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Autore: Classicboy    18/05/2016    4 recensioni
storia scritta a quattro mani con Lady White Witch
Superhero!AU, Mutanti!AU, X-man!AU
principalmente Spamano con altre coppie
“Chi sono i mutanti?
L'umanità teme da sempre quello che non riesce a capire. La mutazione è la chiave della nostra evoluzione, ci ha consentito di evolverci da organismi monocellulari a specie dominante sul pianeta. Questo processo è lento e normalmente richiede migliaia e migliaia di anni, ma ogni centinaio di millenni l'evoluzione fa un balzo in avanti...”
Lovino vive a New York assieme al fratello, e l'unica cosa che gli interessa e andare avanti senza essere disturbato da problemi quali i mutanti e il loro folle mondo.
Ma dovrà ricredersi quando, aiutando un gruppo di ragazzi in fuga, scoprirà di farne parte.
E così tra scuole in cui le persone hanno ali d'angelo e attraversano pareti, ragazzi che controllano il fuoco e ti invitano a uscire e pazzi uomini mascherati e i loro scagnozzi, riuscirà questo collerico italiano ad accettare il suo nuovo mondo e ottenere risposte su chi lui sia davvero?
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Nuovo personaggio, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAP.7: DNA MUTANTE E ALTRI IMPREVISTI

 

 

Westchester, New York

Istituto Xavier per giovani dotati

Parecchi anni prima...

 

Aveva bisogno di un posto dove nascondersi, e l'aula di arte sembrava il posto ideale. Aveva ancora problemi a dover controllare i suoi poteri, ma non credeva che bastasse poco per attivarli e bruciare i capelli di quell'Abel. Non gli dispiaceva averlo fatto, così imparava a dire che i suoi poteri erano inutili, ma ora Fenice e gli altri di Generation X si arrabbieranno e lo espelleranno dall'Istituto. Antonio non voleva andarsene da lì, quel posto gli piaceva. Perciò, meglio nascondersi fino a quando le acque non si fossero calmate. Se non fossero stati più arrabbiati con lui, non l'avrebbero espulso. Giusto?
''E con le stesse scarpe camminare per diverse strade/ O con diverse scarpe su una strada sola''
Antonio si bloccò, spaventato. Non si aspettava che ci fosse qualcuno a quell'ora. Specie se quel qualcuno era la figlia di Fenice, Rouge (quello era il nome in codice con cui tutti la chiamavano, e il bambino non sapeva ancora quale fosse il suo vero nome). Era lei a dare lezioni ai ragazzi per il corso di arte e, doveva ammetterlo, aveva anche una bella voce. Se non stesse correndo il rischio di venir punito, rimarrebbe volentieri ad ascoltarla.
''Tu non credere se qualcuno ti dirà che non sono più lo stesso ormai/Pioggia e sole abbaiano e mordono ma lasciano, lasciano il tempo che trovano''
Non l'avevano mai vista prima di allora, e alcuni ragazzi più grandi avevano detto che per un po' era rimasta lontano dalla scuola per ''maternità''.
<< Devo andarmene - pensò il bambino, indietreggiando lentamente mentre lei continuava a cantare - Forse Fenice le ha detto quello che ho fatto, e lei potrebbe portarmi dagli altri. Meglio... >>
Inciampò su un secchio di vernice lasciato da uno degli studenti dell'ora precedente, e cadde rovinosamente a terra.
Lei smise di cantare e si voltò, e il viso di Antonio si imporporò per la vergogna. Oh, ora era davvero fregato.
''E tu chi sei? Sei nuovo?''
''Mi... mi chiamo Antonio signora. E sono arrivato due settimane fa''
La donna si alzò e si avvicinò per aiutarlo ad alzarsi. Era davvero bella.
''Signora? Oh, chiamami Livia. O Rouge, se preferisci. Quanti anni hai?''
''S-sette... non mi vuole punire?''
''E perchè dovrei?''
''Ho fatto una cosa molto brutta...''
Lei parve riflettere per un momento sul da farsi, poi continuando a sorridere disse: ''Facciamo così, io ti accompagno in cucina a mangiare dei biscotti, e mi racconti cosa è successo, con calma. Sono sicura che un giovanotto come te non abbia fatto niente di male di sua spontanea volontà''




Westchester, New York
Istituto Xavier per giovani dotati
Infermeria della scuola
Presente...


''E con le stesse scarpe camminare per diverse strade/ O con diverse scarpe su una strada sola''
Quando Antonio si sveglia, la prima cosa che sente è la voce di Lovino. Rimane a bocca aperta quando riconosce la canzone, anche se sembrano passati secoli dall'ultima volta in cui l'ha ascoltata. Sono nell'infermeria dell'istituto. Deve aver perso conoscenza sul jet a causa delle ferite, perciò non ricorda quanto successo nel lasso di tempo che andava dall'arrivo di Red e Blu Dragon al ritorno all'Istituto.
Ora saranno nei guai. Era certo che Yao sarebbe andato dalla preside per riferirle quanto successo. Stranamente, la cosa non gli importava più di tanto. Beh, era stato quasi ucciso. Per quel giorno poche cose lo potevano terrorizzare.
''Lovinito?''
Il ragazzo arrossì e smise di cantare. Per un attimo, gli parve di rivedere Rouge. Ma quanta morfina gli aveva dato Elena? Ora aveva anche le allucinazioni.
''Non essere tanto sorpreso, stronzo''
''Sei rimasto... per me?''
''Mi sembrava il minimo, dato che quasi ti ammazzavano per colpa mia''
''Ehi, non è mica la prima volta - tentò di sdrammatizzare lui - Ci si abitua qui''
''Sto cazzo, deficiente.Non dovevi mica venire per forza con me''
''Mhm... forse ... ma se dovessi rifare tutto, accetterei comunque. Non potevo mica lasciarti da solo''
La sua frase colpì tanto l'italiano che quest'ultimo rimase in silenzio. Lui inclinò la testa. L'aveva forse offeso?
In quel momento, arrivò Yao.
''Signor Vargas, la preside vorrebbe parlare con lei''
''Minchia, ora anche questa... bah, tu vedi di non schiattare mentre non ci sono''
Fece per andarsene, ma prima Antonio aveva una domanda da fargli.
''Cantavi per me prima?''
Aveva bisogno di sapere da chi avesse ascoltato prima quella canzone. La stessa che amava Rouge. Poteva essere un caso, ma lui voleva vederci chiaro.
''Uhm... - Lovino sembrava imbarazzato, come se avesse sperato che a causa dei sedativi lui non sentisse niente - Forse, bastardo. Ma non farti strane idee. L'ho fatto solo ... non lo so... credo che servisse a qualcosa. Ho fatto la prima cosa che il mio cervello mi ha suggerito. E poi, era la canzone preferita di mia madre. Ce la cantava sempre, a me e Feli, prima di farci dormire e quando stavamo male''




Ufficio di Zafirah Hassan

 

“MAI! Mai in... 'anta anni di carriera! Mai mi è capitato di avere uno studente così sconsiderato! Ha la minima idea del pericolo che ha corso?! Per poco lei e quel suo degno compare di Carriedo non finivate uccisi!”

Lovino era stupefatto. Quando aveva conosciuto la preside aveva pensato subito che fosse una di quelle donne fredde, che quando si arrabbiavano ti facevano sentire uno schifo commentando con voce tagliente quanto avevi fatto facendoti così sentire la persona più stupida al mondo. Invece non appena Yao lo aveva accompagnato in presidenza e se ne era andato chiudendosi la porta alle spalle, Zafirah era esplosa urlandogli giù di tutto. Ed era andata avanti così per cinque minuti buoni, senza neanche riprendere fiato.

L'italiano si domandò se per caso la preside non possedesse anche un paio di polmoni di riserva.

Il castano era abituato alle sfuriate degli adulti, e anche se quella che aveva di fronte raggiungeva il primo posto nella sua “Classifica delle più spettacolari arrabbiature che abbia mai visto” (al primo posto c'era in precedenza quel professore di terza media che gli aveva fatto quella scenata quando in gita aveva chiuso dei compagni rompicoglioni per tutta la notte nella terrazza dell'albergo al freddo) non è che le prestasse molta attenzione.

I suoi pensieri andavano ad Antonio. Antonio l'altruista che aveva accettato di mettersi nei guai per aiutarlo, Antonio l'affidabile con il quale era riuscito ad aprirsi come mai con nessun altro, Antonio il coraggioso che era pronto a sacrificare la sua stessa vita per salvarlo, Antonio...

Si riscosse: perché cazzo pensava al bastardo spagnolo in quel momento?! Era soltanto un esaltato cretino che sorrideva come un ebete e che da quando lo aveva incontrato gli aveva procurato solo problemi e nient'altro.

<< Sì, un problema. Ecco che cos'è... >> pensò il ragazzo non molto convinto.

Inoltre aveva ancora stampato a fuoco nella mente l'immagine del volto dello spagnolo quando, un attimo prima di andarsene, gli aveva detto della canzone che stava cantando e del rapporto che la legava a sua madre. L'altro aveva assunto un'espressione stupefatta, con gli occhi sgranati e la bocca spalancata, e l'italiano proprio non riusciva a capire perché. Sembrava quasi che avesse appena visto un fantasma...

Nel frattempo la preside continuava a strillare, e dal caso particolare di Lovino era passata al generale iniziando a lamentarsi del suo lavoro, cosa che spesso facevano gli adulti.

“Ma sì, vedrai Zafirah: un lavoro semplicissimo! Mi hanno detto così: dovrai solo badare a dei ragazzini, quanto difficile potrà mai essere? Un casino, ecco quanto! Perché ora, oltre che badare affinché gli adulti non finiscano ammazzati dal megalomane di turno mi tocca anche darmi da fare affinché un gruppo di adolescenti mutanti in piena crisi ormonale non si faccia uccidere a causa di idee cretine spuntate da chissà dove! Perchè si sa: quando un pericolosissimo assassino mi cerca non c'è niente di più sicuro che io possa fare se non andarmene in giro per la città e fare un capatina nel posto più ovvio in cui io possa andare! Ma dico: il buon senso lo avete dimenticato a casa?! Visto quanto è successo ora non mi sorprenderebbe più scoprire che tu sia effettivamente parente di...!”

All'istante la donna si bloccò, chiudendo di scatto la bocca.

Peccato che Lovino avesse sentito l'ultima frase, ed ora un campanello d'allarme suonava dentro la sua testa: “Che cosa? Parente di chi? Di cosa sta parlando?”

Ma l'egiziana non lo ascoltava più ormai. Aveva il viso rivolto verso la sua scrivania e stava riordinando nervosamente alcune carte: “Non ha importanza. L'importante ora è che lei ha corso un gran rischio con questa sua bravata, spero che se ne sia reso conto. Tutto ciò avrà delle conseguenze. Al più presto le farò sapere quale punizione la attende, arrivederci” commentò sbrigativa.

“No aspetti! Lei ora...” provò a intervenire il ragazzo ma la donna alzò una mano e lui si sentì bloccato all'altezza della cintura.

“Arrivederci” esclamò lapidaria. Dopodiché sfruttando il suo potere sui campi magnetici lo fece voltare e lo mandò fuori dall'ufficio, prima di chiudere la porta e far girare la chiave.

Il castano, finalmente libero di muoversi di nuovo, si trattenne dal mettersi ad urlare epiteti poco consoni ad un luogo scolastico e a tempestare la porta di pugni tirando giù tutti i santi del paradiso, limitandosi a tirare un calcio alla moquette. Dopodiché marciò a passo svelto verso l'infermeria. Se non otteneva risposte dalla preside, allora le avrebbe ottenute da quel ritardato di Antonio, costi quel che costi!




Nel frattempo nel suo ufficio Zafirah si buttò pesantemente a sedere sulla sedia, prima di chiudere gli occhi e portarsi una mano alla tempia.

Per poco non aveva mandato tutto all'aria, rivelando al ragazzo i sospetti che nutriva su di lui e sul fratello riguardo le loro identità. Non glielo avrebbe detto, a nessuno dei due. Non prima di aver avuto la pressoché totale certezza.

Con un gesto stanco della mano chiamò a sé una cornice di metallo da una mensola. La prese e con un sorriso triste prese ad osservarla. Vi erano immortalati una serie di giovani, con un'età compresa tra i 18 e i 35 anni. Tutti avevano delle tute attillate e stavano, chi più chi meno, sorridendo spensierati all'obbiettivo. Con lo sguardò esaminò i volti di coloro che erano i Generation X agli albori del supergruppo.

In prima fila notò Lin che sorrideva dolcemente, con dietro Yao che le teneva una mano sulla spalla con fare fraterno. Elena in un lato della foto tirava per un braccio un'altra persona, un ragazzo molto simile alla donna, esortandolo a mettersi in posa con loro. Vide sé stessa che sollevava gli occhi esasperata alla vista di quella scena mentre un leggero sorriso le illuminava il volto. C'erano anche molte altre persone, ma la sua attenzione si puntò su di un terzetto, coloro per i quali aveva preso quell'immagine. A destra c'era un uomo biondo di corporatura muscolosa con i capelli lunghi, il volto era corrucciato ma si riusciva a vedere che le labbra erano leggermente incurvate in un sorriso. Al suo fianco vi era un'altro uomo che lo attirava a sé in una sorta di abbraccio, mentre sorrideva come se quello fosse il giorno più bello della sua vita. Aveva un aria allegra e scanzonata, i capelli erano castani e scompigliati e portava una barba sfatta. Con l'altro braccio circondava l'esile figura di una ragazzina, la più giovane del gruppo, che sembrava avere meno di vent'anni. Era molto simile all'uomo per colore di capelli e incarnato, e aveva anche un sorriso molto simile, aperto e cordiale.

Zafirah sospirò: “Claudio, Claudio... che tu ci sia o meno, solo problemi mi dai, eh?”

Con lo stesso sorriso amaro posò la cornice e tornò a concentrarsi sulle carte. Avrebbe trovato una risposta alle sue domande, quant'era vero che si chiamava Zafirah Hassan!



Aula di informatica

 

Emma voleva tanto che ci fosse qualcuno con lei in quel momento, nell'aula di informatica. Ma purtroppo erano andati tutti, anche i bambini, a vedere in che condizioni fosse Antonio. Anche lei ci sarebbe voluta andare, ma suo fratello l'aveva bloccata prima che uscisse, dicendole ''ti devo parlare''.
Tre parole che bastavano a farla sentire come un condannato a morte.
Abel scrutava la sorella come se fosse una potenziale nemica. Sapeva che gli stava nascondendo qualcosa, ed Emma era abbastanza sicura che con le giusta ''argomentazioni'' il maggiore avrebbe potuto farle sputare facilmente fuori tutta la verità. Ma Abel non era un mostro... con lei. Non le avrebbe mai fatto del male. Ma c'erano delle volte in cui un suo sguardo le faceva venire la pelle d'oca e le faceva capire perchè a scuola tutti gli avessero affibbiato il nome in codice Killer Smoke.
''Emma...''
''Si?''
''Dimmi la verità... perchè hai aiutato Antonio ad uscire dalla scuola?''
Lei impallidì. Allora sapeva...
''Io... come... in realtà...''
''Non serve che menta - l'interruppe lui - Quello lì non poteva uscirsene dall'Istituto senza che qualcuno lo aiutasse. E guarda caso, ho saputo dal nostro piccolo Lux...''
''Per favore, non assecondarlo. Usa il suo nome!'' protestò debolmente, facendo appello a tutto il suo istinto di sorella maggiore.
''Lui vuole essere come noi, e vuole che il suo nome sia Lux... dicevo, il nostro fratellino mi ha detto che hai convinto lui e gli altri bambini a fare uno strano gioco, un bello scherzo da fare alla preside. Solo, non era uno scherzo, vero? Era una tattica (discutibile aggiungerei) per convincere la preside del fatto che quei due non fossero assenti''
''Tattica per... no Abel, in realtà...''
Cominciò a sudare freddo. Non riusciva a mentire a suo fratello. Lui la conosceva troppo bene! Ma se gli avesse detto la verità, si sarebbe arrabbiato con Antonio che, a detta sua, ''approfitta ancora dei tuoi sentimenti per fare i suoi porci comodi''. Non voleva aumentare l'astio tra qui due, che di problemi ne avevano già tanto. Ma, allora, cosa doveva fare?
La sua salvezza le si presentò con l'aspetto di una dolce ragazza asiatica dai lunghi capelli neri raccolti e con la camicia bianca da medico.
''Ehi Emma! Eri qui! Dovrei parlarti''
''Di cosa, Mei?''
L'asiatica guardò prima Abel poi la ragazza, e disse: ''Forse è meglio che ne parliamo... in privato. Ho delle analisi da farti vedere''
''Analisi? - ripeté il mutante - Ha a che fare con la sua mutazione? C'è qualche problema? Deve fare altri accertamenti?''
Ed ecco che Antonio passava in secondo piano. Meno male che l'unica cosa superiore al suo odio nei confronti del pirocineta fosse il suo affetto per lei.
''Calmati, Abel. - gli disse con tono conciliante Mei - Non è niente di preoccupante... ma dovrei fare un paio di domande un po'... intime a tua sorella''
''Del genere?''
''Del genere che se non lo fai tu, ti teletrasporto su Marte. O dai Kree. Chissà come sarebbero felici di avere un mutante di questa scuola sul loro pianeta... specie lo stesso che per poco non ammazzò il loro generale più forte''
Abel non ribattè. Evento piuttosto raro, in realtà. Ma Mei era una teleporta eccezionale, sul livello di Magik o Nightcrawler. Il suo potere si era sviluppato nel corso degli anni fino a coprire distanze oceaniche, addirittura da un pianeta all'altro. Certo, c'erano dei limiti. Ma comunque era una pessima idea voler provare a vedere se stesse scherzando o meno.
''Va bene, va bene... ma se c'è qualcosa che non va, io voglio saperlo''
''Sarai il primo ad essere informato, in quel caso''
Emma sentì i battiti del cuore di Mei aumentare: stava mentendo. Solo... perchè?



Corridoi fuori dai dormitori della scuola

 

In tutto l'istituto per giovani Mutanti era noto il terzetto formato da Francis Bonnefoy, Antonio Carriedo e Gilbert Beilschmidt. I tre ragazzi erano famigerati soprattutto per i loro scherzi e le scappatelle che facevano fuori da scuola e che spesso li mettevano nei guai. In molti si chiedevano come facessero Carriedo e Bonnefoy a sopportare l'elemento più casinista e megalomane del gruppo, cioè Beilschmidt. La verità era che, nonostante tutto, essere in due aiutava molto a tenere a freno l'albino, che approfittava di ogni secondo libero per autocelebrarsi. E se era appena tornato da una missione di cinque mesi in Europa senza aver visto i suoi amici la sua voglia di mettersi in mostra era tale da arrivare a livelli di esasperazione.

In una situazione normale Francis avrebbe avuto il sostegno di Antonio, però in quel momento il ragazzo era in infermeria in seguito allo scontro avuto con la confraternita. I due erano andati a trovarlo, ma dopo un po' erano stati cacciati da Mei che li aveva detto che lo spagnolo aveva bisogno di riposo. E così l'intera situazione si era conclusa con loro due da soli e il francese che si doveva sorbire per intero il monologo dell'altro.

“Kesesese, e allora io sfreccio verso il ponte pericolante, credendo ormai di non riuscire più a fare niente per le persone che sono sopra e che rischiano di finire nel fiume. Quel pensiero mi da la carica e ingranando il turbo riesco a prendere un altro paio di signore e a portarle in salvo. Le poggio a terra e le affido agli altri e ritorno veloce. Ormai rimaneva soltanto una ragazza, pensavo che ce l'avrei fatta, però ecco che il ponte cede del tutto e lei urlando cade nel vuoto. Sento il panico, il mondo si restringe su quell'unica singola vita che ormai dipendeva solo dalla bravura e dalla destrezza delle ali del Magnifico. Mi spingo, lei è sempe più vicina all'acqua, vado, lei e a dieci metri, nove, otto, sette, do il turbo, sei, cinque, quattro... e BUM! Riesco a prenderla e a portarla in salvo!”

Sorride e si volta verso l'amico con gli occhi che brillavano, probabilmente aspettandosi come minimo un applauso.

Francis invece distolse l'attenzione dalle sue unghie e dalla manicure riportandola sull'altro: “Mh, come? Oh, hai finito mon amì? Bene, un racconto davvero mozzafiato, bravo davvero...” mormorò prima di scrutarsi di nuovo le dita, alla ricerca di una qualche microscopica imperfezione.

Il mutante sbuffò, mentre le ali bianche fremevano per il fastidio che l'altro non gli tributasse gli onori che meritava: “E comunque il racconto non è finito” borbottò.

“Ah no? E che succede ancora? Salvi qualcuno che cade dalla cima di un campanile?” domandò distratto il biondo.

“No - lo bloccò infastidito l'altro prima che gli occhi gli si illuminassero di una luce... fiera? - Dopo aver condotto la ragazza dalla polizia mi dirigo verso dove i terroristi stavano seminando il panico, e lì vedo Liz e il damerino intenti a proteggere le persone. A quel punto mi aggrego anch'io allo scontro. Ad un certo punto però vedo uno di quei figli di puttana dei terroristi puntare il mitra verso la folla, e capisco che ha intenzione di sparare lì. Urlò cercando di avventarmi su di lui, ma siamo tutti troppo distanti. Lui fa fuoco, ma proprio in quel momento una figura si frappone e si becca tutti i proiettili. Una volta finito Liz è addosso al bastardo e gli assesta un pugno in pancia e un calcio nelle parti basse così forte che probabilmente quello lì non avrà mai più bambini, e ci voltiamo verso il tipo che si è comportato da eroe. Ci aspettiamo che cada da un momento all'altro, ormai senza vita, e invece con un grugnito si raddrizza, e solo in quel momento vediamo due cose che non vanno: tutti i proiettili sono per terra di fronte a lui e la sua pelle... è d'acciaio!”

“Quoi?”

“Ja, mi hai sentito bene. Solo a quel punto noto che si tratta di un ragazzo giovane. In quel momento la sua pelle si schiarisce ritornando ad essere carne e i capelli diventano biondi. Con sorpresa finalmente lo riconosco... si trattava di West!”

“Quoi? Il tuo fratellino?” gli chiese stupito il ragazzo.

“Ja, finalmente anche il suo gene X si è attivato. Sono così felice!” esclamò con un sorriso fiero l'albino.

“Che bello” disse Francis con un sorriso. Sapeva quanto l'amcio fosse affezzionato al fratello minore, che era anche uno dei motivi per cui aveva chiesto di occuparsi delle questioni mutanti in Europa, dove l'altro stava sorvegliato ad un'amica di Gilbert, un'altra mutante.

''Ma quanti anni ha?''
''Mhm... più o meno diciassette - fu la risposta dell'albino - Ha scoperto i suoi poteri per caso, sai? E devo dire che ci sono rimasto un po' male, non ha voluto dirmi niente! Eppure era già un mese che sapeva di averli. Insomma, logico che fosse un mutante, dato che nostro nonno è stato uno dei membri fondatori di Generation X''
Difficile dimenticarlo, Gilbert tirava fuori quella storia ogni santa volta, da anni. E quando si ubriacava, su quell'argomento diventava ancora più logorroico del solito. Ma Francis trovava la cosa... tenera, a suo modo. Il nonno di Gilbert era scomparso da dieci anni senza lasciare traccia, e il nipote sentiva quell'abbandono come un tradimento. Si era impegnato per diventare un membro operativo della squadra e farsi assegnare alla ricerca e protezione dei mutanti in Europa, non era solo per tenere d'occhio suo fratello, lasciato con degli zii ignari della natura del ragazzo, ma anche per provare a rintracciare quell'uomo che, agli occhi di tutti, era diventato una leggenda insieme a Fenice.
''Ha bisogno di allenamento - proseguì l'albino - E sapere i limiti del suo potere. Insomma, potrebbe essere veramente un grande X-men. Gli potremmo dare come nome in codice Colosso. Che ne dici? Fantastico vero?''
''Mhm... a parte che mi sembra che ci sia già qualcuno con quel nome, non sai neppure se voglia venire all'Istituto''
''Ecco... voglio che finisca gli studi. Che si goda l'adolescenza, anche se è decisamente troppo serio. Avrà tutto il tempo per fare l'eroe. Ma per ora, meglio che si goda un po' di normalità''
Francis sgranò gli occhi. Non si aspettava tanta maturità dall'amico. Ma quando si trattava della sua famiglia (almeno, di quel poco che ne restava), mostrava il lato migliore di sè.
''Ovviamente, è così fantastico che rischierei di essere messo in ombra da lui. Mica glielo posso permettere, no?''
E ti pareva... ed ecco che tornava a fare il megalomane.
''Mi hai rovinato la poesia!''
''Poesia?''
''Lascia stare, non capiresti''

Gilbert si grattò la testa confuso. Certo che a volte i suoi amici si comportavano in maniera davvero strana...

“Ad ogni modo! - esclamò il ragazzo, lasciando completamente perdere l'argomento in quanto non suscitava più la sua attenzione - Che mi dici dei due nuovi arrivati, quelli che hanno raccolto Antonio e gli altri? Il più piccolo è carino non trovi?” domandò ammiccando con le sopracciglia.

Francis scrollò le spalle: “Oui, ma sinceramente nulla di che. È simpatico, ed è anche molto dolce, ma non mi sembra il mio tipo. Io cerco qualcuno con una personalità... un po' più forte”

“Oh, quindi sei più come Antonio?” gli domandò Gilbert con la voce carica di sottintesi.

Francis sorrise. Ecco che si arrivava all'argomento che più suscitava il suo interesse: i pettegolezzi sulle storie d'amore all'interno della scuola!

Il biondo si guardò attorno per essere sicuro che non ci fosse nessun'altro a sentirli, prima di avvicinarsi all'altro e sussurrargli: “Mon amì: è cotto, te lo dico io! Può cercare di negarlo quanto vuole, ma si vede lontano un miglio che non riesce a staccargli gli occhi di dosso”

Gilbert rise: “Kesesese, lo dicevo io. E del tappetto isterico che mi dici?”
Francis assunse un'aria pensierosa: “Non saprei, ovviamente non lo conosco bene, però mi è stato riferito che da quando sono tornati non si è staccato dal letto di Antonio fino a che non ha riaperto gli occhi”
“Davvero?”
“Oui oui, e stava pure cantando per lui”

“Ooooh, amico mio siamo vicini alla svolta. Secondo te quanto ci vorrà perché si mettano assieme?”

Il francese si portò una mano al mento mentre rifletteva sulla domanda dell'altro: “Non saprei... se fosse per Antonio probabilmente si metterebbero insieme in qualcosa tipo tre settimane, un mese al massimo. Lovino però a quanto ho visto è un tipo un po' più... riservato. Inoltre non sono neanche sicuro che abbia capito la sua sessualità. È davvero difficile dare un responso, ma temo che che le cose potrebbero andare avanti anche per più di un anno”

Gilbert assunse un'aria infastidita, come se la risposta di Francis non lo soddisfacesse affatto.

“Troppo - sentenziò l'albino - Dobbiamo dar loro una mano per poter far trionfare l'amore...!”
“Gilbert, non ti riconosco più”

“Così poi potrò anche prendere in giro Antonio fino alla morte e a fare continue battutine a sfondo sessuale per farlo sentire in imbarazzo, kesesesese!”
Francis si limitò ad osservare l'amico con aria sconsolata. Ora sì che lo riconosceva.

“State discutendo di Antonio e Lovino?”

I due ragazzi sobbalzarono prima di voltarsi e vedere due grandi occhi azzurro mare che li fissavano curiosi.

“Peter! Mon Dieu, mi hai fatto prendere un colpo. Quante volte te lo dobbiamo ripetere di non sgusciare alle spalle delle persone?” lo rimproverò Francis.

Il bambino si limitò ad ignorarlo, per poi ripetere: “Allora? Stavate parlando di Antonio e Lovino?”
“Ja, ma si tratta di cose da grandi che tu non puoi capire” lo liquidò Gilbert facendogli poi gesto con la mano di andarsene, come a voler scacciare una mosca.

L'inglese gonfiò le guance irritato: “Uffa, non mi ignorate! Io vi voglio aiutare!”

Francis e Gilbert alzarono scettici un sopracciglio.

“È vero! - protestò Peter - E poi ho già un piano su come fare per metterli assieme!”

“Ma davvero? - commentò scettico il francese - E sentiamo un po': quale sarebbe questo brillante piano?”

Il piccolo mutante cominciò a illustrare ciò che aveva in mente con gli occhi che luccicavano: “Allora, prima di tutto immaginatevi questa scena: Antonio e Lovino, nel parco della scuola, intenti a cenare a lume di candela, una musica d'archi si diffonde nell'aria rendendo l'atmosfera estremamente romantica. Loro due si guardano intensamente negli occhi...”

Gli europei fissavano rapiti il biondino. E chi si aspettava che possedesse un animo così romantico?

“Quando ecco che saltano fuori dei cyber ninja che incominciano a rompere tutto e rapiscono Lovino, e allora Antonio comincia ad inseguirli per riprenderselo, ma i ninja sono dotati di ali e se ne vanno dicendogli che avrebbero portato Lovino nel castello del re dei cyber ninja. E così Antonio va fino al loro castello e dopo aver fatto fuori tutti ninja si scontra con il loro re, mentre Lovino invoca il suo aiuto. Alla fine allo stremo delle forze Antonio riesce a sconfiggerlo e lo salva e vivono per sempre felici e contenti. Fine”

Il bambino aveva un'espressione fiera e felice, per contro Francis lo stava guardando con aria a metà tra l'incredulo e il disperato. Ma che cavolo aveva appena detto?! Grazie al cielo nessuno sano di mente avrebbe dato corda a Peter per poter attuare il suo assurdo piano...

“Ma è un piano assolutamente Magnifico!”

Il francese si dovette ricredere ricordandosi chi era l'altra persona che aveva sentito quel discorso.

“Mon amì, non credo che sia proprio un idea eccellente...” cercò di persuaderlo il biondo, ma ormai Gilbert era partito per la tangente.

“Considerati parte del gruppo del Magnifico, tappetto! Ed ora vieni con noi, ci sono ancora molti punti che dobbiamo chiarire di questo piano perfetto” e i due si allontanarono chiacchierando concitati e riflettendo su dove avrebbero potuto trovare dei cyber ninja.

Dietro di loro Francis sospirò: lo attendevano dei lunghi, lunghissimi giorni!



Infermeria, ufficio di Xiao Mei

 

Mei guardò preoccupata le analisi di Emma, e la giovane avrebbe tanto voluto sapere cosa ci fosse scritto sopra di così allarmante da far avere alla sua amica quell'espressione.

''Dimmi... per caso i tuoi sensi ultimamente si sono sviluppati di più? Fino a che punto riesci a vedere, sentire, odorare? Ci sono limiti?''

''Perchè lo vuoi sapere?''

''Vorrei solo appurare una cosa. Gradirei la massima sincerità, Emma. Non sarò una telepate, ma so riconoscere quando qualcuno mi sta nascondendo qualcosa''

Emma era spaventata. Aveva riconosciuto il tono dell'altra, ed era quello che usava di solito per dare cattive notizie.
''Mei... sto bene. I miei poteri non hanno fatto i capricci, ultimamente. Vedo al buio ora, ma credo che sia normale, dato che ho in parte il Dna di un gatto''
Il medico non sembrava convinta, e continuava a guardare la sua cartella. Rimasero in silenzio per alcuni minuti, che alla belga parvero interminabili.
Avrebbe preferito una lezione con il prof Summer, piuttosto che stare lì, tesa come una corda di violino, in attesa che l'altra le dicesse, finalmente, cosa ci fosse che non andasse in lei.
Stava per perdere i poteri? Si era aggiunta una mutazione secondaria a quella che già aveva? Magari una mutazione che non l'avrebbe fatta sentire inutile. Il fattore rigenerante le farebbe comodo, così suo fratello la smetterebbe di preoccuparsi per lei, ogni volta che uscivano in missione
Capiva perchè era preoccupato, ma anche lei voleva una sua autonomia. E voleva dimostrare di essere un eroina, proprio come le X Woman del passato.
''Ti prego - disse a un tratto, non riuscendo più a sopportare la tensione - Cosa sta succedendo? Perchè mi hai fatto venire qui?''
''Scusa, ero sovrappensiero... - l'asiatica sospirò, poi proseguì - Emma, non so come dirtelo. Ma da oggi ti vieto categoricamente di uscire in missione con Antonio o con tuo fratello''
''Cosa? Perchè?''
Era un ingiustizia, lei aveva lavorato sodo per ottenere un posto nella squadra di Antonio, ed erano solo due mesi che aveva avuto il permesso di uscire per svolgere delle missioni.
Certo, erano cose di poco conto. Ma si sentiva utile, almeno un po'.
''Lo faccio per il tuo bene, Emma. Devi rimanere in osservazione.''
''Osservazione? C'è qualcosa che non va con i miei poteri?''
Mei si morse il labbrò.
''Emma, non c'è un modo delicato per dirtelo. La tua mutazione ha un anomalia. C'è il serio rischio che tu possa perdere il controllo, e che la tua parte animale prenda il sopravvento''




Antonio se ne stava fermo nel letto dell'infermeria, sprofondato nei cuscini e nelle coperte. Il ragazzo non poteva praticamente muoversi, e ne aveva quindi approfittato per schiacciare un pisolino. L'infermeria era vuota (Mei aveva allontanato tutti quelli che erano venuti a trovarlo, dicendo che lo spagnolo aveva bisogno del più assoluto riposo e della calma più totale per riprendersi dallo scontro) e l'infermiera era scomparsa nel suo studio assieme ad Emma, in quanto doveva fare degli accertamenti con la giovane mutante. Antonio sperò che l'amica stesse bene. Sapeva che aveva avuto un'infanzia difficile e credeva che ad una persona del genere dovesse capitare solo il meglio! Chissà però che cosa aveva...

Il castano venne risvegliato dal suo torpore da un tornado con un ciuffo castano.

“Bastardo!” esclamò Lovino spalancando di botto la porta dell'infermeria e dirigendosi con passo deciso verso l'altro ragazzo.

“Lovinito!- lo salutò con un sorriso lo spagnolo - Come è andata con la preside? Ti vedo leggermente alterato...”

Antonio aveva ben pensato di misurare le parole, visto che ormai gli era nota la suscettibilità dell'italiano. Se ci fosse stato Gilbert lì, probabilmente avrebbe sostituito quel “leggermente alterato” con un “incazzato come una bestia”.

“Lascia stare, piuttosto: che diavolo sta succedendo in questa scuola?” sbottò il più piccolo.

L'iberico aggrottò la fronte confuso: “Che intendi, scusa?”

“Oh, non fare il finto tonto! È da quando sono arrivato che la preside continua a guardarmi come se fossi un fantasma uscito da chissà dove, e non mi puoi dire che sia normale che dei mutanti mi diano la caccia in una maniera così insistente! Che cazzo sta succedendo qui?! Cosa mi state nascondendo?!”
Lo spagnolo fece per aprire la bocca, quando la porta fu aperta di nuovo di scatto. Lovino fece in tempo a voltarsi che venne placcato con una mossa degna del miglior giocatore di football americano.

“Ve, Romano, che bello stai bene! Ero così preoccupato!” esclamò Feliciano abbracciando sempre più stretto il fratello.

“Sì sì, ma adesso levati, idiota” borbottò rosso per l'imbarazzo il maggiore cercando di staccare l'altro. Una volta che il minore lo ebbe lasciato lui si mise una mano nella tasca posteriore dei pantaloni e tirò fuori la foto: “Tieni - borbottò completamente rosso in viso - È stata rovinata dal fuoco, mi dispiace”

A Feliciano brillarono gli occhi, mentre un sorriso ancora più grande si faceva largo sul suo viso: “Ve, Romano, ma cosa dici? Non c'è assolutamente nulla di cui devi scusarti! Sei riuscito ad andare a prendermi la foto. Grazie, grazie mille! - il tono si trasformò in un borbottio mentre il sorriso scompariva dal suo volto – Mi dispiace per tutto il dolore che hai dovuto soffrire a causa di un mio capriccio. Perdonami...”

Il maggiore assunse un'espressione confusa a sentire quelle parole, poi si illuminò. Quando usavano i loro poteri loro due erano collegati!

“Merda...” mormorò a denti stretti prima di prendere il fratello e incominciare a tastarlo, guardandolo da tutte le angolazioni possibili.

“Romano, che cosa...?”

“Come stai? Hai sentito tanto male? Come sta la gamba? Hai ferite permanenti? C'è qualche dolore che non riesci a farti passare? Feli, mi dispiace così tanto...” esclamò Lovino, rivelando il suo lato nascosto di fratello maggiore premuroso.

“No no, non ti preoccupare, sto bene, ve” lo rassicurò il minore con un lieve sorriso e mettendogli una mano sul braccio.

“È che mi sento in colpa...” borbottò il fratello rosso.

Quel momento di perfetto rapporto fraterno fu inopportunamente interrotto dall'intervento di un certo spagnolo.

“Oh, ma come siete carini!” trillò allegro Antonio.

A sentire quelle parole i due fratelli si irrigidirono e Romano allontanò con un gesto brusco l'altro.

“Tu l'atmosfera non la sai proprio percepire, eh?” gli chiese Lovino lanciandogli uno sguardo di fuoco, a cui l'iberico rispose con un'espressione confusa, non capendo che cosa aveva fatto di male.

Romano alzò gli occhi al cielo di fronte all'ennesima dimostrazione di stupidità dello spagnolo, prima di spostare di nuovo la sua attenzione sul fratello minore. Vide che questo stava osservando intensamente la foto e si stava mordendo il labbro con fare pensieroso.

“Senti, ti ho già detto che mi dispiace molto per il fatto che si sia rovinata. Il fatto è che c'era molto fuoco, e inoltre c'erano anche questi tipi che ce l'avevano con me e poi...” il resto della frase si trasformò in un mormorio mentre il giovane cercava di farsi perdonare per lo stato pietoso con cui aveva riportato il ricordo.

Feliciano alzò gli occhi per fissarlo per qualche secondo con un'aria persa, prima di riscuotersi: “Come? Oh, no Romano, non stavo guardando quello, te l'ho già detto: non mi importa dello stato della foto. Stavo solo pensando... e adesso io che cosa ti regalo per il nostro compleanno?”
Lovino assunse un'aria sorpresa, salvo poi rilassare le spalle e assumere di nuovo la sua aria seccata: “Pensi ancora a 'sta cazzata? Ti ho detto che non mi interessa, puoi anche non farmi alcun regalo se vuoi. Non mi fa né caldo né freddo”
“Ve, ma io voglio fare un regalo al fratellone! Mi sentirei in colpa altrimenti, dopo tutto quello che lui ha fatto per me!”
“Ti dico che non devi preoccuparti, idiota. Ma che? Sei sordo o cosa?”
In quel momenti furono interrotti da Antonio che chiese sorpreso: “Compleanno? Di che compleanno state parlando?”
Lovino si voltò a fissarlo con aria infastidita, prima di rivelare con un sospiro: “Del nostro compleanno”
“Vostro?”
“Sì, coglione. Io e Feli non siamo gemelli, ma a causa di una strana coincidenza siamo nati esattamente ad un anno preciso di distanza l'uno dall'altro, pertanto festeggiamo il nostro compleanno assieme, che cade tra alcuni giorni”
Lo spagnolo si esibì in un irritante “Oooooh” di comprensione, per poi assumere un'aria pensierosa.

L'italiano cominciò a preoccuparsi: ormai aveva capito che non era mai un bene quando il pirocineta cominciava a pensare. Significavano guai per lui.

E ne ebbe la conferma non appena il ragazzo si illuminò per proclamare con un sorriso: “Allora ti farò un regalo!”

Lovino spalancò gli occhi incredulo: “Come, scusa?”
Antonio continuò a sorridere mentre ripeteva: “Il giorno del tuo compleanno ti farò un regalo, anzi: ti farò il miglior regalo di compleanno esistente al mondo”
“Non ce n'è bisogno, bastardo” sentenziò lapidario l'italico mentre distoglieva imbarazzato lo sguardo e il suo viso andava sempre più imporporandosi.

Il castano assunse un aria affranta: “Aw, andiamo, perché no? Ti voglio semplicemente fare un regalino, come tuo amico”
“E da quando noi due saremmo amici?”

“Lovi, abbiamo appena rischiato di morire entrambi uccisi da due membri della confraternita. Abbiamo lottato fianco a fianco come una squadra - il sorriso andò allargandosi sempre di più – Nella vita di un mutante ciò significa che si è grandi amici!”

“Lo dicevo io che essere un mutante portava solo problemi” borbottò imbarazzato Romano.

“Ad ogni modo ti farò un regalo, e aspettati una fantastica sorpresa” ripetè l'iberico.
“No, non lo voglio”
“Ok, ti farò il regalo”
“Ti ho detto di no, io lo rifiuterò”
“Ed io continuerò a dartelo, a costo di starti dietro tutto il giorno”
E mentre la discussione continuava tra Lovino che cercava di distogliere lo spagnolo dai suoi propositi e Antonio che sorridendo continuava ad ignorarlo confermando la sua idea, Feliciano osservava incuriosito l'intera scena.

Il giovane nascose il viso dietro la foto, per impedire che il fratello notasse il sorrise che gli increspava le labbra.

Era così contento che finalmente anche Romano avesse trovato un amico!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

Bene, a circa un mese dalla fine della scuola finalmente riusciamo a pubblicare anche questo capitolo. Mi dispiace che abbiate dovuto aspettare così tanto, e spero sinceramente che ne sia valsa la pena.

In questo capitolo non incontriamo molti nuovi personaggi, però facciamo la diretta conoscenza di Gilbert il cui potere, se non lo si era già intuito, è quello di avere due gigantesche ali da angelo sulla schiena; Xiao Mei/Taiwan l'avete già incontrata ma ora sapete anche che il suo potere è quello di essere una teleporta come Kiku; e infine fa la sua comparsa diretta il piccolo Peter, alias Sealand, che per ora non è molto importante.

Spero sinceramente che vi sia piaciuta, ma ora: chi è la misteriosa Livia/Rogue? Perché Lovino conosce la canzone che questa stessa mutante amava tanto cantare? Quali sono i dubbi che attanagliano Zafirah e che cosa nasconde ai giovani Vargas? Emma riuscirà a risolvere la sua intricata situazione? Ma soprattutto... Peter e Gilbert riusciranno a procurarsi dei robot ninja e ad attuare il loro assurdo piano o Francis riuscirà a farli ragionare prima che sia fatto il danno?!

La risposta a queste e altre domande le troverete forse o forse no nel prossimo capitolo, bye!!!!!!!!

P.S: Minimo due recensioni per continuare! Volete fare felici due autori, da? ^J^

P.P.S: Se vi piace questa storia e vi interessano gli AU, fate casomai un salto sulla nostra altra quattro mani, una Pottertalia!AU tra l'altro recentemente aggiornata: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3242547

P.P.S: Probabilmente il prossimo aggiornamento sarà finita la scuola (post 11 Giugno), questo perché dobbiamo davvero dare il massimo per resistere a questi ultimi giorni e non possiamo permettere di distrarci, spero comprendiate, grazie.

   
 
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