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Autore: WikiGabry    12/05/2016    1 recensioni
Alessandro "Sandro" Rovani è un ragazzino ebreo italiano, emigrato da piccolo in Francia con i genitori per sfuggire alle leggi razziali del 1938.
Nel 1943, durante l'occupazione tedesca di Parigi, lui ed il suo migliore amico Ethan, un ragazzino ebreo inglese (anche lui emigrato dal paese d'origine), verranno catturati e spediti prima in un campo di transito nel Centro e poi ad Auschwitz: cosa accadrà loro?
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Olocausto
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Ricordo come fosse ieri il giorno del mio trasferimento in Francia, seppur all'epoca avessi solo tre anni e mezzo.
Ma partiamo dal principio...
La sera del 31 dicembre 1934, a pochi attimi dallo scoccare del nuovo anno, Armando Rovani corse emozionato all'anagrafe, annunciando che sua moglie Margherita aveva appena partorito suo figlio: in altre parole, io.
Quando l'impiegato gli domandò quale nome avrebbe voluto affibbiarmi, lui rispose:-Alessandro, come il grande condottiero macedone...
In teoria, quindi, il mio nome effettivo sarebbe questo, ma per tutta la vita sono stato chiamato con l'abbreviativo di "Sandro", che comunque non mi dispiace...
Ci mancò poco che l'uomo scrivesse tutto ciò che aveva detto mio padre, che per fortuna lo fermò in tempo: meno male, altrimenti mi sarei dovuto chiamare Alessandrocomeilgrandecondottieromacedone Rovani...
Ora che ho parlato della mia nascita e dell'origine del mio nome, facciamo un piccolo salto in avanti nel tempo...
Correva l'anno 1938, e presto l'estate avrebbe lasciato spazio all'autunno, con i suoi venti freschi e sue foglie rosse.
La sera del 18 settembre, mi trovavo nella mia casa di Torino in compagnia dei miei genitori.
Stavo prendendo a calci (se si possono definire tali quelli di un bambino di quasi quattro anni) la palla dei Mondiali che si erano svolti in Francia quell'anno (un regalo di mio padre), quando mia madre accese la radio.
Una voce con un forte accento romagnolo sbraitava qualcosa sulla "difesa della razza italiana".
Io ero troppo piccolo per comprendere ciò che l'uomo alla radio stava dicendo, ma mia madre spalancò gli occhi e osservò mio padre con gli occhi lucidi:-Ma noi che cosa abbiamo fatto?-gli domandò
-A quanto pare-commentò mio padre-Nell'Italia odierna essere ebrei è una grave colpa: il Duce si è fatto prendere troppo la mano dal suo alleato...
Ebbene sì, i miei erano israeliti: oggi non sarebbe di certo un delitto, ma all'epoca di certo lo era...
Mia madre incrociò le braccia:-Io non voglio far crescere Sandro in un paese del genere!
-Che cosa dobbiamo fare, allora?-domandò papà 
-Espatriare, è ovvio-affermò mia mamma-La Francia è vicina, e non ha restrizioni per noi ebrei...
-In effetti, là c'è anche abbondanza di lavoro...-fece notare mio padre e, dopo un attimo di riflessione, decise-Va bene, possiamo emigrare a Parigi.
-Quanto tempo abbiamo?-domandó la mamma
-Almeno un mese e mezzo-disse papà-Ma, per sicurezza, sarebbe meglio partire entro la fine di settembre.
-Ok-accettò mia madre
Io non capivo tutti questi discorsi bizzarri da adulti, e non avevo idea che da lì a poco la mia vita sarebbe cambiata per sempre...

Il 29 settembre, dunque, di buon mattino, raggiungemmo in macchina l'Aeroporto di Torino-Aeritalia, per poi imbarcarci per l'Aeroporto di Parigi-Le Bourget, lo stesso in cui Charles Lindberg era atterrato alla fine della sua prima traversata atlantica.
Arrivati nella capitale francese, sotto un bel sole, il tassista portò noi e le nostre innumerevoli valigie al quartiere di Clignancourt, non lontano dalla famosa Basilica del Sacro Cuore e da Montmartre: là si trovava l'appartamento che mio padre aveva acquistato dopo una lunga trattativa con il precedente proprietario.
Faceva parte di un piccolo condominio, sito in una zona piena di verde e con diverse scuole nelle vicinanze, che più tardi avrebbero provveduto alla mia istruzione.
Salimmo al primo piano, dove era situata la nostra nuova dimora: era bella e spaziosa, con tutto ciò che occorreva per trascorrere una vita piacevole.
Stavamo per richiudere la porta, quando una voce maschile attirò l'attenzione dei miei genitori:-Hello!
Si trattava di un uomo dai capelli neri, con al suo fianco la moglie, che invece era bionda, ed era appena uscito dal portone di fronte al nostro
I miei, che masticavano un pochino inglese, cominciarono subito a fare conoscenza con quelli che dovevano sicuramente essere i nostri vicini.
Mentre i quattro parlavano, notai un bambino (che pareva più o meno della mia età), che era appena apparso sulla porta della casa dei due coniugi.
Era abbastanza simile a me, poiché era di corporatura media e con gli occhi azzurri: l'unica differenza erano i capelli, poiché i suoi erano biondi e ricci, mentre i miei erano castani e lisci.
Il piccolo si avvicinò a me, ed io, per iniziare a conoscerlo, gli dissi il mio nome:-Sandro
Lui sorrise amichevolmente, e poi mi disse il suo:-Ethan
Poi notò il mio pallone dei Mondiali, che si trovava sulla soglia della mia nuova casa, lo prese e mi chiese:-Do you want to play with me?
Non capivo la sua lingua, ma intuii quello che mi voleva dire, quindi annuii, ed io e lui cominciammo a lanciarci la palla a vicenda.
Giocammo così per un po', ma poi i nostri genitori terminarono i convenevoli e tornarono nelle rispettive case, invitando i figli a fare lo stesso: io ubbidii, ma non prima di aver salutato con la mano il mio nuovo amico, che replicò con lo stesso gesto.
Una volta richiusa la porta, mio padre mi disse cosa loro ed i genitori di Ethan si fossero detti: a quanto pare, si trattava di una coppia di ebrei inglesi, Winston e Diana, arrivati a Parigi una settimana prima di noi, poiché l'uomo aveva trovato lavoro alla fabbrica della Citroen, e ne aveva procurato uno anche a mio padre.
Scoprii inoltre che Ethan era nato circa un mese dopo di me: più precisamente, il 27 gennaio 1935.
Ero felice: la mia nuova vita francese era cominciata nel migliore dei modi...
   
 
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