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Autore: _Amaryllis    13/05/2016    2 recensioni
Quella fiamma che prima ardeva per te è divampata senza controllo per la rabbia. E sono andato incontro a un Dio che mi ha fatto sentire vivo anche senza di te: illusione o verità?
Tutto ciò che sono è per te soltanto.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ὅταν βλέπω σε, προσκυνῶ, καὶ τους λόγους.
τῆς παρθένου τὸν οἶκον ἀστρῷον βλέπων
εἰς οὐρανὸν γάρ ἐστι σοῦ τὰ πράγματα,
Ὑπατία σεμνή, τῶν λόγων εὐμορφία,
ἄχραντον ἄστρον τῆς σοφῆς παιδεύσεως.

 

Quando mi rivolgo a te e ai tuoi discorsi, mi inchino adorante,

vedendo la dimora strale della Vergine.

Verso il cielo, infatti, volgono le tue azioni,

Ipazia veneranda, bellezza delle parole,

incontaminato astro della sapiente cultura.

 

Pallada, Ant. Pal., IX, 4oo

 

Tutto ciò che sono è per te. La potenza di un tuo sguardo, la forza di una tua parola.
Mi sono sentito vivo, guardandoti alla luce della luna. Mi sono sentito a casa, sulle scale del Serapeion con te al mio fianco.
Mi sono sentito tradito, udendo il tuo “Idiota!” rivolto a me. E quella fiamma che prima ardeva per te è divampata senza controllo per la rabbia. E sono andato incontro a un Dio che mi ha fatto sentire vivo anche senza di te: illusione o verità?
Tutto ciò che sono è per te soltanto.
Te le ricordi, Ipazia, le giornate intere passate al Serapeion? Quanti rotoli le tue dita hanno toccato? Quante parole hai letto? E quanti pensieri i tuoi occhi celavano, o Ipazia, mentre i miei si perdevano nel contemplarti?
E non lo so se nella mia mente ho veramente osato a pensarti come fossi mia, non so neppure come ho permesso che certi pensieri, non leciti per uno schiavo come me, potessero prendere forma.
Non ho potuto non gioire del tuo sguardo sorpreso e felice per una mia intuizione. Me, e non un tuo studente, stavi guardando con ammirazione. E mi hai indicato le stelle, mi hai confessato i tuoi dubbi, hai ascoltato le mie goffe parole e a me, a me per primo, hai promesso che un giorno avresti risolto il mistero delle stelle erranti.
Tu, seguace della Verità.
Tu, donna e filosofa.
Tu, mia padrona.
Unica frase in cui mi sia lecito definirti mia.
E non importa se mi hai liberato. Ora capisco che non avrei mai potuto portarti rancore, affatto, per quel disprezzo che vidi nei tuoi occhi, mentre le tue mani mi liberavano di un peso materiale.
Quel giorno un nuovo peso, invisibile, eterno, sentii su di me. La ripugnanza che provavo verso me stesso. Ti avevo tradito e non mi sarei mai concesso il perdono.
E quando avrei potuto salvarti…
Cosa pensavo, io, povero pazzo? Ti avrei salvata, come? Saremmo fuggiti, dove?
 
Ti guardai negli occhi, aspettando un tuo cenno. Avrei voluto rassicurarti, abbracciarti. Chiederti scusa.
Ipazia.
Non so cosa provasti in quel momento - se paura, rassegnazione, rimpianto.
Il tuo cenno rese tutto così reale: proprio io dovevo toglierti la vita. E lo feci, pensando che così non avresti sofferto. E invece, mentre mi accasciavo al suolo insieme al tuo corpo ormai inerte, il destino non mi parve mai più ingiusto di allora: con te ero morto anch’io.
 
Con te sono morto anch’io.
Un morto non sente dolore.
Allora una lama che male potrà mai farmi? Sono già morto, con te sono morto anch’io.
La mia mano non esita un istante a impugnare questa lama, che porto con me dalla notte in cui hai avuto pietà per un misero, squallido schiavo.
E per un attimo mi sembra di vedere nel riflesso della lama i tuoi occhi - la lucidità mi abbandona o mi sei venuta incontro?
Sappi solo che ti ho amata, Ipazia.






Note:
Ho guardato recentemente il film Agora per l'università e l'ho amato: so che è romanzato, che di Ipazia si sa poco ma la storia di questa donna e filosofa mi ha fatto capire che l'uomo, a distanza di secoli e millenni, commette ancora gli stessi, identici errori. In questo mio tentativo di one-shot non mi sono, però, concentrata su questo discorso ma su una sensazione che ho avuto guardando Davo nelle ultime scene: non sono rimasta delusa dal film, anzi, però mi aspettavo che succedesse una cosa che non c'è stata, che avrebbe concluso la storia in maniera ancora più tragica. Allora ho provato a pensare a quest'idea e il risultato è questo: alla fine credo che il film si sia concluso nella maniera migliore, lasciando in sospeso qualcosa che non è necessario che venga detto. Mi va in ogni caso di condividere questa breve shot, magari non sono la sola ad aver avuto questa sensazione (e ad aver un animo tragico!).

P.s.: l'epigramma in apertura è tratto dall'Antologia Palatina: non c'è alcuna certezza che l'Ipazia citata sia la filosofa figlia di Teone ma mi piace pensare che sia così. :)
  
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