, in quello che oggi è chiamato il Deserto della Quiete. La sua provenienza è tutt’ora sconosciuta agli studiosi, ma ciò che ne è uscito è diventato abbastanza comune nella regione: un simpatico esemplare di Pokémon alieno dalle forme rotonde e dai colori azzurri. 
La sensazione che quel Pokémon avesse provato nel cadere attraverso l’atmosfera per schiantarsi in una triste e deserta terra non dev’esser stata certo delle migliori; era stato, si ipotizza, colpito da un frammento di meteorite e trascinato violentemente a terra senza che vi potesse opporre.
Per quanto lontana e nel tempo e nello spazio, l’immagine di Elgyem, questo il nome del Pokémon, poteva essere accostata a quella di Hilda. La percezione di caduta, oppressa e schiacciata dall’onnipresente istinto di mediocrità, che la portava a fluttuare negli eventi senza realmente modificarli. Nessun margine di miglioramento della sua condizione le era lasciato.
 « Mi stai ascoltando, Hilda? »
 Francis Wiseman, il direttore del Castle, era un uomo alto e magro, dai capelli brizzolati ed il viso scavato, tipico della tarda età, sulla quale bocca appariva un perfettamente simmetrico paio di baffi color ghiaccio. Gli occhi, castani, tradivano qualsiasi parvenza bonaria nel suo aspetto.
La voce dell’uomo la richiamò all’attenzione, cercò un contatto visivo con il suo interlocutore. « Uh? »
« Non hai prestato attenzione ad una parola che ho detto »
« Non è ver—»
« Cosa ho detto? »
Il tempo che si prese per pensare non bastò ad elaborare un pensiero inerente. Stette lì, inebetita, aspettando una risposta.
« Come pensavo » la incalzò, esibendo un freddo sorriso « e ti risparmio la fatica di chiedermelo — che evidentemente ti sei già presa. Sei licenziata »
Una frazione di secondo perché le sue labbra pronunciassero la parola, un’interminabile minuto per collegare il significato all’immagine del licenziamento. Un’ipotesi da lei scioccamente mai presa in considerazione, ma che avrebbe rappresentato una significativa minaccia per la sua condizione.
Licenziata.
Licenziata.
Le dure parole dell’uomo colpirono come un treno in corsa la giovane ragazza, lasciandola senza parole. Tentò più volte di aprir bocca ma ogni pensiero volesse cominciare le moriva in gola.
« … » 
« Ti vedo scioccata. Ottimo »
« Non capisco… »
« Hai smesso di scrivere per il Castle »    
« Quello l’avevo capito, il motiv—»
« Hilda, i tuoi articoli fanno schifo. Fa schifo ogni cosa che scrivi, non mi capacito di come ti abbia tenuta in redazione per più di un anno »
« Posso migliorare! Ti prego, lasciami scrivere un ultimo articolo! »
« Potrei »  sarcastico « mettere in fila parole come all’asilo è sempre stata la tua specialità »
Una lacrima rigò il volto della giovane.
« Questo lavoro è tutto ciò che ho » continuò, in procinto di un pianto « non posso perderlo »
« Mi fa piacere che dopo la tua permanenza quatu abbia scoperto un vago interesse nel giornalismo » fece, permeando le sue parole di un pungente sarcasmo « ma hai appena attraversato la linea di demarcazione tra giornalista incompetente e disoccupata incompetente »
Aprì un cassetto, dal quale tirò fuori un plico di fogli, e lo pose sulla scrivania, dopodiché porse una penna alla giovane, mantenendo sul suo viso un’espressione di ruffiano dispiacere.
« Ora dobbiamo discutere del licenziamento »
Cercò lo sguardo della giovane, corrotto da scintillanti gocce d’acqua, trattenendosi dal continuare. Nonostante lei cercasse di nasconderlo, era chiaramente scossa dalla notizia, ma la sua condizione pareva a Francis, se guardando a lungo nel profondo del suo intimo avesse trovato compassione, oltremodo spinta. 
Palesò il suo stato emanando un pesante sospiro.
« Parlando seriamente, Hilda » attaccò, e come prese a parlare fece scomparire dentro ai cassetti ogni scartoffia presente sul tavolo, lasciando spazio alla visione della ragazza « non puoi continuare così. Non puoi. 
« Da quando ti ho assunta non hai fatto altro che fregartene di questo giornale, come se tutto ti fosse dovuto. E cosa dovrei dirti? Povera, povera, povera Hilda? Svegliati, ragazza »
« Mi impegnerò di più » fu ciò che riuscì a pronunciare, la mente annebbiata « io—»
La figura di una giovane donna fece capolino sulla porta, preceduta dal sordo rumore della porta in legno sbattente sulla parete, ed aprì uno squarcio di luce sul pavimento a parquet dell’ufficio. Un volto noto alla ragazza, una collega, a giudicare dal badge spillato sulla sua camicia. 
Stringeva un foglio in mano, sul quale era visibile una moltitudine di linee e pieghe, provocate dalla stretta del suo pugno. 
« Scusate, ho interrotto qualcosa? » si fece strada nella stanza, rivolgendo un breve sorriso a Hilda come avanzava « ho aspettato un po’ prima di entrare, ma è abbastanza urgente »
« Non preoccuparti, Natalie » la rassicurò « io e la signorina Baskerville non abbiamo più nulla da dirci »
Giunta in prossimità dell’uomo portò alla sua vista la pagina incriminata, che a dire dalla sua espressione non gli piacque. Corrugò la fronte, e quasi dimenticandosi del licenziamento della sottoposta, s’immerse nel problema. Per qualche motivo, che non poteva capire, i due stavano mantenendo i toni dello scambio a sussurri appena udibili. 
Ora che la guardava con più attenzione riconobbe nei lineamenti del viso l’inviata del Castle sulla politica e la Lega di Unova, nonostante vederla in borghese le risultasse strano. Portava i capelli castani in lunghe onde che ricadevano sulle spalle, una pelle diafana scintillava alla luce del sole ed i suoi occhi color miele erano chini sul suo capo.
« Cosa pensi di fare? »
Lo sguardo di Frank si era ora spostato su Hilda, seppur continuasse ad esser perso nel vuoto. Ad ostacolarlo, la castana chioma della ragazza in lacrime.
« Ci sto pensando… » 
Afferrò la penna che aveva lasciato alla ragazza e si mise a scarabocchiare su un foglio in parole dalla parvenza cuneiforme più che appartenenti ad un alfabeto latino.
« Cosa…? »
« Cara Natalie, ho appena trovato un sostituto! » esclamò dopo una lunga pausa a scribacchiare « Natalie, questa è Hilda Baskerville, Hilda, questa è Natalie Inkgard, sono sicuro farete ottima amicizia »
« Non capis— » commentò Natalie, collegando facilmente gli eventi « oh ». Una ragazza in lacrime nel suo ufficio ed un posto vacante, non le volle molto a fare una semplice addizione. Scelta azzardata, ragionò, ed Hilda pareva sbigottita quanto lei.
« Un po’ di entusiasmo! » continuò, euforico per la scelta che aveva appena fatto. Il suo ego eguagliato solo dall’immensità del cielo pareva esser stato tanto soddisfatto dall’idea da far baluginare uno scintillio negli occhi dell’uomo.
« Se è così » sospirò Natalie « è bene che tu ti faccia trovare nella mia postazione nel giro di un quarto d’ora, devo spiegarti mesi di arretrati » e detto ciò uscì dalla stanza, nascondendo malamente lo scetticismo nei confronti della scelta del suo capo.
« Mi sa che andrò anch’io… » mormorò, e come si alzò voltò repentina il viso per non incorrere nello sguardo di Frank « grazie… »
« Non voglio la tua gratitudine » concluse lui « ciò che voglio da te è un articolo scritto bene. Pensi di riuscire a farlo? »
Hilda chiuse la porta dietro di sé fingendo di non aver udito.

Erano le nove quando riuscì finalmente a tornare a casa, con la mente straripante di informazioni. Poteva dire di aver imparato più cose sulla Lega quel giorno che in 21 anni di vita a Unova, ma come apprendeva una nuova nozione la precedente scivolava nel dimenticatoio, perdendo considerevoli quantità di dettagli. Notizie confuse si accavallano nella sua mente, immagini di campioni che si distorcevano nei suoi occhi e la realtà circostante corrotta dalla lezione full-immersion. Così, la scritta “Leggere fa bene all’anima!” che luccicava sovrastando l’entrata di una liberia diventava “Lega fa bene all’anima!”, allo stesso modo la pubblicità della Campari Soda scritta dappertutto su un autocarro mobile diveniva Campioni Soda. 
In preda alla fame ed alla stanchezza optò per fermarsi in una tavola calda, dove ordinò qualcosa da mangiare comodamente seduta. 
Ora che poteva rilassarsi prese il telefono alla mano, e notò stranamente di aver ricevuto un nuovo messaggio di mittente sconosciuto.
8:31 PM
Sconosciuto
Ho uno scoop per te. Se sei interessata, incontrami domani all’incrocio fra la Ventiduesima e Mode Street per le 5

Si strabuzzò gli occhi, convinta di aver travisato nuovamente il significato di un testo. 
Non poteva essere più giusta di così.
Giunse alla conclusione che qualche invasato dovesse esser giunto in possesso del suo numero di telefono ed avesse pensato bene di farle uno scherzo di pessimo gusto. Come poteva pensare di essere credibile? 
Nonostante l’aver assunto per falso il testo, rimase a rimuginare sul significato per un po’, cercando qualche modo per riempire quella vuota serata. Durò poco, poiché la notte si apprestava già a calare e la coltre di gelo proveniente dal mare ad abbracciare le strade ed i palazzi della città nella sua fredda morsa.

 
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presente — Castelia City — 16/10/11
« Inosservate » 
Come ragazzine un parco giochi, come volatili nel cielo d’autunno. Invisibili all’occhio, trasparenti alla vista, era questa la categorica disposizione di Natalie riguardo il comportamento al Salone Nazionale delle Conferenze di Castelia. 
Ciò che rimaneva di un ricco edificio signorile, lungo la Mode Street, era stato ristrutturato e trasformato in un lussuoso salone per conferenze ed incontri di importanza nazionale, primo fra tutti l’annuale apertura della Lega Pokémon. Sino a quel giorno, le poche indiscrezioni trapelate dai giornali lasciavano un grande punto di domanda sul futuro e sul prosieguo di quella istituzione, ed il mistero non faceva che aumentare lo stato di nervosismo nel quale versava Hilda.
« Ti ricordi cosa ti ho detto? »
La giovane sorrise « Certamente »
« Come fa di cognome l’Elite Four tipo Spettro? »
« Ahem… Livingstone? »
« Un po’ più di sicurezza potrebbe far credere anche a te che lo sai, ragazza »
Superata la fila all’entrata, bastò esibire i badge magnetici e farli convalidare per avere accesso al salone, dove non le volle molto a trovare i posti assegnati. La sala era gremita di persone che come formiche ricoprivano ogni spazio disponibile nella platea, in attesa dell’arrivo dei protagonisti assoluti dell’incontro, l’Elite Four.
L’Elite Four era la base della Lega, scelti fra i più importanti e sapienti maestri Pokémon i quattro ne decidevano le sorti, presiedendo ad ogni incontro e riunendosi annualmente per discutere come portare avanti una delle istituzioni più antiche della regione. Decidevano inoltre quale Campione dovesse salire al potere, il quale aveva una mera funzione rappresentativa, facendo così il bello ed il cattivo tempo su Unova per quanto riguardasse quel versante.
Quando le luci si fecero più soffuse, un rumore metallico anticipò l’arrivo dei tanto attesi quattro Allenatori, contemporaneo alla chiusura delle porte. Degli agenti in nero raggiunsero ogni fila di poltrone, mentre Shauntal, Grimsley, Marshall e Caitlin prendevano posto nelle poltrone in velluto bordeaux poste al centro del palco. Quattro bottigliette accompagnavano ogni postazione, ognuna posta su un piccolo tavolino presso la sedia.
« Buongiorno a tutti, sono Grimsley Ripley e questi sono i miei colleghi Shauntal Livingstone, Marshall Fierce e Caitlin Huttle » 
L’uomo dai capelli scuri, il primo a parlare, era il Maestro del tipo Spettro. Hilda era molto familiare con il suo viso, ricordando la sua immagine presente in molti degli incontri precedenti. Qualcosa in lui le metteva soggezione, seppur non seppe dir cosa.
« Vorrei cominciare esprimendo i miei più sentiti complimenti al Campione dell’anno appena passato, William Fate, che purtroppo quest’oggi non è potuto presentarsi per motivi di salute, ed assieme a lui a ogni singolo allenatore che ha preso parte all’edizione 2010/2011! Nonostante ci sia stato un solo vincitore, ognuno ha vinto nel suo cuore »
« Natalie » sussurrò Hilda, tirandole una gomitata (« Ehi! ») « andranno avanti tutto il tempo così? »
« Sì » asserì soddisfatta, quasi come se il non annoiarsi a quel tipo di eventi la rendesse orgogliosa, « e ti conviene prendere appunti »
Il viso della giovane giornalista si corrugò, palesando il suo disappunto, dopodiché prese la decisione di non voler ascoltare un minuto in più di quella noiosa presentazione. Afferrò la borsa e con una banale scusa « Devo andare in bagno! Ci metterò poco, tranquilla! » se ne uscì, dirigendosi all’uscita.
Successivamente all’inizio della conferenza, la folla all’entrata del palazzo era dissoltasi, dando un tono completamente diverso alla hall. Un anomalo silenzio regnava incontrastato, permeando l’atmosfera di una persistente sensazione di ansietà.
Mentre era intenta a leggere la didascalia di un busto in marmo, cosa che riteneva molto più interessante di una sviolinata sulla Lega di Unova da parte di un oltremodo inquietante personaggio, il suo telefono prese a squillare. La dicitura “privato” lampeggiava sul display dell’apparecchio, ma ciò non le impedì di rispondere.
« Pronto? » esordì lei, ricevendo in risposta un brusio. La linea doveva esser disturbata, così riprovò: « Pronto, chi parla? »
Il ronzio della chiamata non sembrava finire, ed anzi a dire della giovane si fece ancora più intenso, se possibile, cosa la convinse ad uscire temporaneamente dalla Sala Conferenze per continuare la conversazione.
« Pronto, mi sente ora? »
« Sì, la ringrazio! » rispose l’interlocutore, a voce squillante « mi chiamo Louis Bloomfield e la chiamo per sapere se ha intenzione di rinnovare il suo contratto con la EKI, la vostra luce nel buio dell’incertezza »
Il motto dell’azienda pareva ancor più inquietante della situazione.
« La EKI? Non ho nessun contratto con la EKI a quanto ricordo »
« Non è lei la signorina Erika Joy? »
« Non l’ultima volta che ho controllato » lo incalzò lei, sentendosi presa in giro dalla chiamata « è lo stesso uomo dell’altra sera? »
« Anche l’altra sera ha ricevuto una chiamata dalla EKI, la vostra luce nel buio dell’incertezza? » 
« No— » emise un pesante sbuffo « senta, lasci stare, non mi richiami più, ok? »
Il ragazzo dall’altro capo della linea venne interrotto sul saluto, lo schermo si fece nero e l’orario ritornò a brillarvi. Non poteva capacitarsi di come gli eventi si stessero susseguendo quel giorno, ma a giudicare da cosa la aspettava dopo era una bazzecola. Portò meccanicamente il telefono al viso, e vi lesse l’orario.
Un brivido percorse la schiena di Hilda.
Erano le quattro e mezza, ciò voleva dire che la conferenza era da lungo cominciata e lei era in ritardo.
Ripose il cellulare nella borsa e corse sino ai tornelli posti all’entrata sperando di essere ancora in tempo, dopodiché estrasse il badge dalla tasca e lo fece scorrere lungo la zona magnetica, spingendosi in avanti. 
Ma il tornello rimaneva fermo, mentre una scritta “Errore” brillava di fronte a lei.
Lo fece scorrere nuovamente più e più volte, nessuna delle quali soddisfece la macchina.
Richiamato dalla confusione, nel giro di breve tempo arrivò un agente della sicurezza vestito di solo nero, i cui occhi erano coperti da un paio di occhiali a lenti specchiate. Tanto erano lucide che poteva specchiarvici sopra.
« Qualche problema, signorina? »
« Sì! » esclamò, facendo pressione sul cilindro sporgente in metallo « Questo coso non si muove! »
« Signorina, devo informarla che c’è una conf—»
« Lo so che c’è una conferenza in corso, è per quello che devo entrare! »
« Magari può tornare a conferenza conclusa » continuò lui, senza la minima inflessione nella voce.
« Io sono una giornalista! Devo assistere alla conferenza! »
« Serve un badge per quello »
Gli sventolò il badge in faccia « Ce l’ho il badge! Cosa non capisce?! »
« Signorina, sono sicur—»
« Mi faccia entrare! » usò esasperata « la mia collega, Natalie Inkgard, è lì dentro! Fila 10, posti 22 e 23, la chiami! La chiami! »
« Ho capito » acconsentì lui, per poi avvicinare un apparecchio simile ad un walkie-talkie alle labbra « sicurezza, ho un problema all’entrata nord »
Al solo udire della parola “sicurezza” il sangue gelò nelle vene di Hilda. Due uomini, anch’essi vestiti di nero e dalla massiccia presenza, stavano approcciandosi alla sua destra, e non vedendo ulteriore soluzione prese a correre verso la parte opposta. Corse, corse e corse a perdifiato, sino a che poteva dirsi sicura e lontano da quegli uomini.
Quando alzò gli occhi per cercare di capire dove si trovasse notò che la Mode Street si era sviluppata in un grande incrocio, perpendicolarmente ad essa si estendeva un’altro viale, eguale per larghezza. Non riuscì a dirne il nome sino a che, attraversata la strada non lesse il nome “22esima”. Se per fortuna o per caso non seppe, ma la metropoli l’aveva guidata esattamente nell’unico luogo dove non era intenzionata a capitare. 
L’ora ed il luogo coincidevano quasi magicamente: non poteva essere un caso, ragionò. Svegliati Hilda si disse, era uno scherzo, ed era abituata a darsi ragione, motivo per cui si incamminò verso Central Plaza senza fermarsi.
« Mi scusi, è lei Hilda Baskerville? » la fermò una ragazza, che dagli abiti che indossava dedusse essere una cameriera 
« Lei chi è? »
« Sono una cameriera del bar Grandangolo, le volevo comunicare che il suo tavolo è pronto »
« Il mio cosa? »
« Il suo tavolo! » ripeté, ed indicò un piccolo tavolino in bronzo all’interno della veranda di un bar dietro di loro « un suo amico è passato ieri a prenotare un tavolo a nome Hilda Baskerville, e mi mostrò una foto chiedendomi di indicare a questa ragazza dove sedersi »
Hilda rimase sbigottita.
« Un amico speciale, eh? » ammiccò lei « buona fortuna! »
La situazione aveva del surreale. 
Se inizialmente aveva ricevuto un messaggio, uno scherzo a giudicare dai toni, i risvolti della giornata parevano voler protendere per una soluzione diversa da ciò. Poteva esserci un fondo di verità a quelle parole? Il lavoro l’aveva perso comunque, giudicò innocua rispetto all’essere al verde una conversazione con uno psicopatico, specialmente se avesse potuto ricavarci soldi sopra.
Avvicinatasi al tavolo, sistemò la sua borsa e vi si sedette.
Passarono i minuti, le lancette dell’orologio ruotavano ma l’uomo misterioso non sembrava voler arrivare. Una calma placida e stagnante regnava nel locale.
Le sue speranze erano ormai perse, quando udì il rumore di una sedia trascinarsi lungo il pavimento, e di fronte a lei si presentò un bizzarro ragazzo, che giudicò avere la sua età.
« Posso favorire? » esordì, accomodandosi di fronte a lei « immagino tu sia Hilda Baskerville »
Il ragazzo misterioso era alto e magro, e portava dei lunghi capelli color the verde, racchiusi in una morbida coda di cavallo che ricadeva sulla sua schiena, seppur nascosta alla vista da un capellino. La pelle era chiara, bagnata dal pallore lunare, e due scintillanti occhi color smeraldo la scrutavano. Sorrideva, due labbra sottili che si dispiegavano in un gentile ghigno, e la voce che ne usciva risultava molto simile alla chiamata ricevuta poco prima.
Un uomo, un programma.
« A me sembra che tu abbia le idee molto chiare su chi io sia, a giudicare dalla foto che hai mostrato alla cameriera, caro… Louis Bloomfield? » lo incalzò « c’è qualche altra super conveniente offerta che la EKI desidererebbe propormi? Una denuncia per stalking magari? »
« Spero che la conversazione non l’abbia disturbata »
« Affatto. Le conviene sperare che Erika Joy non ne abbia a che dire » commentò sarcastica lei « sempre ammesso che esista »
« Rinnovo le mie scuse » continuò lui, mantenendo il tono della voce calmo e rilassato.
Hilda stette al gioco: « Scuse accettate » 
« Molto bene, quindi. Possiamo avviare la transazione? »
« Quale transazione? »
« Lo scoop che le avevo promesso, non è per questo che si è presentata? »
« Ho avuto altri… ahem… stimoli »
« Spero non sia successo nulla di grave »
« Sono stata licenziata »
« Oh, cose che capitano. Anche a me succede di avere giorni no, sa? È il tempo dicono »
La ragazza rimase altro tempo a fissare quel misterioso uomo armeggiare con dei molto discutibili fogli che parevano riguardare un certo Team Palma. Nonostante apprezzasse i giochi ed il sarcasmo, quella discussione aveva raggiunto dei limiti che neanche lei si sarebbe aspettata di rompere.
« Ok, basta con le cazzate, cosa vuole veramente da me? »
Il ragazzo dai capelli verdi la guardò sbalordito.
« Cosa intende? »
« Intendo che se entro cinque minuti non mi spiega cosa vuole e quale è il mio profitto sarà l’ultima volta che mi vedrà in un raggio di cento metri »
« Le ho detto, le ho promesso uno scoop, ed avrà uno scoop » e detto ciò inglobò la matassa di fogli in uno plico, porgendolo ad Hilda « tutto qua »
Le volle un po’ per capire di cosa parlasse, ma capì subito che il comune denominatore di tutti quegli articoli era uno solo, il “Team Plasma”, che appariva a caratteri cubitali in ogni striscia di giornale o foglio che le si presentava sotto gli occhi. Come poteva non aver mai sentito parlare di un’istituzione simile, se a quella vista era uno dei temi più chiacchierati ad Unova?
« Questo… Team Plasma… come mai non ne ho mai sentito parlare? »
« Diciamo che è stato molto discreto nel muoversi »
« Mi deve scusare, ma non capisco in tutto ciò quale vantaggio ne ricavi lei »
« Siamo qui per discutere i suoi vantaggi, non i miei »
Digrignò i denti. « Mi va bene » mentì, qualsiasi cosa pur di far finire quell’assurdità in tempi papabili.
« Ottimo. Tornando al discorso precedente, una volta che lei avrà opportunamente sistemato le informazioni il suo lavoro consisterà nel portare in stampa il pezzo »
« Come pensa che ci riuscirò? Sono stata licenziata »
Hilda sospirò, guardando con amarezza a ciò che stava nelle sue mani. Un articolo dalla dubbia veridicità ed un ragazzo che le si poneva come il salvatore della patria, era questo il triste spettacolo al quale si era abbassata. Un informatore anonimo senza nessun tipo di garanzia, al quale lei era pronta a credere. Ma a quale costo?
« Facciamo così: mi porto questo plico a casa, ci do un’occhiata e se in caso ne vale la pena mi ci butterò su, ok? »
« Sembra quasi che lo stia facendo per me » sogghignò, avvicinandosi a lei con un inquietante sorriso.
« Non è quello di cui si tratta? »
« Sappiamo entrambi che è la sua unica possibilità » rise lui « non prendiamoci in giro »
« A me l’intera situazione suona come una presa in giro »
Un bonario sorriso illuminò il viso dell’uomo. « Confido nel suo giudizio, Hilda. Ora, se mi vuole scusare, dovrei andare »
« Buona fortuna con la prossima giornalista! »
« Avrò occhi solo per lei » ammiccò lui « la mia sola ed unica »
« Com’è romantico » commentò sarcastica « ha anche un nome questo cavaliere? »
« Natural Harmonia Gropius, ma lei mi chiami N » finì, e la salutò « arrivederci Hilda Baskerville! »

 
 
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presente — Castelia City — 17/10/11
Le prime luci del mattino, scintillanti di rosso purpureo, si apprestavano a ricalcare la propria presenza sul palco cittadino, illuminando lo skyline della metropoli e svegliando, dolcemente, la città in riposo. I ricordi della notte antecedente venivano spazzati via dalla brezza autunnale, e come la notte cedeva il passo l’alba di un nuovo giorno era pronta a brillare nuovamente su Unova 
Contrariamente al suo solito, Hilda si era spinta sino alla mattinata del giorno successivo a scrivere l’articolo, accartocciando più volte le idee ritenute da lei scritte male o inadeguate al pezzo. Dovette ammettere che le informazioni che le erano state date abbondavano in quantità, cosa che in cuor suo sperava fosse un incentivo per il suo capo. Non le volle molto a mettere assieme il tutto ed a stamparlo, dopodiché si diresse non appena fosse stato mattino alla redazione del suo giornale. La soddisfazione che provava nell’avere successo a lavoro, cosa che non aveva mai sperimentato prima d’ora, le gonfiava i polmoni d’orgoglio.
Lo stesso non si poteva dire per il suo capo.
« Penso ci sia stato un disguido riguardo i termini del significato di licenziata »
Hilda lo guardò sorridente.
« Oh, no no, so cosa voglia dire. La ragione per cui sono venuta qua è questo » indicò l’articolo sul Team Plasma « lo legga »
« Mi prendi per il culo »
« Non lo farei mai »
Francis prese in mano il plico, si inumidì l’indice e sfogliò la prima pagina. Il nome del Team Plasma, scritto a caratteri cubitali, si ripeteva più e più volte, nonostante lui fosse all’oscuro del suo significato.
« Senti Hilda, ho cercato di darti una possibilità, e dopo di quella un’altra ancora, e dopo di quell’altra una ancora, ma se il risultato è questo… » 
Come proseguiva nella lettura, doveva riconoscerlo, il materiale contenuto nel prodotto si faceva sempre più interessante. Il solo fatto che Hilda lo potesse percepire, però, era fonte di fastidio in Francis.
« Le piace? »
Distolse gli occhi dalla lettura, e li portò alla giornalista.
« KARL! »
Un giovane uomo entrò di soppianto nell’ufficio, seguito dall’urlo del direttore.
« Voglio questo articolo in stampa »
« Mi dispiace » balbettò il ragazzo, muovendo freneticamente le mani « ho paura che abbiamo già mandato in stampa il giornale di oggi »
« I dettagli della tua incompetenza non mi interessano. Voglio quest’articolo all’interno del giornale di oggi, ed un titolo cubitale sulla prima pagina, o sei licenziato »
« Non— non penso di po— poterlo fare »
« Se questa ragazza è riuscita a portarmi un articolo decente dopo esser stata licenziata, tu riuscirai ad inserirlo nel giornale »
E cacciò i due fuori dalla porta.



Sigh.
E si torna ma sempre con grandi problemi.
Dovrebbe essere una versione migliore, dovrebbe perché poi boh è tutto un mistero.
Era tutto molto bello quando ero un fanciullo speranzoso e convinto di portare a termine il progetto precedente. Ha ha ha.
Ora no.
Ora guardo Alias e piango per Sydney e Vaughn. 
Ora Hilda ed N (lo pronuncio enne ok?) si odiano amano e tanti baci coccolosi. Il fanservice è la mia ultima sponda.
E non ho più tempo, è tardi e domani ho molte cose.
Se volete passate e spendete tue parole, quella cosa tipo l'8‰ all'attico del vescovo o alle recensioni. 
O ai televangelisti della tivù americana.
Bye 

il vostro,
father of dragons
breaker of chains
the unburnt
khal of the great idgaf
protector of the shitty nothing 

herr stormborn 

 
   
 
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