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Autore: Yehet_9400    19/05/2016    0 recensioni
"Ero inevitabilmente legato a quella vita fatta di risse,fumo,alcool e droga.
Era la mia gabbia. Una gabbia da cui non potevo uscire.
E lui era all'esterno di essa.
Era come se le nostre mani fossero intrecciate e lui cercasse di tirarmi fuori da quella prigione: senza risultati.
E allora le possibilità erano due: o lasciarlo andare, o trascinarlo in quella morsa con me."
"E quale scelta volevi per lui?"
"La libertà ma lui non era d'accordo."
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lu Han, Lu Han, Sehun, Sehun
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

La stanza, fredda, tetra ed illuminata solamente da una fioca luce a neon, rispecchiava a pieno il ragazzo seduto all'interno di essa.
Si poteva intuire che fosse alto, all' incirca un metro e ottanta, aveva la corporatura snella e allo stesso tempo muscolosa, le braccia e il collo erano tappezzati di vivaci colori mischiati tra loro: tatuaggi indefiniti un po' scoloriti dal tempo, ed infine aveva degli stravaganti capelli corti e dai colori dell'arcobaleno, nettamente in contrasto con l'aria gelida e fiera del viso.
Gli occhi, scuri e penetranti, fissavano, subdoli ed indagatori, l'uomo seduto dall'altro capo del tavolo, il quale tentava d'essere serio e composto benché,  le sue mani tremanti e lo sguardo vagante per la stanza tradissero l'aspettativa.
Il giovane notò subito quel particolare e, immediatamente, sorrise.
"Ha paura di me? Patetico."
L'uomo s' irrigidì al sentire la voce graffiante del suo interlocutore, ma non cedette e non si fece intimidire da quelle parole.
"È nuovo del campo,  vero? Fantastico, un novellino.
Sará davvero divertente parlare con lei... al riformatorio parlavo solo con uomini noiosi, seri e rompicazzo... ma oggi sará diverso. Non vedo l'ora d'iniziare, Novellino.
E non mi guardì così... non la mangio mica." Disse ridendo, strafottente.
Eppure, benché potesse definirsi una bella risata, metteva i brividi: era tagliente e gelida... quasi finta.
L'uomo sembrò riacquistare un po' di fiducia e si calmò.
"Non ho paura di te, ragazzino."
"Ragazzino... davvero? Questa è bella. Avrò massimo nove anni in meno di te... non sono un ragazzino." Rispose, una scintilla di divertimento negli occhi.
"Ti piace fare il duro, vero?"
"Non è bravo al gioco dell'indovino, sa? 
No, non mi piace fare il duro: io lo sono. Se arrivi dalla strada non puoi essere differente, devi saperti difendere ed avere sempre la risposta pronta. Lei la chiama arroganza io la chiamo farsi valere.
È una questione di punti di vista."
"Nessuno ha mai smentito le tue parole?" L'uomo lo stava fissando, non capiva il comportamento del giovane.
"Dicendomi che sono un vigliacco?
Solo una persona."
"Hai detto che non sono bravo al gioco dell'indovino. Perché non ci provi tu?" 
Era una sfida, voleva vedere quante cazzate avrebbe detto quel ragazzo pur di mostrarsi migliore.
"Uhm... sì, sembra divertente.
Iniziamo."
Rimase in silenzio a contemplare ogni minimo aspetto ed azione dell'uomo davanti a lui per poi incominciare, lentamente, a parlare.
"Signor Kim, etá compresa tra i venticinque e i trent' anni, poliziotto... è la prima volta che interroga un carcerato e non s' è mai trovato davanti ad un ragazzo che tutti considerano 'pazzo'.
Ha paura... e so anche di cosa.
Teme per la sua incolumitá, tranquillo, non le farò niente." Il suo sguardo il soffermò sulla mano destra dell'uomo e sulla valigetta aperta sul tavolo, da cui sbucavano alcuni fogli colorati.
"Ti stai sbagliando..." stava mentendo: era tutto fottutamente vero.
"Ha ragione...
Di persone come lei ne esistono sempre meno, sa?
Temere di perdere la propria vita per le conseguenze dei propri familiari,  che gesto nobile e generoso." Lo sguardo del ragazzo divenne leggermente più dolce, ma rimase comunque gelido come un iceberg.
"Ragazzino tu non puoi capire, stai blaterando idiozie facendoti credere maturo, ma l'unica cosa che sai fare è derubare e combinare guai. Io paura di te? Ma perfavore."
No, non avrebbe ammesso che il ragazzo avesse pienamente ragione.
"Lei ha paura di quelli come me.
Teme che i suoi figli possano diventare dei criminali e finire anche loro in carcere... ecco perchè ha paura di morire, vuole esserci per loro, per poterli proteggere dai 'ragazzini che sanno solo derubare e combinare guai.' Vuole che diventino come lei, poliziotti che lottano contro il 'male'-" disse quell'ultima parola mimando le virgolette con le dita. "- Si vede che tiene a loro e a sua moglie... continua a guardare quello sacarabocchio che tiene nella valigia e a giocherellare con l'anello che porta al dito."
"Ti ripeto che non è così."
"Allora.... forse ha paura di me perchè le ricordo qualcuno a cui teneva. Ma questa risposta mi sembra meno plausibile."
Il giovane uomo si tese leggermente a quelle parole e subito negò l'affermazione.
"Allora lo fa per la sua famiglia.
In ogni caso... mi sarebbe piaciuto avere un padre come lei."
I due si fissarono e per un attimo nessuno fiatò.
Sembrava stessero comunicando attraverso lo sguardo e chi li avresse visti in un contesto differente, avrebbe giurato che fossero due fratelli separati alla nascita e poi ritrovati che cercano di leggere ognuno negli occhi dell'altro, per capire pensieri non descrivibili a parole.
Fu l'uomo a parlare per primo, dopo aver preso un profondo respiro.
Doveva sapere... era certo che dietro a quel ragazzo vi fosse una storia tragica che lo aveva reso la statua di marmo che aveva di fronte.
"Sehun... raccontami la tua storia."
"Solo se lei poi mi racconta la sua."

 

   
 
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