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Autore: _shin    20/05/2016    1 recensioni
Cosa può spingere la mente umana a rinunciare alla vita? Quando la giovane Giovanna Pugliesi muore suicida nel bagno di un liceo, tutti rimangono sorpresi dal tragico gesto. Ma i strani rumori e le tentazioni suicide che attraversano la mente degli studenti dell’istituto è l’inizio di un lungo percorso di morte? Tre ragazzi sono pronti a vivere questo incubo ma riusciranno a reggere al potere demoniaco che aleggia nelle pareti dell’Istituto”?
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 1

Affacciato al balcone della cucina al terzo piano, pensavo, come sempre, che mai mi sarei abituato  alla bellezza di Rocca sul Mare neanche se fossi vissuto lì per 1000 anni buoni. Il paesaggio era mozzafiato; il mare era di un colore cosi azzurro acceso che sembrava essere uscito da una tavolozza di un pittore, che si infrangeva sulla alta scogliera. Ah quanti tuffi avevo fatto da lì; proprio io che a stento sapevo nuotare ma che non riuscivo mai a rinunciare a quella scarica di adrenalina che mi procurava stare lì, a quasi 20 metri di altezza, ad osservare le onde che di lì a poco mi avrebbero inghiottito. Pensavo a tutto questo quando sentii mia madre urlare “ Dario dai entra dentro che il caffè si raffredda” manco se ero a un isolato di isolato da lei. Entrai in cucina e dovevo ammettere che il profumo di caffè era invitante e io senza berne un sorso mai e poi mai avrei iniziato la giornata. Oggi era impegnativa la giornata scolastica, 3 ore di storia col professor Ferrante erano paragonabili alla guerra dei cent’anni trà Inghilterra e Francia. Per fortuna poi  sarebbe arrivata una bella oretta di educazione fisica dove poteva stracciare come sempre Vincenzo e Massimo a calcetto inglese dove lui era un portento. Assorto dai miei pensieri stavo rischiando di far tardi, così corsi in camera raccolsi la borsa e filai dritto alla porta pronto per iniziare un’altra  giornata di liceo in quell’uggiosa giornata di novembre. Appena attraversai la strada, all’incrocio tra il distributore della Q8 e la farmacia Visconti vidi Massimo che si accingeva a correre da lui. Massimo era poco più basso di me ed era riconoscibile dal suo immancabile e perfetto pizzetto che portava ormai da un anno, e gli dava un’aria molto matura bisogna ammettere, e dalla treccia che gli scendeva dondolando fino al collo. “ Ehy coglione pronto per un’altra lunga giornata in compagnia del sottoscritto?”  iniziò come sempre in modo ironico Massimo. “ Devo ammettere che anche stare una giornata insieme a te è un ottimo movente per un suicidio” scherzai”. “Risparmiati il suicidio per dopo perché tre ore con quello sembreranno tre autunni” disse con aria afflitta Massimo ma sempre col sorriso sulle labbra. Ecco, era questo che mi era sempre piaciuto di lui, poteva cadergli il mondo addosso ma mai avrebbe rinunciato al sorriso. Era il ritratto della felicità e ammetto che questo mi aveva sempre affascinato e sarei un bugiardo se non ammettessi che un poco lo invidiavo per questa sua caratteristica. Eppure Massimo aveva motivi per non essere felice, orfano della madre da quando aveva 7 anni,  a causa di un tumore alla spalla della giovane donna, era vissuto tutto il tempo con il padre, con cui per sua stessa ammissione non aveva un bel rapporto. Ma non dava mai a vedere di essere triste anche se spesso le persone si abituano così tanto a portare una maschera, che alla fine la modellano sul proprio volto e non riescono più a staccarla via. “Dario a che stai pensando, guarda che bel sole c’è oggi non pensiamo a quelle tre ore tanto passeranno e stasera se ti và ce ne andiamo al cinema tu e Enzo a vedere l’ultimo film di Rambo al cinema”. “Hai ragione Max, ma spero che stavolta il popcorn telo compri e non fai come l’altra volta che dicendo che ne volevi giusto un poco te ne sei mangiato quasi la metà” scherzai anche se era vero. “Tranquillo spilorcio lo compro, non sia mai che il tuo stomaco possa rimanere a digiuno”. Queste erano le tipiche frasi che odiavo. Era vero, tutto si può dire tranne che io sia magro ma era brutto sentirsi offesi dagli amici, perché a sentire offese, risolini dagli estraneii ti ci abitui, soffri ma ti ci abitui, ma sentirselo dire dagli amici è una coltellata che ti trapassa l’anima e ti fa sentire sporco, inutile accanto a loro. Pensavo a questo quando ci trovammo all’ ingresso della scuola. “Bè ecco che inizia un’altra giornata indimenticabile qui nel meraviglioso Liceo Scientifico Galileo Galilei” disse sarcasticamente Massimo. Mai si sarebbe immaginato che quella giornata oltre che ad essere indimenticabile sarebbe stata l’inizio dell’incubo che avrebbe risucchiato lui e i suoi amici.
  
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