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Autore: Youth_    23/05/2016    2 recensioni
[What if?]
Cosa sarebbe successo se la Regina "Cattiva" non avesse mai lanciato il sortilegio? E se Emma fosse cresciuta con i suoi genitori, lodata e ammirata in quanto futura erede al trono, sarebbe stata diversa? Avrebbe incontrato Killian Jones, e se sì, come?
Ma soprattutto, come sarebbe andata la storia?
Un gioco di scacchi dalle mosse imprevedibili, uno spettacolo di marionette in cui i pupazzi e i burattinai si confondono tra loro; il re cadrà, e la corona verrà spezzata, rivelandone le debolezze.
Un prigioniero temibile, un mozzo, una regina esiliata e una traditrice: Once Upon A Time, come non l'avete mai visto.
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Niente come tornare in un luogo rimasto immutato ci fa scoprire quanto siamo cambiati. 
- Nelson Mandela”




Terra.
Gli stivali sporchi del capitano scricchiolarono di piacere, al tocco familiare della sabbia della spiaggia.
Il porto pullulava di gente, a quell’ora; gli uomini stavano comprando il pesce fresco, i bambini correvano tra le casse maleodoranti, mostrando le gambe bianche come il gesso, già marchiate dalle loro marachelle.
Killian guardò un branco di marmocchi schiamazzanti fare uno strano gioco con le monete, passandosele con uno schiocco di dita e prendendole con la lingua protesa.
Quei luoghi appartenevano a quell’età, in fondo; alla giovinezza senza ritegno, al divertimento sfrenato.
Non per quanto riguardava lui, comunque.
Scrollò energicamente le spalle, togliendosi lentamente il cappello.
Quattro giovani ragazze, cariche di frutta dai mille colori, gli scoccarono un sorriso civettuolo.
Killian ricambiò distrattamente, strizzando l’occhio e conquistandosi le risate divertite dei compagni.

- Dopo tutto questo tempo, non hai perso il tuo tocco magico-
Jones si girò, colto alla sprovvista: la folla si mosse inquieta, come acqua scossa dal colpo di coda di un’orca.
E l’orca era proprio lui, smagliante nella sua armatura lucidata a dovere, dal sorriso debole, a labbra chiuse: il re James.
Killian s’inchinò, seppur riluttante: non aveva dimenticato quanto quello squalo spietato avesse minato il tempo prezioso che spendeva con sua figlia.
Emma. Il suo corpo ebbe un fremito. Era a due passi da lì, più vicina di quanto no fosse mai stata negli ultimi anni. Quel posto profumava di lei, il vento sembrava riportare l’eco della sua risata.
Il cielo aveva il colore dei suoi occhi. E lo stava aspettando, come lui aveva aspettato quel momento.
Sentì i passi dell’uomo avvicinarsi, scandendo i secondi che lo avvicinavano, o lo allontanavano da quell’incontro tanto atteso, a seconda della volontà del re.
- Fa sempre piacere vedere un vecchio amico-
- Con tutto il dovuto rispetto, sire, non penso sia il nostro caso- commentò Killian, con un sorriso sprezzante.
Il re sembrò indispettito, ma non ferito. Sembrava che nulla potesse scalfirlo, all’infuori del minimo capriccio di sua figlia, o di un sorriso magnanimo di sua moglie.
Killian aveva sempre pensato che amasse talmente tanto le due donne della sua vita, da non poterne riversare altro nelle persone che lo circondavano. Col tempo, quest’opinione non sembrava destinata a cambiare.
- No, infatti- sussurrò lui, facendolo rialzare, prendendolo bruscamente per la spalla destra.
Una volta che i due sguardi s’incrociarono, però, la sua mano ferma non smise di stringergli la scapola.
Si fissarono con fredda ostilità; tempo prima, Killian avrebbe chinato la testa, in segno di rispetto.
Ora, i suoi occhi rilucevano di spavalderia, acquisita col tempo che aveva assottigliato la distanza tra i due.
Il re James, da parte sua, non sembrava invecchiato; certo, qualche ruga in più gli segnava la fronte, forse il segno delle mille preoccupazioni che un sovrano doveva portare, insieme ai gioielli, sulla corona.
Erano entrambi uomini, questa volta, i due. E da tali si sarebbero trattati.
La mano del re si allontanò lentamente da Killian, platealmente, come un avvertimento più che un segno di rilassamento. Il capitano s’irrigidì, ma il suo sorriso non scomparve. Nessuno era riuscito a cancellarlo dal suo viso, d’altra parte.
- Non sono venuto qui per giocare, Jones- si affrettò il re James, tenendo una mano sull’elsa della spada che gli ciondolava a fianco:- Non c’è più tempo per queste cose-
- Concordo- annuì Killian, sentendo gli occhi di tutta la ciurma puntati addosso a lui:- Allora, dove sono le guardie?-
- Scusa?-
- Le guardie, per portarmi via. O preferisce stendermi davanti a tutti? Sappiamo entrambi che non le piaccio, quindi non credo che non alzerà un dito quando mi dirigerò verso il suo castello-
Il re James sembrò interdetto per un attimo, prima di ridacchiare, quasi divertito.
Killian si sentì preso in giro, e in circostanze normali avrebbe assestato un pugno a quel damerino; ma quelle non erano circostanze normali.
- Invece, caro capitano, penso che, come dici tu, non alzerò un dito- continuò lui, incrociando le braccia al petto, arricciando il naso.
Quando ricominciò a parlare, però, Killian non poté non notare che il suo sguardo si era incupito, e che la voce sembrava più grave, meno baldanzosa:- In verità, avevo intenzione di guidarti io stesso-
Il capitano aggrottò le sopracciglia, incredulo.
Non era mai stato invitato ufficialmente a palazzo, nonostante non avesse problemi ad intrufolarsi dietro le mura, e anche con una certa agilità; quella richiesta lo colse di sorpresa.
Il re James sembrò squadrarlo per diversi secondi, prima di aggiungere:- Si tratta di Emma-
- Cos’è successo? Non si sente bene?- si allarmò lui, subito.
- No, no... Sta bene- sorrise il re, come sollevato:- Ti sei perso la sua adolescenza. Adesso è... Bella. Sana, e forte, come ogni padre vorrebbe vedere una figlia. Eppure...-
- Eppure cosa?-
- Mi dà molte preoccupazioni- spiegò lui, aggrottando la fronte con aria seria:- Da diverse settimane non scende a pranzare con noi, mi parla a malapena, e così con sua madre. Esce di rado, e solo se obbligata: rimane nella sua camera, a fare Dio solo sa cosa-
A Killian quella sembrò più una fandonia; l’Emma che conosceva lui non si sarebbe mai barricata all’interno del castello come una principessa esiliata. Avrebbe corso per i prati, lanciando via scarpe e ombrellino.
Avrebbe goduto della luce del sole sino a bruciarsi la pelle bianca, ridendo.
No, non poteva essere vero.
- Mi costa ammetterlo, ma penso di aver sbagliato qualcosa... Come padre- sussurrò il re, vergognoso:- E dato che con me non parla...-
- Sta dicendo che ha bisogno di me, sire?-
Il re James lo guardò con aria d’urgenza, come non aveva mai osato fare; e in quel momento Killian capì che quelle rughe non erano dovute alle ribellioni civili, o ai commerci instabili.
La causa era Emma.
- Ho bisogno di mia figlia-




Emma gettò via l’ultima lettera sulla scrivania in mogano, annoiata. Alzò gli occhi, mentre bussavano alla porta; doveva essere di nuovo il postino, che caricava su un’altra decina di inviti, elogi, poesie che avrebbe scartato via, insieme a tutte le altre.
- Fermate la corrispondenza, per l’amor di Dio!- esclamò esasperata, gettando le braccia in avanti come per proteggersi da quella montagna di cartacce:- Di questo passo mi cadranno gli occhi!-
Qualcuno ridacchiò dall’altro lato della porta. Emma alzò un sopracciglio, chiedendosi se per caso non avesse sentito male. In generale, il postino non rideva mai.
- Non vorrei mai essere la causa della perdita dei vostri splendidi occhi, mia principessa-
- Killian!-
Emma corse alla porta, col cuore in gola: girò il pomello, con le mani che le tremavano.
Le sue orecchie non le avevano mentito, stavolta: era proprio lui. Era più alto di come l’aveva lasciato al porto, dieci anni prima; portava una di quelle camicie bianche che sembrano caratteristiche dei marinai, e aveva tutta l’aria di essere appena scampato da una rissa.
Sapeva di salsedine, di aria fresca, di libertà. I suoi occhi luccicavano come diamanti.
Pensò che nessuno di quei mille principi avrebbe potuto darle un regalo più gradito.
Per un attimo ―ma solo per un attimo, si ridisse― le venne voglia di abbracciarlo, come probabilmente non aveva mai fatto, e dirgli la verità: che le era mancato, come non avrebbe mai osato immaginare.
Ma si ricompose, alzando il delizioso nasino all’insù come le avevano insegnato, porgendogli la mano.
Lui guardò il guanto bianco che le copriva le dita con sospetto, come se dovesse temerla:- Oh beh, mi sembrava un po’ presto per darti subito dei regali...-
- Sciocco che sei!- esclamò lei, divertita:- Devi stringerla-
- Stringerla?-
- Tecnicamente dovresti baciarmela, ma voglio evitarti l’imbarazzo-
- Oh, ma per favore!- esclamò il marinaio, dandole un colpetto al polso, rifiutando la mano:- Non mi dirai che è bastato qualche anno a renderti una bambola di porcellana!-
Al ché lei corrucciò la fronte, indispettita, e con un portamento da far invidia a chiunque, si girò e si diresse al suo posto d’onore, nella scrivania ancora sommersa dalle buste strappate:- Sei un insolente, come al solito!
Ti sei intrufolato qui dentro solo per rinfacciarmi la mia mancata libertà?-
- A dire il vero no, ma eventualmente si preannuncia uno spettacolo esilarante- ridacchiò lui, chiudendo delicatamente la porta dietro di sé:- Piuttosto, non mi sono intrufolato-
- Ma fammi il piacere-
- Perché così tanto astio?-
- Non è astio. Sono solo nervosa- ripiegò lei, sbuffando:- E comunque, mio padre non ti farebbe mai entrare qui-
Killian, la cui arte seduttrice era stata notevolmente affinata dagli scambi commerciali che aveva intrapreso, sorrise furbastro:- A dire la verità, è stato lui a chiamarmi-
- Non mi dire-
- Dico davvero: avrei preferito venire qui domani, vestito meglio e tirato a lucido, come piace a questi vecchi signorotti- spiegò lui, passandosi una mano tra i capelli come a voler rafforzare la sua affermazione:- Invece lui mi ha aspettato al porto e ha detto che avevi bisogno di un piccolo incoraggiamento-
- Per cosa?- chiese lei, con aria di sufficienza.
Killian la conosceva bene, e per questo non si lasciò ingannare dal suo tremendo orgoglio:- Mi hanno detto che ci sono stati dei problemi, ultimamente. Circa il tuo... Comportamento-
Emma sospirò, esasperata: non doveva nascondersi solo dai suoi genitori e da tutta la corte che le stava col fiato sul collo come un cane da guardia, ma anche dal suo migliore amico.
Avrebbe preferito parlare di cose molto più piacevoli con lui, che subirsi la ramanzina.
Si sistemò i capelli con una mano, cercando di infondere nelle parole quanto più veleno potesse spremere dalla sua collera crescente:- Qualunque cosa ti abbiano detto, è falsa. Qui va tutto a meraviglia, io sono una meraviglia. Se sei venuto qui solo per annoiarmi, tanto valeva che rimanessi sulla tua nave con i tuoi compari per un altro decennio-
Vedendo che Killian non proferiva una parola, strinse i denti e sputò l’ultima goccia di acre acido che le stava corrodendo ogni attimo felice della sua vita:- Non ho bisogno di te-
- Quanta cattiveria, da una bocca così bella- commentò Jones, senza scomporsi:- Non una singola parola era vera, temo che tu lo sappia-
- Se non avessi detto il vero, lo diventerà presto- rispose lei, stringendo i pugni:- Mi hanno rinchiusa qui dentro come una bestia. Mentre tu eri là fuori a divertirti, io venivo trattata come una marionetta-
A quel punto la pazienza di Killian fu messa a dura prova, perché tutto si poteva dire del suo apprendistato, tranne che fosse stato semplice o addirittura divertente.
Aveva sudato e pianto sangue più di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Aveva sperato in un’accoglienza calorosa, ma Emma era ancora troppo giovane per capirlo. Conosceva troppe poche cose, all’infuori di se stessa, per preoccuparsene; per questo doveva essere clemente con lei.
- Che hai fatto, vuoi spiegarmelo?-
- Non ho fatto niente- pigolò lei, come una bambina sorpresa a fare qualche marachella:- Se ho fatto veramente qualcosa è tutta colpa loro. Non ne posso più di tutta questa smania dell’eredità-
- Vogliono maritarti?-
- Da quando mi hanno inserita in società, cinque mesi fa- annuì lei, con un tono di profonda rassegnazione:- I miei genitori continuano a dire che vogliono vedermi felice. Io non sarò mai felice-
- Non dire stupidaggini- esclamò Killian, poggiando lo sguardo sulle sue mani bianche.
Tremavano, e gli venne voglia di accoglierle nelle sue, come aveva fatto quella volta che era caduta e si era lasciata curare. Eppure sapeva che le ferite che aveva lei non si potevano sanare con un po’ d’acqua fresca e una battuta di spirito. Dal suo sguardo, dal modo in cui parlava, Killian capì che anche per lei non dovevano essere stati degli anni facili.
Se fossero stati insieme, magari, sarebbe andata meglio.
- Non ti pare logico che ti vogliano vedere felice?-
- Vorrei soltanto che capissero che non troverò mai la felicità accanto ad uno di loro- esclamò, e così dicendo indicò la pila di lettere accatastate sulla scrivania. Il giovane marinaio ne adocchiò una, ma dovette smettere di leggere dopo i primi righi: si trattava di una poesia scritta da un certo conte, e chiunque dovesse essere aveva un pessimo gusto per le figure retoriche e i profumi per la carta da lettere, perché quella sapeva di cipolle.
- Sono tutte terribili come sembrano?-
- Alcune sono anche peggio- rispose lei, prendendone una dal curioso color limone:- Guarda questa: “Egregia principessa Swan, sarei onorato se potesse venire a trovami nella mia umile dimora venerdì diciassette per una battuta di caccia alla volpe, che mi vedrà presente in quanto vincitore per cinque volte di fila al grande torneo della famiglia. Sarebbe gradita quella deliziosa gonna color salmone che indossava l’altro giorno. Se vuole, può lasciare a casa le spille per sorreggere il vestito”-
Emma roteò gli occhi, disgustata, mentre Killian si lanciò in una risata cristallina che gli fece guadagnare un’occhiata fulminante e un calcio sullo stivale destro in meno di mezzo secondo.
- Scusa...- si affrettò lui, faticando a non piegarsi in due dalle risate:- L’ultima parte mi ha steso-
- Pensavo che ti saresti arrabbiato-
- Oh, sì, sono molto arrabbiato- commentò lui sarcasticamente, alzando un sopracciglio:- Non vorrei mai che un damerino che pratica la caccia alla volpe ti possa importunare, oh giovane donzella-
Allora persino Emma fece fatica a trattenere una risata, ma la soffocò perentoriamente con un colpetto di tosse, asserendo:- Non ho mai visto nulla di così volgare-
- Si vede che non esci con me la sera- sogghignò lui.
Emma spalancò gli occhi, a metà tra l’indignato e il rapito:- Esci la sera? E da quando?-
- Tesoro, saresti sorpresa di vedere quanta gente esce la sera per bersi una birra con gli amici- disse lui, ammiccando:- Ma tu sei troppo perbene per certe cose, giusto?-
- Oh, sì, decisamente troppo perbene- sorrise lei accondiscendente, avvicinandosi:- Quando ci vediamo, e dove?-
- All’entrata del labirinto del giardino, appena cala il sole. Non ti aspetterò a lungo-
Detto questo, Killian si alzò, come se avesse appena terminato una conversazione dai toni gravi:- Spero che ti sia tornato un po’ di senno in quella zucca vuota che ti ritrovi-
- La tua presenza mi ha illuminata- sospirò lei, azzardando una riverenza che le fece perdere l’equilibrio, facendola zoppicare in avanti.
Killian ridacchiò, e le porse la mano come aveva fatto lei prima:- Arrivederci, Swan-
Lei sorrise, e gli afferrò il polso, come le aveva insegnato lui durante le loro fugaci lotte con delle spade di legno. Lo ricacciò indietro, come se volesse sbarazzarsene:- Arrivederci, piccolo marinaio-
Il marinaio, che ormai non si poteva più dire tanto piccolo, apprezzò il gesto.
Chinò la testa, come faceva in presenza dei suoi genitori, e sgusciò via similmente ad una serpe.
Emma sorrise tra sé e sé, pensando che i suoi piani per la sera non potevano prospettarsi più graditi. 
   
 
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