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Autore: Emmastory    16/05/2016    1 recensioni
Runa. Una lupa bianca e coraggiosa, che è anche stavolta impegnata in un viaggio alla ricerca delle sue radici. Alcuni lunghi anni sono passati, e il pericolo pare nascondersi ovunque. La luna, benevola regina dei cieli, l'accompagna in ogni passo verso quella che è la sua meta, anche dopo la caduta dell'amato Scott e della sorella Astral, membri del suo branco morti per mano di Scar. Un nemico che la nostra eroina si trova ad affrontare sin dalla nefasta notte in cui i suoi amati genitori Alistair e Nadia scomparvero, pronto a tutto pur di distruggerla. La sua buona stella continua a sorriderle, lasciandole ritrovare la felicità perduta e restituendole la forza d'animo che è solita caratterizzarla. Seguitela fino al suo traguardo, infondendole il coraggio che le manca per trovare se stessa e le sue radici. Anche stavolta, sperando che esca vincitrice dalla buia foresta, auguratele buona fortuna. (Seguito di "Luna d'argento: Cammino di luce")
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Luna d'argento'
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Luna-d-argento-III-mod
 
Capitolo III

Al sicuro

Seppur non volendo, avevo finito per addormentarmi sotto al grande albero che aveva messo radici poco lontano dalla tana del mio amico Silver, e sentendomi chiamare da una voce nella mia testa, mi svegliai di soprassalto. Notandomi, i miei amici tentarono di tranquillizzarmi, e parlando con Aura delle ansie che mi divoravano l’anima da tempo ormai immemore, mi sentii decisamente meglio. Comodamente sdraiata fra l’erba, non faceva che pormi domande, alle quali rispondevo senza esitazione. “Pensi ancora a mio fratello?” esordì, dando inizio a quello che consideravo un amichevole interrogatorio. “Non sai quanto.” Ammisi, con la voce corrotta dal dolore e il muso contratto in una smorfia di sofferenza. “Tu e Silver sembrate felici, ma Scott ed io eravamo diversi.” Dissi poi, guardandola negli occhi e sforzandomi di non piangere ricacciando indietro piccole e amare lacrime. “Vi amavate?” continuò, per poi tacere nell’attesa di una mia risposta. “Profondamente.” Confessai, lasciando che le mie labbra si dischiudessero in un luminoso sorriso. “Come sai se n’è andato, ma mi ha lasciato dei regali stupendi.” Aggiunsi, sentendo la gioia farsi largo nel mio giovane cuore. “Che vuoi dire?” chiese poi, spinta da una comprensibile e genuina curiosità. “Abbiamo avuto dei cuccioli.” Ammisi, lasciando che i miei pensieri volassero liberi come uccelli intenti a sfuggire ai rigori dell’inverno che presto sarebbe tornato. “Ora sono adulti, e non esiste giorno in cui io non veda in loro una sua somiglianza. “Confessai, scivolando poi nel mutismo e ponendo fine a quella discussione. “È passato molto tempo ormai… perché non trovare un’altra metà? Non vorrai rimanere da sola, giusto?” osservò la mia amica, rompendo il silenzio mantenuto fino a quel momento. La reazione che seguì quelle parole fu totalmente inaspettata, e piombando letteralmente di fronte a lei, ringhiai con forza, riuscendo a sentire perfino un rivolo di bava abbandonare la mia bocca. “Mai! Lui era il mio compagno, e se due lupi si accoppiano è sempre per la vita!” urlai, perdendo completamente il controllo delle mie emozioni e ponendo inaudita enfasi sull’ultima frase che pronunciai. Non potevo crederci. Aura, la lupa della quale ero finalmente riuscita a fidarmi, e inizialmente mostratasi amichevole, ora pronunciava quelle parole. Indignata, le diedi le spalle, e fuggendo nel bosco, mi augurai di riuscire a tornare indietro sana e salva. Il viaggio che mi aveva condotto alla sua tana era stato incredibilmente lungo, e dato il forte vento che spirava scuotendo i rami degli alberi senza pietà, gli odori e le piste che ero solita seguire svanivano senza fare ritorno, e per la prima volta dopo un così lungo lasso di tempo, iniziai a sentirmi nuovamente persa. La rabbia e lo screzio avuto con Aura avevano prosciugato gran parte delle mie energie, e la mia vista iniziava ad annebbiarsi. Di fronte a me solo figure indistinte, e una stanchezza indescrivibile era in procinto di impossessarsi del mio corpo. Soccombendo al dolore provato, mi accasciai a terra, temendo di morire e divenire il lauto pasto di un affamato falco o di uno scaltro avvoltoio, animali poco magnanimi e mai pronti a sacrificare una preda per volontà o costrizione. Ero incapace di muovermi, e i miei erano chiusi. Uno svenimento non era che il risultato della mia spossatezza, e rimanendo immobile, parlavo con me stessa, pregando di riuscire a restare in vita. Il mio branco e la mia famiglia erano per me troppo importanti per essere abbandonati, e mai, in nessuna occasione, mi sarei permessa di lasciarli da soli. In altri termini, sapevo bene che avrei continuato a lottare per esistere, riuscendo nell’intento di svegliarmi e tornare al sicuro.
   
 
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