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Autore: Kiryel    24/05/2016    2 recensioni
*Apro la porta e lei entra, viene verso di me e inizia ad osservarmi dispiaciuta. Neanche lei si sarebbe aspettata un cambiamento del genere. Tutti mi ritenevano una persona forte, che sa prendere tutto come viene, con un “ego” dalle dimensioni estremamente eccessive. Nessuno avrebbe mai immaginato che anch’io avrei potuto provare dei sentimenti per qualcun altro, che anch’io avrei potuto essere sconfitto emotivamente e/o avrei potuto non riuscire a superare determinate situazioni.*
Avvertimento: Spoiler Civil War
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bruce Banner/Hulk, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Angolo autrice:

Ed eccomi di nuovo qui a scrivere una nuova One-shot. Questa volta uno dei personaggi è il mio super eroe preferito.

Spero vi piaccia. Durante la lettura se avete la possibilità di farlo in sottofondo ascoltate questa canzone: Walking On Cars – Speeding Cars

Aspetto con ansia qualche recensione

Se avrai bisogno di me…

 

“È qui Tony Stanco?”

Questo aveva detto quel anziano signore che qualche giorno fa ha  bussato alla mia porta per consegnarmi un pacco. Stanco mi aveva chiamato, se solo ci penso un sorriso riaffiora sul mio viso, però sai forse aveva ragione, forse stanco potrebbe essere il mio nuovo epiteto…

Le persone che mi circondano credono che vada tutto bene, che io stia bene… in realtà vedono solo una parte del mio essere, vedono solo ciò che io voglio far vedere, ma tutto questo sta diventando pesante, stancante, non riesco più essere la persona forte che tutti credono. La persona che riesce a far scivolare addosso tutto ciò che di negativo le succede…

Non dopo che la persona che credevo di amare si è allontanata da me per causa mia, ma specialmente non dopo che la persona che credevo essere mio amico, la persona che si era guadagnato più di tutti la mia fiducia, la persona che vedevo quasi come un fratello, mi ha tradito, nascondendomi uno dei segreti più importanti e più dolorosi della mia vita.

Si parlo proprio di te Capitano, sono giorni che non riesco a pensare ad altro, giorni che non dormo, che non vivo. Perché i miei sogni sono imbrattati dei colori della disperazione e del dolore. C’ho provato sai, ho provato a dormire ma non appena chiudo gli occhi il tuo viso mi compare davanti, te che distruggi la mia fonte di energia, te che scegli di proteggere lui, e poi loro i miei genitori… vedo gli occhi di mia madre, occhi che chiedono pietà, e mio padre, si è vero non mi era mai andato a genio e sono arrivato persino ad odiarlo. Ma cavolo! Era pur sempre mio padre, era sangue del mio sangue e in fondo gli volevo bene.

Questi sono i motivi per cui è da circa una settimana che sono rinchiuso nel mio laboratorio, ho la tua scatola sulla mia scrivania, il suo contenuto, un vecchio telefonino, è lì di fianco. Cerco di costruire qualcosa ma puntualmente abbandono. Sono giorni che gli altri cercano di aprire uno spiraglio in quella che oramai è diventata la mia armatura emotiva, sai c’erano quasi riusciti, parlo di Nat e Bruce, erano quasi riusciti ad entrare, anche grazie all’aiuto di Jarvis.

Mi avevano portato dei cheeseburger, ma sai sono riuscito a liquidarli subito, dopo averne mangiato solo metà, solo per togliermeli dai piedi, per poi cacciarli fuori e ritornare sulla mia poltrona.

“Tony?”

Stoppo il corso dei miei pensieri e mi giro verso la porta del laboratorio.

“Ciao Nat!” saluto svogliato.

“Mi fai entrare?”

Apro la porta e lei entra, viene verso di me e inizia ad osservarmi dispiaciuta. Neanche lei si sarebbe aspettata un cambiamento del genere. Tutti mi ritenevano una persona forte, che sa prendere tutto come viene, con un “ego” dalle dimensioni estremamente eccessive. Nessuno avrebbe mai immaginato che  anch’io avrei potuto provare dei sentimenti per qualcuno che non fossi io, che anch’io avrei potuto essere sconfitto emotivamente e/o avrei potuto non riuscire a superare determinate situazioni.

“Tony” dice, per attirare la mia attenzione, ma per me risulta difficile guardarla negli occhi perché so di averli deluso, in particolare so di aver deluso lei, quindi rispondendole con  fievole si mi dirigo al grande finestrone.

“Ti va di…” dice bloccandosi quando il suo sguardo si sofferma sul telefono e la lettera aperta, la vedo nel riflesso sulla finestra. Mi guarda, capisce che per la decima volta in una settimana ho riletto quel parole, io la guardo ma per poco. “…di parlare?” conclude avvicinandosi a me.

“No” rispondo.

Lei non dice altro e fa per allontanarsi, fino a che una volta alla porta si ferma con la mano sulla maniglia e mi dice che le manco. Solo allora dopo settimane una lacrima ribelle mi scende lungo la guancia, ma per mia fortuna lei non se ne accorge e va via lasciandomi di nuovo solo.

Ormai sopraffatto dall’emozioni mi rivolgo alla scrivania, ho deciso butterò tutto, lo scatolo, la lettera e il telefono, non voglio più pensarci. Ho deciso voglio allontanarmi per un po’ da qui, da tutto ciò che mi ricorda di lei, ma specialmente di te. Una volta avvicinatomi però non vedo nient’altro che la lettera e la scatola, mi chiedo dove posso aver poggiato il telefono e mi guardo intorno preoccupato, poi capisco. “Nat” un fievole suono per poi rivolgermi a Jarvis. “Jarvis?”

“Si signore?”

“Prepara un piano di volo”

“Verso dove signore?”

“Il Tennessee” dove anni a dietro mi ci ritrovai per sbaglio dopo che la mia villa fu rasa al suolo da uno dei nemici di turno. Quello è uno dei pochi posti in cui mi sono potuto sentire davvero invisibile e so che è quello il posto adatto in questo momento. “Jarvis, se gli altri te lo chiedono, tu non dovrai rispondere. Te lo ordino.” Non ho mai dato ordini a Jarvis, ma questa volta devo, voglio stare solo e solo cosi posso esaudire questo desiderio.

 

 “Pronto? Tony?” risposi subito dopo il primo squillo. Non credevo avresti mai avuto la voglia di chiamarmi, risentire la mia voce, dopo tutto il male che ti ho fatto. So di aver sbagliato, so di aver tradito la tua fiducia e so che le scuse non saranno mai abbastanza.

“No Steve, sono Natasha” risponde la persona dall’altro lato del telefono.

“Natasha? È successo qualcosa a Tony?” chiedo preoccupato.

“Si, cioè…” sta per rispondere quando si sente un suono di vetri infranti in lontananza e si blocca.

 

“È pronto signore.”
“Bene, grazie Jarvis” rispondo mentre indosso l’armatura e parto infrangendo la vetrata del laboratorio.

 

“Si, Tony se ne andato” conclude dopo avermi offerto un sospiro rassegnato.

“Che vuoi dire?”

“Da quando te ne sei andato non ha fatto altro che rinchiudersi in se stesso man mano che i giorni passavano, non fa un pasto decente e non dorme da una settimana… È emotivamente instabile, neanche Bruce ed io siamo riusciti a farlo rinvenire e ora se ne andato.”

Sentire ciò mi fa star male perché capisco che sono io la causa del tuo malessere emotivo, sono io e la fiducia che ti ho fatto perdere a causa del mio comportamento.

“Sto venendo” le rispondo.

 

“Ehi ciao Harley!” lo saluto, quando una volta aver bussato alla porta del suo garage il mio piccolo amico mi apre.

“Ciao Tony!” mi saluta entusiasta. “Come mai qui?”

“Niente ho deciso di venirti a trovare” gli rispondo mostrando un mio falso sorriso divertito. “Allora ti sono piaciuti i miei regali?”
“Tantissimo. Li ho fatti vedere anche alla mamma, sai all’inizio non voleva crederci poi le ho fatto vedere la tua firma e si è calmata. Credeva li avessi rubati” mi racconta emozionato.

“Fammi un po’ vedere cos’hai combinato in questi mesi dai”

 

“Natasha” la saluto una volta arrivato al quartier generale.

“Steve, già qui?” mi chiede sorpresa e  avvolgendomi in un abbraccio caloroso.

“Dov’è Tony?”

“Non lo sappiamo e Jarvis non ce lo vuole dire…”

Senza neanche darle il tempo di concludere mi avvio verso il laboratorio, per mia fortuna lei mi capisce al volo e mi lascia andare solo.

“Jarvis?”

“Capitano!”  mi risponde per poi continuare “Bentornato.”

“Jarvis dov’è?”

“Mi dispiace il piano di volo è top secret, ha bloccato le informazioni con una password”

“Questo non l’hai detto al resto della squadra o sbaglio?”

“Eseguo gli ordini.” Mi risponde secco.

Inizialmente rimango spiazzato nel ricevere quella risposta, ma poi mi riprendo e decido di chiamare Bruce e Natasha per chiedergli una una mano.

 

 “Steve sono tre giorni che proviamo. Ho provato tutti i possibili programmi per criptare, abbiamo provato tutte le possibili password che ci sono venute in mente. Sono davvero a corto di idee” Dice Bruce mentre si massaggia gli occhi per la stanchezza, io a quel punto mi alzo per avvicinarmi alla vetrata e, dopo aver guardato per un attimo Natasha ormai addormentata sulla tua poltrona, il mio sguardo si sofferma sulla tua scrivania. Mi avvicino e vedo la scatola vuota e la lettera ancora aperta e capisco.

“Bruce togliti, forse ho trovato” gli dico mentre mi avvicino al computer e lui mi lascia campo libero. Mi basta una parola e il piano di volo mi si presenta sullo schermo con un’unica destinazione: Tennessee.

 

“Hey moccioso, è pronta la cena!” urlo dalla cucina, mentre la madre di Harley mette i piatti in tavola.

Cambiare aria mi ha fatto bene sai Capitano. Mi ritrovo a pensare quando dopo mangiato decido di andare a fare un giro. Ora riesco a dormire, anche se poco più di tre ore, ma sempre meglio di niente, e poi mangiucchio.

Sai Harley mi ha assillato fino allo sfinimento, quel bambino è davvero cocciuto e se si mette in testa qualcosa non demorde finché non la porta a termine. Sai un po’ mi ricorda me quando avevo la sua età, per questo l’ho accontentato, perché volevo renderlo orgoglioso del suo operato e per compensare almeno in parte quel sentimento paterno che io non ho mai percepito, pur, al contrario suo, avendo un padre.

Ma fu proprio in quel preciso istante, mentre i miei pensieri si rivolgono verso una ferita non ancora rimarginata, che avverto un rumore particolare, familiare, rivolgo lo sguardo verso il cielo e vedo il mio jet.

“Ma cosa?” mi chiedo spaesato, ma anche preoccupato.

Mentre lo jet sta per atterrare avverto dietro di me una presenza, Harley è corso fuori a vedere cosa stava accadendo e spaventato si è aggrappato a me. Questo mi fa sorridere, era da tanto che qualcuno non si avvicinava a me con l’intendo ti cercare protezione, ma quel sorriso scompare subito, non appena il portellone si apre e vedo te.

Perché? È l’unica cosa che riesco a pensare e a dire, o fare, poiché in questo momento la mia mente è un miscuglio di emozioni, non riesco neanche a muovermi quando tu, dopo avermi cercato con gli occhi e dopo avermi trovato scendi le scale e mi vieni incontro.

Non riesco a fare niente neanche quando arrivato vicino a me ti fermi un secondo per poi abbracciarmi e mi chiedi “ Scusa.”

Io non ti rispondo, ma tu non demordi e continui.

“Lo so che ti ho deluso, so che ti ho fatto star male, lo so che delle semplici scuse non elimineranno tutto ciò che è accaduto, ma ti prego parlami, dimmi qualcosa. Qualsiasi cosa” mi dici con gli occhi rossi.

Io ti guardo sorpreso, non mi sarei mai aspettato una reazione del genere, per poi rispondere alla tua dimostrazione di affetto e dirti sottovoce: “Mi sei mancato!”

 

   
 
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