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Autore: Audrey_Ntray    22/05/2016    6 recensioni
Hinata aveva sempre immaginato qualcosa di diverso per se stessa. Quando guardava le donne percorrere le strade di Konoha con in braccio i loro figli, si diceva sempre "un giorno quella sarò io" e ne sorrideva, come solo una ragazza sa sorridere alla prospettiva del futuro. Ma a volte il destino ci colpisce dove fa più male.
[NaruHina - One-Shot - What if? - Storia scritta nel 2012]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki | Coppie: Hinata/Naruto
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la serie
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·        OOC: mi sento di fare un piccolo appunto sulla questione. È la prima volta che tratto di una relazione fra questi due personaggi, non so come possano essere venuti. Tuttavia, nel mio immaginario orgoglioso, sono entrambi piuttosto IC, considerandoli in un età più matura – non manco di indicarlo nel testo con rimandi velati –, che nella mia mente corrisponde circa alla trentina.

·        È una storia che osa, e tocca un campo che sento lontano anni luce, non avendo mai sperimentato qualcosa che anche vagamente si avvicina alla questione. Ho cercato comunque di fare del mio meglio, tentando l’immedesimazione nel dolore di una donna che deve accettare se stessa.

·        Un ultimo appunto, utile al fine della comprensione: dattebayo, come ben saprete, di per sé non vuol dire niente, è solo un rafforzativo che Naruto piazza ogni dove. Ho sfruttato tuttavia, in questa fan fiction, la traduzione del termine che fanno in inglese con ‘Believe it!” cioè “Credici!”.

·        La poesia usata - evidenziata in corsivo nel testo - è di Leonard Cohen: “Il vero amore non lascia tracce”.

Buona lettura.

 

 

 

 

Ombre di fiori sul corpo

 

 

Come la bruma non lascia sfregi

Sul verde cupo della collina

Così il mio corpo non lascia sfregi

Su di te e non lo farà mai

 

Naruto la culla, quella donna distrutta, ne tiene il corpo contro il suo, l’accarezza piano, come può, goffo di mani che non sanno dove toccare. Hinata piange, ha il volto giovane gonfio di una sofferenza silenziosa, schiavo di occhi arrossati dalla perdita. Cerca di essere forte, la ninja che è sempre stata: ha combattuto, lei, dato se stessa alla battaglia, al villaggio e a Naruto. Eppure sente così ingiusto quel dolore nel ventre, che le contrae lo stomaco e lo strizza, avvolgendo le viscere in nodi stretti.

“L’ho perso.” dice, e ha le gote rosse, di una vergogna matura, una vergogna che parla di donna.  Naruto le accarezza la testa, spera di fare la cosa giusta, mentre le dita districano una ciocca e scendono fin sulla schiena. Si sente colpevole quanto lei, ma dissimula, come ha sempre fatto con il proprio dolore, perché sono entrambi forti, lo sa, si sono sorretti sulle loro gambe per un tempo che sembra infinito. Supereranno anche questa, come tutto quello che è venuto prima, e ricorderanno questo giorno come quello in cui il loro primo figlio non ha aperto gli occhi.

“Va bene così, ‘ttebayo” non si è mai sentito così stupido, con quel ttebayo mozzato fra i denti. Un giorno crederà di nuovo, ma ora non può. È tempo di chiudersi nella sua bella teca di sorrisi forzati, di speranze che hanno il sapore di un frutto rancido. Hinata, però, vuole credere davvero. Ha bisogno di andare avanti, con la mente e con il cuore.

Le sfugge un singhiozzo e stringe i pugni sulla felpa di Naruto – arancione, così caldo e vivo. Ha l’odore familiare di casa.

Forse può permettersi solo un’altra notte, solo un’altra per piangere il suo bambino morto.

 

Oltre le finestre nel buio

I bambini vengono, i bambini vanno

Come frecce senza bersaglio

Come manette fatte di neve

 

Si è svegliata che il sole non è ancora sorto e l’aria è fredda e nera fuori dalla finestra. Deve preparare la colazione, ma ha il cuore pesante e gli occhi stanchi, le dita intorpidite, senza il sangue che scorre. Sente una strana confusione nella testa, come carta che si accartoccia e legna che scoppietta. E fuori, che corrono lungo una strada ancora deserta, ci sono dei bambini. Hinata ne sente le risa attutite dal vetro, hanno il sapore dolce dell’infanzia, della voglia di superare se stessi. Uno si ferma in mezzo alla strada, solleva il braccio e punta un dito al petto. Le parole le giungono ovattate, non le riconosce, solo un brusio cacofonico. Lui ride, una ragazzina gli salta addosso e lo getta a terra. Un pugno sulla testa - non troppo forte, solo per il gusto di contraddire - e corrono via: fantasmi nelle strade silenziose. Era anche lei così, un tempo, sveglia prima dell’alba per le più futili missioni di ragazzina. Adesso è tutto andato, come i capelli corti e la felpa grande.

Si stringe nella vestaglia, un alito di vento gelido passa sotto la seta, e l’accartocciarsi si fa assordante. La testa si scalda, il cuore le preme contro il torace.

Vede suo figlio, nei bambini che corrono. L’ha immaginato così tante volte, orgogliosa di essergli madre, che ora, quando l’oscurità distorce la percezione, ne riconosce i capelli biondi e aggrovigliati, il sorriso negli occhi, il corpo che fugge. Sono solo ombre, spiriti passeggeri confusi fra le sagome dei cespugli. E lei è pazza di una pazzia d’amore per ciò che non ha mai preso forma viva.

 

 Il vero amore non lascia tracce

Se tu e io siamo una cosa sola

Si perde nei nostri abbracci

Come stelle contro il sole

 

Naruto si è ripromesso di regalarle il mondo. Se potesse, ora, lo infiocchetterebbe di rosso e d’oro per metterlo nelle sue mani. Non è romanticismo, ben lungi dalle sue possibilità definire il significato della parola, ma quel senso di necessità che l’ha sempre spinto a proteggere ciò che c’è d’importante. Hinata, in un momento indefinito negli anni, è diventata per lui il bisogno da inseguire. I suoi ultimi ricordi, quelli felici, li ha con lei e si sente anche un po’ scemo per questo: lui, che ha sempre pensato solo al titolo di Hokage, ora è perso nel volto di una donna e quando le sorride, a volte, arrossisce pure, sfregandosi con una mano i capelli già arruffati.

La guarda seduta sul divano, tiene sulle gambe un libro e lo legge con lentezza: gli occhi che accarezzano le righe e una mano stretta in grembo. Lo ricorda gonfio, com’era pochi giorni fa, e sente una sottile puntura sottopelle che lo percorre tutto. Sta soffrendo, Hinata-chan, la ragazzina dal volto rosso d’imbarazzo. Non arrossisce più ora, ha dentro troppi pensieri per preoccuparsi della vergogna. Naruto, per la prima volta, prova il folgorante senso d’impotenza delle situazioni disperate. Le siede solo vicino, con quel suo fare un po’ molle, un po’ incurante, e le passa un braccio attorno alle spalle, così, giusto per renderla partecipe della sua presenza.

Hinata, con gli occhi rivolti al libro, sorride.

 

Come una foglia cadente può restare

Un momento nell'aria

Così come la tua testa sul mio petto

Così la mia mano sui tuoi capelli

 

Ha provato, con Naruto, ad avere un altro figlio. Lo hanno fatto con cautela e con il terrore vivo in ogni gesto. Si sono stretti le mani nell’amplesso, hanno ansimato rochi e letto negli occhi la paura di un nuovo dolore. Hinata credeva fosse solo una questione di tempo e ritmi, forse qualcuno stava dicendo loro di aspettare, presto sarebbe arrivato il momento.

È stata una visita da Tsunade a rivelarle il contrario e le labbra di rossetto, che le tolgono ogni speranza di famiglia, le vede ancora muoversi lente e piene di rammarico. Sa che in quel momento pensava a Naruto, suo fratello e figlio, che non avrà eredi perché sua moglie non può dargliene. Si sente una donna fallita, ora, con l’oppressione dell’incapacità che le flette le spalle. Non ha il coraggio di parlarne con Naruto per distruggerlo ancora.

 

C’è un cammino disseminato di sofferenze nelle loro vite, un altalenante flusso di negatività che sembra volerli strappare alla speranza. Hinata lo guarda con la vergogna di una donna che non sente più la sua femminilità. Ha un grembo sterile che di figli non potrà mai portarne, per quanto lo desideri, e Naruto non vedrà mai la nascita del suo sangue in un altro corpo. Se ne vergogna, ma questa volta non arrossisce: il volto è una cinerea maschera di auto-compatimento e delusione.

“Non importa.” le parole di Naruto la spaventano. Non ci sono tremore, incertezza e neanche il più vago sentore di falsità nella sua voce. È un tono tranquillo, che si accompagna a un’alzata di spalle, come se si trattasse di una questione minore. “E adesso che c’è per cena?” le chiede guardando con cipiglio contrariato la tavola ancora sparecchiata.

Hinata resta immobile, lo osserva mentre entra in cucina, segue i suoi movimenti con gli occhi assottigliati e bassi. Non ha quasi la forza per reggersi e il respiro calmo di Naruto le entra dentro come  vento gelido.

“E se prendessimo del ramen? È un sacco di tempo che non lo mangiamo.” è la brillante costatazione, fatta con tono pensoso e sguardo al soffitto. Che stia fuggendo dalla realtà? O forse non si rende conto del problema, pensa Hinata.

La verità è che a Naruto va bene così: vivere con lei gli basta. Ha avuto tempo per pensare - lo ha fatto a lungo, in notti passate a stringerla e a stringere se stesso. Sarebbe sciocco dire che un figlio non lo avrebbe voluto: se lo immaginava anche lui lo scalpiccio veloce lungo i corridoi, il pianto fastidioso di bambino. Avrebbe voluto amarla quella parete di sé in un altro corpo, ma va bene anche così, non importa. Potranno comunque pensare poi a una soluzione. 

Hinata, per ora, è tutta la famiglia di cui ha bisogno.

 

E molte notti resistono

Senza una luna, senza una stella

Così resisteremo noi

Quando uno dei due sarà via, lontano

 

È la prima volta che Naruto esce in missione dopo la notizia e Hinata, in quella casa troppo grande per una sola persona, si sente avvolta dalle ombre dei mobili nella notte. Non ha superato niente. Cerca di farlo, si convince che può tornare alla vita, ma resta immobile e fragile nella sua forza di donna a metà. La luce che filtra dalla finestra illumina di bagliori stanchi la camera e il corpo di lei, nascosto sotto coperte sottili. Spera che Naruto torni, con la sua confusione ancora infantile e le mani grandi e callose a carezzarle la testa. Immagina di posarsi sul suo petto, di lasciarsi scaldare dal calore buono dell’uomo che ama, ma sono solo illusioni fatue che le chiedono di resistere ancora un po’.

“Un'altra ora” si ripete nei battiti del cuore che accelerano e rallentano, seguono il ritmo delle foglie del melo fuori dalla finestra. “Solo un’altra ora e poi tornerà” ma le ore, di cui si convince, sono in realtà giorni e il loro sussurro le si infiltra nella mente. Hinata aspetterà comunque, com’è sempre stato, e quando Naruto entrerà dalla porta con un urlo stanco, saprà che anche una parte di lei è tornata a casa.

 

 

 

 

 

Questa fan fiction ha partecipato al NaruHina Contest [IV^ Edizione]

 

 

Avevo postato questa fan fiction anni orsono, al tempo in cui aveva partecipato al contest di cui sopra. Ne vado orgogliosa in un modo inconcepibile. A me Naruto e Hinata insieme neanche piacciono, ma questa, anche anni dopo la sua prima stesura, continua a essere la mia fan fiction preferita.

Ormai è costretta a essere una What if?, un futuro inconcepibile, dati i nuovi e molto più allegri risvolti del manga – e tra l’altro non ho mai minimamente pensato che una situazione del genere potesse realizzarsi nel canon.

Ho deciso di riproporre questa storia per amore – perché ne sono davvero innamorata, ogni volta che la rileggo un po’ di più. Quindi grazie a tutti coloro che l’hanno letta/riletta e apprezzata almeno un pochettino. Mi sento una mamma orgogliosa.

Audy

 

 

   
 
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