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Autore: Christian_Jiang    20/05/2016    1 recensioni
Questa è una capsula protetta da un codice segreto. Se riuscite ad aprirla significa che appartenete a una civiltà sviluppata, avanzata e intelligente. Leggete con molta attenzione tutto ciò che c'è dentro e diffondete la voce... Se siete creativi, forse adorerete le risposte alle domande esistenziali che da millenni vi affliggono...
Genere: Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

    Molti pensano che dopo la morte non ci sia niente… Be’, io sfaterò questa idea! Ho passato un bel po’ di tempo a registrare tutte queste mie esperienze… Chiunque trovi questo messaggio in bottiglia legga tutto senza nemmeno fermarsi per mangiare un biscotto (ammesso che i biscotti esistano ancora…)! E poi diffonda la voce affinché anche i più scettici e antipatici possano apprendere la buona novella!
    Vorrei aggiungere anche questo: non sono un bravo scrittore. Però che importa? L’importante è che io sia stato capace di trasmettere il messaggio. E questo lo scoprirete solo dopo aver letto tutto!

 

Tutto iniziò da uno spiacevole evento…

    La mia vita era bella, tutto sommato. Ero consapevole di essere ancora un giovane esemplare di homo sapiens sapiens, che aveva ancora anni e anni da vivere, da assaggiare come una dolce caramella. Avevo tanti piani per il mio futuro, anche se a dir la verità non sapevo ancora con precisione che tipo di lavoro avrei fatto. Ma, superbo com’ero (gli homines sapientes giovani sono sempre molto superbi…), ero sicuro di diventare famoso, ricco et cetera et cetera.

    Diciamo che, invece, niente andò come previsto. Una notte, dopo mezz’ora che cercavo di prendere sonno dimenandomi sul letto, sentii dei tuoni. Piove, pensai, mentre il mio cuore iniziava a battere all’impazzata (quando ci sono dei tuoni improvvisi io mi spavento sempre, ma è una reazione naturale dell’homo sapiens, che l’ha portato a diventare la splendida e avanzata specie che, spero, brulichi ancora da qualche parte nella Via Lattea). I tuoni si fecero sempre più forti, finché non iniziarono a scuotere violentemente il mio corpo. All’epoca non lo sapevo, ma quelli erano i tuoni che anche voi, miei sconosciuti lettori, sentirete il giorno della vostra morte. Magari possiamo dar loro il nome di ‘tuoni del destino’, oppure è troppo da libro fantasy da quattro soldi? Ma basta perderci in questi inutili ragionamenti. Sentivo quasi il petto scoppiare, come se quegli spaventosi rumori che mi tormentavano da chissà quanto tempo avessero come epicentro il mio cuore. Non potevo muovermi: ero paralizzato sul letto. Passerà, passerà, mi dicevo, è solo un brutto sogno! E, infatti, tutto finì.

    Mi sentii come libero dal peso di una vita, leggerissimo. Respirai a pieni polmoni un’aria freschissima e cercai di aprire gli occhi, anche se sembrava che le mie palpebre fossero state chiuse a chiave da qualcuno. All’improvviso percepii un movimento verso l’alto… Stavo andando verso l’alto, a velocità pazzesche e non sapevo nemmeno dove stessi per finire, dato che i miei occhi erano chiusi! C’era un vento fortissimo, che andava in direzione contraria, talmente freddo che iniziai a rabbrividire. Poi aprii gli occhi e vidi un azzurro intensissimo. Quel colore mi circondava: era sopra di me, sotto di me, alla mia destra e alla mia sinistra! Avrei quasi detto di essere in un mondo statico, se non ci fosse stata quella costante sensazione di essere tirato verso l’alto da qualche forza invisibile. Questo è un posto onesto, mi dissi fra me e me, spero almeno di tornare ‘giù’… Pensavo che fossero quelle esperienze extra-corporee che vedevo su sempre su internet.

    Ed ecco, ero arrivato al vertice. Il background statico blu dipinto di blu era scomparso, mi ero accorto di essere nello spazio. Sì, bla bla, non si può respirare fuori dall’atmosfera terrestre, bla bla, diranno gli scettici. State zitti e ascoltate, mannaggia! Io ero tutto nudo (dov’era il mio pigiama?), alle mie spalle c’era il pianeta Terra in tutto il suo splendore: emanava luce propria (zitti scettici); vedevo i continenti muoversi come se milioni di anni passassero in un soffio solo. C’era un silenzio innaturale, talmente innaturale che sentivo il suono del sangue scorrere nelle mie vene. Il mio cuore, sorprendentemente, batteva seguendo un regolare ritmo, nonostante mi sentissi spaventato e, nello stesso tempo, meravigliato da quella visione.

    “Ciao! Io sono dio!”. Sentii quella voce profonda provenire da un luogo indeterminato. Mi voltai per vedere la Terra, che continuava a restare statica, con continenti che si muovevano all’impazzata (quante volte devo zittirvi, scettici?). Comunque, la voce mi aveva inizialmente atterrito, ma poi mi diede conforto, dato che in quell’Universo immobile mi sentivo un po’ solo. Tuttavia, una volta capito che ero morto, una grandissima paura attraversò l’intero mio corpo. Ero morto! Morto! Tutto perduto! C’ero ancora, ero ancora cosciente… Ma tutto era perduto…

    “Stai tranquillo!” quella voce, che mi assordava da tutti e quattro i punti, pensò bene di riprendere questo dialogo (un dialogo alquanto unilaterale, direi): “Ti sei appena liberato del corpo. Per giocare con voi — e credo che con ‘voi’ si stesse riferendo a ‘umani’ — ho dovuto per forza rendervi materiali. Adesso tu sei immateriale, proprio come me!”. Certo che dio sembra proprio un bambino, pensavo, se io fossi stato al suo posto, avrei creato un mondo molto migliore! “Be’, ora che sei al mio livello, ti prego di non far niente qui.”. Non ebbi tempo di reagire che un’altra folata di vento mi catapultò via (sì, folate di vento nello spazio, strano, non trovate?). La Terra si rimpicciolì e, in un istante, vidi passare in rassegna tutti i pianeti del Sistema Solare. Viaggiavo più velocemente della luce (essendo immateriale, solo anima, non ero più imprigionato nelle leggi della fisica). Mosso da quel vento di ordine superiore, vidi scomparire la Via Lattea, le galassie del Gruppo Locale. Scoprii che tra i diversi gruppi di galassie c’erano spazi vuoti migliaia di volte più grandi. L’Universo è incomprensibilmente grosso, mio caro lettore sconosciuto. Nonostante viaggiassi a quella velocità migliaia di volte più estrema di quella della luce, mi ci vollero mesi, prima di raggiungere un remoto cantuccio dello spazio. Lì c’era un Sistema Solare in formazione.

    In quei mesi pensai tantissimo: tutte le guerre sulla Terra erano cose insignificanti. Tutta la complessa storia che noi homines sapientes abbiamo avuto, non erano che un atomo, rispetto all’immensità dell’Universo, così poco densamente popolato di stelle, così freddo e così inconsapevole della nostra esistenza. Questo m’insegnò a non essere così superbo, anche se solo per quei mesi di solitudine trascorsi a mirare le stelle. Se volete sapere come io abbia riacquisito la mia buona dose di superbia, continuate pure a leggere…

  
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