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Autore: SofiFlo    22/05/2016    0 recensioni
L'Università, gli amici, gli amori: Regina inizia un anno favoloso all'Università di Storybrooke, con persone che non potranno che restare per sempre nella sua vita. Lezioni, incontri, studi, svaghi, un po' di fantasia, indecisirni e voglia di vivere, giusto per essere "normali" o, per meglio dire, più simili alla realtà.
Con qualche tentativo di inserire tutti i personaggi e le ship
(Scusatemi, non sono capace di scrivere le presentazioni)
Genere: Avventura, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Belle, Emma Swan, Regina Mills, Robin Hood
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Triangolo
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Quel bigliettino la sorprese più di qualunque altra cosa successa dal suo arrivo alla S.Nicks, e le fece dimenticare, almeno per il momento, il fatto che sua madre e il suo insegnante di anatomia, nonché preside della sua scuola si conoscessero. Guardò l’orologio e si chiese cosa intendesse il misterioso mittente per ‘sera’. Avrebbe dovuto dire a Belle e Kathryn dove stava andando? No, sarebbe stato meglio evitare. Sarebbe dovuta andare? Se l’edificio 37 era quello che pensava, sì, sarebbe dovuta almeno andare a dare un’occhiata.

Decise di aspettare almeno le dieci per presentarsi all’invito, ma uscì di casa anche qualche ora prima, per vedere il numero all’ingresso dell’edificio da cui aveva sentito provenire la musica, la sera precedente. Non avrebbe saputo dire cosa aveva provato quando aveva letto un  “37” in metallo dorato, un po’ consumato dal tempo. Non capiva chi e perché qualcuno l’avesse invitata lì, era lusingata dall’essere invitata nell’edificio nel quale venivano organizzate feste tanto rumorose e piene di vita da essere sentite anche negli appartamenti a centinaia di metri di distanza, ma temeva un po’ quel movimento sfrenato che aveva visto dalla finestra la sera precedente, temeva di non essere abbastanza sicura di sé per entrare in quel piccolo universo a lei sconosciuto all’interno di una scuola che già conosceva poco. In fondo, però, sapeva di essere troppo curiosa per poter rinunciare a scoprire chi l’avesse invitata e di voler provare quel divertimento, quella leggerezza, quella spensieratezza che sembravano provenire da quel luogo quando pieno di persone. Quel pomeriggio, guardando la casa, non l’avrebbe detta in nulla diversa dalle altre.

Le ore passarono in fretta e Regina dovette decidere cosa indossare. Optò per una  canottiera lunga, elegante, con dei jeans scuri e scarpe da passeggio, per non essere troppo distinta, ben sapendo, però, che quei vestiti le davano un aspetto più slanciato, che le infondeva sicurezza. Uscì dopo Belle e Kathryn, alle quali disse solo che avrebbe studiato ancora un po’, ed arrivò sotto l’edificio quando la musica era cominciata da poco meno di un’ora. Trovò la porta dell’edificio aperta, ed entrò, raggiungendo in fretta l’appartamento 225. Anche lì, la porta era aperta, ma perché c’erano persone che continuavano ad entrare e uscire, chiacchierando, molti bevendo.

La tromba delle scale era illuminata, mentre la festa era piuttosto buia, le uniche lampade avevano luci blu o viola e le diffondevano in modo da dare l’impressione che non stessero veramente illuminando, ma piuttosto che quello sprazzo di luce scura fosse una componente stessa dell’aria. L’atmosfera era tanto caotica che Regina non avrebbe nemmeno pensato che in un appartamento del campus fosse possibile creare un ambiente così innaturale. Le sembrava di essere precipitata nella casa di una qualche strega, o in un abisso, e vedeva tutti attorno a lei muoversi di un movimento che doveva essere una danza, ma che sembrava impossibile cogliere. Più che un ballo sembrava uno sfogo, sembrava emozione lasciata libera in quell’aria viola, sembrava un insieme di gesti naturali e abituali, che solo creature di natura separata da quella umana potevano compiere.
Impiegò alcuni minuti per rendersi conto che, in mezzo a quell’elegante movimento, non tutti stavano ballando. Alcune persone, come lei, camminavano e basta, o parlavano, e, adattando la vista, si potevano scorgere alcune coppiette impegnate ad allenare la lingua negli angoli dell’appartamento.

Quell’atmosfera la stava rendendo un po’ curiosa, ma anche un po’ spaventata. Per qualche secondo, le venne persino voglia di ballare, ma si trattenne, come aveva sempre saputo fare benissimo. Passò poco tempo e Robin comparve di fronte a lei, con un sorriso smagliante e una birra in mano. In un primo momento, si spaventò, e per un attimo pensò che l’invito fosse di Robin, ma quando questi esclamò, quasi urlando “Regina! Non mi aspettavo di vederti qui! Come va?” capì che non ne sapeva niente.

Le fece cenno di seguirlo, e Regina decise che forse poteva essere utile, se conosceva chi aveva dato la festa. Robin, decisamente alticcio, le raccontò che quelle feste c’erano da quando lui era arrivato alla Nicks, e che a organizzarle erano un paio di ragazze del suo anno, che però lui non conosceva bene. Aggiunse un sacco di inutili dettagli su come le feste avessero iniziato presto ad aver successo e a come le due – bellissime –  ragazze erano subito diventate popolari e amate da tutti gli studenti, nonostante fossero al primo anno.  A Regina sembrò quasi un bambino, quando si mise a raccontare di quanto fosse concentrato sui suoi studi e sulla sua passione per le stelle quando le prime feste erano state date e che, qualche volta, ci era andato solo per poi dileguarsi sulla terrazza dell’edificio.
In quel momento a Regina venne in mente la figura che aveva visto la sera prima, e pensò che anche lei, prima di andarsene, avrebbe dovuto fare un giro su quella terrazza.

Passò ancora un po’ di tempo con quel ragazzo, e lui, dopo circa un’ora, la invitò a ballare. In un primo momento, Regina pensò che stesse scherzando, ma poi Robin la trascinò in pista e non le restò che da seguirlo, con una risata. Regina non sapeva bare, ma Robin era abbastanza bravo per entrambi: sapeva guidare i movimenti di Regina, e, pur sfiorandola solamente, riusciva a non farla sentire sola in mezzo a quel gruppo di ballerini, che le davano la sensazione di essere la persona più goffa del mondo e la avrebbero messa continuamente a  disagio, altrimenti.

Ballando si divertì. Le sembro che il tempo non esistesse, le sembrò che non ci fosse nulla di importante al di fuori del muoversi in quel salotto così vivo e pulsante, e pieno di persone che da un momento all’altro avrebbero potuto fermarsi e giudicarla. Si sentì come e tutte quelle persone fossero come lei, e come se la conoscessero e la apprezzassero. Sentì una forma di libertà, conquistata con una fuga da qualunque preoccupazione, che non credeva possibile senza un’alterazione dovuta a qualche sostanza esterna a lei. E amò pensare che tutto quello fosse arrivato solo da lei.
Poco prima che smettessero di ballare – Regina non avrebbe saputo dire né come avevano fatto a smettere, né come erano riusciti a ballare così a lungo – Robin le si avvicinò, e, rapido, come se volesse invadere il meno possibile quello spazio che sentiamo nostro e personale, le sussurrò in un orecchio “Sono felice di averti incontrata qui”.

E mentre lo stato di euforia diventava quasi come un ricordo potente e vivo, che la faceva sentire serena anche a calma ritrovata, Regina decise di salutare Robin. si fermò e lo guardò un attimo, poi gli prese una mano e stampò un bacio sulle sue labbra, mormorando poi, rapida e confusa, “Ora devo proprio andare.”
Fu grata alle luci particolari dell’appartamento, che nascosero il suo rossore.

Si sentì un po’ in colpa mentre saliva le scale per raggiungere la terrazza. Si disse che quella era una bella serata, lo era davvero.
Fu scossa da un brivido appena mise un piede fuori dall’edificio. Quella notte c’era vento, e la terrazza sembrava il luogo meno adatto in cui rifugiarsi. Dopo un’occhiata veloce, non vedendo nessuno, si voltò per rientrare, pensando che la ragazza salita su quella terrazza la sera prima fosse un’intrepida appassionata di paesaggi notturni o un’illusione, ma sentì una voce alle sue spalle.

“Serve la chiave.”
Si voltò e vide una sagoma scura venirle incontro.
“Per rientrare, serve la chiave.” La prima cosa che vide fu un sorriso che sembrava volersi prendere gioco di lei. Poi Emma Swan apparve con chiarezza ai suoi occhi, in tutta la sua sicurezza e i suoi movimenti eleganti. La guardò per un istante da capo a piedi, con serietà, prima di tenderle la mano. “Benvenuta sull’edificio 37, Regina Mills.”


 [N.d.A. Buonasera ! spero che questo capitolo vi abbia messo un po’ di curiosità, perché, nella sua brevità ( mi scuso, ma non avrei potuto farlo più lungo perché dovevo arrivare proprio qui, ma sto già scrivendo il prossimo, e cercherò di compensare, anche aggiornando prima) aveva questo obbiettivo.
Aver aggiornato dopo 3 settimane è un successo per me, considerato tutto quello che il mondo a fatto per cercare di impedire che avessi successo, e sono estremamente confidente e speranzosa di riuscire a farvi avere iil prossimo capitolo prima del solito. Per l’estate progetto addirittura aggiornamenti super frequenti, visto che poi avrò un mese di totale distacco da ogni tecnologia.
A presto
Un abbraccio
•Sofia]
 
   
 
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