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Autore: Lafilledesfleurs96    23/05/2016    1 recensioni
Chanel Hemmings è la classica brava ragazza: bella, dolce ed ingenua, non fuma, non beve e non esce dai suoi canoni di figlia modello.
Harry Styles, suo fidanzato, è il suo perfetto opposto: il don giovanni di tutta la scuola, affascinante e carismatico, ma non abbastanza innamorato... o forse si?
Justin giocherebbe sporco pur di portarsi a letto Chanel, ma perchè tanto interesse attorno a una ragazza che non vuole saperne di lui?
Un mix di risate, gioie, dolori, delusioni, per una fanfiction un pò alternativa....
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 4 



Chanel 

L'ultima ora di diritto era stata la ciliegina sulla torta di quel lunedì "perfetto".

Mi ricordavo solo tante parole confuse, ma ero più che sicura che Mr. Myers avesse spiegato i sacramenti.... o forse erano gli emendamenti?? Okay, era assodato: il mio cervello era andato in pausa e non connetteva più, ma dopo 8 ore di scuola avevo solo il mio letto davanti agli occhi.

Dopo aver salutato Karen, Marine e Micheal raggiunsi il parcheggio dove c'erano ad aspettarmi mio fratello ed i suoi amici. In macchina Luke e Calum stavano parlando dei programmi per quella sera e stavano facendo battute su una tipa di prima che portava la quinta, mentre Ashton era stranamente silenzioso. Di solito era più iperattivo di Calum invece quel pomeriggio era assolto nei suoi pensieri, in un apatia che lo rendeva quasi irriconoscibile.

Una volta accompagnati i ragazzi, anche io e Luke ritornammo a casa. Fortuna che quel lunedì non aveva gli allenamenti, non avevo la forza psicologica per farmi la strada a piedi o comunque di prendere l'autobus.

La mamma aveva lasciato un post-it sul frigorifero con scritto che era andata a fare la spesa quindi sarebbe ritornata più tardi, e di conseguenza c'eravamo solo io e mio fratello in casa.

"Chanel vado a fare due tiri di pallacanestro, se ti serve qualcosa sono sul retro" annunciò Luke.

"D'accordo" dissi prendendo una bottiglietta di acqua piccola dal frigo. Era più forte di lui: anche se non c'erano gli allenamenti non c'è la faceva a stare lontano da quel pallone, ma non per niente era il capitano della squadra. Aveva coltivato quella passione fin da piccolo, da quando il nonno quel natale di 15 anni fa gli aveva regalato il pallone da Basket firmato da Micheal Jordan. Da quel momento non se ne era più staccato, diceva che era il suo portafortuna e ancora oggi l'aveva esposto sulle mensole insieme ai suoi trofei. Da bambini, una volta, io e Niall per fargli uno scherzo glielo nascondemmo. Lui mise a soqquadro tutta la casa per trovarlo, e probabilmente se la mamma non ci avesse ordinato di dirgli dove l'avevamo nascosto, si sarebbe messo a scavare buche in giardino. Abbozzai un mezzo sorriso a quei dolci ricordi d'infanzia, quando esisteva solo giocare e ridere, quando le favole cullavano i miei sogni prima di andare a letto e quando non ero costretta a fare i conti con il cuore.

Andai in camera mia e mi buttai a peso morto sul letto. Un sacco di patate sarebbe stato molto più aggraziato di me in quel momento, ma avevo davvero i neuroni consumati.

Nella testa continuavano a rimbombarmi le parole di Louis. 'Lascialo perdere perché purtroppo non cambierà mai' aveva detto, e anche se sapevo che forse aveva ragione,che Harry davvero sarebbe rimasto il solito menefreghista, in cuor mio non c'è la facevo a non nutrire almeno una speranza, c'era sempre accesa una piccola fiamma che per quanto potesse affievolirsi, non si sarebbe mai spenta, almeno finché io l'avrei tenuta viva.

Mi alzai dal letto e mi avvicinai alla mia petineuse.

Girai la chiave del cassetto centrale e presi il ritratto che Harry mi aveva fatto quando ci conoscemmo. Io non potevo credere di essere così bella finchè lui con le sue mani esperte non mi aveva mostrato un'altra me. 'Non sai di essere bella' aveva detto quando mi aveva dato quel disegno e forse potrò sembrarvi presuntuosa, ma in quel momento mi sentivo davvero la ragazza più bella del mondo. Non perché lo fossi davvero, ma perché lui mi aveva fatta sentire così.

Avrebbe avuto sicuramente un futuro come artista, se non fosse stato che la sua vera passione non era l'arte, ma le macchine da corsa. Suo padre possedeva una concessionaria di auto sportive, la più rinomata di tutta Phoenix, e se cercavi una Ferrari, una Porsche o una Jaguar non potevi rivolgerti ad altri che a lui. Harry mi aveva raccontato che in passato aveva partecipato a parecchie gare clandestine, ma una notte, durante un blitz della polizia, venne arrestato e suo padre, che dovette pagare una cauzione di ventimila dollari, gli proibì di partecipare ancora a quel genere di gare.

Il suo amore nascosto, era una Lamborghini nera opaca che teneva gelosamente custodita nel garage, e me la mostrò una volta quando andai a casa sua. Mi disse che usava quella per gareggiare ma che da quando aveva smesso di farlo, non la usava più, perché quella non era una macchina adatta per uscire con la propria fidanzata o per andare al cinema : quella macchina era stata creta unicamente per correre,e lui voleva correre ancora, lo vedevo dalla luce che gli brillava negli occhi quando guardava la sua Lamborghini.

Avevo preso in mano il cellulare e stavo fissando lo schermo già da un po', incerta sul chiamarlo o meno. Alla fine, come se la mia dignità avesse bisogno di essere ancora un po' calpestata, pigiai il tasto verde di avvio alla chiamata e lo posai vicino all'orecchio.

Squillava a vuoto, come al solito.

Stupida.

Stupida.

Stupida.

Gettai il telefono dall'altro capo della stanza in un moto di disperazione. Gocce di sale cominciarono a rigarmi le guance e mi abbracciai forte le gambe al petto come una sorta di barriera per proteggermi da tutto ciò che poteva farmi del male, per proteggermi da lui...

 

 

Harry 
 

"Harry Edward Styles questa è l'ultima goccia" mi ripeté mio padre per la millesima volta in quella giornata da quando eravamo usciti da scuola.

"Des..." lo chiamò mia madre come per intimarlo a non essere troppo severo con me

"Anne, non intrometterti quando parlo con lui per favore" le disse un po' innervosito e poi tornò a rivolgersi a me "Sappi ragazzino che alla prossima stupidaggine che farai, non ci penserò due volte a spedirti in riformatorio e se fino e adesso non l'ho fatto devi solo ringraziare tua madre, ma adesso sono stufo. Come non andrai a scuola, non uscirai neanche, nessuna festa fino alla prossima settimana"

"Papà ma dom..." ma non finì la frase che subito mi interruppe

"Fino alla prossima settimana!" tuonò severo "Sono stato chiaro Harry?" mi chiese con un tono che non ammetteva repliche.

Annuii e mi alzai stizzito dal divano del soggiorno sotto il suo sguardo attento che mi seguì fino alle scale finchè non salii per andare  in camera mia.    

Tutta colpa di quella puttana della Collins, ma anche di quel deficiente di Zayn. Gli avevo chiesto se ci fossero telecamere e quel completo idiota mi aveva risposto di no, così avevo evitato il passamontagna o si sarebbero scombinati i ricci e alla fine mi ero beccato sette giorni a casa. 

Non me ne importava niente però, perché alla festa di William ci sarei andato lo stesso, con o senza il permesso di mio padre: ci sarebbero state le troie più troie della scuola ed era un occasione che non potevo perdere e poi sarei ritornato ancor prima che se ne accorgesse.

Pensandoci mi ci voleva proprio una bella vacanza, non che studiassi tantissimo, ma almeno così non avrei avuto bisogno di tante scusa per evitare Chanel. 

Era già da un po' di mesi che non provavo più lo stesso trasporto che c'era stato all'inizio, ma con il passare del tempo, la sua presenza era diventata sempre più un abitudine nella mia vita, una dipendenza della quale ora non riuscivo più a fare a meno e che mi teneva legato a lei, pur non comportandomi come si sarebbe dovuto comportare un vero fidanzato.     

Inizialmente, anche con Chanel, era cominciato tutto per gioco. Saremmo usciti, me la sarei portata a letto e il giorno dopo non mi sarei più ricordato nemmeno il suo nome, se non fosse stato che nel mio piano aveva omesso un piccolo particolare: lei non era la classica ragazza da una botta via dalle quali ero sempre circondato. 

Era così ingenua, così dolce, così pura, così diversa da me....

Ricordavo ancora il suo imbarazzo quando per la prima volta l'avevo incontrata negli spogliatoi della palestra. Fino a quel giorno non mi ero mai avvicinato a lei, anche se non potevo negare di averci fatto più di pensierino ogni volta che la vedevo passare per i corridoi, e come non si poteva d'altronde.  

Ma Zayn mi aveva messo in guardia dicendo che era la migliore amica di Marine, e che se avevo intenzione poco serie avrei fatto meglio a non infastidirla poiché non voleva che questo guastasse anche i rapporti tra lui e la fidanzata.

Così per il moro avevo fatto lo sforzo di stargli alla larga, fino a quando un giorno qualunque  di ottobre, il destino aveva deciso di muovere da sé i fili.  

Quel giovedì non ero andato a scuola, mi trovavo lì solo perché avrei dovuto restituire le chiavi della macchina che Zayn mi aveva prestato la sera prima per andare ad una festa, poichè la mia era dal meccanico, e sapevo che una volta finite le lezioni, il moro si tratteneva sempre per gli allenamenti di basket, così ero andato a dargliele, ma quando  ero ritornato vicino agli armadietti per andare via,   avevo visto il mio ombrello tra le mani di una ragazza che conoscevo fin troppo bene e così avevo colto l'occasione al volto. 

Mi ero presentato e capendo che non aveva un ombrello, mi ero offerto io di riaccompagnarla a casa, con una confidenza tale da sembrare quasi sfacciato, infatti non sapevo se fosse più in imbarazzo per la questione dell'ombrello o per quella proposta decisamente  impertinente che le avevo fatto.   

Era la prima volta che parlavo ad una ragazza senza che quest'ultima mi saltasse addosso dieci minuti dopo, anzi quando durante il tragitto verso casa le aveva messo una mano dietro la schiena per far si che non si bagnasse, era perfino arrossita.

Quel giorno avevo anche scoperto che non abitavamo neanche tanto distanti e quando per ringraziarmi mi aveva stampato un piccolo bacio sulla guancia, uno strano brivido mi aveva percorso la schiena, qualcosa di mai provato prima di allora. 

Ero rimasto talmente colpito che il giorno dopo l'avevo invitata ad uscire, ma anche da starbucks non avevamo fatto altro che parlare e mangiare dei donuts, non ci eravamo ne baciati ne me l'ero scopata prima di riaccompagnarla a casa, niente di niente.    

Per la prima volta nella mia vita avevo trovato qualcuno che mi stesse davvero a sentire, qualcuno con cui poter parlare liberamente anche delle cose più stupide che mi succedevano, qualcuno a cui poco importava della mia popolarità a scuola o del conto in banca di mio padre, qualcuno di vero.  

Non per niente era l'unica ragazza che non mi ero ancora portato a letto e nonostante questo anche quella a cui fossi più legato.   

Fatto sta però che nell'ultimo periodo ero diventato molto più freddo  e distaccato nei suoi confronti. 

Non le davo mai tutte le attenzioni che si meritava, la maggior parte della volte non la calcolavo, non rispondevo mai alle sue telefonate ed ero ritornato alla mia vecchia routine:  mi scopavo una ragazza diversa al giorno, andavo a feste dove bevevo e fumavo, anche canne, insomma ero un fottuto stronzo con lei.     

 Il fratello, le amiche e tutti quelli che le volevano bene, mi odiavano e sapevo che volevano convincerla a lasciarmi perdere, però lei non gli aveva mai dato ascolto, nonostante le mie bravate, nonostante i continui litigi e nonostante tutto il dolore che le causassi.

 Perfino Louis, uno dei miei migliori amici, mi aveva spinto più volte a lasciarla, dicendo che se dovevo stare con lei in quel modo, avrei fatto meglio a ritornare single, ma era più forte di me: lei mi apparteneva.   

Sapevo di essere un fottuto egoista, ma il solo pensiero di vederla tra le braccia di qualcun altro che non fossi io, proprio non riuscivo a sopportarlo.

Era strano ma era così.  

La sua assenza creava una specie di vuoto dentro di me...  

L'odiosa suoneria dell'i-phone mi riportò alla realtà, così allungai il braccio verso il comodino per prenderlo, ma quando vidi a chi apparteneva il numero sullo schermo, riappoggiai il telefono sul comodino.  




 

E ANCHE QUEST'ALTRO CAPITOLO E' FINITOOOOOO!!!!

Finalmente la storia raccontata dal punto di vista anche di Harry, e spero proprio che vi sia piaciuto.

Ringrazio ancora tutti quelli che stanno leggendo la storia e l'hanno commentata: grazie davvero dal profondo del cuore, perché non potete immaginare quanto sia importante per me il vostro supporto.

Un bacio e ci vediamo al prossimo capitolo <3 <3 

   
 
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