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Autore: LatazzadiTea    23/05/2016    0 recensioni
“Credevo che volare fosse l’unico sogno della nostra vita e, ingenuamente, mi illudevo che saremmo rimasti insieme per sempre. Fare una scelta significa inevitabilmente rinunciare a qualcos’altro, vero, Kalarya? Ciò nonostante, io... non smetterò mai di credere nel nostro sogno, né smetterò di lottare per esso! Te lo prometto, amico mio!”
Storia partecipante al contest "Gelosia".
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Non riuscì a reagire di fronte a quella reazione. Era rimasto talmente confuso e spiazzato che, quando il ragazzo lasciò la piccola stanza, non ebbe la forza di fermarlo.

“Il cuore di un uomo innamorato può essere fragile come un fiore di vetro…”, disse Leon, ripetendo una delle battute che più amava. Aveva cercato aiuto e consiglio nell’unica persona in grado di poterglielo dare. Il professor Plant, che era rimasto in silenzio per quasi tutto il tempo ad ascoltare le sue ragioni e gli avvenimenti che in quelle ultime settimane, dopo l’attacco dei Secretus, avevano riguardato lui e Breda.

“Sai perché ha lasciato la sua casa per fare il pilota?”, gli chiese Varkas.

“No. Ad essere sincero, non so quasi niente di lui”, gli rispose il giovane.

“Breda aveva un fratello maggiore, Ravin Azuma. Penso che abbia deciso di calcare le sue orme per vendicarlo. Fu uno dei primi piloti di Specter ad avere a che fare con i Secretus e fu abbattuto nonostante fosse uno dei migliori che avessi mai conosciuto. Morì pochi giorni dopo a causa delle gravi ferite riportate”, gli spiegò l'uomo.

“Non lo sapevo… io non…”, Leon era sinceramente addolorato per Breda e forse cominciava a capire cosa lo avesse fatto impazzire in quell’ultimo periodo.

“La madre di Breda cadde in una profonda depressione e suo padre impedì al figlio di far visita al fratello maggiore per tutto il periodo in cui rimase in ospedale. Lo stesso Breda, nonostante avesse solo sei anni, rimase profondamente segnato dalla perdita di Ravin. L’attacco dei Secretus di qualche settimana fa, deve aver risvegliato in lui spiacevoli ricordi”, aggiunse il professore.

“Così, lei sta dicendo che Breda ci considera davvero come membri della sua famiglia? Ecco perché, dopo l’attacco dei Secretus alla nostra flotta, è andato fuori di testa! Quell’idiota... ma perché non ce l’ha detto?”, gli chiese Leon.

“Breda è sempre stato un bambino introverso, timido e molto riservato. Inoltre, dopo la morte di sua madre che adorava, ha chiuso tutti i ponti con la sua famiglia d’origine. È comprensibile che abbia riversato tutto il suo affetto su di voi e in particolare su di te, Leon”, il discorso del professor Plant era del tutto plausibile; quindi, il pensiero che Breda potesse provare per lui un sentimento diverso, era sbagliato? O magari, in realtà, quella era una delle tante ragioni che lo avevano spinto a tacere?

La notizia fece in fretta il giro della City. Lo spettacolo, filmato in teatro dalla televisione locale, presto sarebbe diventato un film. Proiettato in tutte le sale cinematografiche delle varie City presenti sulla Horizon, “Fiori di vetro”, in qualità di prima pellicola girata su una flotta di colonizzazione spaziale, sarebbe diventato un inno di speranza per tutti i suoi abitanti. Quando arrivò il momento, tutti gli attori furono invitati per la prima. Solo i due protagonisti si accorsero che la scena finale del film era, in realtà, quella in cui Breda e Leon si erano baciati. Leon se ne andò per primo, seguito come un’ombra da Kalarya che non poteva immaginare il motivo di tanto malumore. Nel rivedere quella scena, Leon aveva provato la stessa intensa emozione: se avesse potuto sprofondare, l’avrebbe fatto.

“Leon! Leon, aspetta…”, la voce di Breda lo raggiunse come un pugno allo stomaco e la reazione fu inaspettatamente violenta.

“Va’ al diavolo, fottuto bastardo! Lo sapevi? Dimmi, tu lo sapevi?”, gli domandò in collera il ragazzo, ancora profondamente turbato.

“No, non lo sapevo. Ma puoi stare tranquillo, nessuno se n’è accorto, Leon, nessuno!”, Breda, malgrado tutto, non capiva; era una commedia e il bacio che si erano scambiati era stato del tutto innocente.

Quell’inconsulta reazione gli fu del tutto incomprensibile.

“Di cosa state parlando? Si può sapere che succede?”, volle sapere Kalarya, del tutto spiazzato.

“Leon, ti prego, calmati! Non c’è nessuna ragione di fare così”, replicò Breda, cercando di chiarire in qualche modo, ma Kalarya ne approfittò per intromettersi nuovamente fra loro. Benché non conoscesse la reale ragione di quel diverbio, non perse tempo e colpì nuovamente Breda al volto, facendogli davvero molto male.

“Non fai altro che creare problemi! Stai lontano da Leon, o la prossima volta andrà molto peggio!”, lo minacciò l’altro e, dal tono usato, Breda, mentre perdeva i sensi, capì che Kalarya non scherzava.

“Sei patetico!”, sbottò poi. Leon lo aveva aiutato ad arrivare all’accademia di nascosto e, subito dopo aver raccontato una balla delle sue per coprire Kalarya, si era ritrovato in infermeria ad osservare in ansia il giovane amico. Breda aveva il viso tumefatto e talmente gonfio da essere quasi irriconoscibile. Si era nervosamente appoggiato allo stipite della porta aspettando notizie sulle sue condizioni, mentre Kalarya, dopo quell’ennesima bravata, si era dileguato e nessuno sapeva dove fosse finito.

“Devi dire al tuo ‘fidanzato’ di darsi una calmata. Non ho reagito, ma la prossima volta lo massacro di botte anch’io!”. aggiunse il giovane.

“Non è il mio ragazzo, smettila di dire stronzate!”, replicò Leon con gli occhi bassi e lucidi.

“E lui lo sa?”, chiese sarcastico l’altro, mentre la dottoressa gli metteva un paio di punti al sopracciglio.

La dottoressa si era poi allontanata per scrivere il suo rapporto medico e dare a Breda qualche giorno di riposo. Leon ne approfittò subito per capire meglio quali fossero le sue reali intenzioni.

“Smettila, ti ho detto! Lo denuncerai?”, gli domandò Leon.

“No, verrebbe espulso questa volta. Vai a cercarlo e impediscigli di fare un’altra cazzata delle sue!”, ribatté Breda, sforzandosi di non alzare troppo la voce.

“Un paio di giorni di riposo e sarà come nuovo. Devo fare rapporto, ragazzi, lo sapete, vero? Confermate la versione che mi avete dato?”, volle sapere la dottoressa.

“Sì, signora, confermiamo”, le rispose Breda, alzandosi dolorante dal lettino. Leon, invece, non disse nulla.

Era intervenuto impedendo che succedesse il peggio, ma si sentiva ugualmente molto in colpa. Sentiva di aver tradito l’affetto sincero che Breda aveva sempre nutrito per quelli che, fino a poco tempo prima, erano stati i suoi più cari amici, oltre ad aver gettato su di lui la sua insicurezza e tutte le sue frustrazioni. Ora gli era chiaro: era lui a provare per l’altro un sentimento più profondo, qualcosa che andava al di là dell’amicizia e questa verità, soprattutto per il suo bene, lo spinse ad allontanarsi sempre più da lui.

Qualche tempo dopo, al quartier generale delle nuove nazioni unite, si discuteva ancora dell'attacco alieno e di come avessero fatto i Secretus ad intercettare la flotta dopo undici anni di viaggio nello spazio più profondo.

“Segnali, signori. Emettiamo frequenze radio e segnali video di ogni tipo e, per quanto possa sembrare assurdo, i Secretus potrebbero essere in grado di sentirci. In qualche modo, sono attirati da noi. Sappiamo con certezza che, dopo la partenza delle flotte di colonizzazione, gli alieni hanno smesso di attaccare la Terra… vorrà pur dire qualcosa”, disse Lamya Roshan, figlia del magnate delle industrie Roshan e sorella maggiore di Lukas.

“La teoria più accreditata dall’Intelligence del presidente Han è che proprio le onde emesse dal reattore Stellarathor W7-X, la principale fonte d’energia di tutte le nostre astronavi e delle Isole fluttuanti, potrebbero aver attirato su di noi la loro attenzione. Si tenga conto che le prime onde di piega interdimensionale, intercettate nel nostro sistema solare, sono molto simili a quelle prodotte dal nostro reattore e riportano questa data”, lo scienziato, che aveva così chiaramente spiegato i fatti, aveva parlato per quasi un’ora ininterrotta e Lukas, in attesa della sorella, iniziava a non poterne più di aspettare.

“Non credevo che mi avrebbero permesso di assistere”, esordì Lukas, ancora sconvolto da quelle scioccanti supposizioni.

“Perché no? In fondo, nostro padre ha progettato la Horizon e tutte le altre flotte di colonizzazione. Inoltre, siamo stati noi a realizzare tutti i sistemi di sicurezza e comunicazione a bordo. Se è come penso, quegli esseri non ci lasceranno mai in pace e vorrei tanto sapere perché. Cosa li spinge? Ci considerano una minaccia per la loro esistenza? Cosa significa quel segnale per loro?”, tutte domande legittime a cui forse nessuno avrebbe mai potuto rispondere, pensò Lukas.

“Ma torniamo a noi, fratellino: di cosa avevi bisogno?”, gli chiese finalmente la donna.

“Uno dei miei più cari amici è stato rifiutato dalla MMS nonostante avesse già ricevuto una lettera d’ingaggio. Inoltre, è uscito dall’accademia col massimo dei voti e senza mai commettere nessun errore. I suoi test, i parametri, le ore di volo, sia teoriche che effettive sui prototipi di prova, tutto è a dir poco strabiliante, eppure…”, Lukas sembrava profondamente amareggiato e Lamya diede per curiosità uno sguardo alle motivazioni del rifiuto.

“Non ha passato i test attitudinali e psicologici, aspetta un attimo! Ma questo non è uno degli attori di quel film?”, gli chiese la sorella.

“Sì, è lui, Breda Azuma”, le confermò il giovane.

“Non è possibile, questo ragazzo è un fenomeno! Se mi fai avere un autografo, vedrò cosa posso fare!”, gli rispose Lamya, sorridendo.

Lukas, rincuorato e speranzoso, aveva voluto vedere Leon che, essendo invece stato assunto, non aveva più molto tempo da dedicare agli amici di un tempo.

“Hai buone notizie?”, volle sapere il ragazzo.

“Sì, mia sorella è molto influente. Inoltre, il suo fidanzato è il comandante della UC-S Monitor, che ha un contratto di esclusiva con la MMS. Conterà qualcosa, non credi?”, gli rispose Lukas. Leon, però, sembrava non essere molto d’accordo con lui. Kalarya continuava ad impensierirlo: in quel periodo si era ancora più allontanato e chiuso in se stesso ed era diventato più difficile capire cosa provasse.

“Potrebbe essere inutile, non pensi? Breda è felice così com’è adesso, senza nessuno che lo insulti o lo minacci costantemente al suo posto, non desidererei nient’altro!”, aggiunse Lukas e, in effetti, era così.

“Lo spero… questa volta Kalarya ha toccato il fondo! Servirsi delle sue conoscenze per boicottarlo così, è una cosa imperdonabile!”, replicò Leon, convinto che l’amico c’entrasse qualcosa col rifiuto di Breda da parte della società paramilitare in cui avevano sempre sognato di entrare.

Erano passati tre mesi dal diploma e tutti, compresi Kalarya e Grace, erano diventati piloti della MMS. Tutti tranne Breda che, invece, era entrato nell’esercito regolare col grado di sottotenente. In meno di tre settimane, però, era stato avanzato di grado e messo al comando di una squadriglia, la Scorpion Red. Inoltre, la sua era l’unica unità Specter che fosse mai stata rielaborata. L’aveva configurata personalmente, ne aveva ridisegnato l’assetto e aumentato le prestazioni e, in virtù delle sue eccezionali doti di pilota, era stato rinominano ‘Starbright’, chiarore delle stelle.

“Capo Rosso, ti stai allontanando troppo. Non fare sciocchezze!”, disse una delle operatrici dal ponte di comando del quartier generale.

“Sissignora!”, rispose prontamente Breda.

Come ogni giorno, avevano effettuato voli di ricognizione e controllo intorno all’isola principale della flotta e, come sempre, tutto gli sembrò in perfette condizioni. Dall’ultimo attacco erano passati sette mesi e dei Secretus non si era saputo più nulla. Tuttavia, le teorie della sorella di Lukas e degli scienziati che lavoravano al reattore, erano sempre più accreditate da tutti, tanto da far salire il grado di attenzione da quattro a due. In ogni istante, gli alieni avrebbero potuto attaccare la flotta: dovevano essere pronti a respingerli senza esitare, non potevano più permettersi di essere colti di sorpresa.

“Sai, ultimamente non mi sembri molto entusiasta…”, constatò Lukas.

“Faccio solo quello che devo fare”, rispose Breda, intento a preparare il caffè.

“Ho parlato con Lamya, vuole un tuo autografo!”, disse poi il ragazzo, sospirando profondamente. “Un mio cosa? Non saresti dovuto andare da lei. Coma sta Leon? L’hai visto?”, gli chiese, cercando di proposito di cambiare argomento.

“Glielo potrai chiedere di persona: è qui sotto. Ho visto la sua moto… credo che stia aspettando al bar all’angolo”, gli rispose Lukas, mentre trafficava col cellulare e, poco dopo, qualcuno suonò al campanello.

“Ti avevo chiesto di non dargli il mio indirizzo!”, sbottò Breda che però, al contrario, sembrava essere felice di rivedere l’amico dopo tutti quei mesi di separazione.

Prima che Lukas uscisse, Breda staccò la locandina del film che aveva appeso ad una delle pareti del suo piccolo appartamento e lo firmò per Lamya. Non era mai riuscito a sbarazzarsene perché, di tanto in tanto, poteva nuovamente vedere il volto della persona che tanto aveva amato e che ancora, nonostante tutto, amava.

“Devo andare, domani ho un impegno importantissimo. Ciao, ragazzi! Ah, Breda: se ho buone notizie, ti mando una mail”, gli rispose Lukas, imbarazzato ed eccitato come un bambino delle elementari.
Quando Leon entrò e la porta d’ingresso si richiuse alle sue spalle, però, cadde un pesante ed inesorabilmente silenzio.

“Vuoi un po’ di caffè?”, gli domandò Breda, cercando di evitare di guardarlo direttamente negli occhi.

“Sì, grazie!” Si sedettero sul divano a bere la forte bevanda, immobili come pezzi di legno.

“Dicono meraviglie su di te… l’asso del cielo! Com’è il nomignolo che ti hanno affibbiato? ‘Starbright’, giusto? Non mi sorprende, sapevo che avresti fatto meraviglie su uno di quei gioiellini”, disse poi Leon, rompendo finalmente il ghiaccio.

“I nostri Specter sono pezzi d’antiquariato rispetto ai vostri… il mio è solo un modello sperimentale, ma non mi lamento!”, era normale parlare di aerei; erano nati per quello, per volare. Anche se, tecnicamente nello spazio, si navigava.

“Hai intenzione di tenere quella tazza in mano in eterno?”, gli chiese poi Breda, che gliela prese dalle mani.

Senza aspettarsi la conseguenza che derivò dall’improvviso contatto con la sua mano, la razionalità e il buon senso che lo avevano sempre guidato improvvisamente scomparvero, e il sangue iniziò a pulsare più forte nelle vene.

“Breda? Che ti prende, stai male?”, Leon lo aveva afferrato istintivamente per un polso e, nel vederlo barcollare, lo sorresse di peso col proprio corpo.

“Hai le pulsazioni un po’ accelerate e stai sudando, forse è meglio che ti siedi”, all’improvviso gli era colto il panico; Leon sentì che se non si fosse staccato da lui avrebbe perso il controllo e, quando arrivò il momento di lasciarlo andare, non ci riuscì affatto.

“Sto bene, davvero. Puoi lasciarmi. Tutto questo non è necessario, Leon. Leon, che stai facendo?”, ribatté il giovane, cercando di divincolarsi, di staccarsi dall’amico col timore che potesse capire o anche solo intuire cosa stesse provando in quel momento.

Leon, invece, lo teneva con forza asserragliato nel suo abbraccio senza dire una parola: non poteva più scappare da se stesso e da ciò che sentiva per lui.

“Non posso… non voglio lasciarti. Magari mi odierai dopo, o mi ricoprirai d’insulti, ma non m’importa, Breda…”, gli sentì mormorare.

“Dopo cosa, Leon?”, gli domandò Breda, con gli occhi sbarrati e pieni di lacrime.

La risposta fu un bacio. Leon lo stava baciando e lui lo corrispondeva. Non aveva mai trovato il coraggio di confessargli i suoi sentimenti e mai lo avrebbe fatto, se Leon non avesse preso l’iniziativa. Quando, ancora senza fiato, si staccarono l’uno dall’altro per guardarsi finalmente negli occhi, rendendosi improvvisamente conto che quello che stavano vivendo era reale, Breda colse nuovamente nello sguardo dell’amico la confusione e i dubbi che lo avevano sempre frenato. Così non gli diede il tempo di ripensarci.

“Resta… puoi restare?”, quella domanda nascondeva una proposta insperata e piena di promesse.

“Intendi dire che vuoi che resti qui anche stanotte?”

“Sì, anche stanotte”, gli rispose Breda.

Non c’era più stato bisogno di parlare. Ora esistevano solo ed esclusivamente loro, sebbene la questione di Kalarya rimanesse aperta. Breda si era sempre domandato il motivo dell’improvviso odio del giovane verso di lui. Inizialmente, aveva persino pensato che fra i due ragazzi potesse esserci una relazione e che l’amico avesse iniziato a vederlo come una minaccia, ma ora aveva la certezza che il sentimento che aveva spinto Kalarya all’odio non aveva niente a che fare con l’amore per Leon, o almeno così credeva.

“Odio? Lui non ti odia affatto, Breda”, affermò con convinzione Leon.

“E cosa pensi che provi, invece?”, gli chiese l’altro, col volto ancora arrossato e gli occhi lucidi.

“Senso d’inferiorità, gelosia, invidia… più o meno le stesse cose che ho provato io quando mi sono reso conto che ci avresti surclassato entrambi. Con la sola differenza che, nel mio caso, l’ho accettato. Me ne sono fatto una ragione e devo dire che d’allora non ho pensato ad altro che a te e a come trovare il coraggio di dirtelo…”, rispose Leon, passandogli un pollice sulle labbra appena dischiuse.

“Per quanto continui a pensarci, io… non riesco comunque a capire. Non ho mai fatto nulla per farvi sentire inferiori e non ho mai pensato o detto nulla di simile. Voi siete i migliori piloti che io abbia mai incontrato!”, rispose Breda, con tutta la sincerità possibile.

"Lo so, e non incolpo te. Siamo stati solo due stupidi, io e lui soprattutto. Non potevamo capire che tutte le tue critiche o le tue osservazioni sui nostri sbagli non erano altro che il tuo modo di dirci ‘vi voglio bene, ragazzi, e non voglio perdervi’!”, replicò Leon con dolcezza.

Anche l’espressione di Breda si addolcì. Finalmente qualcun altro riusciva a comprendere i suoi reali sentimenti anche se, crescendo, si era reso conto che, per quanto si fosse sforzato, niente gli avrebbe impedito di soffrire ancora. Ormai era pacifico; l’umanità era di nuovo in guerra e la morte di alcuni sarebbe stata inevitabile, e accettare la perdita di qualcuno a lui caro e continuare a vivere, era anche un modo per rendere onore a chi aveva sacrificato la vita per un bene superiore, proprio come aveva fatto suo fratello Ravin undici anni prima.
Intanto, dalla strada, qualcuno osservava da lontano le luci spegnersi nel piccolo appartamento. Un’ondata di rabbia lo colse e Kalarya non riuscì più a muovere un muscolo: se ne sarebbe dovuto andare e invece non riusciva a fare un passo. Lo disgustava anche solo l’idea di saperli insieme. Breda non meritava l’affetto del suo più caro amico, lui non meritava proprio niente e, questa volta, non gli avrebbe dato nessuna possibilità di cavarsela. Questa volta, nessuno avrebbe potuto salvarlo.



 
   
 
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