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Autore: sasusakusara7    22/05/2016    10 recensioni
Il mondo è vasto, l'eternità è infinita, ma lui affronterà tutto e tutti per ritrovarla ed infine salvarla, anche se il prezzo fosse doverla riconquistare ogni volta...
Sasusaku con accenni Naruhina, Shikatema, Saiino e Nejiten.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Shikamaru Nara | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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NdA: Eeehm… O-ok… sono riuscita a far passare cinque mesi senza aggiornare… Il livello di auto-disgusto ha superato la soglia critica -.-‘ A mia (solo parziale, lo so) scusante, questi mesi sono stati ferocemente frenetici, e spesso mi sono ritrovata a poter dormire solo un paio di ore per far fronte ai tanti, troppi impegni… Ma non ho mai dimenticato questa fanfiction, e appena ho avuto un attimo di respiro mi ci sono “fiondata”. Il capitolo che ne è venuto fuori è un “mostro” di quasi 12000 parole, ma per questioni di trama non potevo spezzarlo… non ne sono completamente soddisfatta, ma probabilmente non lo sarò mai. Diciamo che è una sorta di compensazione per tutti i mesi di assoluto silenzio, ecco! ;)
Solitamente porgo i miei ringraziamenti a fine capitolo, ma questa volta voglio ulteriormente sottolineare la felicità provata quando ho visto che qualche anima impavida ha aggiunto questa mia storia tra le preferite e le seguite anche dopo mesi che non pubblicavo… Grazie. Di. Cuore! <3
Ed ora, vi auguro una buona lettura!

Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto (bravissimo Kishimoto-sensei!); questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 

 
Capitolo 11
 
 
Dopo l'avvenuta rappacificazione tra Ino e Sai, Naruto era entrato nella sala e si era unito alla comitiva, gettandosi sulla sua compagna ed abbracciandola calorosamente, e a Sakura era scappato un appena accennato sorriso nel veder arrossire la mora, che fino a quel momento si era dimostrata pacata e tranquilla. Mentre continuava con le sue dimostrazioni d'affetto, l'Uzumaki si era voltato verso di lei di scatto, con un'espressione raggiante sulla faccia ed un ghigno benigno che rischiava di diventare pericolosamente contagioso.
- Allora, Sakura-chan, hai conosciuto la mia Hinata? Non è forse una creatura meravigliosa, come ti avevo detto? Eh?! - c'era una gioia genuina nella sua voce, quasi il biondo fosse realmente soddisfatto di vederla lì con loro.
- N-Naruto-kun, per favore, calmati... - l'imbarazzo della Hyuga era arrivato a colorarle collo ed orecchie – Ti pare il caso-
Sakura la interruppe bonariamente: - No, ha ragione. Sei davvero una creatura meravigliosa. Grazie mille per tutte le spiegazioni che mi hai fornito -
- Ah, quindi, Hinata ti ha detto tutto... - Naruto parve esitare, come se quella notizia lo avesse un po' rattristato.
- Tranquillo, stupidone, io ed Hinata non siamo delle sciocche. La parte fondamentale preferiamo sia il Supremo Musone a raccontargliela... sempre se trova il coraggio... - a quel punto la Yamanaka si era rivolta a lei con un tono finto-offeso – Perché c'ero anche io, non ti ricordi?! -
All'Haruno era scappata un'autentica risata: - Ah ah! Lo so, lo so, e ringrazio anche te... Figuriamoci se posso scordarti – lo sguardo le si fece torvo - … e se posso dimenticarmi di lui – concluse indicando Sai.
Quando il moro tentò di abbozzare una risposta, aprendo la bocca con fare apparentemente indifferente, Ino intervenne senza indugio. Il suo “Taci tu!” venne accompagnato da un'occhiata perentoria che sopì sul nascere qualsiasi frecciatina.
- Ha ricominciato con la storia della “befana”, vero? - aveva sospirato Naruto, esasperato.
- Lascia perdere, temo sia una causa persa sul quel fronte – aveva tagliato corto la bionda. Il suo compagno aveva mantenuto saggiamente il silenzio.
La Yamanaka, notando l'obbedienza del moro, aveva subito addolcito lo sguardo ed aveva passato la mano sulla testa dell'amato, scompigliandoli teneramente i capelli.
- Mi sa proprio che non potrai mai liberarti di me, la tua personalissima “voce della ragione” -
Il pittore aveva risposto con aria altrettanto giocosa.
- Già, mi conviene – e tra i due si era creata all'istante un'atmosfera più intima.
Di fronte a quelle due coppie, diverse ma entrambe tenere e ben assortite, ciascuna per i propri motivi, Sakura abbassò il capo. La stanza era avvolta da un alone di romanticismo del quale lei non faceva parte e dovette ammettere, tra sé, di sentirsi vagamente a disagio in quel ruolo da “quinto incomodo”. Ovviamente nessuno di loro aveva accennato all'idea che lei fosse di troppo, tuttavia, dal modo in cui Naruto aveva salutato Hinata, era chiaro che i due non si erano visti per qualche tempo; Ino e Sai, poi, si erano appena riavvicinati dopo la lite, e chiaramente questo comportava la fase “coccole e tenerezze varie”.
Quando aveva fatto per andarsene e lasciare loro un minimo di riservatezza, l'Uzumaki aveva cercato con veemenza di convincerla a rimanere, insistendo che la sua presenza non fosse un disturbo, anzi, erano tutti contenti di averla di nuovo lì, insieme a loro (e persino Sai sembrava essere d'accordo), ma lei aveva comunque preferito uscire dalla stanza, non senza prima averli ringraziati di nuovo.
Era sinceramente rasserenata dall'evoluzione della giornata. Rispetto ai giorni precedenti, caratterizzati dalla paura e tensione per l’erronea convinzione di essere stata rapita e, in seguito, dallo sconforto e disperazione per l'amara scoperta sul suo destino, le ore appena trascorse si erano rivelate inaspettatamente piacevoli. In più aveva avuto modo di apprendere alcune informazioni molto importanti, sulle quali la sua mente seguitava a tornare.
Ancora numerosi quesiti popolavano i suoi pensieri. Perché quell'Orochimaru voleva la vita eterna? In che modo era riuscito a sopravvivere nei secoli? Perché aveva preso di mira proprio Sasuke? Come pensava di ottenere l'immortalità tramite lui? Ma soprattutto, dove si collocava la sua maledizione in mezzo a tutta questa storia? Per quale motivo lei era rimasta coinvolta? Quale poteva mai essere stata la sua relazione con l'Uchiha, per farlo sentire responsabile al punto da spingerlo costantemente a cercarla per tentare di riparare ai suoi fantomatici torti?!
La leggenda del racconto di Hinata accennava una risposta almeno all'ultima domanda, tuttavia l'Haruno accantonò per l'ennesima volta quell'idea assurda, negandone l'attendibilità. Tutti quanti avevano alluso ad un ipotetico legame sentimentale tra lei e Sasuke, ma la sua visione disincantata della realtà le impediva di credere ad una simile possibilità.
Tutte le volte in cui si era guardata allo specchio, l'immagine di rimando era quella di una giovane dalla pelle pallida, con una fronte un po' troppo sproporzionata e le curve perennemente acerbe, anche ora che aveva raggiunto la cosiddetta “maggiore età”. Questa sua insicurezza riguardo il suo aspetto fisico la rendeva incapace di mostrare un atteggiamento spavaldo e socievole, e spesso a scuola aveva sentito ragazzi che ridevano di lei alle sue spalle, dicendo frasi del tipo “la secchiona è una sfigata, dentro e fuori”. Adesso doveva credere che una creatura immortale, dal fisico statuario e dal carisma innegabile (nonostante fosse un tipo tendenzialmente riservato e silenzioso, in passato era riuscito, involontariamente per giunta, a conquistare le simpatie di una bellezza come Ino), che un siffatto individuo, con secoli di esperienza e con infinite occasioni di incontrare donne stupende, si fosse innamorato di lei? Che le fosse rimasto fedele e che il suo sentimento avesse attraversato lo spazio ed il tempo, conservandosi inalterato come colui che lo provava?!
Impossibile.
“È senso di colpa, solo senso di colpa...” pensò mestamente, senza neppure capire bene il motivo per cui quell'idea la rendesse tanto triste. Nessuno l'aveva mai amata romanticamente, e nessuno lo avrebbe fatto mai. Era questo l'andamento nel mondo, ed ormai Sakura se ne era fatta una ragione. La superficialità era un ostacolo difficile da superare, e comunque lei non era certa di avere qualcosa di prezioso da offrire agli altri, caratterialmente parlando. Cosa c'era in lei di speciale? Sotto la maschera di studentessa modello, voti perfetti e comportamento impeccabile, esisteva qualcosa che potesse renderla amabile? E lei? Era capace di amare, lei? Era in grado di affezionarsi seriamente a qualcuno che non fosse sua madre o suo padre? Sarebbe davvero riuscita a creare un legame, a fidarsi totalmente di un'altra persona, dandole l'opportunità di entrare nel suo cuore, di toccarle l'anima? Poteva forse...?
Fu un attimo.
Senza preavviso, come a risposta a tutti quei dubbi che la stavano assillando, il silenzio venne infranto dall'evocativo canto di un violino. Le note cominciarono a rincorrersi, incatenate nella loro danza straziante, emozionante, senza tempo. Sakura aggrottò la fronte, pensierosa, finché non la riconobbe.
La melodia!
Quella era proprio la stessa melodia che, qualche giorno prima, l'aveva come stregata, fino ad indurla a salire sul tetto della villa, e che anche ora la stava chiamando disperatamente attraverso le vibranti corde dello strumento. E come quella volta, ella non riuscì ad impedirsi di obbedirle. Le sue gambe si mossero, dapprima lentamente, e poi via via acquisendo sempre più trasporto, fino a rivaleggiare con la frenesia dell'esecuzione del brano.
Non sapeva bene dove stesse andando, correva tra i corridoi di quella immensa villa guidata da quella sinfonia che si faceva sempre più vicina, il cuore che le martellava nel petto, pompando nelle sue arterie, nei capillari, in ogni più microscopica cellula del suo corpo, il bisogno di proseguire. Nei recessi della sua mente una voce le urlava di fermarsi, perché l'ultima volta che aveva sentito quella musica era stato Sasuke ad intonarla, e probabilmente anche adesso era lui che la stava suonando, e lei non era pronta, no, non era ancora pronta per incontrarlo di nuovo...
Ormai era vicinissima, solo una porta chiusa la divideva da quell'arcano ed ammaliante motivo.
Era l'ultima occasione. Per tirarsi indietro, per scappare, per non dover rischiare di affrontare la presenza di lui e l'effetto che la sua vicinanza puntualmente le provocava.
Ma una parte di lei, quella solita, misteriosa parte della sua anima che costantemente la spingeva verso la Creatura che trascende il Tempo, ebbe nuovamente la meglio. Sakura afferrò la maniglia e la premette con dolcezza e timore quasi reverenziale, come a non voler interrompere quell'atmosfera onirica, e quando la porta si aprì venne assalita da un turbinio di emozioni.
Nostalgia.
Rimpianto.
Dolore.
Tenerezza.
Commozione.
Struggimento, trasporto, bisogno, complicità...
Armonia.
Lì, in mezzo alla stanza, c'era Sasuke Uchiha, il violino appoggiato delicatamente tra mento e spalla e l'archetto che con frenetica abilità stimolava le corde.
La giovane Haruno rimase a fissarlo incantata, mentre egli seguitava il suo virtuosismo, gli occhi scuri chiusi in un totale abbandono nella sinfonia, sempre in crescendo, sempre più spasmodica, più coinvolgente, e poi una pausa, una ripresa in pianissimo, note ed accordi che risuonavano gentilmente, carezzandole l'udito. E già Sakura non pensava più alla paura ed all'incertezza di poco prima, all'esitazione di fronte alla prospettiva di rivederlo: in quel momento si sentiva leggera, come se fosse sublimata, diventando un soffio di vento capace di fluttuare e volare in ogni dove, sospinta dalla musica. Qualcosa di antico, di atavico, si stava risvegliando in lei, un'eco lontana, una scia di ricordi che però ancora non riusciva ad afferrare, a rivelare...
Improvvisamente, l'esecuzione cessò. Sasuke si era fermato. Si era accorto di lei ed ora la stava osservando con espressione attenta, quasi la stesse studiando.
Sakura fu costretta a tornare alla realtà della situazione in cui si trovava, e si rese conto di non avere la più pallida idea di cosa dire.   
 
XXX
 
Perso nei suoi pensieri, Sasuke aveva sentito l'insopprimibile impulso di suonare quella melodia, la loro melodia, così si era recato nella stanza che gli Hyuga avevano adibito alla musica. Tra i vari strumenti di cui era esperto, scelse il violino, perché il suo tocco struggente si accordava alla perfezione con il suo attuale stato d'animo.
Durante la sua solitaria esibizione si era abbandonato al fiume di memorie e di riflessioni che ormai da giorni erano diventati suoi fedeli compagni, e si era accorto solo in un secondo momento di non essere più solo, in quella sala.
Catapultato nuovamente nel presente si era voltato ed aveva visto Sakura, il suo viso immortalato in un'espressione di stupore quasi reverenziale (era vagamente divertente vederla con la bocca un po' aperta e gli occhi strabuzzati, senza parole). Nelle sue iridi non c'era la paura che l'Uchiha temeva di vedere una volta incontratala, ma solo trasporto e meravigliato incanto. Si domandò quali pensieri le stessero passando per la testa, in quale stato d'animo si trovasse. L'aveva evitata per giorni, per non incappare in quella situazione, ed ora si rendeva conto di non poter fuggire, di dover affrontare l'inevitabile.
Lentamente, Sasuke abbassò lo strumento, in attesa di ogni domanda che la curiosità della ragazza avrebbe sollevato, una volta vinta la sua incertezza. Non dovette aspettare molto.
- Così, così sapresti... suonare il violino... - era solo un filo di voce, ma bastò per suscitargli un sorriso, praticamente impercettibile, ma pur sempre presente. Sakura aveva scelto una conversazione colloquiale, si sarebbe adeguato.  
- Incredibile, vero? Scoprire che posseggo un lato artistico, intendo... - mentre pronunciava queste parole, fece per andare a riporre lo strumento.
- No, aspetta! - era sicuro che Sakura avesse agito d'istinto, infatti subito tornò a mormorare, un piccolo rossore che pian piano le imporporava gli zigomi - Cioè, se non hai altri progetti, potresti continuare a suonare... Era così bella quella melodia... Come si intitola? Sai chi è  l'autore? -
Lo sguardo del ragazzo si addolcì immediatamente. La sua Sakura, in fondo, era sempre la stessa e sapere di conoscerla ancora così bene, di poter ancora leggere nel suo animo, vita dopo vita, forse anche meglio di quanto riuscisse a fare con se stesso, era uno dei pochi ristori in tutto quel caos.
Fu solo un sussurro, mentre riportava il violino in posizione, sotto il suo mento, e brandiva con la solita maestria l'archetto: - Si chiama "Notte dei fiori di ciliegio"... e l'ho composta io –
Non ci fu bisogno di spiegarle il motivo del titolo: Sakura trattenne immediatamente il fiato ed il vermiglio esplose liberamente sulle sue guance, suscitando un fugace mezzo- sorriso sulle labbra del violinista.
Durante l'esecuzione del brano, Sasuke si permise di perdersi nei ricordi sull'origine dell'ispirata sinfonia.

 
X

Parigi, seconda metà del Settecento.
La villa dei marchesi de Beauchamp risuonava del brusio concitato della servitù che si affrettava, con passo spedito ma al tempo stesso attento di coloro che sanno di non poter sbagliare, scorrendo in continuazione dalla sala da pranzo principale alle cucine, dove i cuochi lavoravano a pieno regime per concludere la cena in tempo.
Quella sera, tutto doveva essere perfetto. L'Alta Nobiltà parigina era giunta per celebrare il ritorno del Marchese, dopo i lunghi mesi passati in Oriente al fine di  mantenere i rapporti tra la Corte francese e quelle popolazioni  del Sol Levante,  così distanti ed aliene, che tante fantasie esotiche sapevano suscitare nell'immaginazione delle dame.
La sala da ballo centrale, addobbata dei migliori arazzi con freschi motivi floreali, risplendeva nelle sue tinte pastello, tipiche del Rococò. Sul lato ovest, sopra il camino in marmo bianco, troneggiavano graziose porcellane cinesi, testimonianze dei frequenti viaggi del marchese, invidiate da molte contesse e proprio per questo motivo di grande orgoglio della padrona di Villa de Beauchamp.
Al centro della sala, giovani dame, accompagnate da nobili cicisbei, facevano volteggiare al ritmo dell’incalzante valzer un tripudio di pizzi, paillettes e nastri, piroettando abilmente, incuranti delle loro fluenti gonne.
Lungo il lato nord, invece, il gruppo dei suonatori era concentrato nell’esecuzione del brano, alacremente impegnato per  offrire un risultato impeccabile. Tra questi, un ragazzo dagli occhi neri, i capelli corvini e i lineamenti distinti si destreggiava nel suo ruolo di primo violino, nonostante la sua attenzione convergesse interamente in un unico punto, al di là della stanza, dove la giovane figlia del marchese, Sakura Henriette de Beauchamp, era stata assediata da una mezza dozzina “galantuomini” che la braccavano orami da tutta la sera..
Il volto, incipriato ed imbellettato secondo la moda del tempo, era tirato in un’espressione di malcelata insofferenza, e ad un occhio attento era palese il disagio che stava provando in quell’ambiente. L’esile corpo era fasciato in un vestito in taffetà color pesca dall’ampia gonna a cupola, la vita sottile accentuata da uno di quegli atroci corsetti di cui le donne aristocratiche non riuscivano a fare a meno, e la bianca parrucca era acconciata “à la Montgolfier”, pettinatura tanto apprezzata dalla madre, che aveva sicuramente insistito per “addobbare” la giovane con una serie di pregiati gioielli. Anche i suoi bellissimi occhi color peridoto apparivano spenti e stanchi.  Il risultato, seppure strepitoso agli occhi dei presenti, restituiva l’immagine di una persona oppressa, schiacciata da un’armatura di inutili ed indesiderati lussi, assetata di libertà.
La nobile figlia del marchese in realtà si sentiva una schiava, là dentro.
Il dolce usignolo stava morendo nella sua sfarzosa gabbia.    
Per Sasuke Uchiha non era stato facile trovarla, in un’epoca in cui le dame coprivano le loro capigliature con pesanti parrucche incipriate e la povera gente era praticamente “invisibile”. L’indizio fondamentale era giunto alle sue orecchie per caso, quando aveva sentito parlare della graziosa figlia del marchese Beauchamp, Sakura appunto. Il padre aveva conosciuto l’esistenza di quel nome in Oriente, durante uno dei suoi tanti viaggi, e la sua musicalità lo aveva subito conquistato, inducendolo a chiamare la sua unica discendente in quel modo, anche in onore del prestigioso incarico conferitogli da Sua Maestà. Molti affermavano che i capelli della ragazza fossero in realtà di un unico, inconfondibile colore rosa chiaro.
Il moro aveva quindi capito dove cercare l’amata.  
Presentarsi a Villa de Beauchamp era stato relativamente semplice, ed ancora più agevole era stato accaparrarsi le simpatie della marchesa: il suo bell’aspetto, il portamento naturalmente elegante e l’innato carisma avevano prontamente catturato l’interesse (non troppo innocente) della donna, e la sua abilità nella musica, che aveva raffinato nei secoli, era stato l’espediente per permettergli di frequentare la nobile dimora.
In pochi mesi era diventato il musicista favorito della gentildonna, che aveva molto insistito affinché si esibisse alle celebrazioni per il ritorno del consorte. Sasuke aveva accettato senza obiezioni, infiammato alla prospettiva di veder realizzato l’incontro tanto agognato. Dover sfuggire, con astuzia e scaltrezza (non poteva permettersi di offenderla e di farsi di conseguenza bandire), alle frequenti, sgradite avances di madame de Beauchamp era un sacrificio che poteva pagare per raggiungere l’obiettivo.
Ed ora era finalmente lì, a pochi metri da lei.
Non appena il valzer giunse alla sua conclusione, la marchesa de Beuchamp lo prese in disparte e, tutta concitata, lo accompagnò dalla figlia, affinché i due potessero infine conoscersi. I marchesi avevano già stabilito che sarebbe stato lui il nuovo maestro di musica della ragazza, ed egli aveva accettato di buon grado quell’occasione di trascorrere del tempo in compagnia esclusiva della persona che ambiva riconquistare.
Passarono velocemente attraverso la massa di nobili, intenti nelle loro conversazioni.
– Sua Maestà ha davvero convocato gli Stati Generali?  –
 – Inaudito! Sono passati quasi duecento anni dall’ultima volta! –
- Sua Maestà Luigi XVI ha meramente seguito il consiglio del ministro Necker, la situazione finanziaria della Corona è insostenibile, ed il malcontento popolare continua ad esacerbarsi –
- Mph! Se solo la nostra “preziosa” Reine non si fosse fatta tanto desiderare… Si è circondata solo dei suoi pochissimi eletti e ha negato a tutti gli altri nobili le udienze, era ovvio che si sarebbe inimicata anche l’aristocrazia! –
- … il popolo è interessato al duca d’Orléans –
- Il cugino di Sua maestà? –
- Pare che appoggi le rivendicazioni della gente, parla di un tipo di monarchia diverso –
- Vero, ed il suo gruppo… -
Le voci confuse gli invadevano le orecchie, ma il passo svelto della marchesa non gli aveva permesso di udire con più precisione, conducendolo lontano, verso la desiderata ragazza.
Il motivo per cui si stava prestando a quell’enorme pagliacciata.
Sakura era rimasta sola, essendosi liberata con successo della marmaglia di “gentiluomini” che si ostinavano a tentare di contendersi i suoi favori. Aveva un aspetto vagamente sollevato e quando egli entrò nel suo campo visivo, una luce vivida brillò nelle iridi di giada. La bocca si dischiuse impercettibilmente, le mani si strinsero in un unico pugno, all’altezza del petto. Tutto nella sua posa denotava trepidazione.
In breve si ritrovarono l’uno di fronte all’altra, con la nobildonna al suo fianco impegnata nelle presentazioni ufficiali e le loro rispettive attenzioni monopolizzate dalla reciproca magnetica presenza.
A seguito delle parole della madre, ella gli porse la mano con un educato e contenuto sorriso, mentre gli occhi non smettevano di tradire il vibrante gaudio che l’incontro le aveva suscitato.
Ancora non si ricordava di lui, eppure  la sua anima aveva reagito istintivamente, risvegliandosi dal torpore.
- Piacere di conoscervi, monsieur Uchiha – intonò emozionata.
La schiena del moro si piegò in un elegante baciamano.
– Piacere mio, mademoiselle de Beauchamp – soffiò languidamente sulla mano protesa, che rispose con un automatico, involontario fremito.
Il primo passo era finalmente compiuto.
X
 
Le lezioni di musica e di canto erano iniziante immantinente.
Sakura si era dimostrata una più che discreta suonatrice di clavicembalo, ed aveva palesato un sincero e vivace interesse quando il padre le aveva comunicato di aver commissionato la costruzione di uno strumento relativamente nuovo, il fortepiano, recentemente lodato ed apprezzato perfino da Mozart.
Il vero punto debole della giovane era senza dubbio il canto. La sua voce aveva un buon timbro ed era pulita, pure l’estensione era sopra la media, ma le sue esecuzioni erano incerte, e spesso, nei passaggi più complicati, tendeva a stonare o a non rispettare le pause. Sasuke stabilì di ripartire dalle basi, con esercizi di respirazione, di controllo del diaframma, intervallando talvolta con prove di gorgheggio e l’apprendimento di vere e proprie arie. Ogni volta, il suono sembrava esitante, incerto, al limite dello spaventato.
Sakura sapeva che il canto rappresentava il suo tallone d’Achille, e quella consapevolezza acuiva la sua ansia, determinando l’esito imperfetto della sua performance. Si sentiva sotto pressione anche alla sola presenza di lui, e ciò lo feriva. Avrebbe voluto farle capire che con lui poteva rilassarsi, che mai e poi mai lo avrebbe deluso per una sciocchezza simile.
Durante quei giorni, aveva notato che la ragazza provava un’innegabile (ed apprezzata) simpatia nei suoi confronti. Era evidente da come lo osservava quando le spiegava dove sbagliasse, nella viva partecipazione con cui afferrava i suoi consigli, nei sorrisi che gli regalava ad ogni suo anche più insignificante incoraggiamento o complimento. Ed era ancor più manifesta nell’espressione triste e turbata che assumeva quando commetteva un errore.
La stessa scena si era ripetuta anche quel giorno, e gli espressivi occhi smeraldini si erano riempiti di un’emozione inconfondibile, mentre i denti avevano cominciato a mordere le morbide labbra.
Disagio e vergogna.
L’Uchiha strinse i pugni. Non poteva più tollerare di vederla soffrire così.
- Non dovete abbattervi – fece uscire a fatica. Rivolgersi a lei in toni tanto distanti e formali non era mai facile, men che meno quando percepiva il suo bisogno di essere consolata, rassicurata – Non abbiate paura  -
La damigella si voltò verso di lui, scioccata: - C-come avete detto? -
La sua risposta non si fece attendere: la voce era ferma, il tono convinto.
- Io non ti giudicherò mai, Sakura  - la giovane dama guardò nelle profonde, brucianti iridi dell'uomo di fronte a lei con un'espressione stupita, sia dal contenuto della frase sia dall’improvviso registro confidenziale utilizzato, ma non parve scandalizzarsi. Al contrario, la sua bocca a forma di cuore si illuminò con la grazia di un piccolo, timido, sorriso. Ancora così diverso da quello vero, quello della Sakura che conosceva.
- Grazie, Monsieur Uchiha -
La gabbia dell'usignolo stava cominciando a vacillare.
X
 
Le lezioni di canto continuavano, ma Sakura, nonostante avesse acquisito una maggiore sicurezza in sua presenza, non mostrava troppi segni di miglioramento.
Sasuke aveva capito il motivo dietro questo apparente stagnamento.
La figlia del marchese aveva paura. Temeva che, una volta che il suo canto fosse stato impeccabile, i loro incontri non avrebbero più avuto ragione di esistere e quindi sarebbero cessati definitivamente. L'Uchiha lo vedeva nei i suoi chiari occhi, che  si accendevano quando i loro sguardi si incrociavano, nelle sue gote, solitamente pallide ed incipriate, che  si tingevano di una sana ed emozionata sfumatura di pesca quando le rivolgeva le sue attenzioni per spiegargli come esercitare il diaframma, o quando la correggeva se mancava una pausa.
Ella ascoltava attentamente, e Sasuke si rendeva conto che aveva afferrato i suoi insegnamenti, dato che, all'esecuzione successiva, la ragazza offriva una performance eccellente. Poi, improvvisamente, qualcosa nel suo atteggiamento mutava, le mani cominciavano a tremare, e non gli sfuggiva la fugace, quasi spaventata occhiata che, a quel punto, rivolgeva lui, proprio prima di stonare o prendere una nota troppo alta.
Sakura si fermava di colpo, prodigandosi in non troppo sentite scuse, e sottolineando che, evidentemente, aveva ancora bisogno di altre lezioni. Il moro fingeva di credere a quel palese teatrino e la spronava a stare più attenta: capiva i suoi sentimenti, ma non voleva frenare il suo potenziale.
Voleva che essere una fonte di forza per lei, non la ragione che la tratteneva indietro, che le impediva di migliorare e di mostrare al mondo quanto valesse.
Si era pertanto ritrovato sotto il balcone della di lei stanza, in una fresca nottata di inizio marzo, con in mano un violino e nel cuore la decisione di mettere fine a quell'infruttuosa situazione.
Era giunto il momento di agire, di far comprendere alla giovane che l'interesse che ella provava nei suoi riguardi era ricambiato, che mai e poi mai lo avrebbe perso, anche se le lezioni si fossero concluse.
Sasuke ghignò tra sé. L'aveva cercata e trovata per secoli ai quattro angoli del mondo, figurarsi se bastava così poco per lasciarla. Certo, questo Sakura non poteva ancora saperlo, ma era arrivata l'ora del chiarimento: probabilmente era meglio non raccontarle tutta la storia, almeno per adesso, tuttavia doveva comunicarle che anche lei era speciale, ai suoi occhi.
Superare il cancello era stato estremamente facile,  grazie alla prestanza fisica dovuta alla sua natura immortale, e la fulgida luce della luna piena si era dimostrata più che sufficiente per orientarsi:  i suoi occhi erano stati abituati al buio a causa del suo triste e scellerato passato.
Durante il periodo di frequentazione di Villa de Beauchamp aveva intuito quale fosse la camera privata della figlia del marchese, e l'unico vero problema era trovare un modo per comunicarle la sua presenza senza che qualche sgradito intruso potesse scoprirlo.
La realtà si rivelò molto più favorevole del previsto, poiché trovò la ragazza affacciata alla terrazza della sua stanza. Nascosto tra i cespugli, Sasuke si perse ad ammirare il profilo delicato e gentile di quel viso che puntava verso l’alto, a scrutare quella luna piena che conferiva alla sua pelle un bagliore quasi ipnotico. I capelli rosei erano sciolti e correvano liberi lungo le spalle:  probabilmente la giovane li stava spazzolando prima di indossare la cuffia che le donne dell’epoca erano solite portare a letto, quando era stata chiamata da qualcosa, da quella forza misteriosa che ogni volta, ad ogni vita, la conduceva da lui. La nivea e lunga camicia da notte si muoveva spinta dalla leggera brezza d’inizio primavera, ma lei non pareva curarsene, persa nelle sue fantasie, la vestaglia dimenticata da qualche parte, in camera sua.
Sasuke scosse la testa. Quell’abbigliamento era decisamente inadeguato per una nobile del suo rango, ma alla sua Sakura poco importava. Non voleva appartenere a quel mondo, lei era uno spirito libero, insofferente ad insensate imposizioni dettate dall’etichetta o dalla moda.
Già, la sua Sakura.
Silenziosamente, uscì dal cespuglio e si piazzò direttamente sotto il balcone, ma la ragazza non sembrò notare la sua presenza. Continuò ad osservarla a quel modo per un tempo indefinito, rapito dall’alone di quella dolce visione che si stagliava contro l’oscurità della notte, in uno scenario irreale.
La sua personalissima luce…
Improvvisamente, come se si fosse sentita spiata, Sakura si voltò di scatto ed incrociò il suo sguardo ardente.
Una maschera si stupore e meraviglia si dipinsero sul suo volto: lo aveva immediatamente riconosciuto, nonostante il buio della notte.
- M-monsieur Uchiha! A- a cosa devo q-questa V-vostra...? – balbettò con voce stridula una imbarazzatissima Sakura, rifugiatasi goffamente e repentinamente dietro le tende della porta-finestra per celare quello che in quel momento si era resa conto  fosse  una sconveniente ed inopportuna scelta di vestiario. L'Uchiha pensò, divertito, a quale sarebbe stata la sua reazione se le avesse rivelato che, dopotutto, l'aveva già vista un incalcolabile  numero di volte con una quantità ben inferiore (a dire il vero, nulla) di abiti... Sarebbe stato impagabile, ma decisamente eccessivo.
I loro occhi si incrociarono per l'ennesima volta, e per l'ennesima volta i loro sguardi si incatenarono. Le iridi impenetrabili di lui bruciarono in quelle cristalline di lei. Ora non era il momento di scherzare. L'adrenalinica elettricità che passò tra i loro corpi, anche a quella distanza, non poteva più essere soppressa.
La brezza marzolina portò con sé il fermo e profondo timbro di tre parole sussurrate.
- Solo per te -
La ragazza dai lunghi capelli rosati non indugiò oltre, e come spinta da un inspiegabile incantesimo, lo raggiunse, incurante del suo abbigliamento, dell'ora tarda o delle possibili ripercussioni che quel suo atteggiamento sconsiderato rischiava di avere.
Corse verso di lui, poiché il suo spirito non anelava ad altro.
Quando si incontrarono fuori dalla villa, egli le accennò un piccolo, rapidissimo sorriso e le porse la mano che non teneva il violino.
Non  furono necessarie parole: oltre a quell'irresistibile attrazione, Sasuke sapeva che tra di loro scorreva anche una profonda fiducia, lo vedeva da come Sakura lo stava seguendo, eccitata per la sorpresa ma al contempo tranquilla e, per la prima volta da quando l'aveva incontrata in questa esistenza, completamente serena. Essere andato da lei, averle dimostrato che la pensava, che non era costretto a sopportare la sua presenza solo  ed esclusivamente a causa delle sue mansioni, le aveva fatto provare un turbinio di gioia ed euforia, ed il moro si sorprese nuovamente all'idea di come la sua mera presenza potesse sempre indurre queste emozioni positive in lei, ogni volta, in ogni sua vita.
Proprio lui, di temperamento spesso scorbutico ed aspro, dalla natura crepuscolare, come riusciva ad essere fonte di felicità?! Erano secoli che si poneva questo quesito, e dubitava che avrebbe mai trovato risposta. Ma non era importante, o almeno non era fondamentale.
La persona che amava stava bene con lui, questo bastava.
Arrivarono dopo pochi minuti nei giardini privati del marchese, che a quell'ora erano deserti. Il nobiluomo aveva sviluppato un sincero gradimento per alcune piante in cui si era imbattuto durante i suoi frequenti viaggi nel Sol Levante,  e pertanto aveva dato ordini ai giardinieri di inserire nella sua proprietà tutte quelle specie che in Francia erano ancora pressoché sconosciute, rendendo i suoi giardini tra i più curati e rinomati tra l'aristocrazia. Fra le diverse, esotiche, tipologie, spiccavano per bellezza quattro ciliegi ornamentali, i cui fiori rosei e delicati avevano immediatamente conquistato il gradimento delle tante dame di corte.
Si fermarono proprio nel prato in mezzo a quegli alberi e Sakura si guardò intorno interdetta.
- M-monsieur Uchiha, vi prego, perdonate la mia curiosità, ma potrei conoscere la ragione per cui mi avete condotta sin qui? – domandò timidamente, senza incontrare il suo sguardo.
- Sasuke – commentò laconicamente lui.
Questo parve confonderla ulteriormente: - C-come prego? –
– Chiamami Sasuke, Sakura – elaborò – ed il motivo per cui siamo qui è semplice: ho una richiesta ben precisa da farti – le si avvicinò ancora di più e con la mano destra le sollevò appena il mento, di modo da poter incrociare le sue pozze di berillo.
- Sii libera, Sakura. Sii te stessa, con me –
Tutto in lui comunicava forza, sicurezza. Ancora una volta le si era rivolto senza tutti quegli inutili appellativi e false cortesie che la differenza di ceto sociale avrebbe imposto.
La giovane lo guardò spiazzata, ma non offesa.
- Perché? Perché mi dite questo?! -
Due dita le diedero un piccolo, tenero colpetto sulla fronte.
- Perché a me importa, Sakura -
Le iridi smeraldine da lui amate si illuminarono, riaccendendosi dell'antico, splendido incanto, la bocca perfettamente delineata si aprì in segno di incontrollato stupore, e le guance si imporporarono di quel rossore  ormai tanto caro.
Aveva capito quello che le voleva dire.
"Sii libera. Sii felice. A me importa. Tu sei importante. "
Come preso da un impulso improvviso ed irrefrenabile, le dita affusolate di lui strinsero con salda determinazione il violino e l'archetto, e Sasuke cominciò a suonare una melodia nuova, mai sentita prima, che anche alle sue orecchie parve dolcissima e delicata.
Non se ne stupì più di tanto, in fondo sapeva l'origine di quelle note soavi.
La musica non poteva che essere bellissima.
D'altronde, era Sakura ad ispirarla.
Il grazioso volto della ragazza si era disteso, le labbra si erano finalmente allargate in un timido sorriso. I suoi piedi, scalzi per la fretta di raggiungerlo, sfioravano garbatamente l’erba fresca., che sotto la debole luce delle stelle aveva assunto una gradazione bluastra, ricordando vagamente un placido mare. Sasuke vide le sue gambe cominciare ad ondeggiare, a muoversi in accordo con il ritmo scandito dal suo violino, e non poté evitare di studiare con rapito fascino il volto armonioso che si inclinava verso l’alto, guardando verso il cielo infinito, mentre le braccia si allargavano in un abbraccio universale e la soffice veste da notte  prendeva a volteggiare.
La sua amata cominciò il suo catartico ballo.
Nessun testimone, lì attorno. Solo lui era lo spettatore di quell’istante di assoluta catarsi, di quella emancipazione di un’anima dalle rinunce e costrizioni di un mondo superficiale e spietatamente ancorato a regole insulse, lui era l’unico astante cui fosse permesso un simile privilegio.  
Ed ella continuava a danzare lì, sotto il chiarore di una luna piena, circondata dai fiori dai quali prendeva il  nome, che sembravano muoversi all'unisono con lei, spinti dalla soffice brezza notturna. Alcuni petali, staccatisi dai rami, le accarezzavano languidamente la candida pelle delle morbide braccia, per poi cadere a terra, a formare un roseo tappeto ai suoi piedi.
Sasuke non smise mai di suonare, sempre più appassionatamente, con un'ispirazione ed un vigore inesauribili, mentre contemplava la sua Sakura che, per la prima volta in quella prigione dorata che era stata quell'esistenza, assaporava un momento di assoluta e pura libertà. Ed era così felice, con il volto fresco e privo della solita soffocante, asfissiante cipria, i rosei capelli sciolti, il capo emancipato dalla pesante parrucca, il petto finalmente non più ingabbiato dall'opprimente corsetto.
Rideva, la sua Sakura. Rideva e girava ed intonava quella melodia da lui appena inventata, senza stonare, giacché in quel frangente non era schiacciata dalla pressione della società, del dover essere tecnicamente perfetta, immancabilmente ineccepibile.
Lì non c'era mademoiselle  Beauchamp, figlia del noto marchese.
Sotto quel manto di fiori di ciliegio c'era una ragazza che amava la musica, la danza e la gioia che era in grado di sentire per la prima volta.
Una ragazza che amava la vita.
L'usignolo era uscito dalla gabbia, e il suo canto ammaliava il mondo.
L'usignolo aveva cominciato a vivere.
Quando si voltò verso di lui, che ancora suonava per lei, ancora seguitava a conservare intatto quell'incantesimo, finalmente lo rivide. Sasuke riassaporò il sorriso sincero che secoli prima lo aveva salvato, gli occhi chiari brillavano dell'antica energia ed il viso era trasfigurato da un'aura vibrante, fremente.
E capì che la sua Sakura era tornata.
“Notte dei fiori di ciliegio” nacque quella sera, e continuò a risuonare, oltre il tempo e lo spazio.
La sua dichiarazione d'amore.
 
X
 
I mesi che seguirono furono esaltanti.
Le lezioni di musica erano continuate, questa volta con un continuo e costante profitto, e sotto gli occhi attenti di terzi il loro rapporto era quello rispettoso ed educato di un maestro e della sua nobile ed intoccabile allieva.
Ogni altro possibile momento, tuttavia, era un effluvio di vita: quasi ogni sera (esclusi i doverosi appuntamenti con l'Alta Società che la figlia di un Marchese non poteva evitare) si incontravano nel loro giardino di ciliegi, e ciascun secondo insieme era prezioso, quanto inestimabili erano i sorrisi e le aperte, liberatorie risate che Sakura regalava a lui e a lui solo.
Il pensiero che anche lei, ora, ricordasse le precedenti vite passate assieme lo galvanizzava e, seppure apparentemente fosse il più calmo tra i due, quando la giovane si sedeva sulle sue gambe e gli gettava le braccia al collo, avvolgendolo in un caloroso ed energico abbraccio, quando le loro labbra si incontravano in un agognato bacio, il suo cuore batteva ad un ritmo tutto particolare, concitato e pulsante, che unicamente la presenza di lei riusciva a provocare.
In breve tempo Sakura aveva cominciato a manifestare palesemente l'insofferenza che aveva sempre tacitamente provato per la vita di corte, e doversi dimostrare così fredda, distaccata nei suoi riguardi ogniqualvolta i due si incontrassero ad un ballo o durante una situazione ufficiale la feriva e deprimeva.
Sasuke se ne era accorto già da un po', e poteva comprendere quel suo stato d'animo: nonostante il suo talento nel celare le emozioni, non era semplice doverla ammirare da lontano, e non essere in grado di fare nulla quando qualche frivolo cicisbeo, così indegno di lei, le si avvicinava e, con la forza del proprio titolo nobiliare, le domandava cortesemente di poter danzare o anche solo di poter scambiare qualche "innocente", vacua parola, tentando in realtà di accattivarsi le sue grazie, invano.
Allo stesso modo, le altrettanto inutili avances che dame e damigelle (di tutte le età, doveva ammettere con riluttanza) rivolgevano a lui erano ulteriore motivo di disturbo. Quasi ogni nobildonna aveva, più o meno velatamente, tentato di ottenere una segreta "liaison dangereuse" con lui, ed essere costretto a rifiutare con almeno un minimo di garbo risultava essere un compito ingrato e fiaccante: avrebbe di gran lunga preferito usare toni e modi più decisi e, come avrebbe detto il dobe, "da bastardo teme qual era", ma doveva mantenere la facciata, non voleva inimicarsi la corte ed essere cacciato da quell'ambiente, rendendo i suoi incontri con Sakura ancora più difficili.
Purtroppo però, le occhiate disinibite, i tocchi tentativamente al limite dell’audace, durante le danze, di quei giovani insolenti, infiammavano il petto dell'Uchiha di una assoluta, fremente gelosia, e la reazione di Sakura, che prontamente si scostava con garbata ma chiara decisione, era l'unica cosa che riuscisse a placarlo.
Anche quando c’era un intero salone gremito di persone a dividerli, si appartenevano e niente sarebbe mai riuscito a separarli davvero.
Era stato un passaggio naturale il momento in cui, in una sera di luna piena sotto un cielo fitto di stelle, la giovane aveva espresso il suo desiderio di scappare con lui.
Sasuke comprendeva bene quello che la sua amata provava: l'opprimente vita aristocratica che non aveva mai scelto, ma che le era stata imposta alla nascita, quello stato di "graziosa prigionia" che la sua indole non poteva tollerare, l'indifferenza dei suoi genitori (che sebbene all'apparenza tenessero i più cordiali comportamenti con lei, in realtà nutrivano un senso di delusione per la nascita di una figlia femmina, lamentando la mancanza di un erede), le stavano stretti.
Ella gli aveva raccontato di come la nascita di una bambina tanto diversa, sia nel fisico sia nel carattere, da loro era sempre stato un ulteriore motivo di lontananza affettiva, e solo ora, al corrente della maledizione di Orochimaru, aveva trovato la soluzione di quel mistero.
Sasuke aveva ascoltato tutta la storia, e non riusciva ad afferrare come i marchesi riuscissero a non affezionarsi alla figlia, considerando che neppure lui, nello stato in cui si trovava quando l'aveva incontrata per la prima volta, aveva resistito alla sua amabilità.
- Ti prego, Sasuke-kun, portami via da qui. Voglio vivere con te, sempre - lo aveva implorato con il viso premuto tra la sua spalla ed il collo.
L'usignolo vuole volare libero nel cielo, volteggiare nel vento della vita.
- Va bene – fu l'unica, possibile risposta che il suo cuore riuscì a formulare.
 
X
 
Se ne andò dopo meno di un mese, una settimana prima della loro fuga progettata.
Stava tornando da una serata all'Opera con suo padre e sua madre, quando la carrozza del marchese era stata assalita.
Il nobile e la sua consorte avevano riportato ferite abbastanza serie, come pure il cocchiere.
Sakura aveva battuto fortemente la testa.
Per lei non c'erano state speranze.
Erano anni difficili, quelli.
La popolazione, il cosiddetto “Terzo Stato”, viveva in condizioni gravemente disagiate, spesso vessati da un'estrema povertà, da malattie e soprusi continui di fronte ai quali l'aristocrazia e l'alto clero restavano indifferenti, quando non ne erano addirittura la causa. Di conseguenza, l'atmosfera era diventata via via più tesa, ed il numero dei briganti e dei sobillatori che colpivano i ceti più ricchi era aumentato inesorabilmente, in un clima di  scontento sociale e disperazione che la totale cecità delle due classi parassitarie non faceva che aggravare. La monarchia si era dimostrata indifferente delle sofferenze dei più deboli, ed era prevedibile che, in tempi brevi, la situazione fosse destinata ad esplodere.
Sasuke si era spesso domandato, in quel periodo, circa i motivi che impedissero agli esseri umani di adottare un sistema più egalitario, basato sulla giustizia ed il benessere di tutti, non solo di alcuni, sparuti “eletti”, un mondo pacifico e fondato sul rispetto reciproco. Sembrava quasi che l’uomo bramasse lo spargimento di sangue, mosso da un primitivo, barbarico istinto volto alla distruzione persino dei propri simili.
E questa componente oscura, inquietante, lo aveva a più riprese fatto vacillare, inducendolo a credere che non ci fosse salvezza per quella razza sciocca.
Ma poi pensava a Sakura, alla sua anima pura, fulgida di abbagliante amabilità e altruismo, e si ripeteva che forse l’umanità aveva ancora qualche speranza.   
Preoccupato per l’evolversi frenetico degli eventi, l’Uchiha aveva tentato di velocizzare l’organizzazione della loro fuga: avrebbe portato la sua Sakura lontano da lì, in un posto dove non sarebbe stata “la figlia del marchese” e dove avrebbero potuto vivere assieme.
Doveva immaginare che la maledizione si sarebbe presa gioco di loro due e dei loro progetti.
Delle loro vite.
La notte del funerale Sasuke si era ritrovato nel loro giardino dei ciliegi, il violino e l'archetto stretti nel pugno delle sue mani. Lo sguardo era fisso su quel cielo indaco senza luna né stelle, solitario testimone del suo dolore.
L'Uchiha serrò le palpebre. Sospirò. Una leggera brezza gli accarezzò il viso, portando con sé le uniche due lacrime che ormai il suo cuore, perennemente straziato da quel dolore sordo che gli ululava nel petto con feroce angoscia, era in grado di creare.
Alla fine, l’usignolo è stato schiacciato dalla sua gabbia.
Improvvisamente riaprì gli occhi, ora color cremisi.
Posizionò il violino sulla spalla ed avvicinò l'archetto alle corde.
Presto sarebbe ricominciata la sua ricerca.
Sospirò di nuovo.
Lo strumento prese a gridare il suo pianto angosciato, e "Notte dei fiori di ciliegio" riverberò nell'aria, spinta dal vento.
"Dovunque tu sia, Sakura, questa melodia è per te. Sarà sempre per te".
La sua eterna dichiarazione d’amore.
 XXX
 
Sakura si era fermata ad ascoltare l'esecuzione di Sasuke estasiata e rapita. L'atmosfera intorno a loro si era fatta quasi elettrica, ed ad ogni tocco dell'archetto il mondo intorno a loro scompariva via via sempre più, come per effetto di un incantesimo, finché non era rimasto nient'altro se non loro due, Sakura e Sasuke, e quel commovente brano.
Il corpo di lei si mosse, spinto da un istinto primordiale, verso quello di lui. Senza accorgersene, si sporse, protendendo una mano nella direzione del moro, che continuava a guardarla con il solito fuoco negli occhi, e nell'enfasi della sua performance pareva ancora più intenso, più impetuoso, quasi scottante.
Sasuke le stava parlando, non con la voce, ma con tutto il suo corpo, teso e concentrato nell'esibizione. Con la sua anima, attraverso il canto dolce e struggente del violino.
Con tutto se stesso.
Ed ella voleva toccarlo.
Voleva sentire il calore della sua pelle, percepire sotto i polpastrelli il battito del suo cuore immortale. Il bisogno parossistico di contatto con lui, di stringerlo a sé, di essere abbracciata a sua volta, era insopprimibile, innegabile, tangibile, come se fosse trasmutato, e da mero desiderio si fosse fatto materia, carne viva, pulsante.
La sua mano era a mezz'aria, e Sakura era così vicina, a meno di un metro da lui, avrebbe giurato di essere in grado di avvertire l'energia che proveniva dal suo corpo, che non accennava a smettere di suonare.
La stava osservando, ancora. Gli occhi color della notte avevano assunto venature scarlatte, ed i loro sguardi erano incatenati l'uno all'altro, incapaci di separarsi.
Si rese conto che lui non si sarebbe scostato. Le stava lasciando la possibilità di fare il primo passo, di scegliere. Non l'avrebbe forzata a compiere alcunché, ma al tempo stesso le avrebbe permesso di avvicinarsi, di accarezzarlo, perché l'attrazione che lei provava era reciproca.
Mi vuoi anche tu quanto ti voglio io?
Sakura si bloccò bruscamente. Solo in quel momento notò le due scie di lacrime che le bagnavano il viso, gocciolando impietosamente dal mento fin sulla maglia color carminio. L'Uchiha colse immediatamente la sua esitazione ed allontanò l'archetto dallo strumento.
- Sakura... - provò a chiamarla, con tono attento, guardingo, studiandola cautamente, in cerca di ogni sua possibile reazione.
La ragazza scosse la testa, scostandosi con uno scatto repentino. Di colpo le tornarono in mente quegli istanti di qualche giorno prima, le parole del moro che avevano aperto il nefasto vaso di Pandora. Un vortice di dolore e rabbia la inghiottì e le gambe si mossero da sole.
Si voltò senza incertezze ed uscì dalla stanza a passi svelti, il respiro affannato e le lacrime che non accennavano a smettere di rigarle le guance.
Intravvide di sfuggita l’espressione rassegnata di lui, quasi come se si fosse aspettato quella reazione, e ciò le scatenò una fitta nel petto, così diversa da quella che sentiva durante i suoi “attacchi di panico” eppure ugualmente opprimente.
Se ne era andata senza dirgli una parola, scottata, spaventata addirittura, da tutte quelle emozioni e sensazioni. Non aveva mai provato qualcosa di simile prima di conoscere lui, con nessun altro aveva sentito quel trasporto, quel bisogno insopprimibile, innegabile di toccare con mano la presenza tangibile di qualcuno. E non capiva da dove avesse origine tutto ciò, lo conosceva da pochissimo, e lei non era tipo da perdere la testa per un estraneo, e poi si erano parlati di rado, e… e…
Arrivò come una furia in camera sua e si buttò sul letto, con la faccia che affondò nel cuscino ed il cuore annegato in uno strano senso di colpa.
L’aveva abbandonato.    
 
XXX
 
Non appena Sakura varcò l’uscita, Sasuke abbassò mestamente le spalle, richiudendo il violino nella sua custodia.
Era certo di non essersi immaginato quel momento, quella febbricitante corrente tra loro che aveva reso vibrante ogni centimetro del suo corpo ed infiammato la sua anima.
Aveva pensato, no, sperato, che la giovane stesse per accarezzarlo, come sempre era accaduto in passato e come ormai lui era abituato a desiderare.
Prima di incontrarla era un tipo che detestava il contatto fisico, ma con lei tutto era cambiato: non gli si era mai avvicinata spinta esclusivamente dalla lussuria, nel suo tocco c’era costantemente qualcosa in più: dolcezza, affetto ,premura… amore. Ogni carezza era accompagnata da un afflato spirituale, e l’incontro dei loro corpi era una fusione di due anime che si completavano ed arricchivano a vicenda.
Questa volta, però, l’esitazione e l’incertezza avevano prevalso. Con la sua vista infallibile, l’Uchiha aveva perfettamente intuito quello che le era passato per la testa, aveva letto la paura nei suoi bellissimi occhi: lo desiderava tanto quanto lui desiderava lei, ma era spaventata dall’esperienza passata e da quei nuovi sentimenti, per lei ancora inspiegabili.
Eppure voleva ancora stargli accanto, in fondo.
Sasuke abbandonò la stanza.
Ora sapeva quello che avrebbe dovuto fare la prossima volta che si fossero incontrati.
Finalmente lo sapeva.
 
XXX
 
Erano passate un paio di ore da quando aveva incontrato Sasuke, ed in quegli approssimativi centoventi minuti Sakura non aveva fatto altro che rigirarsi forsennatamente nel letto, in un crescendo di pentimento per il modo in cui si era comportata.
Era scappata a gambe levate come se fosse stata di fronte ad uno zombie affamato del suo cervello! Certo, in passato l'Uchiha non aveva brillato per tatto e sensibilità, ma questo non significava che fosse giusto essere scortese a sua volta e poterlo trattare come un appestato. Quello sguardo abbattuto non smetteva di perseguitarla: non era colpa del moro se si era lasciata sopraffare da un'ondata di coinvolgenti emozioni!
Discorso a parte meritava il loro  memorabile e praticamente "leggendario" penultimo incontro...
Già, quella era un'altra storia: il suo destino poteva pure essere segnato, ma questo non giustificava una simile mancanza di tatto. Per non dimenticare il particolare che, per sua stessa ammissione, la maledizione che l'affliggeva era dovuta a colpa del ragazzo!
Cosa aveva voluto dire? E poi, perché si era d’un tratto bloccato nel suo racconto? Per quale motivo tutti insistevano che dovesse essere proprio lui a rivelarle tutta la faccenda, visto che si era dimostrato così reticente?
Oh, basta!
Sakura si alzò a sedere sul letto.
Doveva parlargli.
Voleva, no, pretendeva che facesse luce sui tanti punti che ancora le erano oscuri. La principale vittima di tutto questo era lei ed era suo diritto conoscere la verità.
“Sono coinvolta personalmente, e che caspita!” sbuffò esasperata.
L’Uchiha avrebbe dovuto ingoiare il “boccone amaro” ed iniziare a parlare sul serio: qui lei rischiava la pelle ogni secondo e non sapeva neppure come mai!
Fomentata dai suoi pensieri rabbiosi, si rizzò in piedi e, superata la soglia della camera con incedere implacabile, diede il via alla missione “Ricerca- Supremo Musone” (il nomignolo di Ino era terribilmente azzeccato).
Attraversò i vari corridoi che aveva imparato a riconoscere senza trovarlo finché non giunse di fronte alla biblioteca.
Il ricordo di quella volta in cui lei ed il moro erano rimasti là dentro a parlare di vampiri le tornò alla mente con prepotenza, inducendola a socchiudere gli occhi con atteggiamento minaccioso. Rivisse il momento in cui aveva ingenuamente affermato che non potesse esistere la vita eterna in questo mondo. Invece quel… quel furfante sapeva benissimo quale fosse la verità… insomma, la sua stessa esistenza ne era la prova! Riusciva ad immaginarselo lì, bello sornione, a sorridere “sotto i baffi” dall’alto del suo “Trono della Conoscenza”, mentre la osservava con la supponenza tipica della creatura “superiore” che era…
Mannaggia, mannaggia, mannaggia!
Entrò nella stanza sperando ardentemente di trovarlo lì: la furia che le ribolliva nelle vene le stava fornendo una sfacciata ma purtroppo solo temporanea spavalderia, destinata a scemare con lo scorrere inesorabile dei minuti, e se voleva avere qualche speranza di affrontarlo con successo, non poteva permettersi di sprecare neppure un secondo.
Scrutò in ogni angolo della biblioteca. Nessuno in vista.
Frustrata, si lasciò sfuggire un incomprensibile grugnito di protesta.
Fu allora che si accorse della presenza di una porta-finestra che, durante la prima visita giorni addietro, non aveva notato, troppo concentrata sulla figura dell’Uchiha.
Ripensò ai giorni in cui temeva di essere stata rapita, e dei suoi piani per tagliare la corda: se avesse visto questa via di fuga, avrebbe probabilmente tentato una rocambolesca quanto maldestra “evasione” (aveva avuto lo stesso istinto con la porta-finestra della sala principale, ma aveva desistito poiché non aveva mai avuto modo di restare sola).
Scosse la testa. Il risultato sarebbe stato un’imbarazzante figura da stupida, l’operazione non poteva che fallire e i “crudeli e feroci sequestratori” si erano rivelati persone amichevoli, il cui principale scopo era proteggerla.
“Sì, ma io non potevo saperlo…” provò a giustificarsi di fronte alla sua coscienza per placare la vergogna.
Con una punta di curiosità si avvicinò al vetro per guardare all’esterno, verso il cortile centrale. Il cielo stava cominciando a tingersi di un tenue color salmone, primo segnale dell’imminente tramonto. Improvvisamente, qualcosa catturò la sua attenzione.
L’Haruno trasalì.
Là, davanti a lei, proprio sotto al ciliegio che le aveva mostrato Naruto, si trovava Sasuke.
Se ne rimaneva seduto, con la schiena contro il tronco dell’albero e il capo rivolto verso l’alto, verso quei rami secchi, perso in nelle sue insondabili elucubrazioni.
Sakura si ritrovò di nuovo ad ammirarlo rapita (una situazione che si stava trasformando in una inquietante e sgradita abitudine, si rese conto), soffermandosi sugli incantevoli tratti patrizi del viso, che in quel frangente era impreziosito dai toni caldi e romantici dell’atmosfera crepuscolare. Ciò che la colpì maggiormente fu l’espressione assorta e penetrante, che conferiva alla creatura un’aria intoccabile, inaccessibile.   
Dopo qualche attimo di smarrita contemplazione, sentì le sinapsi riattivarsi per permetterle finalmente di tornare alla ragione.
Quella era l'occasione!
Non doveva assolutamente lasciarsela scappare! Con un coraggio venato d'incoscienza aprì la porta- finestra e si diresse verso il "famoso" ciliegio.
Camminò a passo svelto e deciso, ed anche se lui non si era mosso minimamente, intuì dalla leggera tensione delle spalle che si era accorto della sua presenza.
"Niente incertezze, niente tentennamenti" si ripromise. Aveva intenzione di investirlo con tutte le domande, i dubbi e le frustrazioni che avevano infestato la sua mente in quei giorni. Non avrebbe avuto pietà, anche se, con quell'aria concentrata e un po' sconsolata, il moro sembrava soffrire abbastanza di suo...
Già i livelli di adrenalina cominciavano a scemare.
No, Sakura! Non lasciarti traviare! Hai diritto di sapere!
Era finalmente di fronte a lui, che non l’aveva ancora degnata di uno sguardo, perennemente immerso nella contemplazione di chissà cosa. Per lui, quei rami secchi di un ciliegio spoglio erano una maggiore attrattiva del parlare con lei.
Questo suo comportamento almeno apparentemente scostante le fornì la determinazione finale per aprire bocca e dar sfogo a tutto lo stress di quei giorni.
Ma l'Uchiha la batté sul tempo, con poche, semplici parole pronunciate con estrema naturalezza.
- Ti amo - sussurrò, gli occhi invariabilmente fissi sull’albero, poi, con voce più forte, ferma - Ti amo da più di cinquecento anni, ormai -
Una corrente elettrica le attraversò il corpo, che si irrigidì all'istante. Neppure si era accorta che la bocca le si era spalancata, come gli occhi d’altronde, assumendo una posa di assoluto, indomabile sbigottimento. Nei meandri del suo cervello si chiese se davvero la respirazione era un'attività che l'essere umano compiva automaticamente, senza bisogno di pensare, perché in quel momento i suoi polmoni sembravano completamente incapaci di filtrare l'ossigeno, e Sakura ebbe l'impressione di essere sul punto di svenire.
Aveva sentito bene?
Sasuke Uchiha, l'affascinante, immortale, Sasuke Uchiha, aveva appena confessato di amarla, con disarmante e spiazzante onestà per giunta, confermando quindi le dicerie e le allusioni che lei aveva precedentemente liquidato come fantasie impossibili? Ma come...?!
Il ragazzo aveva allora puntato lo sguardo su di lei, probabilmente per monitorare la sua risposta a quella dichiarazione.
- Come avrai già capito, non sono molto bravo con le parole - l'eufemismo del secolo - ma il dobe ha ragione. Rimanere separati è inutile, tu devi sapere la verità, perciò eccomi qui, Sakura. Sono pronto a rivelarti ogni cosa. Ti sono stato lontano, in questi giorni, per permetterti di riprenderti dallo shock, ma non voglio più andare avanti così. Tutto quello che ti è successo è colpa mia, e se devo espiare lo farò - tese la mano destra verso di lei - però voglio che tu sia al mio fianco, come sempre è stato -
- S-Sasuke, non capisco -
Ed era vero. Una totalizzante confusione si era impossessata di lei. Il cuore le martellava nel petto, che pareva esploderle, e la tentazione di afferrare quella mano, di stringerla per rassicurarlo, per garantirgli che anche lei voleva essere accanto a lui, era talmente insopprimibile, che l'Haruno si trovò costretta a serrare con violenza la mascella, per ancorarsi alla realtà, e non lasciarsi trasportare da questi oscuri, misteriosi sentimenti che avevano ripreso a balenarle nell'anima.
Rammentò il nome della melodia, "Notte dei fiori di ciliegio", e di come egli le avesse spiegato che, secondo il maleficio, sarebbe sempre rinata con lo stesso aspetto e con lo stesso nome, Sakura appunto.
"Fiori di ciliegio", in lingua giapponese Sakura…
Il brano era stato composto da Sasuke...
Possibile che i suoi sentimenti fossero davvero di siffatta natura?
Possibile?!
La sfumatura dolente, ma comprensiva delle iridi ossidiana di fronte a lei le provocò una fitta di dolore nel cuore, molto simile a quella provata prima, quando era scappata dalla sala della musica. Dunque la sofferenza di lui riusciva a manifestare tanto grandi ripercussioni sul suo stato d'animo?! Cosa significava tutto ciò?!
Sasuke continuò ad osservarla, e con la mano destra  rimasta a mezz'aria, le fece cenno di sedersi accanto a lui. Intuito che la spiegazione avrebbe probabilmente richiesto diverso tempo, la ragazza accettò silente l'invito.
- Dunque - mormorò il suo interlocutore, e per un attimo le parve di intravvedere incertezza e tensione su quel viso solitamente imperscrutabile e granitico - è meglio partire dal principio, giusto? Non so quanto Hinata ed Ino ti abbiano raccontato, poco fa, ma suppongo che almeno a qualcosa abbiano accennato... anche solo per metterti un poco a tuo agio -
Sakura annuì.
- È vero, ma hanno anche detto che la "parte fondamentale" dovevi raccontarmela tu... -
L'Uchiha si massaggiò il naso con indice e pollice: - È stata la Yamanaka, mmh? Riconosco lo stile... - rizzò le spalle, come a farsi forza - D'altro canto, temo abbia ragione, questa volta... -
L'Haruno aggrottò la fronte davanti a tutta questa reticenza; un attimo prima le si era dichiarato spontaneamente, come fosse il gesto più naturale del mondo, ed ora sembrava in seria difficoltà alla prospettiva di narrarle ciò che, in fondo, aveva tutto il diritto di sapere.
Quella creatura era un insondabile, irrisolvibile mistero, un mistero dal quale non riusciva ad evitare di sentirsi attratta, purtroppo.
Proprio in quel momento Sasuke parve decidersi.
- Il mio clan, gli Uchiha, era molto prestigioso, al punto da essere considerato, insieme ai Senju ed agli Hyuga, "leggendario". Nonostante tutto, venne sterminato più di cinque secoli fa, in circostanze oscure. L'unico sopravvissuto sono io, ed al tempo di quella ecatombe ero molto giovane, praticamente un bambino - l'ossidiana dei suoi occhi si era adombrata con una fosca e tetra velatura color tenebra, ed il viso era alterato da un'espressione di malcelato dolore.
- Ero piccolo, solo, senza più i miei affetti, senza quelle persone a me care che, in quanto creatura immortale, pensavo di non dover mai abbandonare... Non avevo più una direzione, non un futuro... Non avevo più un'anima, divorata com'era dall'angoscia e dalla sofferenza -
- Sasuke... - sussurrò mestamente lei, nuovamente coinvolta in un empatico struggimento per il triste destino toccatogli. Che cosa poteva dire per aiutarlo? Come si può davvero sollevare un cuore tanto afflitto, tanto crudelmente martoriato?!
- ... fu così che, immerso nelle tenebre della solitudine, dell'amarezza e dell'odio, la mia unica, corrosiva ossessione divenne scoprire il responsabile dell'uccisione della mia famiglia, di scovare il colpevole di avermi strappato improvvisamente, barbaramente, tutto ciò che avevo, tutto ciò che amavo. Ma nessun membro del Consiglio, l'organo decisionale della nostra comunità, era disposto ad aiutarmi, in quanto credevano di aver già trovato l'assassino.
- Anche se giovane, mi ero reso conto del loro errore, e questo accresceva sempre più il mio rancore verso un sistema che non era stato in grado di proteggere i miei cari, e che per giunta non voleva neppure concedermi la meritata giustizia... -
Sasuke serrò per un attimo le labbra, certamente nel tentativo di mantenere il controllo delle proprie emozioni.
-  È a questo punto, quando ero nel momento più disperato che avevo vissuto sino allora, che si presentò dinanzi a me Orochimaru. Mi confidò di essere  un umano esperto del cosiddetto "mondo mistico", di essere al corrente dell'esistenza di noi Creature che trascendono il Tempo e di avermi cercato dopo aver appreso della mia tragedia per aiutarmi a scovare quel "mostro che aveva annientato il mio futuro", così disse.
- Mi assicurò di essere capace, grazie ai suoi studi, di aiutarmi a perfezionare la gestione dei miei poteri, come per esempio la Fiamma Nera, mentre tramite gli uomini che militavano al suo servizio avrebbe individuato il colpevole. L'unica controprestazione richiesta era quella di seguirlo e, una volta giunto all'età fisica appropriata, di prendere in moglie sua figlia. –
Il moro non parve percepire il sussulto che quella notizia aveva provocato nella ragazza al suo fianco.
-  L'idea non mi turbò particolarmente: non sapevo che fare, non vedevo altre alternative, e sposare una mortale non sembrava un sacrificio insormontabile per un bambino che sapeva di poter vivere eternamente. Agli occhi di una creatura eterna, l'esistenza umana dura poco più di un battito di ciglia; in quel periodo, nel mondo mortale i padri delle famiglie benestanti erano soliti decidere il destino della propria prole per questioni di dominio territoriale o di prestigio, quindi non era poi tanto sorprendente, nel mio cuore di bambino orgoglioso di appartenere ad un "clan leggendario", che un uomo a conoscenza della mia esistenza volesse legare la figlia ad un simile "nobile partito"... Ero davvero uno sciocco sbarbatello, un cieco ed inetto moccioso... - a quella dichiarazione, si passò la mano destra sulla fronte, per poi massaggiarsi le tempie.
- Non essere così duro con te stesso, è comprensibile che tu… -
- No, non capisci, ero totalmente consumato dal desiderio di vendetta! Persino Naruto, mio amico dall'infanzia, ha tentato in tutti i modi di fermarmi, invano. Ero come accecato, e decisi di seguire Orochimaru senza esitazione. Rimasi con lui per alcuni anni, finché... -
- Finché...?! -
Le pozze profonde degli occhi di lui si fermarono davanti alle sue, paralizzandola.
- ... finché non incontrai te - fu appena un soffio.
Sakura non riuscì a nascondere lo sconvolgimento che quell'ultima frase aveva scatenato in lei; stava per apprendere dunque il suo ruolo in tutta quella faccenda? La causa della maledizione che aleggiava su di lei da secoli? Ma soprattutto, era davvero pronta per la verità?!
- Ero nel periodo più buio della mia vita, ma questo non ti impedì di innamorarti di me, seppur non ne abbia mai capito il motivo. Ti ricambiai, ovviamente, e andai da Orochimaru per dirgli che non volevo più il suo aiuto, che desideravo partire e che quindi non avrei sposato sua figlia.
- Fu allora che emerse la sua vera indole: si vendicò su di te, maledicendoti e condannando contemporaneamente anche me ad una eterna sofferenza. Avevamo distrutto i suoi piani, e questo era inaccettabile -
Nonostante fosse ancora scossa dall'ennesima, tuttora incredibile, dichiarazione d'amore (amore che a quanto pareva lei aveva corrisposto), la ragazza trovò la prontezza di spirito di commentare: - Piani? Intendi... -
- Capii tutto solo in un secondo momento. Orochimaru era effettivamente un esperto conoscitore delle arti magiche, che aveva saputo combinare con una sorta di "proto-scienza" portata avanti dai suoi personalissimi studi. Durante le sue innumerevoli ricerche, mise le mani su un "rito di trasmigrazione dell'anima”, un rituale ancestrale che permetteva allo spirito di una persona di abbandonare definitivamente il proprio corpo per spostarsi in un altro. In questo modo, quel mostro era riuscito a sopravvivere per diversi secoli, sacrificando al momento opportuno una vittima ed occupandone il fisico: l'anima dello sventurato spirava, e l'organismo ospitante assumeva le sembianze originarie di quello di Orochimaru.  
- Tuttavia, il processo presentava una notevole pecca: la sua instabilità. Dopo un certo tempo, variabile da corpo a corpo, il fisico cominciava a degradarsi, decomponendosi inesorabilmente, obbligando Orochimaru a compiere nuovamente il rito su di un altro malcapitato. La sua sopravvivenza era dunque sempre a rischio, in quanto l'eternità che otteneva era provvisoria; Orochimaru poteva avere pure un potere pressoché illimitato, ma rischiava comunque di morire come un qualsiasi comune mortale. Nella sua bramosa disperazione, aveva tentato il rituale anche su di una Creatura che trascendeva il Tempo, ottenendo però lo stesso risultato: il corpo, che prima era imperituro, entrava in un processo di putrefazione dopo poco.
- Egli continuò tenacemente i suoi esperimenti, utilizzando come cavie i seguaci che aveva conquistato con la promessa di potere e gloria, e un giorno fece una scoperta fondamentale: se il corpo trasferente era imparentato con quello recipiente, ovvero se, in termini moderni, le due persone condividevano almeno parte del patrimonio genetico, non si manifestava alcun decadimento: il fisico rimaneva mortale, ma la trasmigrazione reggeva per tutta la rimanente durata della vita dell'ospitante – fece una pausa .
- Ma questa non fu la sua esclusiva rivelazione -
- C-cosa? Che altro c'è?! - Sakura stava cominciando a faticare  nel tentativo di non rimanere indietro, di afferrare tutte quelle informazioni che avevano a dir poco dell'incredibile: Sasuke parlava di magia, di riti, di "trasmigrazione dell'anima", di immortalità e di fantomatici esperimenti pseudo-scientifici con una nonchalance disarmante, ma lei ancora non riusciva a credere che fosse tutto vero, reale; al suo cervello, da sempre improntato verso una pragmatica razionalità, quel racconto pareva uscito da un libro fantasy di terza categoria.
Sasuke non mostrò alcuna sorpresa di fronte al suo sbotto di impazienza: - Grazie alle sue ricerche, Orochimaru capì che, tra le varie famiglie che componevano la società delle Creature che trascendono il Tempo, due in particolare avevano manifestato una capacità peculiare: gli Uchiha ed i Senju. Nel caso questi due clan avessero procreato con gli esseri umani, avrebbero comunque dato alla luce ad individui eterni: da un punto di vista genetico, per loro l’immortalità rappresentava una sorta di "carattere dominante".
- In realtà, queste erano solo ipotesi: nella pratica non si sapeva di nessuna Creatura che trascende il Tempo che si fosse congiunta con un mortale; inoltre, i Senju si erano quasi completamente estinti, a parte un loro membro di cui si sono effettivamente perse le tracce. Tuttavia, da quel momento Orochimaru aveva finalmente trovato una pista da seguire per ottenere la sua "immortalità perfetta"…
- … Doveva solo ottenere l'incondizionata fiducia dell'ultimo Uchiha -  
- C-che vuoi dire?! - un brivido ghiacciato le percorse la spina dorsale.
Le iridi del ragazzo si tinsero di un vivo rosso sangue venato di una furia distruttiva: - Il motivo per cui voleva che mi sposassi con sua figlia, che formassi una famiglia con lei... Per avere la "vera" vita eterna, Orochimaru doveva compiere il rito su di una Creatura che trascende il Tempo che fosse imparentata con lui... Sakura... -
La ragazza trasalì. Aveva capito tutto.
- ... Voleva compiere il rito su suo nipote, sul figlio che io avrei avuto -
Il fiato le mancò nei polmoni. Il viso prese a formicolarle per l’orrore e il raccapriccio per la sconvolgente rivelazione.
Come poteva esistere un essere tanto crudele, così completamente egoista?! Prendere il corpo di altri, annientando tutte quelle vite, manipolando chiunque, ed arrivando addirittura a meditare di immolare il suo stesso nipote alla ricerca di ciò che bramava?! Sangue del suo sangue, destinato a nascere esclusivamente come agnello sacrificale di una cieca, utopica e malata ossessione.
Era questa l’immonda creatura con cui avevano a che fare?!
– MA PERCHÉ?! Perché arrivare a tanto?! Perché cercare a tal punto l’immortalità?! – la gola le bruciò per l’urlo che le era uscito di bocca.
Sasuke la osservava con espressione stranamente empatica, probabilmente condividendo la medesima riprovazione. Il tono della sua risposta era solo apparentemente misurato.
Controllo e potere. Orochimaru desidera conquistare il dominio su entrambi i mondi, mortale e delle Creature che trascendono il Tempo. Con le sue arti magiche si considera invincibile, vuole che la realtà sia il suo teatrino personale e che tutti quanti diventino i suoi fedeli burattini.
- Ora, credi che un individuo simile possa accettare che una cosa importante come la sua morte sfugga alla sua potestà, che questa sua dittatura sia condannata a finire per un motivo indipendente ed imprevedibile come il naturale scorrere del tempo? Sakura, lui vuole tutto, per sempre -  
Notando l’attonito sbigottimento della ragazza, proseguì: - Immagino tu abbia capito la ragione per cui ha scagliato su di te la maledizione… Solo Orochimaru può annullarla, a meno che non si riesca a sconfiggerlo.
- Ancora oggi quel mostro persiste nei suoi propositi, e mi ha fatto chiaramente capire che scioglierà il maleficio solo se otterrà ciò che vuole, se mi arrenderò alle sue richieste… Ma non posso cedere, Sakura, sono stato già infinitamente egoista in passato, non posso condannare il mondo intero… io… -
Sakura lo guardò, stordita. Perché si stava giustificando? Pensava forse che lo stesse accusando di non volerla salvare? Neppure lei avrebbe voluto essere liberata dalla maledizione, se ciò comportava dare la “perfetta vita eterna” a quel mostro.
– M-ma perché, perché voleva proprio che ti sposassi con la figlia? Se gli bastava avere un discendente che fosse anche un Uchiha, poteva chiederti di… - si bloccò imbarazzata, nella speranza che l’altro comprendesse i suoi dubbi.
Il moro si mosse impercettibilmente, come se la domanda avesse gli provocato un lieve disagio: - Ha agito così per non farmi insospettire. Come ti ho detto, in passato i matrimoni combinati erano la prassi, e per una persona che conosceva la fama degli Uchiha poteva essere una fonte di prestigio avere come genero l’ultimo membro del clan.
- Ero molto giovane ed accecato dall’odio, sicuramente Orochimaru pensava di potermi manipolare a suo piacimento. Credeva che, con il passare degli anni, mi sarei abituato ad essere lo sposo di sua figlia, che avrei cominciato naturalmente a desiderare una famiglia, senza che lui dovesse farmi pressioni. Prevedeva che volessi ricreare il mio clan e che quindi generassi più figli, e questo per lui era un vantaggio –
All'espressione perplessa della ragazza, proseguì: - Orochimaru non aveva mai trasferito la sua anima nel corpo di una Creatura che trascende il Tempo, ed il rito poteva risultare più arduo del solito. In caso fossero sorte complicazioni, se avesse avuto a disposizione più nipoti, avrebbe potuto contare su un maggior numero di “cavie”, e dunque di tentativi, e ciò significava un successo assicurato –
- Ma come poteva pensare che tu non ti saresti accorto di nulla? Insomma, ti saresti sicuramente reso conto che, uno alla volta, i tuoi figli cominciavano a sparire… E poi che cosa ti avrebbe detto? Voi siete immortali, non poteva certo risponderti che avevano avuto un incidente ed erano morti, no?! –
Sasuke sospirò.
- Conoscendolo, mi avrebbe mentito, raccontandomi che mio figlio era stato attaccato da altre Creature che trascendono il Tempo: abbandonando quel mondo e disubbidendo agli ordini del Consiglio, ero diventato un nemico per la mia razza. Non mi avrebbero mai attaccato per primi, ma di sicuro io ed i miei eventuali discendenti non saremmo stati benvoluti dalla comunità.
- Se Orochimaru avesse inventato una storia simile, gli avrei ciecamente creduto: dal mio punto di vista di allora, era lui l’unico ad essere dalla mia parte, a capirmi – abbassò il capo, quasi si vergognasse – Non escludo che avrei anche potuto nutrire una nuova sete di vendetta dei confronti della mia stessa gente… Orochimaru ne avrebbe approfittato: con il suo potere, la conoscenza delle arti magiche, la perfetta immortalità e con me praticamente “al suo servizio”, insieme a tutti gli altri suoi seguaci, aveva la chance di muovere guerra al mondo sovrannaturale, e vincere. Il suo piano di dominio si sarebbe realizzato ancora più in fretta, dopotutto –
A quella frase, l’Uchiha si zittì: la narrazione, almeno per ora, pareva essersi conclusa.
La giovane inspirò profondamente e chiuse gli occhi in concentrazione, le braccia ciondoloni lungo i fianchi. Aveva ottenuto molte risposte, ma ancora non riusciva a mettere completamente ordine in quella mole di notizie sconvolgenti, non capiva se fosse davvero tutto chiaro o se mancassero ulteriori, importanti elementi del puzzle.
Troppe emozioni, troppo in fretta.
Nel mezzo di quel contorto turbinio di informazioni che aveva ricevuto in pochissimo tempo, una sola richiesta apparve chiara, nitida nella sua mente, dietro le palpebre serrate.
Sakura riaprì gli occhi e puntò lo sguardo in quello vigile di Sasuke.
Le parole le uscirono automaticamente, senza esitazione.
– Sasuke, ti prego. Riportami a casa

  
 
 
 
NdA2: Ooook, no, Sakura non si è bevuta il cervello con la scorzetta di limone, credetemi, ha i suoi buoni motivi (che scoprirete nel prossimo capitolo eheh). Bene, se siete riusciti a leggere tutto questo “malloppone”, mi complimento con voi, e vi assicuro che il prossimo aggiornamento non sarà così chilometrico (tendenzialmente vorrei mantenere una media di 4000/5000 parole a capitolo, se possibile). Molti punti sono stati svelati, ma c’è ancora molto da scoprire e chiarire: in particolare, i dettagli sul rito di Orochimaru saranno spiegati più avanti, da una persona mooolto più qualificata di Sasuke… Mi scuso se l’Uchiha vi è apparso un po’ logorroico, ma penso che fosse necessario, in quanto questa parte era fondamentale che fosse narrata da lui e non potevo spezzare la spiegazione, altrimenti sarebbe risultata ancora più incomprensibile ;)
Se vi state domandando come mai solo i Senju e gli Uchiha siano dotati dell’immortalità come “carattere dominante”, devo svelarvi che, nella mia folle mente, avevo intenzione di scrivere un sequel a questa storia, dove sarebbero stati approfonditi alcuni dettagli, tra i quali anche questo. Pertanto, io conosco la risposta, ma nell'incertezza se scrivere o meno la continuazione della fanfiction, non posso ancora rivelarvelo: se deciderò di concludere il racconto senza la sua prosecuzione, vi dirò tutto nell'ultimo capitolo, se vi interessa ;)
 
A questo punto vi lascio (era ora, direte voi! XP) ringraziando ancora tutti i lettori, chi ha recensito la storia e chi l’ha messa tra le preferite, le seguite e da ricordare. Grazieeee!
 
sasusakusara7

 
  
   
 
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