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Autore: Feliks The Phoenix    13/05/2016    1 recensioni
Quattro flah-fics unite dalla canzone "you are my sunshine" incentrate sulla LietPol e sul rapporto di Feliks e Toris lungo gli anni.
*(14 Agosto 1385)
*(14 Luglio 1410)
*(3 Maggio 1791)
*(24 Ottobre 1795)
Enjoy!
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Lituania/Toris Lorinaitis, Polonia/Feliks Łukasiewicz
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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You are my sunshine, my only sunshine
(14 Agosto 1385)
Fin dal primo momento, in un effimero secondo di incrocio di sguardi, sapeva che quei occhi dal taglio felino li avrebbe dimenticati difficilmente.
Il sorrisetto beffardo e colmo di spudoratezza accennavano la maliziosità che quel ragazzetto tutto gonne e vesti pregiate, avrebbe mai potuto contenere in quel corpicino a dir poco mingherlino, per uno del suo stesso sesso.
In un primo momento lui, umile lavoratore e cavaliere, nato fra le foglie di quercia e l’odore leggermente acre del pino bianco, si perse davanti a tutta la fastosità del regno della Regina Edvige, davanti a quel trono dorato e a quel mantello rosso di velluto che si posava leggiadramente sui braccioli, infine sugli scalini avorio, davanti a quel sorrisetto, ma venne subito illuminato dal verde di quegli occhi che lo scrutavano con una nota d’interesse non indifferente.
Rabbrividì.
Aveva visto il sole attraverso quei vetri smeraldini che mascheravano l’animo di bambino dell’interlocutore.

 
You make me happy when skies are grey
(15 Luglio 1410)
Le nuvole cineree avvolgono il cielo, colorandolo in tutte le sfumature che esse possiedono.
Odore di terra, sangue e Guerra impregna le armature scalfite e sfregiate dei caduti e in esse l’ultimo scintillio di vita si dissolve come cristalli di ghiaccio in una tempesta di neve.
I pochi ancora in piedi non sanno se urlare di gioia o disperazione.
I loro visi si contorcono in smorfie di dolore e frustrazione nel vedere quel campo ricolmo di morte e ricordi di una vita che ogni singolo cavaliere ha perso.
Ognuno è troppo concentrato a scavare dentro di sé, nel proprio abisso, per ritrovare un po’ di ciò che la battaglia ha rubato alle povere menti, in principio assetate di vittoria, ora di sconfitta interiore.
La vittoria del loro Paese era stata imminente, dopo l’attacco a sorpresa dell’esercito alleato, ma alla fine si sa che la guerra non ha né vincitori né vinti.
Polonia lo realizza subito dopo la vittoria.
Non importava chi aveva vinto, avevano comunque perso parte importante dell’esercito, di coloro che facevano parte del Paese, coloro che facevano parte di lui in quanto Nazione.
Se ne stava lì, a gambe incrociate e il volto minuto e sporco di terra coperto dalle ciocche biondo cenere.
Guardava i tagli che ardevano sulle mani, quasi soggiogato dalle gocce vermiglie che scendevano indisturbate lungo il braccio.
“Hey…ti ho portato delle bende”
Quel dolce suono dalle note basse, quasi intimorite, ma allo stesso tempo fiere, venne accolto dai suoi timpani, inebriando per qualche millisecondo le sue membra stanche e distrutte dalla battaglia.
Sorrise, voltando il capo verso il suo interlocutore.
“Ah, dzięki…”
Lo vide con quelle ciocche brune un po’ spettinate, gli occhi stanchi ma comunque orgogliosi della precedente mossa contro i Teutonici, e s’intenerì.
“Non sai che spavento mi hai fatto prendere, anche se era tutto programmato”
“Eh eh, tipo, non cambi mai…”
E quando il moro prese posto accanto a lui, d’improvviso le ferite e il dolore bruciarono di meno.
 
 
You never know, dear, how much I love you
(3 Maggio 1791)
Lingue di luce illuminano la grande sala ornata di velluto e oro, dove l’odore dell’inchiostro e il rumore del pennacchio che percorre fogli ingialliti, regnano sovrani.
Quando lo scricchiolare del foglio, sotto la tortura dello stilo in piuma d’oca, cessa del tutto, la voce solenne del Sovrano dell’ex Regno di Polonia, annuncia l’abolizione di entrambi gli stati per inaugurare la nascita di uno stato unitario.
Gli applausi e i fischi esplodono come fuochi d’artificio sul telo nero della notte e in mezzo a tutto quel caos, due mani si stringono l’un l’altra incrociando le dita fra di loro, ove due fedi dorate splendono di luce bianca.
Due sorrisi e un bacio rubato sotto l’ombra di chi faceva le veci di tale legge sono l’ultima cosa che qualche vassallo nota prima di veder sparire le suddette Nazioni.
Corrono, corrono via i due.
Scappano lontano da tutto e tutti.
Mano nella mano, con le guance rosse e il sorriso nei cuori.
Il moro non resiste, prende in braccio l’altro e lo incatena a sé con le proprie labbra.
Sussurri, baci e carezze sono ciò che si scambiano fino ad arrivare al talamo nuziale.
 
Please don't take my sunshine away…
(24 Ottobre 1795)
Fa freddo.
Il terreno arido è ricoperto di neve e il vento non dà tregua.
Fiocchi di ghiaccio scendono lenti dal cielo e si poggiano qua e là, trovando rifugio insieme agli altri.
Gli occhi colmi del Mar Baltico si soffermano su colui che ha portato la neve, colui che ha portato il gelo, colui che ha spezzato un legame come il ghiaccio sottile di un lago durante l’inverno.
Trema, geme, si dimena dalla stretta che questo attanaglia al suo braccio.
Avevano perso.
Dopo tanti anni di vittorie e alleanza, avevano perso.
Avevano finalmente trovato la pace, il sigillo dei loro sentimenti, calpestati dagli scarponi che i Russi indossavano come fossero la loro pelle.
Venivano per calpestare, e lo avevano fatto.
Avrebbe voluto credere che tutto quello che stava accadendo fosse solo un sogno, ma quando si era voltato per chiamare il nome del suddetto partner, non trovò altro che due occhi morti.
Il sole che brillava in essi si era spento, così come l’animo di bambino.
Due occhi e un amaro sorriso, dal quale le uniche parole che uscirono fuori furono qualcosa riguardo a quanto fosse divertente la sua espressione in questo momento.
Il moro piange davanti a quello sguardo, a quel sorriso, a quelle ali di fuoco che aveva visto la prima volta alla corte della Regina Edvige.
 
 
Lituania tende la mano verso l’ignoto, ma Polska è già sparito.
 
 
 
 
 
Angolo della Fenice:
No tranquilli non sto piangendo per la storia che ho scritto…come? Un’autrice che piange per le sue stesse storie? NAH.
*tira su col naso*
Ugh. Come non detto. Vi lascio alle recensioni!
 
-Feliks
   
 
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