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Autore: AlienorJ    22/05/2016    2 recensioni
Giappone, presente. Hikari Tanaka è una ragazza comune alle prese con la difficile scelta di cosa vuole fare del suo futuro. Suo padre, un medico rispettato, vorrebbe che seguisse le sue orme e frequentasse medicina all'università, suo nonno invece vorrebbe che si decidesse ad accettare la proposta di Kenui,un suo compagno di scuola, di sposarlo. Hikaru, dal canto suo, vorrebbe solo girare il mondo. Una sera, sfuggita di nuovo all'appiccicosa presenza di Kenui, trova rifugio in un vecchio tempio shintoista, apparentemente disabitato.
Mentre si aggira tra i vecchi edifici, una luce attira la sua attenzione verso un capanno. All'interno, Hikari trova un vecchissimo pozzo, proprio all'interno del quale scopre un bagliore. Attirata inspiegabilmente verso l'orlo del pozzo, non appena lo raggiunge viene colpita da una forza incredibile.
Da allora, la sua vita cambierà per sempre. Soprattutto dopo l'incontro con un affascinante mezzo-demone alla ricerca della spada di suo padre, la mitica Tessaiga.
Una storia ambientata diversi anni dopo il lieto fine di Kagome e Inuyasha e che vedrà stavolta al centro della scena i loro eredi.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Hikari ormai era ben al di là del panico. Il suo cervello sembrava aver appeso alla porta un cartello “sono in ferie” ed essere partito per le Barbados. La sua mente era completamente in stallo, ed era praticamente l’unico motivo che fino a quel momento le aveva impedito di cominciare a urlare, piangere e disperarsi come una disgraziata nel peggior film splatter di serie C immaginabile. Non riusciva a far altro che guardare quella figura bizzarra che le ringhiava in viso, chiedendosi cosa diavolo stesse guardando. La sua mente si rifiutava di concentrarsi sul pericolo immediato, concentrandosi su dettagli stupidi e non poi così importanti. Per esempio si stava chiedendo se quei canini innaturalmente lunghi fossero un impianto estetico, frutto di una nuova moda. Il fatto che quelle zanne potessero morderla non sembrava importante in quel momento per il suo cervello sovrastimolato.
 - Rispondimi! – urlò ancora il ragazzo.
 - Levati di dosso, lurida bestiaccia puzzolente? – le uscì di bocca, senza sapere neppure dove avesse trovato il coraggio.
 - Lurida…bestiaccia…puzzolente?
Il ragazzo sembrava completamente scioccato da ciò che Hikari aveva appena detto, qualcun altro invece doveva averlo trovato estremamente divertente a giudicare dalla risata cristallina che colse Hikari di sorpresa.
 - A quanto pare il tuo rinomato fascino ha perso colpi, fratellone!
Hikari non riusciva a vedere chi avesse parlato, ma doveva essere stata una ragazza a giudicare dalla voce fresca e gioiosa.
 - Dai, Keiichi, lasciala andare. Non vedi quanto è spaventata? – una figura minuta diede uno spintone al ragazzo che ancora la immobilizzava, aiutandola così a liberarsi.Il ragazzo allora si alzò in piedi con aria risentita.
 - Non abbastanza – disse con tono arrabbiato.
Finalmente Hikari poteva muoversi. Lentamente si alzò in piedi, studiando le due bizzarre figure che aveva davanti. Il ragazzo se ne stava leggermente in disparte, con le braccia incrociate e un broncio snervante riservato tutto a lei. Vestiva uno strano abito rosso, un kimono. La ragazza, di certo non meno stravagante, la guardava con un sorriso caldo e disponibile. Aveva degli strani capelli, alcune ciocche bianche come quelli del fratello, ma per la maggior parte erano scuri, lunghi e vaporosi. Hikari avrebbe ucciso per dei capelli del genere. Gli occhi della ragazza erano di un’intensa sfumatura grigia. Il sorriso, per quanto gentile, era tutt’altro che rassicurante, dal momento che anche lei aveva quegli strani denti spaventosi.
 - Fate per caso parte di una strana setta? Di quelli che credono nei vampiri o cose simili? – chiese Hikari, per nulla sollevata dal non trovarsi più costretta a terra.
 - Cos’è un vampiro? – chiese la ragazza con curiosità.
 - Beh…zanne lunghe, bevono sangue…
 - Che schifo! – esclamò subito la ragazza.
A quel punto calò un silenzio tombale. Cosa doveva fare? Scappare ancora? Non era riuscita la prima volta, difficile ce l’avrebbe fatta la seconda. Poteva magari guadagnare tempo, aspettare che qualcuno la trovasse.
Magari Kenui mi sta ancora cercando… Quel pensiero le mise addosso una tristezza infinita: tanta fatica per sfuggire alle manie di quel pervertito per ritrovarsi a sperare che la trovasse. Quella sera avrebbe fatto meglio a restare a casa a studiare per l’esame di storia della settimana successiva.
 - Mi dispiace se mio fratello ti ha fatto del male – disse a un tratto la ragazza, avvicinandosi di un passo – non era nostra intenzione, devi credermi.
 - Cosa volete da me?
 - Beh, potremmo cominciare col tuo nome.
 - Perché dovrei dirvelo!
Il ragazzo sbottò di nuovo.
 - Stiamo solo perdendo tempo!
 - Smettila! – ringhiò la ragazza.
- Ha addosso il suo odore! Sa qualcosa e non abbiamo tempo per le moine!
 - Certo perché i tuoi metodi finora ci hanno aiutati molto, vero?
Il ragazzo si allontanò ancora più risentito.
 - Scusalo. Non è mai stato un campione in simpatia ma di solito si impegna un po’ di più.
 - Lasciami andare via! – la pregò Hikari.
 - Ma certo! – rispose subito la ragazza – Vogliamo solo che ci dici cosa sai.
 - Su cosa?
 - Su Tessaiga.
 - Non ho la più pallida idea di cosa tu stia parlando.
 - Stai mentendo. – disse il ragazzo tornato accanto a lei – sento il suo odore su di te. Di sicuro l’hai toccata. Qualcosa devi sapere.
 - Te l’ho già detto! – sbraitò allora Hikari – non so cosa sia questa Tessaiga!
 - È una spada – si intromise la ragazza – una spada molto potente.
 - Una spada? – chiese sconvolta – ma che razza di gente siete?
Chi diavolo se ne andava in giro ad aggredire degli sconosciuti farneticando su una qualche spada. Quei due erano pazzi! Pazzi da legare! Doveva davvero tagliare la corda il prima possibile. Doveva mettersi a correre e trovare qualcuno che la aiutasse. Stava per farlo quando qualcosa esplose in mezzo a loro.
Hikari si sentì sbalzare in aria. Stava volando indietro, spinta da non sapeva bene cosa. Vedeva il terreno scorrere sotto di sé, fino a superare la scalinata. Quando fosse atterrata si sarebbe rotta l’osso del collo. Stava per morire. O forse no. Qualcuno la prese al volo e la fece atterrare con leggerezza in fondo alle scale. Il ragazzo l’aveva aiutata. L’aveva soccorsa.
 - Scappa – le disse – va’ via di qui!
E con un unico balzo risalì la scalinata, proprio mentre un urlo di dolore infrangeva il silenzio. Hikari non se lo fece ripetere due volte. Ricominciò a correre, in una direzione a caso. Tuttavia non fece molti metri, un secondo urlo la fece fermare. La ragazza urlava il nome di Keiichi. Hikari si guardava attorno. Possibile che nessuno la sentisse? Possibile che nessuno andasse a vedere cosa stesse accadendo?
Che ti importa?
Infondo, quel ragazzo l’aveva aggredita. Però la ragazza era stata gentile, lo aveva convinto a lasciarla stare. Quel ragazzo, Keiichi, le aveva persino impedito di sfracellarsi su quelle scale, lasciando sola la sorella. L’aveva lasciata andare. Cosa doveva fare?
Ricominciò di nuovo a correre, questa volta verso il tempio. Quando arrivò in cima alla scalinata, ciò che vide le fece gelare il sangue nelle vene. La ragazza imbracciava un arco, tendendolo verso qualcosa che non aveva mai visto prima. Sembrava un serpente, ma era gigantesco e invece della testa aveva un busto umano. Le mani avevano degli artigli degni di una barbona ultracentenaria e il volto umano era sfigurato, spaventoso.
Era impossibile. Doveva avere delle allucinazioni. Non esistevano mostri simili al mondo.
Keiichi assaltava il mostro a mani nude, urlando e ringhiando con ferocia. Il mostro lo derideva e gli urlava contro, dicendogli di dargli Tessaiga. Possibile che ce l’avessero tutti con questa dannata Tessaiga?
La ragazza scoccò una freccia che purtroppo mancò il bersaglio. Il mostro allora le assestò un colpo di coda che sbalzò di vari metri, proprio accanto a lei. Hikari la soccorse subbito chiedendole se stesse bene.
 - Che ci fai ancora qui!
 - Io…
Ma non fece in tempo a rispondere. Un altro colpo di coda le colpì entrambe. Mandando la ragazza a sfondare la parete di un capanno di bambù e lei a rotolare in una piccola aiuola piena di erbacce. Mentre riprendeva fiato dopo il colpo, Keiichi le arrivò accanto e la aiutò ad alzarsi.
 - Ti avevo detto di andartene.
 - Ditemelo ancora una volta e me ne vado sul serio! 
Keiichi la guardò con sorpresa e qualcosa che si avvicinava vagamente all’approvazione. Un istante di distrazione che gli costò caro. Il mostro lo afferrò e lo scaraventò contro un albero, avvolgendolo con tutto il tronco tra le sue spire. Keiichi era in evidente difficoltà. Il mostro gli impediva di respirare.
Hikari doveva fare qualcosa. Doveva aiutarlo. Senza sapere bene cosa fare cominciò a correre verso di lui. Era a metà strada quando sentì la voce della ragazza richiamare l’attenzione del mostro. Aveva di nuovo l’arco teso e pronto a scoccare. Ciò che però non aveva visto, era che Keiichi era stato intrappolato, il mostro le bloccava la visuale. Se il mostro si fosse spostato, la freccia avrebbe colpito il fratello, senza che potesse evitarlo.
 - Ferma! – urlò Hikari, ma la ragazza era completa concentrata sul tiro.
Tutto avvenne in pochissimi istanti. La freccia fu scoccata e il mostro, con un sorriso, la scansò. La giovane, che già si preparava a scoccarne una seconda, si accorse troppo tardi del proprio errore. La freccia puntava direttamente su Keiichi. Hikari, spinta dall’istinto, si fiondò verso di lui. Mentre si dava dell’idiota per quel gesto senza senso, si strinse al ragazzo, chiedendosi se le avrebbe fatto tanto male una freccia conficcata nella schiena. Aspettò, ma il dolore non arrivò.
Azzardò uno sguardo alle sue spalle, e la freccia era ferma a mezz’aria, che spingeva verso qualcosa di invisibile, un alone azzurrino che li circondava.
 - Ma cosa…
Keiichi la guardava stupefatto.
Prima che potesse dirle qualsiasi cosa un secondo bagliore. La ragazza aveva approfittato della confusione che Hikari aveva generato per scagliare un'altra freccia verso il mostro ancora distratto. La freccia, avvolta da una luce rosata si conficcò nella fronte del mostro che subito dopo si disintegrò.
Era finita. Così come l’adrenalina nel cervello di Hikari, che sentì le gambe cederle.
Che diavolo era successo? Perché non era stata trafitta? Ma soprattutto…che diavolo le era passato per la testa? Perché lo aveva fatto?
 - Dobbiamo andarcene di qui – disse la ragazza – potrebbero arrivarne altri e siamo troppo riconoscibili.
Il ragazzo si inginocchiò accanto a Hikari e con un tono molto più dolce rispetto a quello che le aveva riservato fino a quel momento, le chiese se c’era un posto dove potevano nascondersi.
 - Perché dovrei aiutarvi? – gli disse.
 - Un po’ tardi per fare la scontrosa, non ti pare?
Touché.
 - A casa mia. Mio padre non c’è e mio nonno è in vacanza fino alla prossima settimana.
 - Dov’è questa casa?
 - Dall’altra parte della città.
 - Andiamo.
La aiutò ad alzarsi e con passo deciso si avviarono verso casa di Hikari. Probabilmente un’altra pessima idea, ma ormai per quella sera Hikari aveva rinunciato a capire qualcosa di ciò che stava accadendo. Sperava solo fosse un pessimo incubo e si sarebbe svegliata presto.
 
 
I due ragazzi facevano davvero uno strano effetto sul divano bianco di pelle del suo soggiorno. Si guardavano attorno, lui con diffidenza, lei con un grandissimo sorriso curioso ed entusiasta. Hikari aveva servito loro del the freddo, ma nessuno dei due aveva ancora bevuto neanche un sorso. Keiichi lo annusava sospettoso, la sorella invece era troppo occupata a chiederle informazioni riguardo a qualsiasi cosa vedesse nel suo appartamento. Ciò che l’aveva colpita più di tutto era il telecomando delle luci. Ma chi non ne aveva mai visto uno?
 - Forse – esordì Hikari, raccogliendo un po’ di coraggio – dovreste spiegarmi un po’ di cose.
 - Direi che è il minimo che possiamo fare, sì. – ammise la ragazza.
Il ragazzo invece si limitò a sbuffare, meritandosi uno sguardo di rimprovero da parte della ragazza accanto a lui.
 - Io mi chiamo Izumi – rispose gentilmente la ragazza – mio fratello invece Keiichi. Veniamo dall’altra parte del pozzo.
A Hikari scappò una risata. Dall’altra parte del pozzo! Che assurdità! Izumi la guardò confusa.
 - Perché ridi?
 - Perché è assurdo.
I due ragazzi si guardarono confusi.
 - Tu…non sai nulla del pozzo mangia ossa? Non sei della famiglia Higurashi?
 - Mi dispiace, ma no.
 - Allora che ci facevi al tempio? – chiese sospettoso Keiichi.
 - Ecco…è un po’ imbarazzante…mi stavo nascondendo.
 - Nascondendo?
 - Sì, da un ragazzo che mi assilla. È una lunga storia.
Non troppo in realtà, ma l’ultima cosa che voleva fare era ammettere con due perfetti sconosciuti che la sua vita sentimentale era patetica quanto una soap opera scartata.
 - In quest’epoca i ragazzi sono così pericolosi? – chiese colpita la ragazza – Mamma non ce ne aveva mai parlato.
 - Tsk! Sfido io che ha preferito restare con papà.
Hikari non aveva capito una sola parola.
 - Vostra madre viveva in città? – chiese loro.
 - Proveniva da qui, sì. Proprio dal tempio, in effetti. Era una Higurashi e quando ti abbiamo vista là pensavamo che fossi una nostra cugina o magari una lontana parente.
 - Oh.
Il suo tono di voce doveva aver espresso non poco disagio, perché entrambi i ragazzi si irrigidirono sul divano.
 - Sai qualcosa della nostra famiglia? – le chiese Keiichi.
 - So solo ciò che sanno più o meno tutti. Circa sette anni fa una strana epideia si è diffusa in città. È durata solo tre giorni ma sono morte moltissime persone. La famiglia Higurashi è stata una delle prime famiglie ad essere colpita.
 - No. – sussurrò Izumi.
 - Mi dispiace.
 - Sono tutti morti. – disse ancora la ragazza.
 - In realtà, no.
I due ragazzi si voltarono a guardarla. In attesa.
 - Non sono sicura. Anch’io sono stata colpita dal virus, sono stata tra i pochi miracolati, e allora non ho prestato molta attenzione agli altri contagiati. Comunque, da ciò che ricordo un solo Higurashi si era salvato, un uomo, Sota, mi pare, ma da quel che so se ne è andato da molto tempo. Il tempio è in stato di abbandono da allora.
Keiichi si alzò e lasciò la stanza. Dovevano essere davvero molto legati alla loro famiglia, ma se così era come potevano non sapere nulla di ciò che era accaduto? L’epidemia e il caso della famiglia completamente spazzata via dal virus avevano avuto risonanza a livello nazionale.
Izumi fissava il pavimento.
 - Keiichi era l’unico di noi ad aver conosciuto lo zio Sota, e i nonni. Io e gli altri miei fratelli, purtroppo non ne abbiamo avuto l’occasione. Sapevamo che molto probabilmente erano tutti morti, ma non potevamo non sperare che qualcuno fosse sopravvissuto. Speranza che si è fatta più forte quando abbiamo visto che il sigillo del pozzo era stato spezzato.
 - Ascolta – la interruppe Hikari – non ho idea da dove voi veniate, e non sono del tutto sicura di volerlo sapere, ma questa storia che voi venite dal pozzo è davvero assurda. Non vi aspetterete che vi creda, vero?
Izumi stava per rispondere ma Keiichi la anticipò.
 - Non ci importa a cosa credi. Vogliamo solo che ci dici cosa è successo, poi continueremo per la nostra strada e tu potrai tornare a scappare dal tuo ragazzo.
 - Non è il mio ragazzo! – si lamentò Hikari – E non ho idea di cosa vogliate sapere da me.
 - Eri là – disse Izumi – al pozzo, e Keiichi sente l’odore di Tessaiga su di te. Devi aver visto qualcosa. Magari chi ha rotto il sigillo. Solo nostra madre o qualcuno che aveva Tessaiga avrebbe potuto far riaprire il passaggio del pozzo mangia-ossa. Visto che…è impossibile che sia stata nostra madre…Tessaiga doveva essere davvero vicina.
 - Mi dispiace…ma io non ho visto proprio nessuno. Stavo per andarmene quando una luce mi ha attirata al pozzo. Mi sono sentita come se qualcosa mi attirasse verso il fondo, mi sono spaventata e così ho cercato di scappare ma tuo fratello mi ha fermata.
 - Tutto qui? - insistette Izumi.
 - Tutto qui. 
 - Quindi davvero non sai nulla.
Hikari si limitò a scuotere la testa. Keiichi si aggirava per la stanza furioso mentre Izumi lo guardava preoccupata.
 - Scusate – chiese ancora Hikari – quella cosa che abbiamo visto al tempio…che cos’era?
 - Un demone.
 - Dici sul serio?
 - E cosa pensavi che fosse?
 - Onestamente non lo so, ma i demoni non esistono.
Quella frase congelò i fratelli all’istante. La guardarono come se fosse impazzita.
 - Cosa c’è?
 - E cosa pensavi che fossimo noi? – chiese Keiichi andando a sedersi vicino a lei.
 - Dei tossicodipendenti con evidenti problemi di dipendenza da chirurgia estetica?
 - Siamo mezzi-demoni. – rispose Izumi con una risata.
Hikari la guardò stranita e confusa. Infondo quella sera ne aveva viste di cose strane. Forse…
 - Da dove pensassi arrivassero le orecchie?
- Quali orecchie?
E Izumi si indicò un paio graziosissimo di orecchie nere da cane che sbucavano dai suoi magnifici capelli sulla sommità del suo capo. Un paio identico ma completamente bianco si muovevano invece sulla testa di Keiichi. Non sapendo resistere all’impulso, Hikari allungò le mani per accarezzare quelle del ragazzo accanto a lei.
 - Oh, ma sono adorabili!!!
 - Ehi! Giù le mani!
Izumi scoppiò a ridere e cominciò a raccontare a Hikari, che sembrava finalmente disposta almeno a concedere loro il beneficio del dubbio, la loro storia. Le raccontò che lei e suo fratello venivano dall’epoca Sengoku e avevano aspettato per anni che il pozzo si riaprisse, in modo da recuperare la mitica spada di loro padre, Inuyasha, un mezzo-demone che si era innamorato di una semplice umana proveniente da un’epoca futura. I loro genitori erano morti per difendere il loro mondo e prima di morire, Kagome, la madre, aveva nascosto Tessaiga nell’epoca dalla quale proveniva, la stessa di Hikari, per evitare che finisse in cattive mani e aveva sigillato il pozzo che collegava i due mondi.
Hikari ascoltava rapita mentre Izumi raccontava, incapace di immaginare qualcuno disposto a morire per le ragioni che avevano spinto la famiglia di Izumi e Keiichi a sacrificarsi. E faceva altrettanta fatica a immaginare qualcuno disposto a rinunciare a tutto per amore. Ad Hikari non veniva in mente neanche una persona che sarebbe mai stata disposta a morire per lei. Neppure suo padre o il nonno.
 - Cosa farete ora? – chiese a Keiichi.
 - Hai detto che Sota è sopravvissuto. Forse lui saprà dirci qualcosa di più preciso riguardo a dove nostra madre possa aver nascosto Tessaiga. Mamma e papà erano venuti in questa epoca, appena prima di morire. Cominceremo da lì.
Hikari non sapeva più cosa pensare. Non poteva negare tutto ciò che aveva visto quella sera. Il demone, il pozzo. Gli stessi Izumi e Keiichi che le stavano di fronte. Che fosse tutto vero? Che Keiichi fosse davvero un mezzo-demone del passato uscito da un pozzo mangia-ossa? Le sembrava assurdo, eppure Hikari non avrebbe saputo dare altre spiegazioni più convincenti per tutto ciò che aveva visto.
Stava preparando per i due fratelli del cibo e aveva dato loro dei vestiti per farli passare inosservati, nonostante le lamentele di Keiichi che non voleva separarsi dal suo appariscente kimono rosso. Una volta cambiati e sistemati li avrebbe salutati, probabilmente per sempre. Un po’ le dispiaceva. Izumi le piaceva, col suo sorriso spontaneo e l’infinita curiosità. Keiichi, beh, non sapeva ancora bene cosa pensare di lui.
Fu proprio il ragazzo ad arrivare per primo in cucina. per lui aveva rimediato un paio di vecchi jeans di suo padre e una felpa dei suoi tempi dell'università.
 - Odio questi vestiti – ringhiò.
 - Possibile che tu debba ringhiare sempre per tutto.
 - Io non ringhio! – ringhiò ancora, ma si ammorbidì, vedendo Hikari che tratteneva una risata.
 - Come hai fatto a non notare le orecchie? Le notano sempre tutti. – chiese mentre giocherellava con una confezione di merendine al cioccolato.
 - Sarà che in quel momento era troppo concentrata sulle zanne. Non sei stato molto carino, appena mi hai incontrata.
Keiichi distolse la propria attenzione dalle merendine che stava annusando e la squadrò.
 - Forse in effetti dovrei ringraziarti.
 - E per cosa?
 - Per avermi protetto da quella freccia. Non so come tu abbia fatto, ma sarei stato nei guai se non fossi intervenuta.
Hikari restò senza fiato. Non solo Keiichi sembrava sinceramente riconoscente, ammettendo di aver avuto bisogno di aiuto, cosa che Hikari sospettava facesse molto di rado, ma la guardava con uno sguardo che non aveva nulla della furia o della diffidenza con cui l’aveva guardata fino a quel momento. Aveva uno sguardo quasi dolce, più simile a quello della sorella.
Fortunatamente non fu obbligata a rispondere, perché Izumi entrò come un tornado in cucina esultando felice.
 - Hikari! Queste vesti sono bellissime!!! Voglio vestirmi sempre così d’ora in poi.
La ragazza aveva indossato i suoi shorts di jeans ma aveva ignorato la maglietta e doveva aver ripescato dal suo armadio un vecchio top che suo nonno le aveva regalato un anno prima ma che non aveva mai osato indossare. Aveva sempre pensato che suo nonno condividesse una certa vena perversa con Kenui. Nessun nonno con un minimo di pudore avrebbe mai comprato un pezzo di tela così succinto a una nipote. Ma Izumi sembrava apprezzarlo molto. Dopotutto era più alta di lei di almeno dieci centimetri e aveva il fisico di una campionessa olimpionica. Una ragazza come lei avrebbe potuto permettersi di indossare qualsiasi cosa.
Keiichi si richiuse nel suo mondo e Izumi si legò una bandana intorno alla testa, di modo da coprire le orecchie canine.
 - Sei così gentile, Hikari. – le disse la ragazza – Vorrei tanto che venissi con noi.
 - Non è una buona idea. – si intromise Keiichi – è pericoloso.
 - Ma se ti ha salvato il culo oggi!
Keiichi divenne paonazzo.
 - Sei tu che devi imparare a mirare quando tiri, invece di scoccare a caso. E io non ho bisogno di nessuno che mi salvi il culo! Me la sarei cavata…come sempre! – e infuriato se ne andò dalla cucina.
E tanti saluti ai ringraziamenti sentiti.
 - Non farci caso! – le disse Izumi una volta rimaste sole – Ha un gran brutto carattere! Mamma diceva sempre che aveva preso tutto da papa!Hikari sorrise.
 - Comunque, sarebbe davvero bello se venissi con noi. – ripeté ancora la ragazza – Potresti almeno aiutarci a trovare Sota. Tu conosci questo mondo molto meglio di noi, risparmieremmo molto tempo.
Hikari lanciò uno sguardo indeciso all’uscio della porta dal quale Keiichi se ne era appena andato.
 -  Non so – rispose titubante – non credo che a tuo fratello vada bene. In realtà non credo di andargli molto a genio.
 -  Stai scherzando? Certo che gli vai genio! Non lo vedevo comportarsi così bene da quando ancora c’era mamma a tenerlo in riga.Hikari aveva seri dubbi a riguardi. È vero che l’aveva ringraziata, ma a parte quelle poche parole che si era prontamente rimangiato proprio davanti a lei neppure due secondi dopo averle dette, non aveva fatto altro che annusarla in maniera strana, aggredirla e darle della bugiarda.
 -  Io non so…
 -  Dai, vedrai che non ti darà fastidio! Lo obbligherò a comportarsi bene! La mamma mi ha insegnato come fare una volta, basterà trovare un rosario.
 -  Un rosario?
 -  Ah, non ti preoccupare! – disse con ancora più energia del solito – Ci penseremo a tempo debito.
Non poté aggiungere altro. Izumi mi trascinò nella mia stanza per aiutarmi a fare i bagagli, sotto lo sguardo irritato del fratello che chiaramente non aveva apprezzato di essere stato completamente scavalcato riguardo alla partecipazione di Hikari nel viaggio. Sua sorella certo non gli alleggeriva l’amaro boccone dal momento che continuava a prenderlo in giro rimproverandolo per il suo cattivo umore e chiamandolo cagnolone puzzolente, riferendosi a come Hikari lo aveva chiamato quando l’aveva aggredita. Cosa che lo faceva arrabbiare ancora di più, ma Izumi continuava a ridere e a divertirsi e prenderlo in giro.
Hikari si sentiva un po’ in colpa, per quei brutti appellativi che aveva usato con lui. Certo, erano stati più che appropriati visto che lui le aveva fatto perdere dieci anni di vita per lo spavento, però non era vero che puzzava. Anzi, Hikari doveva ammettere che Keiichi aveva un odore davvero buonissimo. Però Izumi aveva ragione: vedere Keiichi scaldarsi tanto per quella sciocchezza era uno spasso e quando la sorella si girava e pensava di non essere visto, Hikari lo aveva scoperto ad annusarsi sotto le ascelle per assicurarsi che non stesse puzzando sul serio.
 -  Puzzare, io – lo sentiva lamentarsi, borbottando – ho un fiuto formidabile, se davvero puzzassi me ne accorgerei. Stupida di un’umana! Chissà che razza di tanfi annusa in questa epoca. Non c’è nulla che non vada nel mio odore.Hikari tratteneva una risata e tornava a dedicarsi a Izumi che la copriva di domande. Lo faceva in continuazione. Senza sosta.
Una volta preparato un zaino anche per lei, Hikari e i due fratelli venuti da un’altra epoca uscirono di casa.
 -  Bene – esordì Hikari – ora prendiamo un taxi.
 -  Che cos’è un taxi? – chiese pronta Izumi.
 -  Una specie di veicolo a noleggio – ma vedendo che i due ragazzi non sembravano cogliere il senso delle sue parole aggiunse – un mezzo di trasporto, fatto per spostarsi velocemnete sulla strada.
 -  Come una carrozza – tentò Keiichi.
 -  Esatto! Solo senza cavalli.
 -  Ma se non ci sono i cavalli, chi tira il taxi?
 -  Niente. Voglio dire, si muove grazie a un motore che converte l’energia di una piccola esplosione in un movimento.
 -  Sono forse demoniaci, questi motori? – chiese Izumi un poco preoccupata.
 -  Molte donne pensano di sì-Chiaramente Izumi e Keiichi non colsero la battuta e la guardarono tra il preoccupato e il sospettoso.
 -  Lasciamo perdere. Tranquilli, non sono pericolosi.
Meglio non accennare alle statistiche sugli incidenti stradali.
 -  E dove ci porterà questo taxi?
 -  In un luogo dove si va quando si cercano risposte.
 -  Da una sacerdotessa? – chiese Izume titubante.
 -  No…in biblioteca
   
 
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