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Autore: Kokky    10/04/2009    4 recensioni
[HanabiNeji]
«Neji, Neji, che bella pelle che hai oggi, più liscia del solito. Non dovresti essere ricoperto da cicatrici, da calli, da piccoli tagli? Non sei un ninja anche tu?».
«Hanabi, noi Hyuga non ci feriamo mai. Anche la tua è perfetta».
«Sì. Solo quella di Hinata è porcellana pura, porcellana», si lamentò lei, afferrandogli una spalla e baciandogli l’incavo del collo.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Altri, Neji Hyuuga
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cielo era terso, nessuna nuvola solcava il pallido azzurro che si stiracchiava sulla sua testa.

Neji chiudeva gli occhi bianchi, a quella vista. Ogni volta lo abbacinava troppo per poter continuare a guardare, e in confronto sentiva solo lo sporco conforto della propria carne. Della terra sotto i piedi.

Anche se quel cielo era mille, mille volte più bello di qualunque posto, e libero più di milioni di persone lì a terra.

 

And there’s a part of me that still believes
My soul will soar above the trees

 

 

Il tè era ormai freddo, condensato nelle sue foglie spezzettate che si raggruppavano sul fondo. La stanza aveva le mura di carta di riso, fragili, chiuse per non far entrare nessuno; i tatami disposti sul pavimento per dare un calore assente, superfluo; la luce spenta, per non vedere nulla di ciò che accadeva lì dentro.

Ma lì, lì cosa accadeva?

Hanabi avrebbe prontamente risposto, con la parlantina veloce e arguta, che lì lei viveva il suo amore – l’amore più bello del mondo, perché il cugino aveva la pelle liscia come avorio, e gli occhi bianchi dal taglio elegante; l’amore più brutto del mondo, nascosto da mura sottili; nascosto a tutti e forse perfino a chi diceva d’amare.

Neji avrebbe detto che lì non c’era nulla, nemmeno il bianco. Che quella era una carcere di materia, di cui lui stesso faceva parte.

Giustamente, nessuno avrebbe mai posto quella domanda, perché nessuno sapeva e, se sapeva, taceva sapientemente.

Perché gli Hyuga erano silenzio, silenzio sulla pelle.

 

«Neji, Neji, che bella pelle che hai oggi, più liscia del solito. Non dovresti essere ricoperto da cicatrici, da calli, da piccoli tagli? Non sei un ninja anche tu?».

«Hanabi, noi Hyuga non ci feriamo mai. Anche la tua è perfetta».

«Sì. Solo quella di Hinata è porcellana pura, porcellana», si lamentò lei, afferrandogli una spalla e baciandogli l’incavo del collo.

«Se lo dici tu, Hanabi», rispose pazientemente Neji, carezzandole distrattamente i capelli scuri.

Lei sghignazzò divertita. Come se fosse cieca. «Neji, ma se sei tu il primo a guardare Hinata. Non puoi fingere con me».

Neji rimase in silenzio, continuando meccanicamente a carezzarla.

«Non importa, perché tu sei mio. La mia carne e il mio sangue e la mia terra».

Ed era giusto così. Era giusto in questo modo.

Neji conosceva il grande spirito di Hinata-sama, quell’uccello dalle ali ferite e i colori del cielo, fragile eppure indistruttibile. Qualcosa di irraggiungibile, si ripeteva. Qualcosa che lui non avrebbe mai dovuto raggiungere, ancorato per sempre alla terra – che era Hanabi, che erano gli Hyuga.

 

«Neji, ogni giorno guardo Hinata e mi sembra più appassita», borbottava Hanabi poi.

«Neji, non basteresti mai per guarirla da questa ferita. Mai mai mai. Tu sei mio, degli Hyuga. Lei è al di fuori e lo sai pure tu, perciò smettila di guardarla. Punto lo sguardo su di me, su di me che puoi toccare».

«Neji, Neji, lo vedi come soffre? E’ che quell’Uzumaki non l’ha mai amata, è ovvio, si sono parlati sempre poco e lui ha solo sentito un leggero affetto per lei. Sai, quella cosa che provi per il tuo cagnolino… soffic –».

Neji si alzava ogni volta, faceva due passi mentre lei taceva, poi le copriva la bocca con la propria.

Il suo cuore diceva: zitta, zitta, zitta.

Il suo corpo diceva: possesso silenzioso.

 

 

Neji, abbacinato da quel cielo terso, si chiedeva perché non riusciva a smettere di fissarlo. Amore forse? O era la semplice bellezza ad attirarlo? O la libertà che agognava e che con il cielo avrebbe raggiunto?

Non lo sapeva. Probabilmente erano tutte e tre.

 

«Hinata oggi è caduta… come una scema», rideva Hanabi.

Non smetteva di parlare di lei, non smetteva di girare il coltello nella piaga. Con crudeltà.

«Tu vuoi che io sia tuo, giusto? E allora finiscila di parlare di lei… finiscila!», urlò Neji, nella stanza dai muri di riso e i tatami freddi.

Hanabi lo fissò interdetta. «Ma che importa? Non fuggirai mai da me, mio caro cugino. Nii-san, non ce la farai mai a scappare».

Neji la squadrò con gli occhi serrati, la bocca piegata in una smorfia di sofferenza.

«Non vuoi rovinare il sottile rapporto di fiducia che hai con Hinata, non vuoi smettere di vedermi e pensare a lei mentre facciamo sesso, perciò zitto. Accetta la mia tortura, e io accetterò la mia».

Neji vedeva i loro cuori piangere sangue. «Giusto… giusto, Hanabi».

Lei ghignò soddisfatta, allargando le braccia. Lui si piegò su di lei e l’afferrò, mordendole il collo e scendendo sul seno.

 

Hinata, Hinata sentiva le urla di Hanabi e la invidiava.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N/A:

Sfida personale: scrivere nuovamente su Naruto.

L’ho scritta in 20 minuti precisi, sotto indicazione di Kaho_chan (Leti J). Mi ha chiesto una HanabiNeji e io l’ho accontentata. Sono felice perché è da un sacco che non scrivevo su Naruto, e questa shot invece mi è venuta così naturale!

Sarà che gli Hyuga ormai li “conosco” da tempo.

Cmq, ringrazio Leti anche per la lettura prima della pubblicazione, per avermi dato un pairing e un tempo in cui lavorare. Se mi fisso un tempo di solito riesco a scrivere ^^

Il titolo è un pezzo di To lose my life – White Lies ♪.

 

E basta: recensite numerosi, ci tengo tanto.

   
 
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