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Autore: Tormenta    22/05/2016    3 recensioni
[Destiel | 6.3k parole]
Chiusa la parentesi "Apocalisse" e riabbracciato Sam a seguito del suo insperato ritorno dalla gabbia in cui s'era gettato, Dean Winchester si ritrova a fare i conti con tutt'una serie di questioni meravigliosamente complicate. Castiel è una di queste.
Dal testo: Cas [...] si limita a scrutarti come se fossi il rebus più complicato del mondo; è assorto, e per qualche secondo ti dedica tutta l’attenzione di cui è capace. E la cosa non ti fa vibrare sin dentro le ossa (tranne per quell’istante in cui lo fa).
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sesta stagione
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[Contesto: prima parte della sesta stagione – post Apocalisse, Sam senz’anima; niente riferimenti a episodi/plot in particolare; Lisa e Ben se ne sono andati dopo che Dean è tornato a cacciare.]
 
 

 

Scintille
 
 

 
 
        Avevi pensato che dopo l’Apocalisse non ci sarebbe stato più niente, che avresti per sempre appeso al chiodo le armi e i sacchetti di sale come avevi promesso di fare. Che con Lisa sarebbe durata. T’eri illuso, e l’avevi fatto col cuore a pezzi, perché Sammy era intrappolato nella gabbia con Lucifero e Michele senza alcuna speranza di uscirne. Poi, però―

        Era tornato. E ancora non ti pare vero, che respiri e stia bene e sia decisamente non incastrato all’inferno; ma non poteva essere così semplice. Figurarsi, quando mai le cose sono semplici, per i Winchester? Perché era tornato, sì, ma a metà. A metà, come tu t’eri sentito per un anno intero, vestendo i panni d’un uomo alle prese con una sconosciuta normalità.
        Comunque sia, un Sam senz’anima è meglio di nessun Sam, su questo non si discute. E in fondo cacciare, aiutare le persone, i lunghi viaggi in macchina, tra il sangue e le contusioni – anche tutto quello è meglio. Meglio di una vita normale, s’intende; non perché lo sia davvero, quanto perché perlomeno, così, non devi mentire a te stesso. Non devi dirti che sei riuscito a lasciarti tutto alle spalle, che non ti preoccupi più; non devi fingere di non aver nascosto una pistola o un coltello sotto al cuscino. Così è meglio, perché anche se è un’esistenza che fa schifo, è ciò a cui sei abituato. È ciò che sei. Ed è un po’ come tornare a casa.
        Ma ci sono tante cose di cui occuparsi. Recuperare l’anima di Sam è solo la prima d’una lunga, lunga lista; lista della quale scorri per l’ennesima volta mentalmente le voci, mentre in quell’anonimo bar dalle luci soffuse mandi giù bicchieri d’alcool amaro.
 

        Quasi, neanche ti accorgi che da un momento all’altro Sammy ti è comparso accanto: s’è poggiato stancamente al bancone, sbuffando con aria stanca. Non gli dici nulla, e lui ordina una birra.
        «Dean» ti chiama, serio, stringendo la bottiglia fredda tra le dita «di cosa confabulavate tu e Castiel, prima?»
        Vi ha visti, dunque. Probabilmente dalla finestra della camera del motel. T’irrigidisci, pensando che vi sareste dovuti allontanare di più, che avreste dovuto cercare qualche angolo più appartato, e che maledizione, perché non l’avete fatto?
        Esiti a rispondere, in cerca d’una mezza verità che non abbia troppo il sapore d’una bugia, e Sam fa in tempo a riprendere parola.
        «Se avessi una storia con lui me lo diresti, vero?»
        La sua voce è amara; è quella di chi prova a fare una battuta per stemperare la tensione ma sa in partenza che fallirà miseramente. È come se avesse intuito ogni cosa, come se sapesse perfettamente quanto poco ritieni di poterti fidare di lui e volesse fartelo ammettere. Come se volesse farti capire che non gli piace essere escluso, e che non lo tollera. Potresti voltarti e guardarlo dritto negli occhi, ora; approfittarne per chiarire, e oh quante cose dovreste dirvi, ma―
        «Cosa
        Quella domanda, appena stridula e parecchio spaesata, è tutto ciò che riesci a scandire, perché Una storia? Con Cas? Ma che―?
        «Oh, allora sei ancora capace di parlarmi» borbotta Sam, tra il saputo e il piccato.
        «Così sembra. Ma come ti vengono certe uscite?»
        «Rilassati. Ti stavo solo provocando». Beve un sorso di birra, riversando sul collo della bottiglia, in un soffio, un insinuante e a malapena udibile «Anche se, uh―» accompagnato da un’alzata di sopracciglia che non si cura di motivare.
        Per un istante, lo detesti e lo guardi storto.
        Sei sul punto di ribattere, quando lui riapre bocca per dire: «Comunque, ti ho fatto una domanda. Di che parlavate?»
        Al che, scegli di fargliela passare liscia e «Di cose» rispondi, cupo.
        «Cioè?»
        «Guerra civile in Paradiso».
        Sembra crederti. O forse non ti crede; te la dà vinta senza insistere e basta. Non puoi esserne certo, perché quest’uomo troppo alto che ti affianca al contempo è e non è tuo fratello.
        Ti chiedi se immagina che, poco prima, nel parcheggio del motel, nell’imbrunire della sera che avanzava, tu e Castiel, a pochi passi dall’Impala, avevate parlato proprio di lui.
 

        «Sei turbato». Aveva asserito l’angelo, monocorde.
        «Già. Sai com’è, l’anima di mio fratello è ancora in una fottuta gabbia col diavolo. Novità in proposito?»
 

        Nessuna novità, no. Ragion per cui, dopo che Cas era sparito in un battito di ciglia e d’ali, t’eri rifugiato in quel bar e nei bicchieri di liquore che l’insegna prometteva – decisione che ora, tra Sam che s’ostina a lanciarti occhiate in tralice e l’alone caldo che t’avvolge promettendo d’evolversi in un mal di testa coi fiocchi, vorresti non aver mai preso.
 
 
 
 
 

        Di chiacchierate private con Castiel continui a farne. D’altronde, tu stesso gli hai domandato di riferire le informazioni più rilevanti prima a te che ad altri, e parlare con lui di mostri e guerre e anime all’inferno è meno orribile di quanto non dovrebbe. Questo, forse, perché di Cas sei convinto di poterti fidare.
        Riallacciare i contatti con lui è uno degli aspetti più positivi dell’essere tornato in pista come cacciatore. Insieme a Bobby e a quel che resta di Sam, infatti, Cas è tutto ciò che hai. È famiglia. E averlo attorno ti conforta.
 

        «Ai piani alti come va?» gli chiedi una volta, mentre vi concedete il tempo di riprender fiato dopo aver chiuso un caso.
        «C’è ancora caos».
        «Gli angeli… muoiono?»
        «Sì. C’è chi prova a mettere ordine, ma― è inefficace».
        Per un attimo, cala il silenzio. «Non― non farti ammazzare».
        «Ci proverò, Dean».
 

        E tu non sei mai stato il tipo di persona che si confida, non ti viene per nulla naturale, ma con Castiel è appena un po’ più facile. Forse perché può letteralmente leggerti dentro, e quindi non è eccessivamente messo alle strette dalla tua allarmante costipazione sentimentale.
        Quando parlate di Sam, della sua anima, capisce (nella tua testa è tutt’un rabbia paura ansia determinazione) senza che tu debba spiegare nulla. E sa sempre quali parole usare.
        «Non so cosa devo fare, e non lo sopporto. Devo trovare un modo―»
        «Lo troveremo».
        Frustrato, annuisci perché non c’è nulla di meglio che puoi fare. «E rimetterò insieme i pezzi».
        «Non ho dubbi che lo farai, Dean. Sei un buon fratello maggiore».
 

        Non sapresti dire fino a che punto sia preoccupante, o in ogni caso strano, il fatto che il vostro parlare sottovoce minacci ogni giorno più del precedente di diventare per te una dipendenza. È una questione a cui cerchi di non far caso. E se riesci ad ignorarla, è solo perché sai che quando Castiel compare, quando lo chiami, non ti viene (e non ti verrà mai) negata un’altra dose.
        «Posso rubarti cinque minuti?»
        «Certo. Sai che mi piace quando passiamo del tempo insieme, Dean».
 

        Piace anche a te. Dio, se piace anche a te – a volte vorresti esser capace di dirlo ad alta voce. Di dire che i vostri momenti ti fanno star bene, che hanno un effetto catartico; che sono una cosa così giusta, così piccola, così semplice, che non hai nemmeno timore a credere di meritarli.
        Pensare questo ti riempie d’una paura a metà tra l’adrenalinico e il paralizzante. È una sensazione tanto forte, tanto destabilizzante, che non sei affatto certo di esser pronto a metterla a fuoco.
 
 
 
 
 

        Non sempre riuscite a sfuggire ai radar di Sam. A volte, stanchi o scombussolati o di fretta, nemmeno ci provate più, visto che Tanto, sa già che lo facciamo. C’è da dire, però, che esser colti sul fatto ancora non ti va giù; ti mette un pochino a disagio.
        Ad esempio, qualcosa dentro di te incespica quando, dopo avervi sorpresi a discutere, tuo fratello butta lì: «Se volevate restare da soli per un po’, bastava dirlo».
        Devi sforzarti per trattene la colorita espressione di stupore che preme per sgusciarti fuori dalle labbra e, coi muscoli tesi, impieghi cinque secondi buoni a mettere a fuoco che No, okay, aspetta Sam non ha ti lanciato un’altra frecciatina insinuando che ci sia qualcosa tra te e Cas. Non necessariamente. Può esser stata solo una tua fuorviante impressione; un’impressione da cancellare. Chissà perché diamine l’hai avuta, per altro – non è che tu abbia mai fatto pensieri su quella faccenda. Ci mancherebbe.
        Insomma, quando Sam inarca un sopracciglio con aria giudicante sei ancora immerso nelle tue frammentarie elucubrazioni. E finisci col non ribattere in alcun modo a ciò che lui ha detto; ti limiti ad alzare gli occhi al cielo e a procedere per la tua strada, aggirandolo sulle note d’un versetto turbato.

        Ma davvero, a quella cosa non hai mai pensato. Non l’hai fatto.





        O l’hai fatto?
 
        Cominci a chiedertelo con più insistenza quando, dal nulla, Castiel smette di farsi vedere e di rispondere. E sin dal primo momento in cui realizzi che è svanito, che c’è un vuoto nelle tue giornate, inizi a perdere gradualmente il controllo.
        Pare che Sam, per quanto senza metro e senza misura per via del suo vuoto spirituale, capisca che c’è qualcosa che non va. Probabilmente capisce persino più di te, come se potesse intravedere nella tua persona qualcosa che tu stesso non noti (o che non vuoi notare).
        Non vuoi parlargliene. In perfetto stile Dean Winchester, seppellisci tutto quanto sotto strati di Occupiamoci della creatura di turno, Abbiamo un’anima da recuperare e Niente sentimentalismi, grazie.
 

        Tuttavia, ad un certo punto, almeno a te stesso non puoi più nasconderlo: Castiel ti sta scombussolando. Ma dannazione, come potrebbe non scombussolarti, quando senza avvisare sparisce per quelle che nel mentre sono diventate settimane intere?
        Ignora le preghiere. Ignora voi. Ignora te.
        E d’accordo, è impegnato. Lui fa cose in Paradiso, perché a quanto pare tra le nuvole è tutto un casino e dovrete occuparvene, presto o tardi; ancora non sai come di preciso, ma farete la vostra parte. Come sempre. Adesso, però― adesso sarebbe carino ricevere qualche notizia. Basterebbe anche solo un “ehi, non preoccupatevi, non hanno ancora fatto a cubetti il mio fondoschiena piumato”. Invece, niente.
        La cosa ti fa ribollire il sangue, e Sam lo sa. Lo sa perfettamente.
 

        «Non fare la fidanzata ansiosa» ti dice una volta, mentre nella stanza del motel in cui siete capitati lavora al computer in cerca d’informazioni riguardo a certi omicidi su cui cercate di far luce in quei giorni.
        Tu, in piedi davanti alla finestra con la bocca piena di merendine comprate al volo al negozio all’angolo, corrucci la fronte e tendi i muscoli. Vorresti tanto non aver afferrato ciò a cui Sammy si sta riferendo, ma in realtà hai capito; hai capito benissimo, perché prima avete tirato in ballo il nome d’un certo sacro pennuto del Signore e in quell’esatto momento, di colpo, un patologico fremito t’aveva colto. Così hai iniziato a trangugiare del cibo spazzatura per tenerti impegnato. Per non riflettere troppo. Per non pensare al peggio.
        Non puoi reprimere il Maledizione, Cas che ti attraversa la mente, ma l’orgoglio brucia troppo per essere scavalcato. E allora «Di che cavolo parli?» è tutto quello che riesci a scandire tra un boccone e l’altro.
        Sam rotea gli occhi e sospira, senza smettere di premere tasti. «Secondo te di cosa parlo?» Lascia passare un attimo di silenzio, poi aggiunge, con un filo di voce: «Sono certo che sta bene. Ora smetti d’ingozzarti, quella roba è piena di conservanti».
 

        E succede che ha ragione. Non sui conservanti – cioè, sì, anche su quelli, ma insomma― ha ragione riguardo Castiel.
        Sta bene. Ve lo ritrovate davanti in un covo di vampiri, durante una battuta di caccia rivelatasi ben più intricata del previsto; ancor prima di salutare, non si fa scrupoli a sporcare la lama angelica che tiene nascosta nella manica per aiutarvi ad uscirne vivi.
        Poi, e solo poi, con del sangue a macchiargli il viso e la giacca, vi rivolge (ti rivolge) un cenno. «Ciao, Dean» proferisce, «Sam».
        Tu, stanco e dolorante e fuori fase per la faccenda dei vampiri – non ti hanno azzannato, no. Grazie a Dio – respiri rumorosamente e ti afflosci nelle spalle. Le sillabe ti scivolano fuori dalla bocca senza chiedere il permesso: «Dio, Cas. Potrei baciarti in questo momento».
        In te non c’è alcuna malizia. È solo lo sfogo rincuorato d’un uomo che non è appena morto, che non ha morsi indesiderati addosso e che rivede finalmente un amico scomparso– davvero. Sei innocente; non hai né detto, né pensato nulla d’assurdo. Nulla per cui Sam possa credere che valga la pena di scoccarti una delle sue occhiate basite che strillano Sul serio? – eppure, è proprio una quelle che intercetti. E quasi ci rimani male.
        Raddrizzi la schiena e deglutisci, sentendo il bisogno di giustificarti. Ma no, ti dici, non devi. Non hai fatto nulla di male.
        Sbirci nella direzione di Cas e okay, lui è rimasto impassibile. Non sai interpretarlo, ma non importa; è tutto nella norma.
        Sam, però, testardo e ostinato, in quel silenzio che ti sembra essersi pericolosamente dilatato, continua a pungerti con lo sguardo. Quindi, parli: «Che c’è?» ma non ottieni alcuna replica.
        Almeno finché lo stesso Castiel non ti fa eco: «Che c’è?» chiede anche lui, il capo appena chinato da una parte.
        Mugugni sommessamente a mo’ di protesta, mentre Sam scrolla le spalle come per discolparsi. «Niente» sbotti poi, e ti rendi conto che è strano, perché è quasi come se avessi risposto a te stesso. Mentendo, tra l’altro.
        Ma Cas sembra non farci caso. Si limita a scrutarti come se fossi il rebus più complicato del mondo; è assorto, e per qualche secondo ti dedica tutta l’attenzione di cui è capace. E la cosa non ti fa vibrare sin dentro le ossa (tranne per quell’istante in cui lo fa).
        Abbozzi un mezzo cenno che nemmeno tu sapresti decifrare, e un battito di ciglia più tardi non c’è più alcun paio d’occhi celesti (di provenienza e di fatto) a scandagliarti l’anima: Castiel, con la testa china, ha preso a dir qualcosa riguardo alla mezza dozzina di corpi stesi a terra. E non c’è da stupirsi – è un angelo del Signore, non può di certo perder troppo tempo a decodificare insignificanti silenzi ed altrettanto insignificanti rebus umani.
        (Non che tu sia deluso. Per niente.)
        Ma― quasi certamente, Cas non ti ritiene insignificante. E questa convinzione è incredibilmente sufficiente a spronarti a fare lo sforzo necessario a restare concentrato sul lavoro e ad aspettare per chiedere: «Che fine avevi fatto?»
        La risposta che ottieni, un modesto «Mi dispiace. Ci sono state turbolenze in Paradiso», non ti soddisfa appieno. Ti accontenti, però, perché in fondo l’importante è che Castiel sia ancora tutto intero; tuttavia, non gli risparmi il «La prossima volta, prima di sparire per settimane, avvisa» di circostanza.
 

        E poi― poi, più tardi, quando, soli, state per risalire sull’Impala per mettervi in cerca d’un letto per la notte, metti in chiaro le cose con Sam. O almeno, ci provi.
        «Si può sapere cos’era quello
        «Quello cosa?»
        «Quella faccia. Prima. Dopo i vampiri, con Cas». Non appena termini la frase, ti penti d’averla formulata e ammetti che, forse, sarebbe stato meglio lasciar cadere l’argomento come se nulla fosse mai accaduto. Ma è tardi per far certe considerazioni; hai già agito d’impulso spronato dal pizzicore che lo sguardo di Sam ti aveva trasmesso.
        «Oh. Ah―» mugugna lui, alzando le sopracciglia e sgranando gli occhi; la sua espressione urla: Non è ovvio? Esita prima di borbottare, scimmiottandoti: «Potrei baciarti in questo momento». Poi fa spallucce, sembra riflettere per un secondo e continua, armato d’un’irritantissima onestà: «Per un attimo ho pensato che l’avresti fatto davvero».
        E ― sarebbe stato decisamente meglio dimenticare l’episodio ed evitare d’infognarsi in quella conversazione. Ma di nuovo: è troppo tardi per rimediare. Quindi ti limiti ad affondare in un mare d’indisposizione (e non di imbarazzo. Dean Winchester non s’imbarazza).
        «Cosa?» sbotti, allucinato «Ma che― Come ti viene in mente? Io― No». Dovresti negare con più enfasi, supponi; infervorarti e mettere i puntini sulle i. Ma non lo fai, perché le parole ti s’incastrano in gola (e non manchi d’odiare te stesso per questo).
        «Smetti di tormentarmi con questa storia» riesci a biascicare a seguito d’un antipatico silenzio, gli occhi fissi a terra.
        «Tormentarti? Ma se―» ribatte Sam, nel tentativo di dire che, in realtà, di allusioni di quel tipo ne ha fatte ben poche; ma l’interrompi.
        «Non voglio più sentirla, chiaro?» E mentre lui, perplesso, alza le mani in segno di resa, tu sali in macchina.
 

        Stai accarezzando il volante ed il motore è già partito, quando ti rendi conto che di frecciatine riguardanti quella faccenda, più che da Sam, ne hai ricevute da te stesso. Da quegli stupidi pensieri che ti invadono la testa.
        Non vuoi pensarci, e premi deciso il piede sull’acceleratore.
 
 
 
 
 

        Con o senz’anima, il tuo fratellino è un tipo sveglio. Quindi, sa d’aver sfiorato un tasto dolente, sa che in te c’è un cavo elettrico pericolosamente scoperto. Che sappia o meno anche come gestire la questione, però, è tutt’un’altra storia.
        Probabilmente, crede di saperlo. Ma si sbaglia: non lo sa. E ne hai la riprova dentro l’ennesimo chiassoso bar di periferia, dove una sera occupate un tavolo mentre indagate su misteriose sparizioni avvenute in zona.
        Con voi c’è anche Castiel (e la cosa non ti fa sentire contento come un bambino a cui sono state regalate delle caramelle. Assolutamente); per l’appunto, il dramma si consuma quando lasci lui e Sam da soli per fare due chiacchiere veloci con un tizio dall’aria sospetta.
 

        «Come va con Dean?» attacca Sam, tastando il terreno con tutta la nonchalance di cui è capace.
        Castiel non fa una piega. «Bene. Mi piace il nostro rapporto».
        «Oh, ehm― sì, bene». Si schiarisce la voce, «Niente di― nuovo, quindi? Tra voi?»
        «No».
        «No? Proprio niente?»
        L’angelo s’acciglia, iniziando a mangiare la foglia. «Qualcosa non va, Sam?»
        Quello tentenna, indeciso sul da farsi; alla fine, dopo aver scoccato un’occhiata a te che, dall’altra parte della sala, sei ancora impegnato a raccogliere informazioni, decide di tagliare corto: «Flirtate» asserisce, senza mezze misure. «Sai, il modo in cui vi guardate, e tutto il resto».
        «Il resto?»
        «Sì, il resto». Si umetta le labbra, prima di spiegare: «Come gli parli. Come lui ti ascolta. Come lo chiami― cioè, come vi chiamate. Quanto parlate e uh― dovreste vedervi quando siete insieme».
        «Lo trovi particolare?»
        «Sì».
        Castiel, tranquillo, china il capo da una parte, gli occhi assottigliati. «Beh, immagino lo sia. Ma non nella maniera a cui tu alludi. Dean non è interessato a me nel modo in cui è interessato alla giovane donna con cui sta parlando adesso».
        Sam non perde tempo a domandarsi come fa l’angelo, che ti sta dando le spalle, a sapere che ti sei allontanato dall’uomo sospetto e che ora, sfoggiando un sorriso dei tuoi, stai chiacchierando amabilmente con una mora tutta gambe al bancone del bar. In fondo, la risposta è già lì – è un angelo. Può e basta.
        «Perché è a questo che alludi, vero?» continua.
        «Uhm― già». Aleggia un momento di silenzio, dopodiché Sam, poggiati i gomiti sul tavolo ed intrecciate le dita delle mani, aggiunge, sfoggiando una calibrata faccia da poker: «E tu, invece?»
        «Io?»
        «Sei interessato a lui in quel modo?»
        Castiel, di primo acchito, sembra esser sul punto di rispondere. Poi, però, si frena: corruccia la fronte, rabbuiandosi e facendosi rapidamente più concentrato, come se qualche pensiero ingombrante l’avesse improvvisamente investito.
 

        Nessuna risposta fa in tempo ad esser pronunciata, perché sopraggiungi tu con un altro giro di birre ed interrompi ciò che era in corso. «Quel tizio mi sembra pulito» butti lì, riprendendo posto sulla sedia, «ma mi ha comunque detto un paio di cose interessanti. Dovremmo andare a parlare con― Cas?» Ti blocchi così, nel bel mezzo d’un discorso serio, perché Castiel sembra perso nel suo mondo e d’impulso ti preoccupi.
        Appena sente che lo chiami, fortunatamente, si riscuote. «Dean?»
        «Cos’hai?»
        Lui stringe le labbra, la fronte ancora corrugata, poi confessa: «Sam mi ha informato che diamo l’impressione di provare un interesse sentimentale reciproco. Stavo riflettendo».
        Coi denti affondati in una guancia e i muscoli tesi, guardi Sam così intensamente che quasi ti pare assurdo non bucargli la pelle. «Come?» sputi mentre tuo fratello boccheggia in cerca di scuse e lancia occhiate di rimprovero a Castiel. Senza pensarci due volte, gli tiri un calcio sotto al tavolo.
        «Ehi!» si lamenta, «Vacci piano!»
        «Sam non sa quali siano i suoi limiti» scandisci, tornando poi a incrociare gli occhi di Cas – e tanto basta a privare la tua voce di ogni forma di fermezza. «Non― non dare importanza a quello che dice. Dà fastidio anche a me».
        «A me non dà fastidio».
        Oh.
        Non sai come reagire. Resti lì mezzo imbambolato, dunque, muovendo a scatti la bocca come a voler formare parole mute.
        «Ah, no?» riesci a soffiare d’un tratto, asciutto.
        «No. Perché dovrebbe?»
        E no, okay, a questo non esiste risposta, inutile cercarla. Non fai altro che deglutire e prendere un bel respiro, allora, e abbassi la testa.
        Sam cerca di appropriarsi di una delle bottiglie di birra che hai appena portato al tavolo, ma gliela neghi mugugnando un severo «Nah-uh»; le berrai entrambe tu, perché lui non si merita la sua e tu invece ne hai uno stramaledetto bisogno – devi riempire il buco che quel Perché dovrebbe? t’ha scavato a tradimento nel petto. E quale miglior candidato dell’alcol per farlo?
 

        Per il resto della serata, un alone d’agitazione ti segue: senti la sua presa allentarsi solo dopo che Castiel se n’è andato, volando via in uno sbuffo.
        Prima di salutarlo, non hai nemmeno preteso la vostra solita chiacchierata privata. Non ce l’hai fatta, perché sei eccessivamente sottosopra – e che non ti si chieda il motivo: non lo sai (o forse lo sai ma vorresti non saperlo).
        «Tutto bene, Dean?» t’interroga Sam, mentre vi sistemate nella stanza che avete appena affittato per la notte.
        «Benissimo».
        «Sicuro? Perché ho notato che con Cast―»
        «No» intervieni prontamente parlandogli sopra, «no. Noi non avremo questa conversazione». Lo minacci puntandogli un indice contro, e poi ti chiudi testardamente in bagno senza lasciargli la possibilità di replicare.
 
 
 
 
 

        Queste cose non fanno per te. Ogni volta che ci provi, che dai una chance a te stesso, qualcosa va storto. Le persone ti abbandonano, come molti anni prima aveva fatto Cassie, o, come Lisa, sono costrette a fuggire perché quello che fai e quello che sei è pericoloso.
        E anche se non vorresti che fosse così, anche se faresti di tutto per poter cambiare le cose, la verità è che sta succedendo di nuovo: mirando pericolosamente ad aree del petto che non vorresti sapere assediate, qualcuno ti è entrato sottopelle  quel qualcuno è Castiel. 
        Solo a pensare il suo nome un caldo spillo ti punge e davvero, non hai idea di come sia successo. Forse è una malata co-dipendenza, forse è perché ti offre il conforto di cui hai bisogno, o forse sei solo un idiota.
        Cas è come un fratello e soprattutto è un angelo, con l’immortalità e le ali e il resto; quindi cazzo, sulla carta è tutto maledettamente sbagliato. Folle. Insensato. Eppure― cambiando prospettiva, le motivazioni si ribaltano.
        Proprio perché è come un fratello, sai che non cercherà di ferirti. Che farebbe l’impossibile per salvarti – diamine, è letteralmente sceso all’inferno per te, e questo prima ancora di conoscerti davvero. Sai che lo rifarebbe a occhi chiusi. Poi, sai anche che la tua natura, la tua vita – l’avere a che fare col soprannaturale, cacciare – non possono che unirvi, perché lui è soprannaturale. Le battaglie che hai combattuto tu in un’intera esistenza, Apocalisse a parte, lui probabilmente sarebbe capace d’affrontarle in una sola settimana.
        Ma non conta; non conta che sia tutto al contempo così sbagliato e così giusto; non conta nulla, perché Cas di certo non può essere interessato a questo. Non sul serio. Non con tutti gli annessi e connessi che ciò comporterebbe.
        Oppure, magari, c’è una possibilità. Onestamente, non sai quale dei due scenari temere di più: ti terrorizzano entrambi allo stesso modo, stritolandoti la cassa toracica e alimentando una rabbia che non puoi che riversare su te stesso.
 
 
 
 
 

        Passano i giorni, e con Castiel le cose si fanno scomode e tristi; scosso dalla convinzione d’essere incapace di gestire emozioni di quel tipo rivolte a lui, scappi – a stento riesci a sostenere il suo sguardo e cerchi di parlargli non più dello stretto necessario.
        Fai esperienza di una delle peggiori crisi di frustrazione che tu abbia mai avuto la sfortuna di dover attraversare.
 
 
 
 
 

        Scopri di che morte morirai (figurativamente. Preferisci evitare di morire materialmente, tante grazie) durante una giornata particolarmente calda.
 

        Insieme a Sam, sei appostato in macchina in attesa che il demone a cui state alle calcagna faccia un passo falso. O che perlomeno esca dalla maledetta casa in cui è entrato ormai più di dieci minuti fa – se non avete ancora fatto irruzione, è solo perché temete che di bastardi, là dentro, ce ne sia ben più d’uno.
        È di tuo fratello l’idea di chiamare Cas per chiedergli di darvi una mano. In principio protesti, perché Possiamo cavarcela da soli, ma poi rivedi le tue priorità e D’accordo, Sam, non hai altra scelta che capitolare.
        Bastano una preghiera e una telefonata per far comparire un paio di chiappe angeliche sui sedili posteriori dell’Impala. Subito, ora che siete in tre, scambiate chiacchiere tecniche sulla minaccia che con buona probabilità si cela dietro la facciata della modesta casa di periferia che piantonate.
        Di tanto in tanto, ti capita d’incrociare gli occhi di Castiel nello specchietto retrovisore: ogni volta, t’irrigidisci e un brivido sottile ti attraversa, spingendoti a distogliere lo sguardo in fretta e furia.
        È stupido, il tuo comportamento – così stupido. Lo sai e te ne vergogni, eppure non riesci ad agire diversamente.
        Quando finalmente optate per sfondare la porta e stanare i demoni, e scoprite che sì, decisamente ce n’è più d’uno, il tutto si fa ancora più pazzesco: diventa stupido all’inverosimile, perché dopo aver infilzato un paio di mostri con gli occhi neri ed averne rispediti all’inferno alcuni altri, tu e Castiel vi ritrovate a scrutarvi con aria concentrata e il mondo si congela. Ci siete solo voi che vi osservate senza proferir una parola, e davvero non hai idea di che faccia stai facendo perché un gran rimestarsi di sensazioni ti ha completamente in pugno – un’ondata di fastidio e una stretta tiepida t’hanno travolto, e sei a dir poco in subbuglio.
        Hai l’impressione che ti stia scannerizzando l’anima. E oddio, forse è proprio così; non sei certo di volerlo sapere.
        D’un tratto, Sam spezza la magia. «Ragazzi. Non è il momento» soffia con tono freddo, tenendo le orecchie tese per captare i rumori che risuonano tra i muri. Ti fa un cenno e , pensi, Ha ragione. Senza perder altro tempo, allora, con le dita saldamente avvolte attorno al manico dell’unica lama nel vostro arsenale che può dare il benservito alle forze demoniache, avanzi verso le scale che portano al primo piano.
 

        Castiel, pur tenendoti d’occhio a distanza, sussurra qualcosa in direzione di tuo fratello. «Anche questo è considerato flirtare, Sam?»
        Lui, seguendo i tuoi passi e assicurandosi che tu non possa sentire, sbuffa: «Sì». Parla aspramente, perché sul serio, non è il momento, ma a Cas pare importare ben poco.
        Tant’è che aggiunge, analitico: «Uhm. Quindi può essere anche spiacevole».
        Sam sospira, concedendosi di rispondere solo quando, ormai in cima alla rampa di scale, dal fondo del corridoio tu gli fai segno che le stanze sono pulite. «No, non― non dovrebbe esserlo. È che Dean è― Dean».
        «Oh». Tutto concentrato, Castiel medita brevemente tra sé e sé. Poi concorda: «Sì, lui è― diverso».
        E molto probabilmente stanno intendendo cose differenti, ma non hanno occasione di appurarlo; all’improvviso, infatti, un demone che non avevi visto t’attacca alle spalle ed entrambi, decisi, gli s’avventano ferocemente contro, accantonando le distrazioni.
 

        Quando uscite dalla casa, siete consapevoli d’aver fatto anche oggi il vostro lavoro. E siete soddisfatti – tranne Sam. Lui sembra vagamente scocciato ed impensierito.
        «Ora, voi due chiarirete» asserisce una volta raggiunta la macchina, indicando te e Cas. «Insomma, là dentro vi siete bloccati. Dovete parlare, non ne posso più». Si passa una mano tra i capelli, stanco, e né tu, né Castiel cogliete l’occasione per dargli torto. Perché ha dannatamente ragione. «Io torno al motel a piedi. Ci vediamo là».
        Prima di girare i tacchi e prendere ad allontanarsi a passi lunghi, ti scocca un’occhiata affilata – occhiata che non riesci ad interpretare, perché di colpo hai anche lo sguardo di Cas addosso e Dio se pesa. Deglutisci, voltando il capo per affrontarlo faccia a faccia.
        «Dean» mormora, posato, per poi subito prendersi una pausa; pare ponderare quali parole usare.
        Tu alzi le spalle e inspiri profondamente, ripetendoti che malgrado tu abbia poca, pochissima voglia di affrontare quella conversazione, non puoi fuggire. Che il tuo atteggiamento alteri le performance della vostra squadra, infatti, è palese, e potrebbe essere pericoloso. Non potresti mai perdonarti se qualcosa andasse storto per causa tua, quindi, per il bene di tutti, devi rompere il muro d’omertà. O almeno fare un tentativo.
        «Quello che dice Sam è vero» prosegue Castiel. «Il tuo comportamento mi deconcentra. Non sono certo di capire; ti ho forse fatto un torto?»
        «No, tu―» ti mordi la lingua, «no, Cas. È tutto a posto».
        Lui continua a fissarti con aria assorta. Non batte nemmeno le palpebre e sei abbastanza sicuro che una cosa del genere dovrebbe risultare piuttosto inquietante; a te, però, non dispiace – non dispiace affatto. Ma non vuoi soffermarti sul particolare, perché hai ben altro da considerare. La tensione palpabile, ad esempio, o il fatto che entrambi sapete che c’è qualcosa di non detto che preme per venire a galla – e che in particolare preme dietro le tue labbra.
        Che Castiel taccia, forse, significa che sta aspettando che trovi il coraggio d’esprimerti. E se è così, allora, qualcosa devi per forza dire.
        «Mi― mi dispiace» ti sforzi di biascicare tra i denti, il viso tirato in un’espressione amareggiata. «Ho del casino in testa, ma abbiamo questioni più importarti di cui occuparci. Lasciami perdere».
        «No» prorompe Castiel (e la sua voce ti riverbera nel petto); s’acciglia tempestivamente ed s’incupisce come se si fosse offeso. Poi, pare perdersi nuovamente nelle riflessioni – fa vagare gli occhi, esita, ridistende i tratti del volto e infine torna a trafiggerti lo sguardo col suo e oh, quel blu. Ti ci sei già smarrito dentro, quando afferma: «Flirtare con te è molto più piacevole, quando riesci a parlarmi normalmente».
        Blackout mentale per un attimo.
        Cosa?
        È― è una battuta?
        Se è così, se sta scherzando, allora diavolo, è un bel traguardo: gli avete insegnato bene; se invece è serio― diavolo (di nuovo), non sai come processare la situazione.
        Ti schiarisci la voce stando attento a non strozzarti con la saliva, e tentenni. Quasi, ti pare d’esser tornato ad essere un impacciato dodicenne: t’affanni e ti umetti le labbra, trovando alquanto difficile mettere in pratica il Sii disinvolto che ti rimbomba nella mente.
        «Cas» sussurri, a metà tra il perplesso e lo sbalordito «tu― uh». E non vai più avanti di così. Non ci riesci.
        Al che, Castiel sembra avere un’intuizione. «È questo che ti turba? Flirtare?» chiede, raddrizzando fieramente le spalle. «Possiamo smettere, se lo desideri. Anche se― dovrai dirmi come fare».
        Il suo tono è neutro – non ti fornisce indizi su ciò che lui desidera, su ciò che significa quello che sta dicendo. Ergo, non ti è d’aiuto.
        «Tu― uhm. Cas, tu sei―» borbotti, incerto, arrampicandoti sugli specchi «sei sicuro di sapere che vuol dire flirtare?» Ha definito piacevole farlo con te, ma forse… forse non attribuite alla parola lo stesso peso. «Sei certo di sapere cosa― cosa comporta?»
        «Forse non sono un esperto di emozioni umane, ma ti prego, Dean, non insultare la mia intelligenza».
        Di nuovo, non ti è d’aiuto. Dannazione, imprechi tra te e te, stringendo i pugni – cosa dovresti dirgli, adesso?
        Vorresti solo poter scappare, rinnegare per sempre quanto emerso sinora e seppellire l’argomento sotto chili e chili di repressione. Perché la vita t’ha reso fottutamente cauto in materia di sentimenti, e hai l’impressione che qualsiasi mossa, ora, condurrà inevitabilmente alla rovina. Insomma, non può essere altrimenti. Non è possibile che Castiel stia dicendo quello che sta dicendo con cognizione di causa – sarebbe troppo semplice.
        Dov’è la fregatura?
        Assottigli le ciglia come per cercarla meglio, ma comunque non la trovi. E allora vai completamente in confusione.
        «Dean».
        Sussulti.
        «Sei agitato».
        Sbuffi e alzi lo sguardo al cielo, perché Grande deduzione, Sherlock sei senza dubbio fuori di te; ma ancora t’ostini a non proferir verbo. Almeno, sinché non ti passi una mano sul viso, imponendoti di recuperare una briciola di contegno, e non riesci chissà come a bisbigliare, tenendo gli occhi rigorosamente fissi a terra: «Tu sei― serio
        Dubbioso, Cas aggrotta la fronte, come domandando quale altra interpretazione potrebbero mai avere le sue parole. Poi risponde: «Sì».
        «Quindi, vuoi―» ti blocchi, mugugnando e gesticolando distrattamente «vuoi che noi―»
        «Credo di poter dire che mi piacerebbe».
        Senza che tu te ne renda conto, il tuo respiro si fa appena più profondo e il tuo battito appena più rapido.
        Sta succedendo davvero? Lui― io―
        Come quello, ogni tuo pensiero è tronco. Non sai se è perché sei allibito, o perché un lato di te muore di paura; forse entrambe le cose. Fatto sta che tutto quello è reale – frammentario e ben poco esplicito, ma reale. Devi dir qualcosa, quindi, o magari fare qualcosa; insomma, non puoi restar immobile a sprofondare nel caos, non ti è concesso.
        «O-okay» butti lì – e oddio, il silenzio sarebbe stato mille volte meno patetico di quell’uscita.
        Ma Castiel, apparentemente, non se ne cura. «Okay» conferma facendoti eco, e per un secondo ti sembra di scorgere in lui una confusione simile alla tua.
        «Sì, hm― okay». Maledizione, smetti di ripeterlo. «Okay». Cazzo.
 

        Ed ecco, quella è la morte di cui morirai: che quell’angelo del Signore sappia trasformarti in un totale imbecille con poche sillabe è la tua condanna. Ed è una condanna terrificante, e dolce, e splendidamente incasinata e non sai come gestirla (o, per quel che vale, come gestire te stesso).
 

        Finisci col risalire sull’Impala a seguito d’un paio d’altre parole raffazzonate, con le quali hai il più gentilmente possibile congedato Cas –perché , da bravo vigliacco quale sei, gli hai detto che poteva andarsene, sebbene vederlo sparire fosse l’ultimo dei tuoi desideri.
        È che hai bisogno di tempo, principalmente per scendere a patti con te stesso e per ruzzolarti quieto nel panico che t’è esploso dentro.
 

        Mettendo in moto l’auto, ti rendi conto che ti tremano le dita delle mani.
 
 
 
 
 

        Incredibilmente, da lì in poi, la situazione migliora.
        Non tornate in argomento, perché Castiel a quanto pare vuole flirtare con te e dovresti decisamente pretendere più informazioni a riguardo, ed esporti, e metterti in gioco, e no, non sei ancora pronto per quello – ma Cas come sempre sembra capire. Non ti mette alcuna fretta; intanto, piuttosto, ristabilite la vostra normalità.
        Guardarvi negli occhi e discutere di faccende serie (e non) a poco a poco non risulta più così difficile, e ricominciate a trovare (a cercare) tempo per parlare in privato. (Ti era mancato farlo. Un sacco.)
 

        È alla chetichella, che le cose si fanno ancor più sciolte – a piccoli, minuscoli passi, vi muovete verso una meta a cui ogni giorno di più senti di poter dare un nome (anche se non lo fai mai. O almeno, mai ad alta voce).
        (Quel nome è relazione. Con molti pseudo e circa e non-del-tutto-ufficiale davanti, ovviamente.)
 
 
 
 
 

        Capita che ti chiedi con quali meccaniche s’evolverà tutto quello. Se ci sarà mai una prima mossa concreta, chi la farà – a rigore di logica, l’onore dovrebbe spettare a te, considerato che apparentemente sei tu quello che detta il ritmo, e che quindi sta facendo aspettare entrambi.
        Ti domandi come agirai, invece di farlo e basta. Fantastichi. E dopo ogni fantasia, ti rendi conto d’essere tanto così più vicino al lasciarti andare, perché lo sai – sai che ad un certo punto dovrai cedere, che non riuscirai a sopportare gli sguardi intensi ed elettrici di Cas e le frecciatine di Sam all’infinito. Fremi, perché sai che ci sarà la goccia che farà traboccare il vaso; goccia che potrebbe arrivare in qualsiasi istante.
 

        Anche in quel momento, dopo che Castiel ha raggiunto te e tuo fratello nella biblioteca in cui state facendo noiose ricerche (annunciato dal battito d’ali che ha fatto volar via i fogli che avevate radunato sul tavolo); anche dopo che ti ha detto, con tono basso e scrutando il tomo che stai consultando: «In quello non troverai nulla di utile».
        Anche dopo che scherzi, ribattendo: «Non potevi comparire, che ne so, un quarto d’ora fa, e dirmelo prima che ne sfogliassi la metà?»
        L’ultima goccia potrebbe senza dubbio travolgerti mentre vi scambiate la lunga, densa occhiata che segue quelle battute; un’occhiata che da parte dell’angelo sembra al contempo di rimprovero ed interrogativa, e che invece da parte tua esprime parole che non sai identificare ma che ti piacerebbe saper pronunciare.
        Potrebbe sorprenderti mentre Sammy, dopo aver fatto saettare lo sguardo tra te e Castiel un paio di volte, borbotta sfrontato, alzandosi in piedi: «Io vado a cercare altri libri, voi continuate pure ad amoreggiare via Bluetooth».
        Ecco, potrebbe accadere adesso – adesso, sulle note del provocatorio «Già. Continuiamo, Dean» di Cas, che parla così anche se probabilmente non ha idea di cosa sia il Bluetooth; adesso che ti senti il petto vibrare. Adesso potresti fissarlo ancora un po’ e poi scattare e sporgerti e tirarlo per l’immancabile cravatta blu e stampargli un bacio sulla bocca.
 

        Chissà che faccia farebbe. 
        
Alla sola idea, deglutisci e sogghigni e soffi: «Prima o poi ti pentirai di avermi provocato».
        Cas solleva impercettibilmente un angolo delle labbra, come compiaciuto. «Io non credo, Dean».










 
 
 
Angolo di Tormenta

Salve, gente! Volevo giocare un po’ con la coppia Dean/Castiel, ma era la prima volta per me, perciò ho optato per un racconto tranquillo e senza pretese, 
per far pratica. Spero d’aver fatto un lavoro quantomeno decente con le caratterizzazioni. :) Mi farebbe molto piacere e mi aiuterebbe sapere cosa ne pensate.
Grazie per aver letto sin qui! Un bacio,
T. ♪
   
 
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