Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: FiammaBlu    17/05/2016    8 recensioni
Maya ha vinto la sfida con Ayumi Himekawa, aggiudicandosi la Dea Scarlatta e i diritti dell'opera. Ma proprio come accade nel dramma originale, un fuoco arde sotto le ceneri...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Masumi Hayami, Maya Kitajima
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Stage #7. Le anime gemelle



Per fortuna le prove di “Madama Butterfly” ripresero il due gennaio, perché la mattina seguente la festa non sarebbe stata in grado di uscire dal letto. Non era solo stanca fisicamente, era provata mentalmente. I suoi pensieri si rincorrevano senza sosta, come foglie sospinte dal vento. Quell’iperattività la costringeva ad uno stato d’animo confuso e irritabile, e a farne le spese erano i suoi colleghi attori.

Malinconia, rabbia, senso di impotenza si alternavano senza darle pace. Aveva accettato quell’invito senza neppure pensarci, d’istinto, ma lui non le aveva detto né quando né dove. Perché l’aveva invitata? Davvero per passare del tempo insieme? Più passavano i giorni, più si convinceva che c’era qualcosa sotto. Il signor Hayami non faceva mai nulla senza averlo prima studiato e che questa fosse la prima volta in cui aveva agito senza un secondo fine, non riusciva a crederlo.

Dov’era in quel momento? Era con lei? Erano insieme?

Afferrò il vaso sul tavolo e lo lanciò con forza davanti a sé in un impeto d’ira incontrollabile.

Kinji la fissò con gli occhi sgranati, fermandosi in mezzo al palco. Il regista Ito buttò a terra il copione e urlò sbuffando.

- Kitajima! -

Maya si riscosse e, visto il disastro, si portò le mani alla bocca, sconvolta, poi corse subito a raccogliere i pezzi, inginocchiandosi sul palco. Kinji le fu subito accanto, ignorando gli improperi del regista.

- Va tutto bene? Mi sembri assente in questi giorni… Perché non chiedi una pausa al regista? - propose il giovane attore toccandole un braccio, apprensivo.

- Pausa? No! Neanche per sogno! - replicò lei con il cuore che batteva all’impazzata. Si era distratta mentre Kinji recitava le sue battute! Era davvero una pessima attrice… Non ho mai pensato a loro due così… sono sposati… è naturale che passino il tempo insieme...

- Se oggi non hai voglia di recitare, vattene fuori di qui! - gridò il signor Ito schiacciando i palmi sul bordo del palco e attirando la loro attenzione.

Maya lo guardò con aria colpevole e quando Kinji aprì bocca per correre in sua difesa, il regista lo fulminò con lo sguardo e lui la chiuse con un colpo secco.

- Forse ha ragione lui, Maya - sussurrò - Torna domani, quando starai meglio - le suggerì preoccupato. Lei annuì sconsolata e uscì dalla sala prove. Raggiunse il camerino a passo lento, sconvolta per il suo comportamento e per essersi completamente distratta durante una scena in cui era coinvolta. La verità è che io voglio passare del tempo con lui! Voglio parlare e… e vederlo ridere… come vorrei poter cancellare il mondo in questo momento, come quel sogno nella valle dei susini, in mezzo al ruscello, in cui sembravamo solo io e lui al centro dell’universo…

Sconsolata e abbattuta, incapace di gestire quelle emozioni, si lasciò cadere sulla sedia davanti allo specchio del camerino che le restituì impietosamente un volto stanco e tirato. Ricacciò indietro le lacrime e si cambiò rapidamente.

Il vento freddo di gennaio la investì immediatamente. Si avvolse ben bene la sciarpa intorno al collo e infilò le mani in tasca.

L’uomo dall’altra parte della strada, imbacuccato in un giubbotto pesante per difendersi dal clima, s’incamminò lentamente sul marciapiede tenendola d’occhio dalla parte opposta. Era uscita molto prima dei soliti orari che faceva e si stava sicuramente dirigendo alla metropolitana. Si assicurò che la macchina fotografica fosse accesa e continuò a seguirla.



Era pronto. Quando l’aveva invitata aveva agito lasciandosi trasportare dai sentimenti. Voleva farle sapere che non aveva dimenticato ciò che si erano detti a Yokohama e desiderava davvero trascorrere del tempo con lei. Era l’occasione per chiarire ogni cosa, ora che conosceva perfettamente le condizioni del gruppo Takatsu. Non aveva ancora parlato con suo padre, perfino l’avvocato lo aveva consigliato di attendere. Avrebbe potuto denunciare il vecchio Takamiya per illecito, frode e almeno altri due o tre reati gravi di appropriazione indebita, ma avrebbe significato distruggere la famiglia di Shiori e lui non lo desiderava. Se sfruttata nel modo giusto, quella situazione spiacevole avrebbe potuto essere girata a suo vantaggio.

In passato aveva pensato di rinunciare al cognome di suo padre, così da far decadere l’interesse nei suoi confronti per il matrimonio combinato e l’unione dei due imperi, ma ora non era più attuabile. Lasciare la famiglia Hayami, inoltre, avrebbe significato abbandonare anche la Daito Art Production. Forse, se avesse giocato bene le sue carte, sarebbe riuscito a risolvere amichevolmente il suo matrimonio e a tenere la sua azienda.

Suo padre era l’ultimo scoglio da abbattere ed era collegato al contratto che aveva firmato con Maya e ai diritti della “Dea Scarlatta”. Il giorno in cui gli aveva fatto vedere il documento, era rimasto in silenzio per dieci minuti buoni. Aveva appoggiato il contratto sulle gambe coperte dal plaid e, chiudendo gli occhi, aveva pianto. Masumi non avrebbe saputo dire se di gioia o amarezza, lui se ne era uscito dallo studio lasciandolo da solo. Non aveva fatto domande, non si era più intromesso, non l’aveva più incalzato: semplicemente l’aveva lasciato lavorare sulla “Dea Scarlatta”. I profitti sono stati enormi… e Maya probabilmente non conosce neppure l’ammontare esatto di quanto ha guadagnato dalla sua interpretazione…

Sorrise tirandosi su il bavero del cappotto e quando alzò lo sguardo la vide venirgli incontro sul marciapiede. Sbatté le palpebre più volte, credendola un’allucinazione, poi dovette cedere alla realtà. Si fermò tenendo gli occhi su di lei, che camminava lentamente, il capo chino, avvolto in una sciarpa bianca. Teneva le mani in tasca per il freddo e sembrava afflitta. Come avveniva ogni volta che la vedeva, i pensieri che lo tormentavano svanirono all’istante, sostituiti da un tepore piacevole che ad ogni passo di lei si trasformava in un batticuore sempre più frenetico.

Maya intercettò un ostacolo sul marciapiede e distrattamente si fermò sollevando lo sguardo. Sbatté più volte le palpebre finché realizzò che stava guardando davvero Masumi Hayami.

- Si-Signor Hayami… - balbettò abbassando con un dito la sciarpa per scoprire la bocca da cui uscì una nuvoletta di fiato caldo. Sentì il calore guizzare nelle dita di mani e piedi e raggiungere le guance arrossandole per la differenza con il freddo esterno.

- Anche io ero perplesso quando ti ho visto - ammise lui con un sorriso accennato - Non sei alle prove? - era proprio lì che contava di incontrarla. Lo sguardo di Maya si oscurò e lo abbassò per non essere costretta a fronteggiarlo.

- Io… - le parole non vennero fuori, non voleva deluderlo dicendogli ciò che era avvenuto in sala prove solo pochi minuti prima.

- Hai fatto innervosire il regista Ito - terminò Masumi per lei facendo qualche passo avanti e fermandosi di fronte a lei. Maya annuì in silenzio.

- Dovresti avere più riguardo per lui, è un uomo anziano - aggiunse con un tono di rimprovero. Lei incassò la testa nelle spalle accusando il biasimo. Masumi si trattenne dal ridere davanti a lei e mantenne il proverbiale contegno.

- È stata colpa mia - ammise Maya con un sussurro lieve. Era appena riuscita a mettere un po’ d’ordine nella sua testa promettendosi di rimanere più concentrata durante le prove, che tutto stava ripiombando nell’oblio più assoluto. Vederlo sbucare dal nulla aveva azzerato i suoi pensieri che si erano concentrati su tutte le belle sensazioni che l’avevano scaldata da capo a piedi.

- Non fatico a crederlo - rimarcò Masumi continuando a guardarla. L’avrebbe stretta a sé di nuovo se non fosse stato in mezzo ad una strada. C’erano persone tutt’intorno a loro e ciascuna di esse avrebbe potuto essere un giornalista o un semplice curioso, pronto a scattare qualche foto e venderla ai giornali.

- Cioccolata? - le chiese quando lei rimase in silenzio, in quella posizione prostrata. Maya sollevò timidamente lo sguardo e scosse la testa.

- No? Non credevo avresti detto di no alla cioccolata calda! - replicò Masumi scoppiando a ridere sotto il suo sguardo che da imbarazzato si era fatto acceso.

- Non voglio guai - sibilò semplicemente Maya accennando un passo avanti. Lui sollevò un sopracciglio perplesso, mettendosi di lato per lasciarla passare.

- Mi sembra che i guai tu li abbia già combinati in sala prove e sia stata cacciata - le fece notare lui serafico senza comprendere a cosa si riferisse. La seguì affiancandosi a lei.

Maya lo scrutò con la coda dell’occhio. Era così vicino che se avesse messo la mano fuori dal cappotto avrebbe toccato la sua.

- Non quel tipo di problemi… - specificò parlando a bassa voce e arrossendo. Masumi rifletté in silenzio qualche istante finché la comprensione arrivò lasciandolo stupito. Mi sono sempre occupato io di mantenere il giusto distacco… per non creare scandali… perché la voce non arrivasse a Shiori… per non rovinarle la carriera… e ora è lei che ci pensa? Scoppiò a ridere e Maya si fermò, guardandolo con la fronte corrugata.

- Ho capito, ragazzina! - le disse addolcendo lo sguardo e smettendo di ridere - Niente cioccolata, ma permettimi di accompagnarti alla metropolitana - si offrì osservando il suo volto cambiare radicalmente espressione. I suoi occhi divennero lucidi ed espressero da soli quanto fosse combattuta.

- Vorrei… davvero, signor Hayami, io vorrei… ma… - sussurrò con tono appena udibile. Abbassò la testa e serrò le labbra chiudendo fortemente le palpebre.

Masumi osservò impotente la scena, sentendosi morire dentro, anche lui dibattuto fra abbracciarla e rassicurarla, e mantenere invece quel distacco necessario.

- Ricordi l’invito che ti ho fatto alla festa? - le domandò ritrovando la calma. Lei alzò la testa e annuì con un debole sorriso - Dopodomani alle otto manderò un’auto della Daito a prenderti. Segui le indicazioni dei miei collaboratori. Ci vedremo a mezzogiorno - le parole avrebbero potuto apparire un po’ criptiche e fredde, ma per Maya furono un raggio di sole in quella giornata nuvolosa. Masumi la vide rifiorire e si sentì ancor più in colpa per averla fatta attendere così a lungo.

- Sì, certo, signor Hayami! - rispose entusiasta Maya senza riuscire a contenere la sua felicità. Due giorni! Lo vedrò fra due giorni!

- So che questo non… - iniziò lui, ma Maya lo bloccò.

- Non importa! Aspetterò! - gli disse con entusiasmo - Arrivederci, signor Hayami! - lo salutò tirando fuori una mano e schizzando via di corsa, senza neanche dargli tempo di replicare.

- Ragazzina… - sussurrò e le parole si persero nel vento. Le dette le spalle e continuò verso gli studi, avrebbe colto l’occasione per parlare con il regista di “Madama Butterfly”.

Maya correva, insensibile all’aria gelida, con il cuore che scoppiava di gioia. Stava venendo da me? Veniva a dirmi quella semplice frase? Per questo l’ho incontrato qui? Due giorni! Imboccò la scalinata di discesa e si lanciò sulla scala mobile verso i treni sotterranei.

L’uomo chiuse l’obiettivo della macchina fotografica con estrema delusione. Si erano inaspettatamente incontrati, ed era palese come fosse effettivamente un evento fortuito. Si erano scambiati qualche parola uno di fronte all’altra, poi lei gli aveva detto qualcosa di pungente andandosene e lui l’aveva seguita per qualche passo, finché, dopo qualche battuta, lei lo aveva salutato e lui stava andando verso gli studi della Daito Art. Aveva scattato delle foto, ma non erano significative e sicuramente non testimoniavano alcun tradimento coniugale.

Il fotografo, però, non si era accorto che c’era qualcuno ad osservarlo.



Appena le aveva confermato il loro appuntamento, la sua mente si era svuotata. Non le era importato più di niente. Dell’angoscia che sentiva ogni volta che lo incontrava, del terrore che qualcuno l’avrebbe fotografata con lui montando chissà quale storia, delle conseguenze se la signora Hayami avesse visto o capito qualcosa. Alla festa era stata sgradevole, ma non si era aspettata niente di diverso. Era difficile che qualcuno che cercava di corromperti avesse qualche possibilità di cambiare. La cosa più importante era che non scoprisse i suoi sentimenti, forse li aveva immaginati un anno prima, ma credere non significava certezza.

Fissava il citofono di casa sua da almeno dieci minuti. Si era svegliata nel bel mezzo della notte e non era più riuscita ad addormentarsi. Aveva vagato per la casa senza neanche accendere la luce. Presa dalla frenesia, aveva frugato nell’armadio, indecisa come al solito su cosa indossare. Elegante: scartato. Sportivo: scartato. Una via di mezzo era stato il compromesso che era riuscita a raggiungere. Faceva freddo, non aveva idea di quale fosse la meta, ma a parte non fossero le Hawaii, in Giappone era freddo dovunque. Raggiunta quella riflessione, scelse camicetta azzurra, maglione bianco, pantaloni e stivaletti. Con qualsiasi altro abito non sarebbe stata lei stessa e non voleva apparirgli proprio ora qualcosa di diverso da ciò che non fosse realmente.

Si erano confrontati per così tanti anni che si era accorta di aver notato molte cose di lui che tornavano nei momenti più scomodi. Espressioni del volto, il modo di muovere le mani, di camminare, di portare quei lunghi soprabiti…

Arrossì a quei ricordi, il campanello suonò e lei sussultò. Scattò con la mano e sollevò la cornetta bianca. Nel piccolo televisore vide il volto serio di un uomo che non conosceva.

- Scendo subito! - gridò immaginando fosse uno dei collaboratori e lui si scostò infastidito. Maya ridacchiò, chiuse il cappotto, afferrò la borsa e volò verso l’ascensore. C’era un’auto ferma al lato del marciapiede e lo stesso uomo che aveva suonato teneva aperta la portiera.

- Buongiorno, signorina Kitajima - la salutò con deferenza.

- Buongiorno! - rispose lei salendo in auto.

L’uomo si sedette davanti insieme all’autista e la macchina partì. Via via che si addentravano nel traffico di Tokyo riconobbe le strade finché si fermarono di fronte agli studi di prova della Daito. Maya si guardò intorno incuriosita: avrebbe potuto andarci per conto suo! L’uomo scese, le aprì lo sportello e l’accompagnò all’interno salendo la lunga scalinata. Anche se era domenica, c’erano delle compagnie che provavano, sebbene il loro gruppo non ci fosse. Attraversarono l’atrio e lo seguì in un corridoio laterale che non conosceva.



L’autista spense il motore e si mise a leggere il giornale, come gli era stato ordinato. Apparentemente tutt’intorno le cose erano normali finché l’uomo sbucò da dietro un albero, la fedele reflex stretta in pugno. Si mosse furtivo, nascose la macchina fotografica dentro il cappotto e si sedette sulla panchina di fronte dall’altra parte della strada.

- C’è qualcuno che la segue, signore - disse la voce di Hijiri parlando nell’auricolare del cellulare - È lo stesso dell’altro giorno -

Era contento di aver notato quel tizio, ma allo stesso tempo contrariato per non averlo visto prima. Chissà da quanto tempo la segue…

- Sì, signore, procedo come eravamo d’accordo - chiuse la telefonata e chiamò immediatamente il suo uomo all’interno.



Maya non riusciva a capire dove la stesse portando quell’uomo silenzioso e vestito di scuro. Avevano attraversato quasi tutto l’edificio, quando lui si fermò improvvisamente. Rispose al telefono ascoltando attentamente colui che parlava dall’altra parte. Disse solo un secco “sì” e riprese a camminare facendole un cenno gentile.

Lei lo seguì, impossibilitata a fare altro. Raggiunsero la fine di quel dedalo di corridoi dove c’era una grande porta antincendio, di quelle con i maniglioni rossi in mezzo. Ne spinse uno e Maya si preparò al rimbombo dell’allarme come diceva il cartello, invece non accadde niente. Sbucarono all’esterno, nell’immenso parcheggio che accoglieva i camion che di solito consegnavano le scenografie e l’attrezzatura, dove c’era un’altra auto. Era una berlina acciaio, anonima.

- Prego, signorina Kitajima - le disse l’uomo con premura aprendole lo sportello. Maya salì, scombussolata e confusa, sicura però di una cosa: se il signor Hayami aveva preferito fare in quel modo, c’era un motivo e lei non l’avrebbe messo in discussione in quel momento.

- Grazie - lo salutò quando lui tornò indietro, richiudendo la porta degli studi, rendendosi conto che non conosceva neppure il suo nome.

L’unica particolarità di quell’auto erano i vetri oscurati posteriori. L’autista le fece un cenno di saluto dallo specchietto e partì. Si immise nel traffico e lei iniziò a rilassarsi e a domandarsi dove l’avrebbe portata.



Hijiri vide l’uomo che aveva portato dentro Maya uscire dagli studi, entrare in auto e mettersi a chiacchierare con il collega. Il fotografo era ancora sulla panchina, immobile, in attesa probabilmente che lei uscisse.

Sorrise, domandandosi chi fosse e quali fossero le sue intenzioni giungendo alla conclusione che non gli interessava affatto. Adesso le posizioni si erano invertite e lui non l’avrebbe mollato tanto facilmente.



Quando l’autista imboccò l’autostrada verso sud, Maya si appisolò appoggiando la testa sullo schienale fino ad addormentarsi distesa sul sedile. La pelle era calda e morbida e il tepore dato dal sistema di climatizzazione della macchina assecondò la sua necessità di riposare, dovuta anche al fatto che quella notte non aveva dormito bene.

Si lasciò cullare dai rumori soffusi del traffico e tutta la tensione svanì lasciando il posto ad un sonno profondo e ristoratore. Fu privo di sogni, l’unica certezza che la colse quando riprese conoscenza era la sensazione che stesse facendo la cosa giusta: incontrare la sua anima gemella.

- Siamo arrivati, signorina - l’avvisò l’autista gentilmente. Maya si sfregò gli occhi, aprì la portiera e immediatamente un vento freddo e profumato la investì. L’auto si era fermata fuori da un largo cancello aperto, ma non era entrata. Scese e l’aria le fece gonfiare i capelli e il cappotto. Si girò nella direzione da cui proveniva e inspirò con forza.

- Il mare! - esclamò entrando nel cancello senza neanche guardarsi intorno e raggiungendo il promontorio poco distante. La scogliera su cui si trovava cadeva a picco nell’oceano Pacifico. Bianca spuma frizzante si infrangeva sugli scogli appuntiti in una danza eterna e l’odore marino permeava ogni cosa. Si sentiva libera ed emozionata, il cuore le batteva in petto alla vista di quello spettacolo selvaggio della natura.

- Ti piace? - chiese una voce dietro di lei che la fece girare di scatto.

Maya incontrò gli occhi azzurri di Masumi Hayami che l’aspettava poco dietro di lei. Sembravano riflettere la superficie dell’oceano e, allo stesso tempo, celare profondità buie e nascoste.

- Sì! È bellissimo! - rispose con sentimento dilatando le iridi per la sorpresa. Lui teneva le mani nelle tasche del cappotto nero e il vento scompigliava i suoi capelli in modo ipnotico. Sembra un’altra persona… perfino la sua postura è più rilassata...

Masumi si avvicinò, gli erano occorsi alcuni istanti per decidersi a palesare la sua presenza. Aveva preferito guardarla un po’, mentre lei restava immobile, sulla punta della scogliera, i capelli mossi dal vento e le mani strette al petto. Aveva provato a fare una scaletta delle cose da dirle, proprio come faceva in ufficio, ma nell’istante in cui l’aveva vista ogni cosa si era cancellata. Dovrò improvvisare…

Si avvicinò raggiungendola. Nonostante fosse gennaio, lo spettacolo dell’oceano era maestoso.

- Ti ricordi, durante la crociera ti parlai di un posto dove ogni tanto mi rifugiavo? - le disse fissando gli occhi sul mare. Maya annuì e lui intravide il gesto.

- Questa è la penisola di Izu - aggiunse voltandosi a guardarla. Aveva le guance arrossate per il freddo o l’imbarazzo, non avrebbe saputo dirlo, gli occhi brillanti e colmi di aspettativa guardavano i suoi, senza paura, senza acredine.

- Oh… - sussurrò lei stupita dilatando gli occhi - C’è anche la spiaggia con i granchi? - aggiunse entusiasta illuminandosi in volto.

- Sì - rispose Masumi indicando una scalinata di pietra che scendeva lungo la scogliera - È là sotto sebbene i granchi in questa stagione non ci siano - la informò. Sentiva chiaramente la tensione in mezzo a loro. Era vibrante, piena di attesa, ma nessuno dei due si azzardava a muoversi. Che mi succede? È qui, davanti a me, eppure esito...

Maya lo fissava con il cuore in gola. Non sapeva cosa dire, era incantata dalla sua espressione, da quegli occhi che per tanto tempo aveva creduto nemici, dalla sua fisicità evidente che insieme al suo stato sociale li aveva divisi in quei sette anni. Avanti, Maya! Che fai? È il tuo ammiratore delle rose scarlatte! Perché esiti?

Lei si mosse appena, imbarazzata, le labbra tremanti e il cuore che le scoppiava di gioia, e Masumi annullò lo spazio che li divideva, stringendola fra le sue braccia e spezzando la tensione di quell’attimo agognato da entrambi. Il vento spazzava la scogliera, ma lui la tenne saldamente lasciando che le sue emozioni fluissero dalle sue braccia nel corpo di lei.

Maya seppe all’istante che era quella la cosa giusta, che loro erano anime gemelle. L’aveva abbracciata a Nagano, nella valle dei susini, in crociera, a Yokohama, ma se le altre volte le era parso quasi un sogno, in quel momento non c’erano dubbi. Sentiva in quella stretta tutti i sentimenti che il suo ammiratore non aveva mai potuto dimostrarle e che in passato aveva nascosto dietro mazzi di bellissime rose. Si aggrappò a lui, aprendo il cuore e mescolando le sue emozioni a quelle di lui.

Masumi la sentì avvinta, partecipe e i suoi ultimi dubbi vennero spazzati via dalla sua spontaneità. Teneva gli occhi chiusi e la testa vicina a quella di lei. Era una sensazione dirompente e straripante, temeva svanisse se avesse allentato la stretta delle braccia. Poteva sentire perfino i sentimenti di lei, nel picchiare frenetico del suo cuore che batteva all’unisono col suo, nelle dita strette sulla schiena, nel modo in cui staccò appena la testa per guardarlo.

- Hai freddo? - le chiese perdendosi in quello sguardo reso dorato dal sole che brillava sopra di loro.

- No - sussurrò lei emozionata - Siamo insieme, ora -

L’attimo rimase sospeso, l’intensità dei loro sguardi non aveva bisogno di parole, l’abbraccio in cui erano avvinti era solo l’estensione fisica dei loro sentimenti, l’ululare del vento non riusciva a far breccia nei loro animi, legati strettamente uno all’altro.

Maya era sommersa da una miriade di scintille ardenti, scappavano di qua e di là, ma i loro sguardi allacciati e intensi agirono da catalizzatore e quel fuoco si concentrò nel suo cuore, esplodendo. Lo amo! Lo amo immensamente! È la mia anima gemella!

Masumi vide il suo sguardo cambiare, colmarsi di una consapevolezza che lo riempì di struggente dolcezza. Lo sa anche lei… siamo parte di qualcosa di incredibile…

Si abbassò appena mentre lei gli andava incontro, finché l’esiguo spazio che li separava venne annullato e l’unione delle loro labbra creò il legame fisico delle loro anime. Entrambi si sentirono travolgere dai sentimenti a lungo repressi e nascosti. L’abbraccio, che si era allentato un poco, tornò serrato e fremente, come se avessero raggiunto una fonte d’acqua dopo anni di deserto.

Maya lasciò che quella marea la riempisse, che lui l’avvolgesse come in un bozzolo caldo, che le due bocche si esplorassero avide e curiose, dimenticando completamente i loro ruoli, il loro carattere, le differenze che li separavano e che in quell’istante si annullarono completamente. Non c’era più niente intorno a loro, il promontorio spazzato dal vento sparì, insieme al sole che picchiava sulla scogliera, ai garriti dei gabbiani, al profumo di salmastro.

C’erano solo loro due.

Masumi era attratto da lei come una calamita. A nulla aveva potuto la sua ragione quando le loro labbra si erano incontrate e lui aveva lasciato che l’istinto prendesse il sopravvento. Maya aveva risposto con altrettanto ardore e lui si era sentito avvolto da un calore naturale che non credeva possibile. La strinse a sé, lasciando scivolare le mani su quella schiena che tante volte aveva fissato quando lei se ne era andata piena di rabbia.

Il bacio divenne languido e dolce, mentre le coscienze tornavano a far capolino in quel turbinio di emozioni incontrollate. In modo naturale le labbra si staccarono e gli occhi si aprirono su un mondo nuovo.

Maya aveva le iridi dilatate e brillanti, le guance arrossate dall’imbarazzo e dalla felicità. Masumi la scrutò aspettandosi qualche sua uscita strana, invece lo fissava stupita. Le sorrise sperando di farla sentire più a suo agio, sebbene lui non fosse in condizioni diverse. Si sentiva scombussolato, accaldato nonostante il vento freddo, e tutti i suoi sensi si erano svegliati di colpo facendogli apparire il mondo più lucido e nitido.

- Maya… - sussurrò con voce profonda per l’emozione.

Lei annuì socchiudendo gli occhi, gli sorrise dolcemente facendogli battere il cuore di nuovo, e si appoggiò al suo petto. Il cappotto era caldo; profumi, suoni, colori, ogni cosa tornò a colorare l’ambiente. Masumi l’avvolse ancora, incapace di rilasciarla da quell’abbraccio da cui neanche lei sembrava volersi separare. Appoggiò la testa ai suoi capelli e rimasero in quella posizione a lungo, in silenzio e ignorando il vento freddo.

- Masumi Hayami… - Maya sussurrò il suo nome per intero alzando la testa per guardarlo - Tu sei l’altra metà della mia anima - affermò sollevando una mano per accarezzargli una guancia come aveva fatto sulla nave.

- Non riuscivo a crederci - rispose Masumi con sincerità - Sì, io sono l’altra parte di te - concluse dolcemente allentando appena le braccia con cui la stringeva e sussultando al suo tocco lieve.

L’aver ammesso quella semplice verità fu come aprire un’immensa porta. Maya lasciò scorrere lo sguardo sul suo volto appena arrossato sugli zigomi, sugli occhi blu che riflettevano l’oceano, sull’oro che brillava nei suoi capelli colpiti dal sole. Lo fece con naturalezza, senza alcun imbarazzo e Masumi si sentì apprezzato come mai prima di quel momento. Mi guarda senza alcun timore… sembra che mi veda per la prima volta…

- Sai? Me ne sono accorta… - iniziò Maya catturando di nuovo il suo sguardo limpido.

- … nella valle dei susini - finì Masumi - Quando ti ho vista sull’altra riva del ruscello e mi hai recitato quelle battute. In quel momento le nostre anime si sono toccate - lei annuì con vigore sentendo il cuore riempirsi di gioia. Siamo così affini e io non avevo capito… È vero, signora Tsukikage, tutto vero… È stato così anche per lei con il Maestro Ozaki? È così per Akoya e Isshin?

- Hai le mani fredde - constatò lui prendendo nella sua quella che teneva appoggiata al suo petto, sopra il cuore - Vuoi entrare in casa? - aggiunse stringendo le piccole dita e lasciando che l’emozione lo riempisse di nuovo.

Maya avrebbe voluto restare ancora un po’, quel promontorio era bellissimo, ma era davvero curiosa, all’improvviso, di sapere qualcosa in più su di lui, su quel rifugio dove le disse che ritrovava se stesso.

- Sì - gli rispose uscendo di malavoglia dal suo abbraccio. Com’è possibile che io ne senta già nostalgia? Non mi è bastata questa lunga unione?

Arrossì abbassando la testa e lo seguì tenendolo per mano. C’era un giardino che circondava la casa per tre quarti, di cui il promontorio faceva parte, mentre il quarto lato era sicuramente a strapiombo sulla scogliera. L’edificio era a due piani, basso, dal tetto largo con gli angoli arricciati, tipico delle case di mare sulla costa. Era tutto di legno, c’erano tante vetrate e dal comignolo usciva il fumo.

Masumi le aprì la porta di casa e le fece cenno galantemente di entrare. Maya arrossì di nuovo, ma entrò, togliendosi subito il cappotto, la borsa e gli stivaletti. Masumi la imitò, indossarono le ciabatte da casa senza dire una parola, colti entrambi da un intenso imbarazzo. A parte Hijiri, il suo domestico e Shiori, Maya era la prima persona estranea che entrava in quella casa.

Il tepore la investì immediatamente, si guardò intorno, spostando lo sguardo nell’ampio e luminoso soggiorno. C’erano un terrazzo e una libreria che occupava tre pareti: in quella centrale c’era una porta che conduceva ad altre stanze. Sulla parete sinistra un camino acceso diffondeva il suo calore di fronte ad  un divano. Sul lato destro faceva bella mostra di sé un tavolo rettangolare con quattro sedie. Tutti i mobili erano di legno e creavano un ambiente confortevole e caldo. È completamente diversa dal suo ufficio… questo stile si adatta di più al mio ammiratore...

Masumi la vide sorridere, concentrata su qualche ragionamento e rimase immobile ad osservarla.

- Ti piace? - le chiese di nuovo trattenendo il respiro. Lei si girò con l’espressione più bella che le avesse mai visto.

- Sì! Questo sei tu! - gli disse con sincerità facendolo arrossire.

Maya aveva quell’incredibile capacità di andare a fondo nelle cose scrutandole appena. Non gli aveva detto quanto fosse bello il camino o quanto fosse pregiato il tavolo o la boiserie per i libri, no: lei aveva visto la sua essenza in quella casa. Non resistette all’impulso che gli scoppiò nel cuore, fece un passo, prese il suo volto fra le mani e la baciò di nuovo con impeto. Maya spalancò gli occhi, colta alla sprovvista, ma si unì alla sua felicità, che era anche la propria. Sollevò le mani e si aggrappò a lui, condividendo quell’attimo emozionante e dolce.

Quando separarono le labbra, avevano il fiato corto entrambi. Masumi appoggiò la fronte alla sua e la fissò con occhi cupi.

- Scusami… io… - si trovò a corto di parole, troppo coinvolto per riuscire ad essere chiaro. Maya scosse la testa in silenzio, imbarazzata, e lo accarezzò su una guancia, rassicurandolo. Anche lei non riuscì a spiccicare parola, tale era il turbamento che le scuoteva l’anima.

Si abbracciarono stretti, sancendo nella quiete il comune intento di stare semplicemente vicini. Maya si rese conto che indossava un maglione a rombi e una camicia e si staccò all’improvviso facendo un passo indietro. Masumi la guardò stupito e lei lo squadrò da capo a piedi. Poi si mise una mano sulla bocca iniziando a ridacchiare.

Lui si guardò addosso, poi tornò su di lei e corrugò la fronte.

- Che c’è? - le chiese con tono spazientito.

- È la prima volta che… - ma Maya non riuscì a finire e scoppiò a ridere. Lo aveva sempre visto in abiti scuri e severi e con quell’abbigliamento aveva un’aria strana.

- Hai pensato che indossassi solo abiti da ufficio? - la interrogò torreggiando sopra di lei e puntando i pugni sui fianchi. Maya si fece piccola, ma continuò a ridacchiare.

- Sinceramente, sì… - ammise ricomponendosi - Ti stanno bene - concluse innocentemente. Masumi la fissò severo, ma di fronte a quell’espressione, capitolò e scoppiò a ridere.

- Beh, come vedi mi vesto normalmente - replicò con una punta di ironia nella voce che lei archiviò fra gli atteggiamenti di lui che conosceva. Masumi si spostò raggiungendo il camino e si inginocchiò davanti ad esso dopo aver preso un attizzatoio.

Maya si fermò alla sua destra, le fiamme intense le scaldarono i pantaloni e diffusero un piacevole tepore. Lui mosse abilmente i piccoli tronchi e migliaia di scintille si sparsero tutt’intorno, mescolandosi al fuoco rosso vivo. Terminata l’operazione, si rialzò e rimise a posto l’attizzatoio, voltandosi a guardarla. Sembrava che quei silenzi fossero parte di loro, eco degli anni in cui non avevano realmente comunicato. Si avvicinò e appoggiò una mano sulla sua guancia calda. Maya ci mise sopra la sua e gli sorrise.

- Tu sei il mio ammiratore delle rose scarlatte - gli rivelò in un sussurro lieve.

Masumi s’irrigidì e spalancò gli occhi, meravigliato da quell’affermazione improvvisa. Lasciò ricadere la mano tenendo gli occhi nei suoi, abbandonandosi a quel calore che gli invase l’anima, e le rispose.


   
 
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