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Autore: Elykei    12/05/2016    0 recensioni
Questa è la storia di Margherita.
Margherita ha 18 anni, un fratello minore rompiscatole, una mamma un po' particolare e un pappagallo di nome Pietro.
Come ogni diciottenne Marghe si presta ad affrontare gli esami di maturità e accanto a lei c'è una classe di 17 individui considerati da tutti scalmanati ed immaturi.
L'intera terza D però si ritroverà obbligata a dover crescere tutta d'un colpo, perché la società ti dice che a 17 anni non sei abbastanza maturo da poter compiere scelte da solo, ma appena ne fai 18 devi decidere del tuo intero futuro.
Questo è il racconto delle vicissitudini di una ragazza come tante altre che insieme a compagni di classe ed amici affronta la vita, quella vita segnata da piccole difficoltà che sembrano montagne e grandi gioie che a volte non bastano.
Ma infondo vivere vuol dire questo: affrontare alti e bassi e andare avanti perché come diceva Jovanotti la vertigine può anche essere semplice voglia di volare.
Questa è la mia prima storia, spero che vi piaccia.
Il rating è arancione più per scurezza che per altro.
P.s. naturalmente qualsiasi commento sarà sempre ben accetto!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Perdonate la mia lentezza ma in questi giorni ci sono state la comunione di mio cugino e il compleanno di mia madre quindi non ho potuto dedicarmi molto alla scrittura.

Non volevo però lasciarvi in attesa troppo a lungo quindi oggi ho ritagliato un'oretta per rileggere il capitolo e pubblicarlo, spero vi faccia piacere :)

Un enorme grazie a chi leggege e segue la mia storia!

Ora senza ulteriori indugi ecco a voi il decimo capitolo della mia storia,

xxElykei.



10.Meglio un'interrogazione di un interrogatorio.

- Metti una canzone degli AC/DC e mandami un messaggio quando arrivi così sarò certa che non ti sei addormentato alla guida -.

Un altro cenno, mi accontentai di quello. Qualcosa mi diceva che chiedergli di parlare sarebbe stato pretendere troppo in quel momento.

 

 

 

-Sveglia dormigliona -.

- Ancora cinque minuti mamma -.

- Ti sembro tua mamma? Suvvia alzati! -.

L’essere crudele che mi strappò le coperte di dosso era Delia.

Mi nascosi sotto il cuscino – Che ci fai qui a prima mattina? -.

-Sono le undici e mezza e vi ho portato i cornetti, Luca e tua madre li stanno già mangiando -.

- È domenica, la prima mattina dura fino all’una -.

- Hai per caso fatto le ore piccole ieri? Solitamente se più mattiniera -.

- Ho lasciato Debora a casa sua che saranno state le quattro passate -.

- Anch’io sono andata a dormire a quell’ora ma tu sei decisamente più distrutta di me -.

- Questo è perché tu sei una specie di mostro, non c’è altra spiegazione per il tuo essere sempre così pimpante qualsiasi sia l’ora e poi io sono rientrata che erano le sei e mezza -.

- Che hai combinato in giro da sola per due ore? -.

- Non ero sola scema! C’era Raffaele con me -.

Delia mi prese per un braccio e mi tirò su a sede – Che cavolo vuol dire che eri con Raffaele? L’amico di Gennaro? -.

Annuii – Ho bisogno di caffeina -.

Come uno zombie in cerca di cervelli di cui nutrirmi uscii dalla camera, Delia mi inseguì – Ehi devi spiegarmi questa faccenda  -.

-Prima caffè poi parole -.

In cucina c’erano Luca e mamma che mangiavano.

In fatto di cibo la mia famiglia era piuttosto abitudinaria e dopo tutti gli anni di conoscenza anche Delia aveva imparato cosa ci piaceva. Per Luca infatti aveva portato un krapfen alla marmellata, per mamma polacca alla crema e per me, ne ero certa anche senza averlo visto, cornetto al cioccolato.

Probabilmente nella bustina di carta bianca c’era anche un maritozzo che Delia aveva preso per se.

A conferma di ciò la mia amica bionda prese da uno dei ripiani in alto della cucina un barattolo di nutella, metà del suo dolce lo riempiva di nutella l’altra parte la mangiava vuota.

- Delia è riuscita a svegliarti! Possiamo metter su della musica allora -.

- Buongiorno mamma, Luca -.

- Svegliarla è stata un’impresa Maria! Com’è il cornetto? -.

- Ottimo sei stata gentile a portarceli anche oggi, di questo passo dovremo pagarti una quota fissa -.

- Macché lo sai che passare il tempo con voi è meglio che andare in chiesa con i miei -.

- Siamo un ripiego quindi -. Commentò Luca con la guancia sporca di zucchero.

Delia gliela pulì con un pollice poi portandoselo alle labbra per mangiarlo disse – Il fatto che io voglia passare più tempo con voi che con la mia famiglia dovrebbe bastare a farti capire che non siete un ripiego Luca -.

Il gesto non aveva alcun intento malizioso di questo ne eravamo tutti consapevoli, ma comunque lui arrossì.

Io e mia mamma ci scambiammo un breve sguardo, lei sorrise sotto i baffi, non voleva mettere in imbarazzo il mio fratellino ma entrambe eravamo consapevoli del fatto che Luca avesse una clamorosa cotta per la mia amica sin da quando era piccolo.

Diedi uno scappellotto al mostriciattolo che smise di fissare Delia, normalmente avrebbe ricambiato con un insulto oppure un pizzicotto ma in quel momento era troppo occupato ad osservare il proprio caffè.

Ci ritrovammo tutti e quattro seduti a chiacchierare dell’ultima puntata di Amici.

Mia mamma era rigorosamente squadra bianca, io avevo una leggera propensione per i blu e dato che non passavo quasi mai il sabato sera a casa gli aggiornamenti sulle ultime puntate e le discussioni su quale gruppo fosse migliore erano sempre rimandate alla domenica mattina.

- La terza prova doveva finire così come è finita! – stava dicendo Luca quando Dede lo interruppe - Ma cosa dici! Io non ho alcuna preferenza per nessuna delle due squadre ma oggettivamente la sconfitta non è stata affatto meritata in quel caso – .

Dal soggiorno arrivarono le proteste del pappagallino.

– Pietro! Non l’ho ancora fatto uscire dalla gabbietta stamani, temevo volasse sul cibo -. Si giustificò mia mamma.

- Uh non vedo il piccolino da un po’ posso prenderlo io se volete, se resta sulla mia spalla di sicuro non si avventa sui cornetti –.

- Sicura Delia? Non vorrei che in quel caso optasse per i tuoi capelli. A proposito come fai a tenerli così? Sembra quasi tu sia appena uscita dal parrucchiere, i miei non restano mai al proprio posto per più di un paio d’ore -.

- Il trucco è il balsamo, è nuovo della Nuance, prima dovevo fare almeno due passate di piastra prima di poter uscire di casa, con questo ora invece mi basta una passata di spazzola e phon e diventano liscissimi, poi restano comunque morbidi tocca -.

Le due si persero nuovamente in chiacchiere ed io sapevo che non avrebbero smesso tanto presto.

-Ho capito vado io dal povero Pietro! Voi insensibili ignorate le sue richieste di libertà -.

Lasciai loro a scambiarsi consigli mentre mio fratello con fare annoiato dava un ultimo morso alla sua colazione.

Pietro era un Cenerino Minore, un po’ più piccolo del suo cugino Cenerino Maggiore aveva le piume del classico colore grigio e la coda marrone.

Il nostro animaletto di famiglia aveva dieci mesi ed era in quella fase intermedia tra il saper pronunciare le parole con chiarezza e il borbottarle, la prima volta che Gennaro l’aveva sentito dire ciao era saltato sul divano. Lui come molta alta gente conosceva tra le specie di pappagalli parlanti solo gli scenografici Ara o i simpatici Cacatua.

Da allora Pietro aveva imparato anche tutti i nomi di famiglia compreso il proprio, i saluti più comuni, una svariata sequela di insulti e parolacce e altre parole random.

Dovevo ammettere che aveva impiegato meno tempo per imparare ad imprecare che non a dire buongiorno.

Forse questo avrebbe dovuto far sorgere qualche domanda.

In ogni caso dovevo badare al pennuto non potevo perdermi in strane elucubrazioni.

I cenerini odiano stare in gabbia, come tutti i volatili che sin da piccoli vengono abituati a vivere all’aperto, infatti Pietro schiamazzava con vigore per farsi notare.

- È tutto okay piccolino, vieni qui -.

- Buongiorno -.

Gli diedi un paio di semi da mangiare, anche la parola cibo l’aveva imparata velocemente.

Si posizionò sul mio braccio, era così carino.

- Ciao Pietro! –.

- Hai finito di rivelare a mia mamma i tuoi segreti di bellezza? -.

- Sono ottimi consigli i miei e poi ha dei capelli molto belli tua mamma, se solo li valorizzasse maggiormente! -.

Accarezzò il pappagallo – Allora, hai intenzione di raccontarmi cosa è successo ieri? -.

Ci sedemmo sul divano ed io ispirai prima di rispondere, in realtà non sapevo bene cosa dirle.

Non perché fosse accaduto chissà che, anzi.. – Dopo aver lasciato Deb ci siamo fermati un attimo in stazione, poi siamo stati rincorsi da un poliziotto e alla fine sono rimasta chiusa fuori casa -.

Nel corso del mio breve racconto la sua faccia aveva assunto un’espressione sempre più confusa.

- Un attimo non capisco che avete combinato? Rubato un’auto? -.

- Cosa? No! Perché mai avremmo dovuto farlo?  -.

- Non so sembrava una spiegazione plausibile -.

- Lasciamo perdere comunque stavamo chiacchierando io l’ho schizzato con l’acqua della fontana lui mi ci ha buttato dentro, per vendetta l’ho trascinato con me e uno stupido tizio in divisa ha urlato che ci avrebbe arrestato perché è illegale usare una fontana pubblica come una piscina, ma andiamo perché mai hanno scritto una legge simile? -.

- Evidentemente per quelli come voi -.

La guardai storto – Grazie eh! -.

Scosse le spalle indifferente alla mia ironia – Continua spiegandomi meglio la faccenda dell’essere rimasta chiusa fuori -. 

- Ieri ti ho prestato la borsetta ricordi? -.

- Mmm – mi assecondò lei.

- Ci avevo lasciato le chiavi -.

- Ma dai Marghe ti avevo detto di prenderle prima di darmela! -.

- Si ma mi sono dimenticata capita, comunque non potevo chiamare Luca perché era troppo presto e non volevo svegliare mamma così ho deciso di aspettare l’alba e Raffaele è stato tanto gentile da restare con me -.

- E che avete fatto mentre albeggiava? -.

- Niente di che davvero, giusto parlato e in realtà anche dormito -.

- Avete dormito in macchina? -.

- No sul gradino fuori dal portone -.

- Perché mai se avevate a disposizione un’auto? -.

Stavo per rispondere ma mi fermai con la bocca semi aperta – Non ne ho idea sinceramente -.

Sogghignò – Beh di sicuro avrai fatto colpo con tutto il russate e la bava -.

- Non sbavo mentre dormo! -.

- Vero però un pochino russi -.

- Davvero? -.

- Poco, poco ad ogni modo penso sia dovuto al fatto che sei raffreddata dieci mesi l’anno -.

- Oh che figuraccia, gli ho russato in uno orecchio?! -.

- Ehi mi pare di capire che non se ne sia lamentato quindi magari non se n’è accorto -.

- Oppure è troppo gentile per farmelo notare -.

Delia cercò di consolarmi dicendo - Non credo, è un tipo burbero, non si può essere gentili e burberi nello stesso momento sarebbe contraddittorio -.

- Lui è un perfezionista pigro è una contraddizione vivente! -.

- Ti agiti troppo, è un tipo che conosci a mala pena che t’importa di quello che pensa -.

Sbuffai Delia aveva ragione era stupido preoccuparsi per una cosa del genere.

-E anche se fosse la brutta figura l’hai già fatta e ora non puoi porvi rimedio -.

- Sei sempre così rassicurante Dede – commentai nel mio tono più sarcastico.

Lei mi rispose alla stessa maniera – Quando vuoi amica – poi mi abbracciò.

Avevamo un pappagallo fra noi quindi l’abbraccio fu abbastanza scomodo Pietro però era troppo carino perché noi potessimo cacciarlo.

- Per quale ragione cercate di schiacciare un Cenerino con le vostre teste? -.

Luca era comparso sulla porta del soggiorno.

- Devi sapere fratellino che è uno dei nostri divertimenti preferiti -.

 - La vostra si che è una bella vita allora -.

Ci raggiunse anche mia mamma – Delia resti con noi per pranzo? -.

-Mi piacerebbe molto ma lo sai che i miei sono fissati con i pranzi in famiglia la domenica, anzi a pensarci tra poco dovrei mettermi in cammino oggi si mangia da nonna Chiara, sarà divertente sentire i suoi rimproveri su quanto i miei jeans strappati mi facciano sembrare una stracciona! -.

Mamma la guardò con un sorriso dispiaciuto – Beh se ti viene voglia di evitare tutto questo casa nostra per te è sempre aperta -.

- Grazie mille Maria -.

Si alzò dopo un ultima stretta a me ed una carezza a Pietro – Ora vado, ci si vede dopo Marghe? -.

- Ho ripetizioni -.

- Anche oggi? -.

- Già -.

- Okay poi al massimo ti chiamo -.

Salutò anche mia madre e il mostriciattolo che la accompagnò alla porta.

Al posto della mia amica si sedette mamma – Come sta andando con questo Raffaele? -.

- Che intendi? -. Chiesi sorpresa.

- Parlo delle ripetizioni, come ti trovi? Il ragazzo è bravo? Stai imparando qualcosa? -.

Risi - Una domanda alla volta mamma mi stai stordendo -.

- Dovrei prenderlo come un brutto segno? -.

Mi bloccai, era tanto ansiogena quanto me – No, tranquilla va tutto bene.. sto migliorando davvero -.

- D’accordo ricorda solo che c’è sempre l’opzione di qualcuno più esperto -.

- È solo un compito mamma, non devi preoccuparti così tanto anche perché mancano ancora vari mesi agli esami -.

- Si certo e che so quanto tu tenga a finire la scuola con dei bei voti -.

Questo era vero.

Andare male a scuola era una delle cose che mi infastidiva maggiormente.

Il mio rapporto con il liceo classico era alquanto complicato. Adoravo le materie che mi insegnavano ma spesso mi trovavo in difficoltà nella gestione di interrogazioni e compiti, mi procuravano una leggera ansia. Probabilmente leggera poteva essere considerato un eufemismo nel mio caso, ma se qualcuno me lo avesse chiesto non lo avrei mai ammesso, nemmeno se quel qualcuno fosse stato Delia.

Piero una volta posto sul suo trespolo si acquietò e il pranzo passò tranquillo tra lasagne e hamburger, per me rigorosamente di pollo.

Alle cinque meno un quarto mi ritrovai nuovamente a casa di Raffaele.

- Ciao -. Lo salutai una volta uscita dall’ascensore, lui ancora mezzo appollaiato sulla porta ricambiò il saluto e con un cenno mi invitò ad entrare.

Sembrava essersi appena svegliato, quella era una tuta o un pigiama?

Era persino a piedi scalzi.

I capelli però erano in ordine, uno dei pregi di averli rasati!

Smisi di squadrarlo ed entrai.

 Mi stavo dirigendo come ormai consueto in cucina quando una voce proveniente dal salone mi bloccò nel bel mezzo del corridoio – Tu devi essere Margherita -.

Mi voltai verso il suono, sul divano c’era una coppia sui quarant’anni, dalla somiglianza con Raffaele e dal fatto che non mi veniva in mente altra spiegazione presunsi si trattasse dei suoi genitori.

- Salve, si sono io -. Dissi con un sorriso impacciato, non mi aspettavo di trovarli in casa.

La donna si avvicinò a me  e si presentò tendendomi la mano, gliela strinsi, la sua presa era delicata ma non insulsa.

- Io sono la mamma di Raffi, molto piacere Sofia -.

Raffi? Avevano tutti un nomignolo imbarazzante per lui eh?

- Piacere mio -.

- Lui è mio marito Carlo -.

Mi fece un gesto di saluto, loquace come il figlio.

- Vuoi sederti qui con noi? Così nel frattempo Raffaele più darsi una rinfrescata -.

- Mamma dobbiamo studiare -.

- Hai intenzione di farlo in pigiama? -. Mistero numero uno risolto.

Sbuffò – Hai ragione, comunque Margherita se preferisci puoi aspettare in cucina magari ripassi le cose che abbiamo fato ieri -.

- Ma che sciocchezze perché aspettare da sola quando può avere compagnia -.

Che mamma premurosa..

Raffaele mi guardò con pietà per un secondo poi scomparve.

Dovevo forse preoccuparmi? Quell’occhiata mi aveva messo ansia, cos’erano i suoi psicopatici isterici?

Sofia non sembrava tanto male.

E poi di cosa avrei dovuto aver paura? Suo figlio mi dava ripetizioni, avrei frequentato casa sua solo per altri tre giorni, poi non avrei avuto più motivo né occasione di rincontrarla.

Mi fece accomodare su una poltrona di fronte a loro, sembrava un esame.

- Allora raccontaci qualcosa -. Esordì la donna.

- Ehm qualcosa di che genere? -.

- Non so dicci di te. Devo ammettere che mio figlio non ci ha detto molto oltre il tuo nome e il fatto che ti sta dando una mano con la scuola -.

- Oh si mi da ripetizioni di chimica, ehm frequento lo stesso liceo di Raffaele sono all’ultimo anno -.

- Quindi è li che vi siete conosciuti -.

- In realtà mi ha fatto il suo nome un amico in comune, ha pensato potesse aiutarmi e ci ha in pratica presentati lui -.

- Chi è questo amico? -.

- Gennaro L a Selva, non so se lo conosce -.

- No purtroppo non mi sembra di averlo mai incontrato -.

Mugolai un ‘’ peccato è un ragazzo simpatico ‘’. Ero davvero in imbarazzo.

- E dimmi tu quanti anni hai? -.

- Diciotto -.

- Allora non sei mai stata bocciata, per caso hai fatto la primina? -.

- Ehm no -. Okay l’imbarazzo stava lasciando spazio al fastidio anche perché pareva un interrogatorio.

- Hai già programmi per quando avrai finito le superiori? -.

- Non proprio, cioè ho un paio di idee ma prima di decidere definitivamente voglio vagliare bene tutte le mie opzioni -.

- Sei una ragazza riflessiva quindi -.

- Suppongo di si -. Quanto ci metteva Mr. Puntualità a darsi una sciacquata?

- Eccomi -. Con uno scatto mi volsi verso Raffaele, forse aveva percepito i miei SOS mentali.

Mi alzai di tutta fretta tanto che inciampai in uno dei quattro piedi della poltrona, per fortuna non caddi però il mio ginocchio doleva.

-Ora devo andare, dobbiamo studiare sa.. è stato un piacere poter scambiare quattro chiacchiere, anche con lei Carlo naturalmente -. Il verso che mi uscì non aveva un nome preciso pareva lo squittio di uno scoiattolo, perfetto!

Non sapevo se l’espressione sul volto del loro grazioso figlio fosse una risata repressa ma sapevo che avevo voglia di tirargli un pugno.

Mi aveva lasciato alla mercé della gemella malvagia di Jessica Fletcher e ora aveva il coraggio di prendermi in giro perché ero un tantinello in difficoltà?

Una volta in salvo nella cucina mi rilassai, Raffaele sembrò notarlo – Quanto è stata invadente da uno a dieci? -.

La parola - Dodici – fuoriuscì dalla mia bocca prima che potessi fermarla.

- Ehi è di mia madre che parli -.

Ops, ero stata troppo brusca – Scusa -.

Si illuminò – Tranquilla scherzavo, fa sempre l’impicciona quando incontra qualche mio amico, se sono ragazze poi addio -.

- Non per essere scortese ma povera la tua ragazza, in soli cinque minuti penso mi abbia fatto una decina di domande, non oso immaginare cosa riuscirebbe a fare durante un pranzo -.

- Non voglio immaginarlo manco io -.

- Vuoi dire che non hai mai portato nessuna a casa? -.

Alzò un sopracciglio – Ma che ti sembro un quarantenne mammone? Poi non mi è mai capitato di voler presentare ai miei una ragazza -.

Durante il discorso avevo tirato fuori dalla borsa libro e quaderno, lui prese quest’ultimo e si mise alla ricerca dei compiti che avevo svolto, qualcosa mi diceva che la conversazione era finita.

Sarà stato che la notte precedente non avevo dormito o l’aria domenicale che mi induceva al riposo più che all’impegno intellettivo ma qual giorno fui un disastro, tre quarti degli esercizi erano sbagliati, cosa comprensibile dato che gli avevo svolti subito dopo pranzo tra l’abbiocco del primo pomeriggio e il pennuto che cercava di volarmi in testa gracchiando ‘ciao’ in continuazione, ciò che il mio insegnante temporaneo non riuscì proprio a perdonarmi però fu la poca attenzione.

Alle otto le uniche cose che mi impedivano di chiudere gli occhi e abbandonarmi sul freddo legno lucido erano le occhiatacce di Raffaele ed i suoi rimproveri.

In quella che decisi essere una forma di punizione mi assegnò una vagonata di esercizi da completare per il giorno seguente.

Quando ripassai per il corridoio dirigendomi alla porta Sofia guardava il telegiornale mentre suo marito Carlo leggeva un libro, non riuscivo a leggerne il titolo.

Li salutai ed una volta fuori casa premetti il tasto per richiamare l’ascensore, nel frangente che quello impiegò a raggiungere il piano Raffaele mi chiese di Debora, gli dissi che stava bene, anche se l’unica cosa che era riuscita ad ingerire quel giorno era stato pane asciutto.

Raggiunta casa mandai un messaggio a Delia per dirle che non potevo chiamarla invece passai la serata concentrandomi sulla chimica.

 

   
 
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