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Autore: Stormtroopers in stilettos    10/04/2009    8 recensioni
E' sempre assai rischioso lasciar parlare Sirius a ruota libera, perso nei suoi gai ricordi di gioventù, soprattutto se sta cercando di sfuggire all'opprimente noia di Grimmauld Place
Genere: Generale, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: Sciocchezzuola scritta da RobyLupin e Ladyhawke per il compleanno di Rowena, caduto il 4 aprile. Tranquilli, a lei l'abbiamo dato puntuale. Ti vogliamo bene polla!

Leprotto Bisestile: Comincia dal principio!
Cappellaio Matto: Sì! E quando arrivi alla fine, fermati!

Sirius ciondolava pigramente in cucina. Prese un bicchiere dall’armadietto, se lo rigirò tra le mani e quindi sbuffò, irritato: si annoiava. Molto. E se c’era una cosa che Sirius Black detestava, quella era la noia.
Si sedette al tavolo, poggiandovi poco delicatamente il bicchiere. Lo riempì di Whiskey Incendiario, quindi lo prese in mano, e iniziò a far girare il liquido con un movimento del polso. Diavolo, nemmeno le lezioni di Divinazione a scuola erano tediose come una serata solitaria a Grimmauld Place. Storse il naso, sentendo il lieve rumore di uno starnuto provenire dal soggiorno: oh beh, proprio solo non era. Non tecnicamente, almeno. Ma chiamare un Remus Lupin raffreddato e irritabile per l’avvicinarsi della luna piena una piacevole compagnia era decisamente inverosimile. Per questo Sirius aveva deciso di lasciarlo leggere in pace in soggiorno, cercando qualcosa di interessante da fare da solo.
Aveva dato da mangiare a Fierobecco, sperando di poter occupare buona parte del suo tempo libero, ma l’operazione si era invece rivelata particolarmente rapida, e ora l’Ippogrifo se la dormiva della grossa con la pancia piena di topi. Sirius sbuffò di nuovo: diavolo, non esistevano più gli animali dall’appetito insaziabile di una volta!
E ora se ne stava lì, senza avere nulla da fare. Osservò il liquido ambrato ancora per qualche secondo, poi sospirò e lo bevve d’un fiato. Fece una smorfia, quindi osservò il fondo del bicchiere. A proposito di Divinazione, fissando il goccio di Whiskey rimasto sul fondo non poté fare a meno di pensare ad un certo aneddoto risalente al suo quinto anno. Ridacchiò, rivedendo la professoressa Hernst, il suo naso inquietantemente più lungo di quello di Mocciosus e i suoi occhiali dalla montatura ottocentesca. Secolo, per inciso, in cui doveva essere nata quella stupida megera.
Posò di nuovo il bicchiere ormai vuoto sul tavolo, un ghigno in volto. Si stiracchiò, quindi balzò in piedi; al diavolo l’irritabilità di Remus: necessitava di parlare con qualcuno dei vecchi tempi, e se il Licantropo era l’unico essere umano in circolazione in casa quella sera, allora sarebbe toccato a lui l’onore e onere di sopportarlo e alleviare la sua noia.
Stava giusto per posare la mano sulla maniglia, quando quella si abbassò da sola. Un attimo dopo, Tonks entrò dalla porta, la testa voltata verso il salotto.
- Ciao, Sirius, - esordì - Come mai Remus è nell’altra stanza a borbottare irritato contro ignoti? Sirius si scostò per lasciar entrare la cugina, osservandola afferrare una bottiglia di Burrobirra dalla dispensa e aprirla con la bacchetta. Ghignò istintivamente mentre delineava nella sua mente il piano che avrebbe salvato la sua serata.
Si risedette accanto alla ragazza, sfoderando il più ordinario dei suoi sorrisi.
- La luna piena è domani, - le ricordò -E ha il raffreddore, cosa che lo rende sempre irritabile.
- Oh. E non può bere una pozione, per quello?
- Secondo Piton potrebbe annullare gli effetti dell’Antilupo. Io gli ho detto che secondo me è una frottola inventata su due piedi da Mocciosus, ma lui preferisce non correre rischi.
- Oh. - Ripeté Tonks, guardando verso l’uscita. Sirius avrebbe scommesso metà dei suoi averi che, entro due minuti, se non le avesse dato un motivo sufficiente per rimanere lei se la sarebbe svignata nell’altra stanza. Ah, queste donne innamorate!
- Sai, era così anche ad Hogwarts, - iniziò a raccontare. Con la coda dell’occhio, vide Tonks voltarsi di nuovo verso di lui e sorrise interiormente, soddisfatto. - Mai che si fidasse dei consigli degli amici.
Anche Tonks ghignò.
- Chissà perché, con dei consiglieri affidabili come voi.
Sirius fece una smorfia indignata.
- La tua mancanza di fiducia mi offende.
Lei ridacchiò.
- Immagino, - ridacchiò, accavallando le gambe e guardandolo ironica - Comunque, Sirius, ora o ti inventi una storia interessante per farmi restare qui con te e salvarti dalla noia che, ne sono certa, ti sta uccidendo, - ghignò - O me ne vado a vedere come sta Remus che, per quanto irritato, sarà sicuramente una compagnia più piacevole di te annoiato.
Sirius la guardò con espressione da cucciolo abbandonato.
- Abbandoneresti quindi il tuo cuginetto preferito per correre dal suo amico?
- Sì.
- Gentile…
- Grazie, lo so, - alzò la bottiglia verso di lui, indirizzandogli un brindisi ironico - Ho imparato dal migliore, dopotutto.
- Oh, sono certo che anche Andromeda e Ted hanno i loro meriti.
Tonks rise.
- Allora? Ti è venuto in mente nulla per indurmi a rimanere? O posso trasferirmi altrove?
Sirius si allungò sulla sedia.
- Suggerimenti?
Lei fissò il soffitto, sovrappensiero.
- Mmmh… Parlando di Hogwarts… Un aneddoto scolastico?
Sirius ghignò, guardandola.
- Sai, è buffo che tu me ne chieda uno. Ci stavo giusto pensando prima che arrivassi.
- Davvero?
Sirius sorrise soddisfatto, vedendola sporgersi istintivamente verso di lui: aveva attirato la sua attenzione.
- Uh-uh. Parla di un’interessante lezione di Divinazione del nostro quinti anno. Remus rischiò l’infarto quella volta! - ridacchiò, e cantò vittoria vedendo Tonks che si metteva comoda e sorreggeva la testa con una mano, palesemente interessata: il pesce aveva abboccato.
Dicendo addio alla noia, Sirius richiamò a sé con la magia dell’altro Whiskey e se ne versò una dosa generosa. E, solo allora, iniziò a raccontare.

- A me non piace Divinazione, proprio non capisco perché l’abbiamo scelta. – mugugnò Peter, mentre si arrampicava su per le scale – Ci vuole un sacco di tempo per raggiungere l’aula, che è un sottotetto muffoso e ci si arriva passando da una botola, mi fa schifo.
- Che lagna sei, Codaliscia! – sbottò James. – Pensa alla Stamberga Strillante: quella è pure pericolante e non te ne sei mai lamentato. Che vuoi che sia starsene ai piani alti per un po’…
- Ma non sono umano, di solito. – replicò l’interessato.
- Silenzio, per favore. – bisbigliò Remus, preoccupato – Ad ogni modo possiamo mollarla dopo i G.U.F.O.; io stavo pensando di non proseguire, ad esempio. È mortalmente noiosa e non si impara mai niente di interessante.
- Uh uh, super genietto decide di mollare una materia: voglio proprio godermelo quel giorno, oh sì. – replicò Sirius sghignazzando, mentre si arrampicava attraverso la botola. L’aula di Divinazione era, come sempre, vagamente angosciante. Al posto dei banchi tavolini ricoperti da tovaglie di velluto di un funereo color viola, armadi aperti intasati di oggetti che probabilmente si sarebbero potuti trovare in vendita da Magie Sinister e la professoressa Hernst che li aspettava. Era una donna secca e anzianissima, tanto che, in controluce, non pareva molto diversa dai mucchi di polvere che si rinvenivano nei corridoi, prima che gli elfi li facessero sparire con la magia durante le pulizie. L’aria arcigna e i due occhi stretti come due fessure non aiutavano a creare un quadro molto simpatico della strega, che infatti…
- Il fantastico quartetto è in ritardo. Vuole far perdere subito dieci punti a Grifondoro? A quel tavolo, forza. – fu il cordialissimo saluto.
- Vecchio avvoltoio del malaugurio, che vada a… - Sirius, suo malgrado, non riuscì mai a finire la frase, spintonato al suo posto da Remus.
- E Lily non mi ha nemmeno salutato. – sbuffò James, passandosi una mano fra i capelli con aria drammatica. – Tutta presa a scambiare due parole con Mocciosus.
Eh già, siccome le sfortune non venivano mai da sole, l’orario prevedeva Divinazione con Serpeverde. Silente doveva essere un sadico all’idea di mettere in uno spazio angusto e soffocante due case che si odiavano a morte così tanto.
- Bene, oggi ci occuperemo della lettura delle foglie di tè, ancora… - esalò la professoressa con aria teatrale, mentre avanzata con aria imperiosa verso una grossa teiera. Possibile che quei debosciati dei suoi studenti non capissero la semplicissima tecnica di lettura? Roba da pazzi…
Con un colpo di bacchetta fece bollire l’acqua e si apprestò a fare in modo che ogni suo studente si mettesse velocemente all’opera. – Patton, distribuisci l’acqua calda, Engle, prendi le foglie di tè dall’armadio…
- Io non voglio farmi servire il tè da un Serpeverde, potrei venire infettato. – sibilò James con aria divertita. – Sirius, sarai tu a bere il mio intruglio. Me lo devi in quanto migliore amico, vero?
- Sì, e tu berrai il mio, servito comunque dalla stessa persona, che vuoi farci? – ridacchiò, mentre allungava la gamba tentando, invano, di far inciampare il buon vecchio Patton. Dopo che l’adorabile Grifondoro Engle finì di distribuire le foglie di tè, rischiando una crisi di panico mentre attraversava le linee nemiche, tutti si misero ad immergerle nella tazza piena e ad aspettare che l’acqua diventasse del caratteristico marrone foglie morte e che si sprigionasse l’altrettanto conosciuto aroma di stantio.
- Guarda, Mocciosus ha preso colore… verde, ma è pur sempre un colore. – ridacchiò James.
- Beh Ramoso, questa roba dà alla testa, non riesco a dargli torto. – fece eco Remus, soffiando sulla tazza, sperando che il liquido si raffreddasse un poco.
- Non spingere il vapore mefitico verso di me, ti prego. – piagnucolò Peter, piano.
- Prima della fine della lezione vorrei che svuotaste le vostre tazze: ricordate che dovete far leggere la tazza al vostro compagno, o si perderà il senso dell’esercizio. – ammonì la Hernst.
- E se lo vuotassimo nel vaso di quella pianta lì? – chiese Minus.
- Ha già sopportato una dozzina di dosi, non vorrei che morisse. – fece Ramoso, comprensivo, prima di bere il tè tutto d’un fiato. – Non credo ci sia un aggettivo per definire il sapore di questa roba.
- Ce ne sono tanti, in realtà: fa schifo, è imbevibile, fa vomitare, è orrendo… - snocciolò Black con un sorriso che fece sospirare le ragazze del tavolo alla loro destra. – Se dicessi ai miei della pessima qualità di tè che servono qui potrebbero fare un po’ di rumore, sono quasi tentato…
- No dai, non fare il figlio di papà. Non ti viene bene. – scherzò Lunastorta. Poi, non senza ridacchiare, i quattro cercarono di dare un’interpretazione ai loro fondi di tè.
- E se, per caso, dicessi che questa orrenda macchia puzzolente è una macchia puzzolente?
- Felpato, se fossi così semplice perché dovremmo usare un libro di quattrocentoventisette pagine? – chiese Lupin.
- Le hai contate tutte da solo? Che bravo!- esultò James, sistemandosi gli occhiali. – La mia macchia sembra un cactus pendente, che significa? – si domandò, cominciando a sfogliare la pagine con curiosità.
- Ehi, hai sentito la vecchia, tocca a me leggere la tua. – Sirius strappò di mano la tazza dell’amico, e cominciò a controllare. – Non saranno mica guai amorosi, no? – ridacchiò.
- Non fare il deficiente…
- Carta canta, Ramoso mio bello: Cactus uguale picche, lo dice pagina centonovantasei.
- Infausto destino…
- Non sai nemmeno che cosa stai dicendo, lascia perdere, James. – sussurrò Remus, mentre decifrava la tazza di Peter: un ombrello, indice di maltempo in arrivo. Il giovane Lupin sbuffò sentendosi vagamente preso in giro. Che c’entrava il maltempo con Peter? E perché usare un simbolo così originale?
- Signor Minus, la osservo da dieci minuti, e da dieci minuti lei scorre queste pagine continuando a brancolare nel buio. – commentò acida la professoressa Hernst, raggiungendo il tavolo dei malandrini. Un gruppetto di Serpeverde ghignò soddisfatto e Sirius si girò per fulminarli con lo sguardo.
- Non è… proprio facilissimo interpretare… - tentò di giustificarsi il ragazzo.
- Proverò io, su avanti, mi dia la tazza. – la Hernst allungò la mano ossuta e grigia e afferrò l’oggetto della discordia. Peter fu a contatto con la vecchiaccia per un solo attimo, ma ciò lo traumatizzò: le mani della strega erano fredde come quelle di un morto.
- Signor Minus, la lettura forse non era poi così chiara, ha ragione, ma con un po’ d’occhio si capisce che questo è sicuramente un lupo. – dichiarò la donna, convinta. In quel preciso istante James, Peter e Sirius deglutirono simultaneamente, e con una certa angoscia. Remus piantò gli occhi sul suo libro e non si mosse.
- Curioso signor Lupin, tutto da lei mi sarei aspettata tranne che un lupo. – disse la strega con voce incolore. – Vada a pagina duecentotre, signor Minus, e legga ad alta voce.
Facendosi piccolo piccolo, Peter eseguì, evitando deliberatamente lo sguardo dei compagni, e sentendosi accerchiato. Si schiarì la voce, e lesse: - Lupo: raramente presente nei fondi delle tazze, è indice di una personalità disturbata e aggressiva, anche se insospettabile.
- In parole povere, signor Lupin, l’opposto di quello che lei sembra. Ci nasconde un segreto, forse? – domandò la strega.
Remus non batté ciglio, riuscendo non si sa come ad assumere l’aria di chi è appena caduto dal pero. James lo vide stringere a pugno la mano seminascosta dalla tovaglia.
- Felpato, questa mette il suo oblungo naso nei fatti di Lunastorta, che si fa? – bisbigliò al fraterno amico.
- La mandiamo a stendere. – sussurrò Sirius, movendo rapidamente la bacchetta. Di colpo, la tazza scivolò via dalle mani della professoressa, finendo a terra. – Il lupo è scomparso, prof. – disse poi ad alta voce.
James e Peter ridacchiarono sommessamente, mentre Remus riacquistava la capacità di respirare.
- Oh, professoressa Hernst, – esalò James Potter con aria estremamente compita, - le si è schizzata tutta la veste di tè! – esclamò inorridito. – Lasci che la aiuti! – trasfigurò la propria tazza in una saponetta e lanciò un Gratta e Netta in direzione della donna; vani furono i tentativi di protesta e gli sforzi di interrompere l’incantesimo: la Hernst fu avvolta da una montagna di schiuma, e la sua bacchetta era stata lasciata sulla sua cattedra. Parecchi ragazzi iniziarono a ridere, mentre la professoressa cercava di non annegare nella graziosa schiuma celeste evocata da James. Arrancò fino alla sua bacchetta e fermò il divertimento della classe con un Finite Incantatem ben piazzato.
- Grazie del pensiero, signor Potter. – commentò sarcastica, mentre cercava di asciugarsi con la bacchetta. La classe cercava, intanto, di riprendere un certo contegno: Peter ormai piangeva dal ridere, e Remus era rosso per lo sforzo di non scoppiare a sghignazzare in faccia alla strega. Poi i malandrini sentirono Peter bisbigliare qualcosa si incomprensibile, e la veste violacea della professoressa Hernst divenne improvvisamente giallo canarino.
- Merlino, io volevo diventasse color cacca d’oca! – sbottò Codaliscia, deluso.
- Tranquillo, Coda, è orrenda anche così. – lo rassicurò Sirius, non prima di esclamare – Tarantula!
D’improvviso la professoressa cominciò a muoversi in maniera inconsulta e decisamente scattosa; vari strati della polvere che la ricoprivano cominciarono a danzare nell’aria.
- Che le è preso? – chiese Peter.
- Ho idea che Sirius le abbia fatto comparire una vera tarantola nella veste! – esultò James, contento. La professoressa di Divinazione intanto continuava a contorcersi e a emettere strilli sincopati e senza senso; Remus cercava di rendersi invisibile, perché sapeva di essere la causa inconsapevole di quel caos. Sbiancò nuovamente quando vide l’anziana donna vacillare in sua direzione, il suo equilibrio era così precario che…

- Ahia! - Sirius si massaggiò la testa nel punto offeso, mentre un libro piuttosto consistente gli cadeva di fianco. Lo guardò rabbioso, quindi si voltò verso il legittimo proprietario. - Dannazione, Lunastorta! Mi hai fatto male!
Remus, appoggiato contro lo stipite della porta, alzò un sopracciglio.
- Cercherò di sopravvivere con questo opprimente senso di colpa, Sirius.
- Lupo mal riuscito, - borbottò Black, guardandolo malevolo - Aggredire un amico alle spalle con corpi contundenti e volanti. È un colpo basso! Mi chiedo perché tu non sia finito a Serpeverde, ai tempi!
Remus si diede una leggera spinta e si diresse verso di loro.
- Non sei l’unico che me l’ha chiesto, sai?
- Quello stupido Cappello doveva essersi sbronzato, te lo dico io. - Concluse Sirius, senza smettere di massaggiarsi la nuca. Tonks ridacchiò.
- Bel colpo, comunque, - si complimentò. Remus chinò leggermente il capo.
Tonks ridacchiò di nuovo, quindi si voltò verso Sirius. - Continui?
Sirius ghignò, pregustandosi la rivincita, ma Remus lo interruppe.
- Se non vuoi che punti ancora più in basso, Felpato caro, ti consiglio di non continuare. - Disse con voce pacata, prendendo una Burrobirra. Tonks lo guardò storto e precedette Sirius, già pronto a ribattere.
- Come sarebbe? Io voglio sapere come finisce!
Remus la guardò con la coda dell’occhio.
- Credimi, non è particolarmente esaltante come finale.
- Soprattutto dato che la parte imbarazzante riguarda te, vero, Lunastorta? - lo sfotté Sirius. Remus lo guardò male, ma non rispose.
- Allora qualcosa di imbarazzante c’è! - esclamò Tonks, sporgendosi di più verso il cugino. - Finisci, Sirius.
- No. - Lo bloccò Remus prima che potesse parlare.
Tonks gonfiò le guance, guardandolo indispettita. Si voltò di nuovo verso il cugino, assottigliando gli occhi.
- Parla!
Sirius lanciò occhiatine incerte prima all’una e poi all’altro.
- Ti consiglio, Felpato, di evitare di aggiungere altro se non vuoi che inizi a fare la lista di tutte le situazioni imbarazzanti che ti hanno visto protagonista a scuola.
- Non oseresti! - sbottò, indignato: questo non era colpire basso. Era dare direttamente un calcio dove non batteva il sole!
- Vogliamo scommettere? - lo provocò. Si fece pensieroso, - Vogliamo parlare di quando ci hai quasi provato con una dodicenne in Biblioteca, al settimo anno? Come si chiamava? Ah sì, Constance, se non erro, sorella minore della tua successiva fiamma.
Sirius s’irrigidì e arrossì vistosamente. Tonks lo guardò, stupita.
- Dice sul serio? Volevi abbordare una dodicenne?! Sirius!
- Non sapevo che lo fosse! Sembrava più grande! - cercò di difendersi. Lanciò un’occhiataccia a Remus, che ghignò spudoratamente prima di continuare.
- Poi c’è stata quella volta in cui…
La mano di Sirius gli serrò prepotentemente la bocca, impedendogli di concludere la frase.
- D’accordo. Basta. Ho capito, dannatissimo lupastro. Sto zitto. - Si lasciò cadere di peso contro lo schienale della sedia e incrociò e braccia, imbronciato. Remus sorrise soddisfatto, sicuro che la questione fosse chiusa.
E sbagliando.
-Come ti permetti? - sbottò Tonks. Si alzò in piedi, avvicinandosi pericolosamente a Remus; lui fece qualche passo indietro, stupito.
- Come? - il suo tono era educatamente perplesso. Tonks si accigliò.
- Ho passato l’ultima mezz’ora ad ascoltare Sirius, e interrompi la storia proprio alla fine? Non è giusto!
Sirius osservò Remus guardarsi intorno palesemente spaesato. Si accomodò meglio sulla sedia, pregustandosi quell’inaspettata vendetta trasversale.
Era curioso di vedere come l’amico se ne sarebbe uscito, stavolta. Se lo conosceva bene – e così era – non avrebbe permesso che Tonks la spuntasse, stavolta. Non voleva certamente che sua cugina sentisse di come la professoressa, dopo essergli caduta rovinosamente addosso, si fosse agitata talmente tanto da aggrovigliarsi a lui in modo decisamente equivoco, scatenando l’ilarità generale. Né, sicuramente, di come Silente avesse scelto proprio quel momento per entrare in aula, a quanto pareva per cercare di porre rimedio ai problemi che la donna aveva con il loro quartetto, bloccandosi quindi sulla porta ed esclamando divertito: - Beh, Mrs. Hernst, ora che è riuscita a legare col Signor Lupin, suppongo che non abbia più bisogno di me per calmare i suoi tre amici. Sono certa che saprà tenerli calmi lui stesso. - Non gli avevano dato tregua per mesi con quella storia. Decisamente non avrebbe mai permesso che Tonks venisse a conoscenza di dettagli così imbarazzanti della sua vita, seppur da studente.
- No. - Esclamò, con tono definitivo.
Appunto. Sirius ghignò, sadico: era una fortuna per la sua lotta contro la noia che Remus sottovalutasse sua cugina in questo modo. Avrebbe dovuto sapere, ormai, che i geni Black che aveva in corpo non le avrebbero mai permesso di mollare tanto facilmente.
La vide posarsi le mani sui fianchi, battagliera.
- Remus Lupin, non crederai che basti un tuo ‘no’ per farmi capitolare, spero.
- … Voglio come minimo un invito a cena! - Sirius ridacchiò: in fondo, non doveva essersi scostato così tanto dalla realtà.
Lei assottigliò gli occhi e gli puntò un dito contro il petto, facendolo indietreggiare istintivamente - Voglio sapere come finisce la storia.
Remus aggrottò la fronte, raddrizzando la schiena.
- Scordatelo.
- … Non ho intenzione di farmi mettere in ridicolo di fronte a te. In compenso, sarei felice di offrirti una cena a lume di candela uno di questi giorni.
- Come sarebbe a dire?! Lupastro mal riuscito!
- Domani sera, alle otto, puntuale. - Completò mentalmente Sirius per lei.
- Colpo basso, Ninfadora. Da te non me l’aspettavo.
- Sarò un orologio svizzero, cara. Tu ricordati di chiudere tutte le finestre, d’accordo? Tonks lo fissò con astio.
- Non osare ripetere quel nome!
- Lo faccio sempre, che credi?
- Altrimenti che mi fai, Ninfadora?
- Certo, come no!
- Ti affatturo, testa di legno!
- Ah, ah, ah. Divertente. Una battuta più originale non l’avevi, vero?
- Ah sì? Allora…
Sirius mosse rapido la bacchetta, appellando a sé schifezze generiche che gli sarebbero servite per godersi meglio lo spettacolo. Doveva ammettere che quei due erano divertenti, quando ci si mettevano. Pensò con una punta di nostalgia a quando, finalmente, avrebbero deposto le armi e si sarebbero accorti di quel che provavano; gli sarebbero mancati i loro teatrini. E avrebbe anche dovuto smettere di fare la traduzione di quel che dicevano con la mente. Peccato. Oh beh, non che ci fosse poi tanta fretta: se li conosceva, avrebbero continuato così ancora a lungo.
Prese una manciata di patatine e se la ficcò in bocca, tornando a prestare attenzione al suo divertimento della sera. Senza nemmeno accorgersene, gli tornò in mente la frase che era solito dire James dopo l’ennesimo tentativo d’approccio fallito con Lily: la comunicazione perfetta esiste. Ed è un litigio.
Considerando come quei due riuscivano ad intrattenerlo, poteva dire che fossero decisamente sulla buona strada.
  
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