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Autore: xwilliamseyes    23/05/2016    0 recensioni
Flora si ferma, si guarda alle spalle.
C'è il suo passato, incorniciato da tutte quelle domande rimaste ancora dubbi.
Si gira completamente e non vede altro che Zayn.
Quell'amore che aveva trasformato il suo cuore in ossessione.
Cerca risposte, Flora, nelle sue immagini sbiadite e in quegli odori acri di ortensie.
Ma alla fine solo due domande riecheggiano instancabili nel suo cervello: può un ossessione annullarsi come sabbia al vento? Possono due cuori, un tempo così uniti, dimenticarsi per sempre?
Una storia sugli eccessi, sulla condivisione, sui caratteri difficili, sulle parole non dette e sull'amore fatto di battiti infiniti.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Undicesimo Capitolo
 
 
Ed iniziai a crederci per davvero.
Forse perché mi ero resa conto che concedermi all'illusione fosse meno doloroso del concedermi alla realtà.
Mi sembrava di vederlo, dappertutto.
Negli angoli delle strade, negli sguardi degli estranei, sotto le luci soffuse dei lampioni.
Iniziai anche a tormentarmi con l'idea che se avessi azzardato a distrarmi, che se avessi smesso di cercarlo, lo avrei perso per sempre. 
Ero diventata, letteralmente, una bussola impazzita.
Tutti si erano completamente rassegnati ai miei comportamenti. Fredde e indifferenti erano le loro parole e le loro occhiate. 
I loro sorrisi smorzati, quasi fossi diventata una persona senza alcuna speranza.
E tutto ciò che non sembrava avere soluzione alcuna, una mattina sparì nel nulla. 
Capita.
Ci sono cose che non si dimenticano mai, altre che si lasciano dimenticare in un istante ed altre che si nascondono per tempo.
Il sole aveva preso ad illuminare la mia stanza, i raggi caldi sfiorarono lentamente il mio viso. Quando sbarrai gli occhi, un cielo azzurro e incontrastato mi era davanti.
Sentivo il nulla nel mio petto.
Una strana sensazione.
Una sensazione che non sentivo da tempo.
Una sensazione terribile.
Mi alzai lentamente e mi diressi verso il bagno. 
Il mio sguardo era violaceo e scavato. Mi fissai per alcuni secondi inerme. 
Dentro di me avrei voluto urlare, ma lì, in quella situazione, restai muta difronte alla mia persona. 
Ero la sola carnefice del mio aspetto.
Avevo come dimenticato le mie sofferenze, ne portavo solo i segni.
Come tutto a questo mondo sarebbero presto spariti.
Un bicchiere di té e dei biscotti.
Il panorama della cucina era sempre lo stesso.
Gli stessi alberi verdastri, le stesse strade consumate e le stesse persone.
C'era Lucia, la ragazza dai capelli ricci e rossi del palazzo difronte, che correva come una matta. 
Mesi ormai che la guardavo, mesi che non faceva altro che accumulare ritardi.
Con la giacca che le ballava sulle spalle e le cuffiette per metà inserite nelle orecchie.
Mi dissi che un giorno me lo sarei fatto spiegare il motivo del suo perenne ritardo.
Il tè continuava ad essere bollente, erano passati già dieci minuti.
Era il 10 settembre.
Tutto quel silenzio, quell'indifferenza, quella calma, sarebbero presto finiti.
Tutto sarebbe ritornato caos e rabbia.
Provai a non pensarci, c'era ancora un po' di tempo.
Mi tirai sulle maniche e le incrociai al petto sospirando per la mia mancata pazienza. Il mio carattere aveva così tanti difetti che anche solo immaginarli era impossibile. Azzardai una risata su i miei pensieri, mentre con una mano afferrai la tazza e la portai alle labbra, soffiando con debolezza. Era ancora caldo ma non eccessivamente.
Con sorsi sostenuti lo buttai giù, esplodendo alla fine in un sorriso di soddisfazione.
Avanzai successivamente verso il frigorifero cercando di immaginare quale pietanza mia madre avrebbe cucinato quella mattina.
C'erano delle strane verdure e del pollo. Contorsi le labbra in un'espressione di disgusto prima di richiudere la portiera e correre verso il bagno.
Come mossa dall'istinto decisi in quei pochi secondi che avrei mangiato fuori. Non sapevo dove, né con chi, ma questo non rientrava tra le mie preoccupazioni.
Piuttosto mi spaventava il fatto di non riuscire a coprire quelle orrende occhiaie. Immediatamente corsi al riparo con quanta più cipria possibile.
Preferivo sembrare un fantasma che uno zombie. 
Erano passate le undici quando finalmente riuscii a liberarmi dall'ossessione dello specchio e a spostare la mia attenzione verso una qualche pizzeria. 
Le strade erano piuttosto deserte, probabilmente per via del caldo atroce che catturava e intrappolava il cemento.
Quando ormai i miei piedi avevano gridato all'arresa, mi fermai difronte ad una delle mie pizzerie preferite. 
L'ambiente qui, al contrario, era piuttosto vivo.
Lo schiamazzo dei piatti di ceramica, il profumo della pasta, lo stridio del fuoco, le urla dei bambini.
Tutto sembrava fare un gran casino.
Forse ero stata fuori dal mondo per troppo tempo.
Decisi di non perderne altro e mi diressi verso una cameriera alla ricerca di un tavolo. 
Ne beccai una alle mie spalle e con passo sicuro e dito già mezzo alzato, avanzai verso di lei. Spalancai la bocca quando una figura minuta si intromise tra di noi. Ricordo perfettamente il profumo dei suoi capelli: impregnati di camomilla. 
“Tavolo per quattro?”
Chiese, con voce stridula e agitata. 
Solo quando il suo viso si voltò verso il mio, la riconobbi. 
Quella pelle olivastra fu inconfondibile. 
Il respiro mi si fermò a mezz'aria, arretrai di qualche passo. Riportai alla mente quella mattina rovente di agosto, e nel mio petto mi sembrava di rivivere la medesima agitazione. 
Una mano le toccò la spalla destra.
Zayn mi era altrettanto difronte. I capelli rasati, la barba rada intorno alla mandibola e un viso scavato da uno sguardo confuso.
Non si accorse di me subito, ci vollero dei secondi. Non appena mi incrociò deglutì incurante. Cosa sembravamo? Due fottutissimi sconosciuti. Nient'altro. Di quelli che si incontrano per caso, di quelli che tanto si dimenticano. L'indifferenza era davvero riuscita a dominarci, a cancellarci. Due passi indietro e quell'istante si sarebbe annullato per sempre. Ma, al contrario, non ci fu nessun passo indietro, anzi. Si scostò dalla sorella per farsi avanti. 
“Flora”
Pronunciò in un arrancato sorriso. Gli occhi gli si rimpicciolirono, distorcendosi quasi in una smorfia. 
“Ciao”
Replicai, definirei, disorientata.
All'improvviso mi ritrovai in un suo abbraccio. Non riuscivo a comprendere il perché di quel gesto: non lo aveva mai fatto. Il suo corpo era solitamente caldo e profumato. Mi chiesi quante cose di lui erano rimaste invariate. 
Si allontanò da me trattenendomi lungo le braccia. Gli occhi fissi sulla mia figura imponente. Mi sembrava anche lui decisamente confuso; perso in qualcosa di completamente estraneo. 
“Come stai?”
Chiese, continuando a stringermi.
“Bene, tu?”
Cercai di essere gentile e impassibile, per quanto mi era possibile.
Gli sorrisi leggermente. In quel momento desideravo ardentemente che mi togliesse le mani di dosso. Lo stava rifacendo: stritolarmi per farmi ragionare a suo piacimento. Provai a scrollarmi leggermente, muovendo qualche passo. Contro ogni mia aspettativa la sua presa non fu molto forte, mi liberai in un istante, lasciando il suo sguardo costante.
“Bene. Sono venuto per mangiare una pizza con la mia famiglia”
Indicò un gruppo di persone dietro di sé, facendo spallucce. 
“Tu?”
Incrociò le braccia al petto, imponendosi in avanti con una certa curiosità. 
“Lo stesso”
Mentii spudoratamente, poco mi importava di cosa fosse o non fosse la verità.
“Mi fa pia..”
“Ma che fine hai fatto?”
E poco mi importava della sua reazione a quella mia domanda. Sentivo il dovere di sapere, mentre la gola prendeva a pizzicarmi sempre di più. 
Rimase di sasso. Non si pronunciò per i successivi istanti, cercando forse una distrazione sui muri o sulle persone che ci circondavano.
“Ho avuto da fare”
Sussurrò quasi con vergogna. 
“Cosa?”
“Cose che non ti riguardano”
Il tono della sua voce prese ad alterarsi, seguito da uno sguardo che io avevo già avuto modo di conoscere.
“Sei un idiota”
Sembrerà strano, ma mi pentii immediatamente di quelle mie parole. Trattenni il respiro quasi con lo scopo di rimangiarmi tutto. E la sfacciataggine, e l'insulto di un momento.
“Lo so”
Non fece altro che pronunciarsi in una risata di nervosismo, con il volto verso il pavimento. Pensai che forse se l'era già sentito dire un miliardo di volte. Eppure questo non mi fece sentire meno in colpa.
“Devo chiederti scusa?”
“Quella è l'ultima cosa”
“E cosa ci sarebbe prima?”
Dovresti ritornare. Pensai. 
“Semplicemente una spiegazione. Le persone normali non spariscono dalla faccia terra senza un motivo”
“Perché, la morte ha un motivo?”
“Ora ti metti a fare anche il filosofo? Non dire stronzate, per piacere”
Scoppiò in una risata che contribuì a rendermi ancora più nervosa.
“Cosa ridi?”
“E' che non pensavo di contare così tanto per te”
Con quelle parole era come se mi avesse spogliata, lì, davanti a tutte quelle persone, davanti al mondo. E mi avesse poi anche graffiato, senza alcuna pietà. Ci sono molti sentimenti che hanno paura della luce del sole, che preferiscono il buio dell'anima, restare nascosti, anche per una vita intera.
Credevo davvero che i miei fossero di questo tipo, ma evidentemente non era nel loro destino.
La nudità è disagio e fastidio. Siamo esseri umani in fondo, gli istinti sappiamo dominarli per bene, o almeno, lo crediamo.
“No, infatti. E' che non sopporto le cose fatte a metà”
“Certo”
Volle incrociare a tutti i costi un mio sguardo, forse per rimproverarmi o forse per autocompiacimento. 
“Sei tornato a Napoli per restarci o per scappare di nuovo?”
“Io invece sono per le cose fatte a metà. Se una cosa non mi piace, che senso ha portarla a termine?”
Cambiò discorso senza troppi giri di parole. Voleva evidenziare le nostre differenze, giocare ad un qualche stupido gioco?
“Sbagli, sai? Ora la filosofa devo farla io: una vita senza punti, non è vita”
Arrestai il mio sguardo sul suo. Non provavo più alcuna emozione se non determinazione più assoluta. Continuai a ripetermi mentalmente che la vita deve essere punti fermi, non deve esserci assolutamente spazio alla confusione.
“Non andremo mai d'accordo noi due, stanne certa”
Lasciò che un strano silenzio ci circondasse prima di continuare il suo assurdo discorso.
“Ma tanto ho capito che anche a te piace giocare con il destino. Quindi giochiamo”
“Io odio giocare”
“Tutte scuse”
Mi diede uno schiaffetto sulle spalle prima di afferrami per un polso.
“Flora, sono tornato”
Le sue labbra erano incorniciate da un sorriso.
Per pochissimo i nostri visi non presero a sfiorarsi e il mio cuore a sfondare il petto per raggiungere il suo.
Debole non volevo esserlo, non credevo di esserlo, eppure il semplice toccarsi mi distruggeva.
Rendersi conto, al contrario, che lo sarei stata per il resto della mia vita, non mi sarebbe mai stato possibile.


-SPAZIO AUTRICE
Che tempi e orari scomodi per aggiornare! Ma lo scorrere del tempo ha voluto che io fossi in tempo d'esame; non so più cosa sia la libertà. Ma okay, passiamo alle cose interessanti. Zayn è tornato, finalmente! A me sembrava di non vederlo da una vita, figuriamoci per la nostra Flora. La sfacciataggine di entrambi non ha limiti, si sento due leoni pronti a sbranarsi. Spero di riuscire a portare nel prossimo capitolo qualcosa di davvero rivoluzionario per la nostra carissima coppietta. E spero anche di non farvi aspettare altri due mesi..perdonatemi in anticipo.
Un bacio.
-Manu

 
- ZAYN -



(si dai, rispecchia abbastanza la mia descrizione..)
 
 
  
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