17/05/2016
5 recensioniL’intera sala fissava con espressione sbalordita il suo Parabatai stringere Magnus per il bavero della giacca di velluto che indossava e baciarlo, con un trasporto e una passione che in tanti anni insieme gli aveva visto riservare solo alle missioni, all’Istituto. Alla sua famiglia.
Anche Jace li guardava, un mezzo sorriso a muovergli le labbra piene, in quegli ultimi giorni sempre meno capaci di indossare anche solo una flebile maschera di contentezza.
Si volse e senza volerlo incrociò lo sguardo verde – e terribilmente lucido – di Clary, i loro occhi danzarono pochi secondi gli uni dentro gli altri per poi fuggirsi, come tante volte avevano già fatto nelle ore precedenti.
Non sapeva, proprio non lo sapeva come affrontare la questione, cosa dire… cosa fare.
Anche se una cosa che sapeva c’era: avrebbe dovuto cancellare per sempre le sensazioni che aveva provato con lei, nelle quali si era lasciato annegare, fino quasi a spezzare il legame con il proprio Parabatai.
Mentre la maggior parte dei presenti sussurrava e si indignava per le nozze annullate di Alec e Lydia – o molto più probabilmente per il bacio tra Alec e Magnus Bane – Jace si accorse di Lydia, rimasta in piedi sull’altare, ancora intontita, di certo imbarazzata.
Non seppe spiegarsi perché – non le era proprio piaciuta granché negli ultimi giorni –, ma le si avvicinò con espressione arresa, la più innocua che gli riuscì, con qualche briciola di compassione sugli angoli della bocca.
«È stato un gesto davvero ammirevole da parte tua…», le disse, lanciando un’occhiata veloce al suo Parabatai, che in quel momento più che mai sembrò sgombro da ogni peso, ogni rigidità, ogni muro.
Lydia non ricambiò subito lo sguardo del suo interlocutore, si limitò a fissare Alec – a invidiare la felicità del suo viso disteso, a ricacciare in fondo alla gola il ricordo del marito che aveva amato e che non c’era più, e con il quale aveva provato la stessa gioia che ora circondava il primogenito dei Lightwood.
«Alec merita di essere felice. È leale, rispettoso, corretto. Coraggioso; e disposto a tutto per amore della sua famiglia e di quelli che ama. Ho pensato di doverglielo, dopotutto», la forte, sprezzante, arida Lydia vacillò e chinò il capo sotto al peso di un macigno senza nome, e Jace dovette averlo notato perché le sfiorò appena il braccio, tanto quanto bastò per attirare la sua attenzione e farle alzare il viso per farsi guardare.
«Anche tu lo meriti, Lydia», le assicurò lui, regalandole questa volta un sorriso convinto, sincero, che lei ricambiò senza esitazione.
«E tu – un sopracciglio inarcato in direzione della prima fila di sedie, dove Clary era ancora seduta, vicino a Simon – pensi di parlarle, prima o poi, o fingerai in eterno che non ci sia niente da dire?»
«Se esistesse, userei una runa che cancelli i ricordi. Vorrei dimenticare, per non essere così confuso, per non stare così male…»
«Dimenticare cosa, Jace? Che quella ragazza sia tua sorella o di aver provato amore per il sangue del tuo sangue? – gli domandò senza remore, con la sua solita – a volte dolorosa – schiettezza. «Non è stata colpa vostra, non lo sapevate».
Quello sì che era un bel dilemma, ci perdeva la testa dal momento in cui Valentine aveva confessato di essere anche suo padre. Stava impazzendo.
«Jace – Lydia lo richiamò dai suoi pensieri, una mano a sfiorargli appena il polsino della giacca sotto al quale si intravedeva l’inizio di runa del Silenzio – anche tu meriti di essere felice, e puoi esserlo ugualmente avendola al tuo fianco come una sorella».
Anche il cuore, mentre si frantuma, non fa rumore.
Ringrazio Kary91 per avermi dato il prompt che ha ispirato questa storia durante il Drabble Event del gruppo facebook We are out for prompt.
Anche Jace li guardava, un mezzo sorriso a muovergli le labbra piene, in quegli ultimi giorni sempre meno capaci di indossare anche solo una flebile maschera di contentezza.
Si volse e senza volerlo incrociò lo sguardo verde – e terribilmente lucido – di Clary, i loro occhi danzarono pochi secondi gli uni dentro gli altri per poi fuggirsi, come tante volte avevano già fatto nelle ore precedenti.
Non sapeva, proprio non lo sapeva come affrontare la questione, cosa dire… cosa fare.
Anche se una cosa che sapeva c’era: avrebbe dovuto cancellare per sempre le sensazioni che aveva provato con lei, nelle quali si era lasciato annegare, fino quasi a spezzare il legame con il proprio Parabatai.
Mentre la maggior parte dei presenti sussurrava e si indignava per le nozze annullate di Alec e Lydia – o molto più probabilmente per il bacio tra Alec e Magnus Bane – Jace si accorse di Lydia, rimasta in piedi sull’altare, ancora intontita, di certo imbarazzata.
Non seppe spiegarsi perché – non le era proprio piaciuta granché negli ultimi giorni –, ma le si avvicinò con espressione arresa, la più innocua che gli riuscì, con qualche briciola di compassione sugli angoli della bocca.
«È stato un gesto davvero ammirevole da parte tua…», le disse, lanciando un’occhiata veloce al suo Parabatai, che in quel momento più che mai sembrò sgombro da ogni peso, ogni rigidità, ogni muro.
Lydia non ricambiò subito lo sguardo del suo interlocutore, si limitò a fissare Alec – a invidiare la felicità del suo viso disteso, a ricacciare in fondo alla gola il ricordo del marito che aveva amato e che non c’era più, e con il quale aveva provato la stessa gioia che ora circondava il primogenito dei Lightwood.
«Alec merita di essere felice. È leale, rispettoso, corretto. Coraggioso; e disposto a tutto per amore della sua famiglia e di quelli che ama. Ho pensato di doverglielo, dopotutto», la forte, sprezzante, arida Lydia vacillò e chinò il capo sotto al peso di un macigno senza nome, e Jace dovette averlo notato perché le sfiorò appena il braccio, tanto quanto bastò per attirare la sua attenzione e farle alzare il viso per farsi guardare.
«Anche tu lo meriti, Lydia», le assicurò lui, regalandole questa volta un sorriso convinto, sincero, che lei ricambiò senza esitazione.
«E tu – un sopracciglio inarcato in direzione della prima fila di sedie, dove Clary era ancora seduta, vicino a Simon – pensi di parlarle, prima o poi, o fingerai in eterno che non ci sia niente da dire?»
«Se esistesse, userei una runa che cancelli i ricordi. Vorrei dimenticare, per non essere così confuso, per non stare così male…»
«Dimenticare cosa, Jace? Che quella ragazza sia tua sorella o di aver provato amore per il sangue del tuo sangue? – gli domandò senza remore, con la sua solita – a volte dolorosa – schiettezza. «Non è stata colpa vostra, non lo sapevate».
Quello sì che era un bel dilemma, ci perdeva la testa dal momento in cui Valentine aveva confessato di essere anche suo padre. Stava impazzendo.
«Jace – Lydia lo richiamò dai suoi pensieri, una mano a sfiorargli appena il polsino della giacca sotto al quale si intravedeva l’inizio di runa del Silenzio – anche tu meriti di essere felice, e puoi esserlo ugualmente avendola al tuo fianco come una sorella».
Anche il cuore, mentre si frantuma, non fa rumore.
Ringrazio Kary91 per avermi dato il prompt che ha ispirato questa storia durante il Drabble Event del gruppo facebook We are out for prompt.