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Autore: JeanGenie    16/05/2016    1 recensioni
"Da tempo non esiste più nulla che non siano erba e macerie sotto i piedi, aria densa di particelle metalliche e fuliggine contro le ali, e lui. Lui che dorme e che è il suo Messia. Lui che l'ha riportata alla vita, strappandole di dosso il suo sudario di illusioni. Lui, la cui parola è Verbo e che lei seguirà fino alla tomba."
Dedicata a Korime, creatrice di Chou
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: Chou non è mia. Questa one shot è un regalo per Korime. Se volete saperne più sul demone-farfalla cercate le sue storie. Lei conosce tutto quello che c'è da conoscere ed è disposta a raccontarvelo.

La canzone che accompagna il racconto è “Butterfly Dance” dei Diary of Dreams

 

Farfalla

 

 

 

 

Is this your true world definition?

You cannot help, where help is not wanted!

You cannot escape from your reality

Give me more of your salvation

 

 

Dalla punta delle dita alla spalla. La mantide religiosa, grandi occhi neri e sporgenti nei quali si riflette il suo viso deformato, la fissa minacciosa. Mutata, deforme, bluastra. Spaventosa.

Il vantaggio è ancora suo. Se fosse davvero una farfalla sarebbe semplicemente spacciata. Ma lei ha il corpo di una donna di un metro e sessanta circa e l'insetto deforme esita.

Forse attaccherà. È nella sua natura, nei suoi geni. Non è un demone. È solo qualcosa che è andato avanti con quel mondo impazzito, una memoria di purezza genetica passata e scomparsa insieme alla civiltà.

Un passo sulle zampe arcuate e poi la creatura scopre una fila di denti sottili come aghi, qualcosa che gli insetti non dovrebbero avere.

Allora lei capisce che il tempo di pensare è passato. Che quella cosa probabilmente non potrà mai ucciderla ma un suo morso o il colpo di una chela possono farle davvero male. Allora attacca prima di doversi difendere. Bava collosa, dritta negli occhi del mostro. Un lancio preciso. Con gli anni ha imparato a non sbagliare. L'insetto grida, un'altra delle cose che non dovrebbe poter fare.

Lei non si ferma ad ascoltare la sua furia dolorosa.

Lo ha perso. Tra il fogliame, tra gli alberi contorti, tra gli occhi delle bestie che la scrutano bramosi, lo ha perso.

Il signore che domina quel mondo, il suo mondo, dopo averlo plasmato a misura della sua personale guerra. Nonostante tutto. Lo ha perso. Fisicamente e mentalmente.

Quando Akira si smarrisce lei non riesce mai a raggiungerlo.

Questa volta non c'è differenza.

 

Hello? ... Are you listening to me?

Hello? ... Why don't you speak a word to me?

 

Non toccare. Pericolo di morte. Un teschio e due tibie incrociate. Nero su giallo. Una rete arrugginita, o quel che ne resta. Binari, morti, che dormono da anni. Erba gialla che li ricopre. Muschio grigio, viscido, malato, sui piloni. E quel verde possessivo, dominante, che, foglia dopo foglia, si riappropria del mondo. Infetto. Malvagio. Come tutto ciò che resta. Il nuovo mondo nasce su un tappeto di cadaveri. Altri ancora ne seguiranno prima che la guerra con l'Angelo Caduto sia conclusa.

Non importa. Perché lui dorme. Occhi chiusi, labbra contratte. Le spalle appoggiate al cemento armato del pilone, proprio sotto il cartello che una volta indicava il nome della stazione, ma che ora e solo metallo fragile e rossastro e qualche rimasuglio di vecchia vernice.

Lui dorme, e lei non osa svegliarlo.

 

 

I tried to see you in my future

I tried to find you in my past

 

Let me feel your recognition

I can taste the way you look

I guess it was the right decision!

My thoughts are my bible, that's by what I live

 

Eppure quel tramonto fa paura. Il sole sembra esplodere all'orizzonte e le ferisce gli occhi. Brucia sulla pelle del viso e porta l'odore acre delle pire funebri. A ovest si sta combattendo. Lei non ricorda più l'ultimo giorno di pace. Deve essere stato quando era ancora umana. Ma tutto si fa sfumato e privo di contorni, come appartenente a un racconto narrato da qualcun altro. Aveva un nome, ma l'ha perso il giorno in cui lui l'ha salvata e adesso è svanito anche quello. Da tempo non esiste più nulla che non siano erba e macerie sotto i piedi, aria densa di particelle metalliche e fuliggine contro le ali, e lui. Lui che dorme e che è il suo Messia. Lui che l'ha riportata alla vita, strappandole di dosso il suo sudario di illusioni. Lui, la cui parola è Verbo e che lei seguirà fino alla tomba.

Si volta a guardarlo, la pelle bruna bagnata dai raggi vermigli, un canino aguzzo che si intravede tra le labbra, le braccia conserte contro il petto. Vorrebbe sapere quali siano i sogni dell'Uomo Diavolo. Se anche lui abbia ormai perso la memoria di ciò che era, di ciò che provava, di ciò che ha amato, per vivere in quell'eterno e crudele presente.

Non ha mai osato chiederglielo. Eppure... forse anche lui ha iniziato vivere il momento. E nel momento c'è lei. Vorrebbe che lui la guardasse davvero, per una volta. Che l'orizzonte svanisse, oltre il suo volto, e il suo volte fosse tutto ciò che riempie i suoi occhi. Oh, non sarebbe forse bellissimo?

 

You live your life between these worlds

Color twists around your body

You and I got lost in rainbows

Our dreams were never made to last

 

A volte la sogna ancora. La paura che ha provato quel giorno. Paura dei camici bianchi, paura del dolore, paura di lui, dei suoi denti, dei suoi artigli delle sue ali.

Quanto è durato. Non sa dirlo. Quel ricordo si è smarrito. Solo la sensazione che lui fosse magnifico è rimasta ed ancora persiste, tenace e ostinata.

Lei non aveva ancora imparato a volare, le sue ali sembravano ancora così fragili... Eppure in quei giorni lontani aveva sognato che lui le insegnasse a prendere possesso del cielo. E allora avrebbero vibrato insieme, nell'aria, ala contro ala, in una danza gloriosa, in cui i colori che lei aveva scoperto sul suo corpo avrebbero reso più luminosa la tenebra che lui portava su di sé.

Illusa, eppure ancora felice. Felice di potergli stare accanto, di combattere con lui. Anche se i suoi sogni hanno la stessa fragilità della polvere che ricopre le sue ali. Se qualcuno provasse a sfiorarli lei precipiterebbe.

Ma intanto sorride, nei brevi attimi che le restano prima che lui si svegli, le parli di nuovo di guerre e battaglie le illustri i piani futuri. Prima che lui le dica “Dobbiamo tornare dagli altri” e distrugga quel momento perfetto.

Allora spiega le ali, si solleva leggera e danza, i capelli lunghissimi, incolti e arruffati, come si addice alla creatura selvaggia che è diventata. Danza più su dei palazzi in rovina, segue con lo sguardo la ferrovia senza più uno scopo sprofondare nel bosco in cui ha affrontato la mantide e più oltre ancora, verso il loro accampamento. Ride e poi scivola giù in picchiata, sicura come un rapace che punta un preda. Ride e sogna il giorno della vittoria, il giorno in cui, forse, lui la vorrà al suo fianco. E dalle macerie del nuovo mondo sbocceranno nuovi fiori del cui nettare lei potrà nutrirsi.

Scivola nell'aria rovente del tramonto verso il suo signore addormentato. Sfiora la sua fronte con le labbra, asciuga il suo sudore con il battito delle sue ali. E se non fosse persa in un sospiro sognante forse potrebbe vedere la sua bocca piegarsi in un lieve sorriso umano.

 

 

   
 
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