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Autore: GirlDestroyer1988    24/05/2016    0 recensioni
a look into the future
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: PWP
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Il mondo non è sempre stato nostro. Che l’uomo non abbia sempre abitato il mondo lo sanno ormai pure i bambini. In 1984 il protagonista, messo davanti a questa realtà,denigra le più affascinanti teorie della paleontologia sostenendo che prima dell’uomo non esistesse niente. Per certi versi,se è la rappresentazione a fare ciò che è, prima che la rappresentazione fosse nulla era. Ciò non è vero. Prima degli uomini esistevano gli spiriti,le creature fantastiche che nei secoli hanno accompagnato l’uomo. E quando l’uomo come noi lo conosciamo non ci sarà più,queste creature torneranno a colorare il mondo che abbiamo e abbiamo loro lasciato. Tra tutte però quella dei vampiri avrà fatto propria la natura dei nostri tiranni,volendo dominarle tutte. Ma i Maxidorff,i più potenti tra i succhiasangue,vennero combattuti dagli Aensland,dei succubi e degli incubi. Morrigan non era solo la più bella (la catwoman Felicia e la zombie giapponese Hsien-ko, e la ragazza ape Queen Bee poi condivideranno con lei il podio di “miss creatura oscura”) ma gli Aensland, di cui lei era rosa profumata d’acqua di rugiada dell’albero famigliare potevano decidere le sorti del Mondo Buio con un solo “ba”. Aensland e Maxidorrf se la giocavano alla pari, ma con un'unica, macroscopica differenza: i Maxidorrf avevano galvanizzato il popolo loro sottomesso, tanto da poterli convincere di essere loro i “buoni”, mentre gli Aensland erano penalizzati dalle troppe “teste calde” sotto le loro ali: Lord Raptor, lo zombi rockettaro talmente casinista da disturbare con le sue svisate di Fornasero Incrediball Guitar Asport persino i sordi. Ma non solo lui; i contadini dei monti Axcjc (catena montuosa di questo nuovo mondo) erano terrorizzati da Jhon Talbain, un mostruoso lupo mannaro, in buoni rapporti con Felicia, tanto per dirne una. Demitri in passato l’aveva sfidata,volendo ad ogni costo dimostrare la sua superiorità di figlio dei Maxidorrf,ma Morrigan gli aveva ricordato quanto poco valesse come vicere e come vampiro. In ogni caso, Demitri avrebbe ricorso alla forza. Con la forza, i vampiri si erano da sempre assicurati un potere così alto da trattare alla stregua di gattini da cuccia vicino al letto tutti gli altri. Al popolo degli Elfi Miti di Sdefffrfr, chiese appoggio propagandistico: i contadini Miti erano rimasti vittima del licantropo Talbain e dei suoi pari (Demitri c’è l’aveva ovviamente di più perché i licantropi erano antichi nemici) gli Elfi Guerrieri di Cfgedkj li avrebbero dato le braccia armate. Un Guerriero era succube della guerra e di chi gli diceva di farla. E Demitri, come già detto, godeva nello strappare agli altri. Era un vampiro:succhiava sangue a belle vergini (e non solo…) e quindi la sua natura andava compiaciuta. Morrigan sarebbe stata la sua regina. Gli piaceva la sua forza d’animo, una lotta l’avrebbe sostenuta, ma non vinta: l’avrebbe morsa…a quel punto a lei si sarebbero piagati gli occhi, bianca come la cocaina sarebbe diventata e sarebbe stata sua. Nel modo più devastante e magnifico Morrigan aveva avuto tutto. Tanto tempo fa, ci furono suo padre Greg e sua madre Ylvana. Erano i più belli tra i succubi. Ebbero 2 splendide bambine, Morrigan e Lilith. Ma la loro gioia durò poco: Argante, padre di Demitri, e il risorto Ww’ampyr dichiararono guerra alle ninfe e agli spiriti. Le idronife (ninfe d’acqua) si videro le preziose acque intorpidite, e Rikuo, il re delle creature marine, dopo una lunga battaglia dovette arrendersi. Argante non lo uccise, ma lo relegò in un disgustoso pozzo bituminoso, dove, nelle intenzioni argantiane, avrebbe imparato ad odiare l’acqua suo elemento. Le aeronife (ninfe d’aria) le rovinò con incendi e fumi neri. Bruciò le pendici di montagna affinchè le ninfe della neve non avessero più dove vivere. Sasquatch, lo yeti gigante, avrebbe voluto staccargli e masticargli la testa, ma in mezzo ai roghi fu indebolito e anche lui gettò le armi ai piedi del Cesare vincente su tutti i Vercingetorice del Mondo Buio. Greg decise di affrontare Argante, e Ylvana chiese di poter accompagnare in guerra il marito. Greg le disse seccamente di no: che almeno lei vivesse, che almeno Morrigan e Lilith avessero una madre. Ylvana allora si travestì da maschio, infilandosi tra i generali e uomini d’onore di Greg. Ma Greg la scoprì. Ma le chiese di ucciderlo se Demitri si sarebbe infilato nel suo nucleo famigliare, non osando dilungarsi su l’orrenda fine che Morrigan e Lilith avrebbero fatto tra i pugni carnivori di Demitri. “va bene”. Morrigan e Lilith si dovettero nascondere. Ma nell’armadio del loro castello, Demitri le avrebbe trovate di sicuro. Non ebbero notizie dall’esterno per lunghe ore. Alla fine, le porte dell’armadio si aprirono, con dolcezza e non con fare persecutorio, e gli si parò davanti una splendida felina. Era la madre di Felicia,una donna gatto fedele agli Aensland. Rose Il suo nome era Rose. Felicia e Morrigan A loro si unì poi Lei Lei,una jiang-shi,una zombie cinese,la cui madre è Jingshen de shenguo,una maga così potente da “essere stata capace di evirare Demitri con un solo bacio”. Per volontà della nonna di Morrigan e di sua sorella,Lilith,Raqueline, le 2 succubi vissero per un lungo periodo lontano dai palazzi reali,in attesa che la minaccia di Demitri,che aveva ucciso i genitori di entrambe,lentamente tramontasse. Lei lei Lo zio Alan avrebbe voluto che diventassero subito regine, ma dato che l’età era ancora infantile, sarebbe stato un azzardo insopportabile. Si decise così di darle in affido alla potente maga Jingshèn de shengùo. La nonna Raqeline si incaricò di portarle a destinazione, perché Jingshèn de shengùo non viveva esattamente accanto al castello reale degli Aensland, ma in una pianura secca e inospitale. Jingshèn de shengùo le addestrò insieme alle sue figlie. Lontane dal loro regno, le 2 sorelle crebbero dimentiche dell’orrore che uccise i loro genitori. Ma proprio dimentiche no: talvolta la zia Rageline veniva e parlava loro, aggiornando dicendo che nonostante la quasi secolare assenza di Demitri, il Mondo Buio viveva ancora temendolo. Infatti era ancora da dimostrare che egli fosse morto, e in questi casi l’orrore e la guerra erano fiumi carsici che talvolta affioravano formando pozzanghere e laghetti. Era meglio stare lontani da Mondo Buio fino a nuovo assetto. Talvolta era Rose in pellegrinaggio con le sue sorelle a passare di là. Non pretendeva molto: bastava che Lilith e Morrigan scendessero in cortile per farle capire che erano state capaci di vivere un altro giorno. Dopo molti anni, Morrigan e Lilith presero consapevolezza di sé stesse e tornarono nel Mondo Buio. Malvolentieri, và detto, perché il groppone dell’essere diventate lì orfane pesava come una molla da materasso in gola. Ma volevano che questo non dovesse più succedere per nessuno. Loro c’erano passate, i propri sudditi no. Come un film mentale, questi ricordi sofferti e vischiosi nello scendere nella loro tana passarono per Morrigan. Nel frattempo alcuni discendenti della razza umana fortemente tecnologicizzati,insieme agli extraterrestri Paku- Creature aliene domestiche dei Na, come i cani in Anni senza fine di Clifford D.Simak, ricevettero il dono dell’intelligenza dei loro padroni-Yinka, Piante ornamentali dei Na, hanno una debole telepatia e apparentemente non sono creature viventi. Metà animali, metà piante e metà odroidi (robot simile ad immobili statue) come i tardigradi sono invulnerabili a qualsiasi ambiente-Xati,misteriose creature levitanti-e le meduse raggio verde crearono un loro nucleo di ricerca scientifica ai ghiacci polari, progettando di creare la famosa cavorite,il metallo immune alla gravità di H.G.Wells. Qui si studiava anche l’ecosistema marino,in vista di una possibile crisi ecologica dovuta ai vampiri. Per le ricognizioni erano impiegati i seguenti mezzi: Clara dolls: ginoidi usate per trasportare materiali e ricercatori se questi sono stanchi o infermi. Rabbuini polari: un evoluzione del macaco giapponese,assiduo abitatore delle sorgenti termali giapponesi durante l’inverno. Golem di Giano: un robot golemico a 2 teste,come il semidio romano Giano. Frottitottero: velivoli a forma di calabrone. Babirussa gigante: un robot alla AT-AT di Guerre Stellari a forma di babirussa (B.Babyrousa). Keratos: robot umanoide dall’aspetto di un kerate, popolo mostruoso di uomini provvisti di corni,chiamati anche cheratocefali. Smilodon: robot a forma di tigre dai denti a sciabola. La Luna,nel frattempo, recava su di sè un nuovo segno. Elektron era un acceleratore di particelle lungo tanto quanto il perimetro equatoriale del satellite. Creato dai Gelguru,una razza aliena molto simile ai “Grigi”-quelli di Incontri ravvicinati del terzo tipo-Elektron era arrivato da poco nel muovo mondo della Luna,ma ciò che lui era,un acceleratore di particelle senziente, lo rendeva molto,troppo,troppo più intelligente rispetto agli altri, e molto più lesto alla noia. Di razza Grigia, Elektron li servì per 1.200 lunghi anni. Poi Eta sparì dall’Universo ed Elektron era rimasto solo. Esteso 384.400 km, ma alto all’incirca 13 m. era enorme ma il suo cervello e il suo cuore era una piccola zona in costante lampeggio, che gli diceva quanto desolante fosse essere steso su fredda e fastidiosa polvere lunare. Se avesse avuto occhi, avrebbe poi invocato un paio d’occhiali neri a fondo di bottiglia: il deserto infinito della Luna in tutto il suo allucinato biancheggiare e allucinato squallore. Poi la Luna, come una palla obesa a mollo in una piscina, si rivoltava ed Elektron vedeva LEI. La Terra. In tutto il suo lancinante azzurro, in tutta la sua lancinante bellezza. Non aveva mai visto un pianeta più bello. Per essere quello che era, Elektron era sensibile, e voleva contatto. Ma apparentemente dalla Luna non poteva andarsene. Non c’era un modo per sfilarsi….anche se uno c’era, e consisteva nell’attivare i retrorazzi e traslarsi fino a sgusciare via dalla Luna, come un elastico sdrucciolato via dal pomello di una porta. Lentamente e chiedendo ai suoi propulsori il massimo e lasciando uno sgommato enorme che piallava crateri, faceva cadere in massa detriti nei burroni e cozzava contro la base di monti e stalagmiti facendoli crollare, Elektron si scinse dalla Luna con la voluttà di un viscido calamaro. Tutto ciò che doveva fare ora e lasciarsi gongolare dal vuoto dello spazio lasciando che fosse esso a portarlo vicino alla Terra. Inanellandola, fece apparire il suo derma negli strati alti dell’atmosfera, come un arcobaleno d’acciaio. O aurora boreale,dato che stiamo parlando di Artide e Antartide fuori sede. Elektron si collocò intorno ai 371 643 726 km, venendo accolto da una festosa delegazione,anche perchè in Mars attack una colomba dava il via ad una serie d’omicidi a catena, e col senno di poi fu meglio quella che non una delegazione armata, a cui avrebbe potuto corrispondere l’esplosione della Terra. Grazie al suo aiuto fu possibile creare un duplicato della cavorite,basato sulla formula: Tc+2He Cioè tecnezio sommato a elio. Grazie a questa lega,fu possibile creare una barra di 5 metri, attorno a cui fu costruita una navicella con interni in stile vittoriano, in omaggio a Wells. La navicella ospitò una coppia di Yinka,e raggiunse Titano,satellite di Saturno,dove qui l’equipaggio scoprì un cilindro i cui abitanti,una razza aliena non meglio descritta, non facevano che perfezionare una delle loro città,non esplorando nulla di ciò che la circonda. Mentre gli astronauti si muovevano guardinghi e spaesati nella città crepuscolare, indefessi i vari abitanti di quel mondo di tenebra lavorano attorno a loro. Non tutta la città, infatti, è realmente ultimata: alcuni palazzi sono palesemente a metà con travi e travergole ancora esposte all’aria, senza rivestimento. Ovunque cantieri sferraglianti di gru e bulldozer…simili ai loro. “da quando le costruzioni vanno avanti?” chiedevano nella lingua che avevano imparato in vita loro. Ma non rispondevano. Tra di loro, poi, non spiccicavano proprio mezzo verbo. “a quale scopo?” “su cosa state costruendo?” . le domande erano tutte senza risposta. La particolarità di questa città in infinita costruzione è che poi non và al di là dei 50 km. In pratica il centro storico e la più vicina periferia sono le uniche parti in costruzione incessante. Ciò significava che i palazzi, per ragioni di massimalizzazione, erano alti svariati piani, i più alti grattacieli mai visti. Ma questi ciclopi vivevano 3 giorni o poco più: un boato assordante e l’altissimo mostro di mattoni collassava e con i suoi stessi elementi costitutivi se ne costruiva un altro ancora. Ma la città, autofaga, si chiude a riccio su sé stessa sempre di più. Non solo: eventuali vie di comunicazione sono praticamente assenti. Le strade sono a malapena sterrate, niente cemento. Aldilà della città ci sono foreste, mari, una natura incontaminata di cui nessuno se n’era mai accorto. A poco, a poco gli astronauti decisero di tornare sulla Terra. Ma una voce, “sintonizzata” sulla loro lingua, li informa di cose che non sapevano “questi cilindri vennero costruiti dagli abitanti di Saturno anni addietro, perché volevano conquistare e dominare nuovi orizzonti. Ma proprio questa loro sete di conquista e curiosità li chiuse gli orizzonti loro, mentali. Vedete questa città che non si finisce mai di costruire? Non possono far altro. Non possono far altro.” Nel frattempo tra Morrigan e Demitri c’era stato uno scontro dopo il quale il vampiro era morto, sconfitto dall’energia spirituale, Ki, di Morrigan. Lilith si era immischiata ma essendo un entità amica, era stata risparmiata. Morrigan giaceva in un posto sicuro, ora. Un piccolo pertugio nella continuità di un materiale sconosciuto. Era nero e oleoso, ma meno oleoso e forse più simile a della carta, ma al contatto con le dita tremanti sembrava gelatina di propilene…e le dita. Bianche, innervate, che faticano a percepirsi l’un l’altra. Fa una scodella con la mano. Niente, manco l’aria è più palpabile dell’altro dito. Prova a sollevarsi, ma non né è cosciente. Le sembra di starsi facendo un varco nel propilene scuro, acre al naso come del fango bruciato da stesa, ma non di ergersi. Ora, in piedi, cerca di capire dov’è. Innanzitutto, qualsiasi cosa sia successo, è ancora vestita. Ma dalla pelle del suo abito sembra uscire acqua. Ma l’acqua, normalmente, dovrebbe fiottare lontano dal suo addome impiastricciando il propilene, mentre invece si oblitera sul suo corpo, stretta ad esso come un geco ad un muro. È un acqua nera come il suo vestito, è sembra profumare….ha un odore buono, ma per una qualche ragione sente che non vuole toccarla. Ed ha anche dolore. Dolore acuto, ma in un qualche modo non poi così insopportabile. Non la paralizza, le permette persino di concedersi quel reflusso di beatitudine dei muscoli su un letto. Dov’è Lilith? Ecco il suo corpo puerile tra un prato di sinapsi di plastica, mentre si risveglia. “dove siamo?” “ancora non lo so. Ma fiuto un pericolo” intorno l’ambiente è da battaglia tra terra e cielo, con stalagmiti rosse come l’ambra rivolte verso il cielo, ed infilzate per precedente arpionaggio tellurico nuvole simili a grossi e rigonfiati frappi di panna montata dalla cui stiva cola sangue color amarena arrostita. C’è un corpo, umano o elfico o succubo, piegato ad imitare una palla, in mezzo a delle rocce innaffiate di sangue di nuvola. Morrigan prova a toccarlo. Lentamente il corpo si ammanta di luce e si sente una incongrua puzza di giugulare morta, un collo tranciato e dilatato da mani megalomani fino a deformarlo in un cerchio di tegumento e vertebra, e lì lasciato marcire sotto lo sguardo chiliagonale di nere galassie di tafani. “io sono U. sono il tuo ki.” Morrigan non riesce a focalizzare. Chi è questo U che dice di essere...il “ki”,dove “ki” è l’energia spirituale della materia? Forse? “Sono intervenuto permettendoti di vincere, per poi creare questo ambiente d’illusione, che adesso riassumerà l’aspetto più giusto” e l’ambiente tornò normale. “Sei stata magnifica in quello scontro, indistinguibile da quell’altro prodigio di femmina di tua madre” continuò U. Morrigan ci rimuginò un pò rattristata, ma poi un piccolo, sottile sorriso fece capolino. Morrigan fece poi delle interessanti conoscenze: LAZYR Vampira attratta dalla clorofilla (in pratica il “sangue” vegetale) da cui le derivano i lunghi capelli verdi. A differenza degli altri vampiri, non è violenta se non quando s’insulta il suo stile di vita (non ditele mai “ciuccia piante” o “corteccina”) o quando qualcuno viene minacciato di morte. ZERUKI Ragazza volpe amica di Felicia, ha lo stesso carattere del suo animale. Come una volpe, Zeruki è spesso maliziosa, e non di rado fa allusioni sessuali ai bei ragazzi, e sembra pure che qualcuno ci sia pure stato. Ma sa anche esercitare un potente auto controllo su sé stessa. IL MONDO DEL FIUME “Ogni vero scrittore inventa i luoghi di cui parla. La Parigi di Simenon è immaginaria tanto quanto l’Impero stellare di Asimov, la Londra di Conan Doyle irreale tanto quanto il pianeta Secundus dove si svolge la Storia futura di Robert Heinlein” così parlava Carlo Fruttero, ma,come sapevano Antonio Casella e Jimi Dini, questi luoghi in realtà esistono e chi vi scrive in certi modi v’interferisce. Molti dei personaggi di cui ho parlato esistono in opere presistenti; questo perchè essi esistono in quel piano dimensionale che è il futuro che sto descrivendo. “adesso vediamo come se vedessimo in uno specchio confuso; ma quel giorno vedremo senza più alcuna incertezza e ambiguità” ((Prima Lettera ai Corinzi di San Paolo, XIII, 12). E ciò vale anche perciò. Il Mondo del Fiume è l’aldilà come immaginato in una dekatriennale saga fantascientifica da Philip josè Farmer. Il ciclo si svolge in un futuro non meglio determinato su un pianeta immaginario simile alla Terra, il Mondo del Fiume, creato o alterato artificialmente in modo da essere costituito da una unica vallata in cui scorre un fiume enormemente lungo e profondo, che nasce dal polo nord del pianeta, lo percorre irregolarmente tutto fino all'altro polo, per poi ritornare all'origine lungo l'altro emisfero. La lunghezza del fiume è di ben 32 milioni di chilometri, per una profondità massima di più di due chilometri; le rive sono generalmente sabbiose e praticabili. La vallata stessa è circondata da impenetrabili montagne, che confinano gli abitanti a vivere lungo le due sponde del fiume e sulle circostanti colline per una larghezza media di circa 15 chilometri, anche se esistono zone di larghezza maggiore in corrispondenza di laghi o isole. Le sole forme di vita animale sono pesci e vermi nel terreno, mentre la vegetazione è ricca e lussureggiante e ricopre tutta la vallata. Il clima è controllato artificialmente, le stagioni sono completamente assenti ed i fenomeni meteorologici avvengono regolarmente ad intervalli definiti. Non vi sono lune in cielo, ma sono presenti un gran numero di oggetti stellari, fra cui nuvole di gas e stelle così vicine da poter essere percepite come dischi visibili, il che suggerirebbe che il pianeta si trovi in prossimità di un nucleo galattico. Il nostro Virgilio, Richard Burton, subisce l’anastasi insieme ad altre figure e pseudofigure storiche come Alice Lidell, “musa” di Lewis Carroll per Alice nel Paese delle Meraviglie, il neanderthaliano Kazz, Hermann Göring. Il ciclo inizia con la contemporanea risurrezione lungo le rive del fiume di tutta l'umanità, dai protouomini fino all'inizio del XXI secolo. Il numero di risuscitati indicato è di poco superiore ai 36 miliardi di persone (36.006.009.637), di cui una buona parte provenienti dal ventesimo secolo, a causa dell'andamento esponenziale nella crescita della popolazione. Esiste una data oltre la quale non ci sono più resuscitati a causa dell'estinzione della razza umana in seguito ad eventi collegati con il primo contatto con alieni, ma tale data non è ben fissata nel tempo. Ciascun resuscitato si risveglia con le proprie memorie intatte in un corpo equivalente al proprio all'età di 25 anni, ma dal quale sono stati completamente eliminati i difetti genetici e alcuni danni acquisiti (ad esempio la dipendenza da droghe). I corpi sono inizialmente completamente glabri ma i capelli ed i peli pubici cominciano a crescere normalmente, con l'eccezione di barba e baffi. Gli uomini risorgono tutti circoncisi, le donne biologicamente vergini (ossia con un imene intatto). Non è possibile il concepimento. I corpi non sembrano soggetti a malattie e non subiscono invecchiamento; sono peraltro in grado di recuperare qualsiasi danno non mortale, comprese le mutilazioni. In aggiunta a questa maggiore resistenza nel corpo è ottenuta anche una effettiva immortalità, in quanto un soggetto il cui corpo è troppo danneggiato per sopravvivere subisce l'esperienza della morte ma il giorno dopo si trova risorto in un corpo nuovo, da qualche altra parte lungo le rive del fiume. Tutti coloro che nella loro vita precedente sono morti prima del compimento dei 25 anni, si ritrovano in un corpo di età uguale a quella che avevano al momento della morte; crescono quindi sul Mondo del Fiume fino al raggiungimento dei 25 anni, quando l'invecchiamento si arresta. Nessun bambino di età inferiore ai cinque anni è risorto sul Mondo del Fiume. Anastasi in greco significa resurrezione. Ogni anastasizzato-o risorto,che è più facile da ricordare-possiede un graal. I risorti si trovano con un contenitore legato al polso, chiamato comunemente graal e costituito da materiale indistruttibile. Un graal produce cibo, bevande, abbigliamento e talvolta beni voluttuari come bevande alcoliche, tabacco, marijuana e strumenti per la cura dei capelli. Per il loro funzionamento i graal devono essere collocati su grandi pietre del graal a forma di fungo che si trovano collocate ad intervalli regolari lungo entrambe le sponde del fiume. Tre volte al giorno (corrispondenti a colazione, pranzo e cena) una scarica elettrica di elevata potenza si distribuisce sui graal correttamente posizionati e li rifornisce di energia. I graal sono indispensabili per la sopravvivenza e pertanto sono codificati in modo che solo il possessore possa aprirli; in caso di sua morte, il graal diventa inutilizzabile ed il proprietario, risorto altrove, si ritrova con un nuovo graal. Ciononostante, non è raro che qualcuno sia tenuto in schiavitù per sfruttare il contenuto del suo graal, dopo che sia stato aperto dal proprietario; ovviamente lo schiavo deve comunque essere alimentato a sufficienza per mantenerlo in vita. Ci sono pochi graal non legati ad uno specifico proprietario, trovati collocati inizialmente sulle Pietre del Graal, probabilmente per mostrare ai neorisorti il funzionamento degli stessi. I graal liberi sono di gran valore perché, potendo essere aperti da chiunque, costituiscono una fonte addizionale di beni ad ogni ricarica. Il Mondo del Fiume presenta un numero di ecosistemi non presenti sulla terra del XX secolo, quando Farmer scrisse questi libri. Il Riverworld ospita infatti numerosi “nonanimali”, cioè versioni irrealizzatesi di animali oggi esistenti. Siccome sono in un certo numero, ne elencherò alcuni: anomustelacaris: donnola+anomalocaris mustelabinia: ermellino+opabinia martessottoia: zibellino+ottoia martesidneyia: martora+sidneyia naraoiavison: visone+naraoia orso marino: orso grizzly+conodonte orso allucinante: orso bianco+hallucigenia volpe marina: volpe+conodonte pambdelurion whittingthoni appetitus giganticus, o pammorone: coyote+pambdelurion lince marina: lince+hurdia lupo gambero: lupo+laggania puma kerygmakela, o cherco: coguaro+kerygmakela una notte di Agosto delle misteriose navi attaccano per sbaglio Elektron riducendolo in frantumi. Le navi,sferiche, cominciano poi delle trivellazioni nella zona di Uyret, simile ai Campi Flegrei, per estrarne la lava a fini carburativi. Gli alieni erano petrolchimici del pianeta Astroguyll. Gli astroguylliani sono creature gelatinose che possiedono nel loro seno creature umanoidi senza braccia. Il loro nome vero è Hidalgo. Gli Hidalgo diedero anche indicazioni sulla fauna del loro pianeta natale: Elgai: simile ad un tonno dalla pelle dalle grandi squame della consistenza dei denti umani, pinne comprese. Ahsia: simile sia all’eterocefalo glabro (heterocephalus glaber) che al dicinodonte estinto Diictodon. Aisetsena: simile ai grandi dicinodonti estinti come il Placerias, il Kannemeyeria e il Sinokannemeyeria. Ykceb: creatura simile ad un anfisbena (blanus vulgaris). Dixander: creatura acquatica girini forme con una bocca in grado di espandersi per inglobare le prede. Tnemegduj: creatura astacomorfa. Ixofra: simile ad un eterostracio, tipo di pesce agnato primitivo, coperto da una pesante corazza ossea e privo di muscoli e ossa mascellari. Le pinne sono simili a corti barbigli tentacolari, come un altro pesce, il proteo dei fiumi africani. Otokam: simile ad un ventaglio, e ai pesci cartilaginei del clade rajiforme. Sinterlo: piccolo erbivoro, a malapena grande come il pene di un elefante adulto mentre eiacula, coperto di alte spine ossee, che lo rendono quasi immangiabile. Nosbliver: simile ad un anfibio primitivo del tipo dell’Acantosthega, con al posto dei normali arti ad 8 dita robuste ed acuminate pinne utili a falciare e a scavare tunnel sotterranei. Okire: simile ad un pesce capitano (Polynemus quadrifilis) quadrupede ed alato. Iria: creatura scavatrice dal robusto becco e con tenaglie con cui manipolare i materiali a lui necessari. Arodla: scavatore con corte e deboli zampe, principalmente vive in terreni fangosi, o sui fondali di stagni, isolandosi in un involucro bavoso e aspettando, anche per anni, che la parte di stagno di suo interesse ritiri le acque disseccandosi. La terra più friabile per l’assenza d’acqua è più facilmente scavabile. Enyella: pesce con deboli mascelle prive di veri e propri denti, ma solo di papille gustative sottoposte a processi d’ossificazione cartilaginosa. È principalmente un “ficca muso” dei fondali vaporosi dei litorali. Ayelttac: pesce con deboli mascelle prive di veri e propri denti, ma solo di papille gustative sottoposte a processi d’ossificazione cartilaginosa. Possede, come discutibile arma difensiva, delle spine dovute a lische schiacciatesi per pressione selettiva sulle ossa del tronco fino ad uscire fuori e ad ossificarsi computamente. Claubence: pesce con una gigantesca cresta intraspecifica (simile a quella del casuario) e denti dell’arcata orale inferiori progressivamente sempre più puntati in avanti. Andihce: simile ad un piatto insetto privo di pleure, vive scavando gallerie nel sottosuolo. Hegulter: una sorta di tozzo quadrupede abitante delle foreste. Tiuh: scavatore con un enorme mascella predatoria. Amri: scavatore cieco. Lembaila: traslatore nel fango simile ad un trilobite. I Quincena e i Ciassani, creature piscivore simili ad alcuni crostacei abissali I Quadrisburgici ricordano un bizzarro invertebrato del giacimento fossile di Burgess Shale, gli Hallucigenia. gli Hallucigenia sembravano enormi lombrichi con piccoli tentacoli per elementari spostamenti sulla sabbia sedimentaria e sulla schiena aculei mediamente appuntiti per la difesa. Qui ne vediamo una coppia nel pieno accoppiamento. Una delle creature senzienti di Astroguyll. Irsuto e con zampe grasse, con arti a 4 dita. Gli occhi, molto vicini e simili a quelli degli esseri umani, con robuste mascelle che indicano una dieta da carnivoro, sebbene sia più consigliabile considerarlo un onnivoro. Il Mondo del Fiume possiede un satellite, Edena, il cui ambiente è soggetto a continue metamorfosi, ed è ispirato alle visioni del pittore parigino Jean Giraud,detto Moebius. Tra i fenomeni più incredibili di Edena c’era Faragonescia, il pianeta interno. Su Faragonescia potevano avvenire prodigi di trasmutazione ancora più sconvolgenti. Le razze stupide del mondo del Fiume potevano liberamente accedere ad Edena e a Faragonescia, per osservare un mondo come loro folle e dissenato. Su Faragonescia si trovava il Kra, l’energia venuta prima di essa stessa. Gli Etici sapevano che esistevano degli esseri, gli Hidalgo di Astroguyll, che usavano la lava come fonte energetica. Soprattutto iniziarono a rendersi conto che “quelli là” sapevano qualcosa che loro non sapevano. Gli Hidalgo sarebbero stati ben felici di partecipare ad un arcano progetto degli Etici, quello di inserire il loro pianeta in un infundibulo cronosinclastico, affinchè fosse contemporaneamente ovunque. Era però necessario tenersi amici “quelli là” perché se da stupidi come sono erano riusciti ad arrivare su Faragonescia e a scoprire quel trabocchetto termo dinamicamente concettuale del Kra , voleva dire che gli Etici erano in passo falso. Via! Gli Etici e i Bambini dovevano porsi diversamente verso “quelli là”, che, come nuovo assetto etimologico, verranno chiamati Pixk. I Pixk furono ben felici di sborsare il Kra, ma al momento della partecipazione triangolare tra Hidalgo, Etici e Pixk l’Universo decise di cambiare la comoda e beneficiante posizione in cui si era sempre trovato per un'altra, forse la più scomoda. Il Kra infatti poteva mettere a repentaglio l’intero Universo sconvolgendone le regole. Si scelse di trasferire il più grosso focolaio di Kra, collocato su Faragonescia in un infundibulo cronosinclastico perché sparisse dal fondamentale asse di simmetria dell’Universo. Ma l’infundibolo cronosinclastico Proiettava qualsiasi oggetto che in esso avesse l’azzardo di cadere in più punti casuali dell’Universo, compresa l’orbita terrestre dove Faragonescia minacciò un impatto. Subito i centri di difesa spaziale si preparano a distruggerlo in una garugnola di missili atomici, ma Faragonescia si limitò ad un tranquillo orbitare ellittico copernicano. Nel frattempo, nel poco frattempo che Faragonescia passò dal limbo di Edena all’infundibolo cronosinclastico all’orbita terrestre, immani cambiamenti erano ivi avvenuti. È un mondo di puro caso, un sogno aleatorio di un Dio irriproducibile in icone devozionali. Nulla era eterno su Faragonescia, e se non ci si poteva annoiare, enorme era la tenacia dei (pochi) abitanti per sopravvivere in un mondo odnom come quello. Morrigan e Lilith erano molto curiose a proposito di quel pianeta, e chiesero se c’era modo di andarci. Al V.O.A le dissero che c’era una navetta, uno “shuttle” così si era convenuto si chiamasse, che poteva percorrere la breve distanza tra la Terra e Faragonescia e ritorno, essendo un mezzo molto contenuto. Vennero anche le loro amiche, e una silente figura in più… Siccome nessuna sapeva come far funzionare il mezzo, venne chiesto ad un esperto pilota, un cacciatore di rovine vecchio e reduce da molte e riuscite lotte, di accompagnarle. Il vecchio scavezzacollo era ormai sfinito dalla vita, accovacciato da anni su una sedia a rotelle robotica, una sorta di Arm Slave con cui muoversi avendo ancora l’illusione di camminare felici. La prima cosa che il gruppo vide di Faragonescia fu una distesa di lunghi tentacoli di pietra che eseguivano pochi e rigidi movimenti. L’atteraggio, poi, fu un rafforzativo. Il terreno era un uniforme distesa di sabbia gialla da cui emergevano strani gonfiori geodetici che come cani addormentati inarcavano e abbassavano loro stessi con ritmo piano. Avevano uno strano aspetto, del tipo interno oleoso di una bolla di sapone visto con luci intermittenti sparate direttamente ai bastoncelli dell’occhio. lilith si avvicinò curiosa ad uno di questi gonfiori geodetici, toccandolo e facendolo esplodere in un sordo “pop!” che apparentemente riecheggiò per il pianeta così, senza che ci si dovesse o che si volesse o che ci si potesse aspettare null’altro. Poi, a pelo di uno dei tentacoli con poca voglia di muoversi volò nell’alto dei cieli una gigantesca colomba, che si accovacciò ad una yarda dallo “shuttle” e pose la sua modellata testa sotto un ala, facendosi scodella su uno scarafaggio intrappolato sempre di più, diventando un occhio di storione, un seno nudo senza capezzolo ricoperto di piume, con una sempre più visibile trasparenza degli organi interni, mentre da sotto colava del sangue. Morrigan cercò di capire cosa stava succedendo. Anche lei fece esplodere uno dei gonfiori goedoetici, ma non successe niente. Andò dalla colomba grande come Groizer X acciottolata e calpestò il sangue che colava. Dove c’era stato il tacco di una delle sue scarpe sangue e sabbia si plasmarono a vicenda a formare un omino di tolla, seguito da altri omini di tolla che cominciarono a marciare. Ad un preciso momento, gli omini di tolla si fermavano e cagavano cinnetti di tolla, che diventavano altri omini di tolla. Ben presto c’è né furono sempre di più. Nel frattempo la colomba gigante si svegliò e gracchiò come un gallo rauco colpito da un antenna bollente. Vomitò i suoi organi interni e questi, dopo che da qualche loro parte fecero venire delle voci, presero fuoco in un acre odore di bistecche e luganega cotte a fuoco naturale, e dalla nube che ne derivò uscirono tante farfalle grandi come missili terra-aria con teste di scimmia rasata a zero, che si abbarbicarono su uno dei tentacoli di roccia cominciando a deporre uova simili a feci di porcellino d’India, da cui uscirono ricci di mare albini che formarono una piramide, dalla cui sommità scaturì un raggio energetico che fece dissolvere tuttio quanto finora detto in polvere di stelle. “che strano pianeta….” Morrigan, Lilith,Felicia, Hsien-ko, Lazyr, Zerouki e il vecchio guerriero avevano saggiato, nel giro di poche ore di bassa quota del reperto volante, ogni folle metamorfosi: candele grandi come campanili con in cima sciami di membracidi di fuoco, struzzi che deponevano uova a forma di dinosauro, un gregge volante condotto da un elica gigante, ogni sorta di delirio pornografico, a cui Morrigan e le sue amiche reagivano malissimo. Finalmente una zona di Faragonescia tranquilla, con un canyon adibito a città. Navi volanti lentamente navigavano attorno allo shuttle e visi tanto simili a quelli di Lazyr ma anche tanto diversi, visi di una razza sconosciuta, che pure, milioni di ieri, visse sulla Terra, si chiamavano forse uomini? Lo shuttle attraccò ad uno dei bastioni. Morrigan scese con una delicatezza estrema. Tutti quelli di sesso maschile che la stavano guardando le lanciarono occhiate seduttive, dolci e che volevano, con pruriginosa tranquillità, infilarle 2 colorite e morbide cazzuole di mani nella frattura del decolté, aprire leggermente, nell’estate dei respiri appacificati , le sue generose grazie, lasciare che il piacere si sudi le mani, e poi penetrarla facendola squittire d’amore. Ma Morrigan squarta senza pietà quegli sguardi, vedendo incazzata brutti e schifosi maialoni, che avrebbero approfittato di lei come si approfitta di un giacimento di greggio scoperto da poco. “Stupidi” ronzì a denti stretti. Cercava infuriata ed appresa sguardi femminili. C’erano delle squinzie cordiali che salutavano le nuove venute e il vecchio cacciatore subumano con gambe non sue. Morrigan si focalizzò su quelle. Vide bei virgulti in un Aprile al mare, promesse di troppo a loro fatte, del tipo “ti amerò per sempre” o “come te neppure una dea” e tempo la stagione delle pioggie, quando l’intera vallata diventa una continua cascata di fango , quelle promesse andavano in fumo. Purtroppo sempre così gira il mondo ed anche Faragonescia: l’uomo è lupo, la donna agnello. In quel ricevere un illuminazione dritta come un pugno chiodato all’esofago, Morrigan reagì e si scagliò su uno dei bei giovani venuti a salutare curiosi, facendolo cadere a terra con un duro ciocco, che per poco il pavimento non spaccava il cranio al ragazzo. “ma che ***** stai facendo! Lasciami boia di un Dio!” “ma che fai! Quello è Camillo, il mio ragazzo!” a parlare è Alessandra, una delle osservatrici che si riferiva all’uomo aggredito da Morrigan, il suo fidanzato. “sai quante volte ti ha tradito! Sai quante cazzate ti ha detto! Quello che sto facendo io lo avresti dovuto fare tu alla prima scappatella!” allora Morrigan allentò la presa e Camillo riuscì a risollevarsi. Adesso Alessandra non sembrava più tanto sgomenta per l’improvvisa aggressione di Morrigan al suo fidanzato, ma abbastanza arrabbiata con lui. “è vero quello che dice la signorina (come ti chiami scusa?)?” “sì, lo ammetto, Aly. E…e ti dico anche con chi. Daniela, all’Epifania. Roberta, a San Valentino. Nicoletta, a Pasqua. Beatrice, Lunedì dell’angelo. Eleonora, onomastico di Aldebrando. Lucy, onomastico di Erasmo. Simona, Halloween. Paola, giorno dei morti. Valeria, Natale. Kylie, Capodanno.” A quel punto cominciarono a schiaffeggiarlo all’unisono, citando nomi e date. Dopo che Camillo cominciò a sentirsi gonfio e pulsante come il timpano auricolare di un ciccione, Morrigan e Alessandra andarono a fare lo stesso “interrogatorio sui generis” ad altri, ”. Felicia e Lilith le fermarono prima, chiedendole di farla finita perché ormai più di uno le stava guardando come si guarderebbe un neonato bestemmiare, e si sentivano in rubizzo imbarazzo per questo. “altre sarebbero le persone che dovrebbero essere messe alla gogna per cosa fanno, altre sarebbero le persone che dovrebbero sentirsi in imbarazzo. Sai quante ragazze vengono tradite dai loro ragazzi? Non è giusto, anche perché poi che senso ha, che giustizia è i ragazzi sì e noi no? Se andiamo a ragazzi che male c’è? Ci sarebbe del male? E voi che già lo fate, o uomini, nobilitate essendo uomini questo gesto? Noi donne corromperemmo il fredifraghismo? Al mondo, su tutti i mondi, ci dev’essere parità. “ A poco a poco, le colpe dei vari provvisti di pene vennero tutte a galla. Anche Felicia cominciò ad entrare nella logica del gesto reiterato di Morrigan, ed anche lei interrogò col metodo Socrate/Masane Amaha un po’ di maschietti. Accidenti! Era pieno di traditori delle loro fidanzate. Nel frattempo Camillo, sedutosi su una di quelle panche di pietra continue dei vecchi palazzi, si massaggiò i lividi con l’orgoglio ferito. Come si erano potute permettere? E il mondo, con tutta probabilità, adesso è dalla loro parte. Le terrestri decisero di pernottare lì. Il vecchio cacciatore di rovine si sedette, nella notte, accanto a Camillo. “ma dimmi, com’è questo mondo? Com’è viverci?” Camillo lo guardò con occhi venatori. Quel flaccido e minorato matusa sarebbe l’arma perfetta per ristabilire la sana gerarchia donna- uomo+. “è difficile dirlo, tesoro. Qui non si subiscono cambiamenti, ma si muore comunque.” “non seguo la logica di questa definizione.” “vabbè. Io più cristallinamente così la cosa non te la potevo porre” Il vecchio cacciatore di rovine tecnologicamente paraplegico guardò con occhi tanti il più giovane. Era strano, vagamente asociale, lievemente scontroso, spaccone e strafottente. Non si erano scambiati poi che 3 concetti, ma già lo odiava. Non era poi così strano che Morrigan lo avesse gonfiato come un tamburo. Camillo era in piedi su una delle barche del cielo che grassamente lasciava l’ormeggio. “ti odio, Aly”. Avrebbe lasciato quel mondo, e quelle troiette che pretendevano “rispetto”. “Prima devi rispettare la MIA autorità. “ Arrivò in un villaggio di conigli, dove c’era una piazza più quadrata di Spongebob laddove si svolgevano bizzarre transunstantazioni. Uno dei conigli, forse il più adolescente, magro, debole, nevrastenico, con occhiaie di un nero sbilenco, appoggiato ad un bastone nodoso che lo faceva sembrare 90 anni più vecchio, tremando scompostamente con giganteschi incisivi più simili a zanne di Thylacosmilus, con la pelliccia sporca, catastrofico amalgama di tutti i colori caldi e freddi di una tavolozza, venne eletto da uno sguardo di Camillo a suo oggetto d’attenzione. Siccome in quello che avveniva in piazza non riusciva a trovarci un senso, fece 3 linee rette di camminato in mezzo alla folla, piegando a gomito 2 volte fino ad arrivare al suo tremebondo obbiettivo. “bella mostra di fenomeni incomprensibili eh? Dimmi, tu conosci un certo Jedah Domnα? Mi servirebbe per risolvere un lavoretto.” Era uno dei suoi emissari, emissario di un essere completamente bastante a sé stesso. Domnα agiva come un animale guidato solo dal suo istinto, ed era sempre annoiato da qualsiasi cosa. Camillo lo ammirava al punto da esserne diventato il discepolo. Domnα predicava il puro seguire lo sviluppo delle cose come via alla felicità. In quei lunghi anni, Camillo aveva agito spinto solo da imperscrutabili volontà che non erano mai coerenti tra di loro. “ti posso portare nel suo regno-disse il coniglio distrutto-ma solo a patto che io non ci vado” Camillo non capì. “io conosco il motivo per cui ti sei spinto fin quaggiù. Una succube (ebbe un brivido di assoluto e terrorizzante disgusto) ha fatto giustizia a quell’essere immondo, inferiore e meno che umano della tua ragazza. Ti avverto: le succubi sono creature terrificanti, mosse da una sete di sangue e sesso implacabile e disumana. Come quelle altre creature, gli uomini…. Jedah ti può aiutare, ma anche lui è un essere inferiore persino alla merda. ANCHE TU LO SEI! Scegliendo la via delle viscere sei diventato un topo di fogna nei cui occhi si leggono paura e perdizione, l’ultimo della stirpe delle cucarache nelle fredde e disgustose fogne di Dite, la città della dannazione.” Camillo vacillò sotto il peso di quelle parole. Nonostante sarebbe stato in Natura in grado di fare a pezzi a suon di pugni il coniglio, in quel momento era debole, più dissanguato di un giovane preda morente e pienamente mangiata viva di una vampira. Le sue parole erano enormi macigni che lui, gigante fuori attività fisica, gli lanciava. Ogni lettera lo piegava dolente al suolo, come si piega dolente al suolo un grosso cane sotto le cinturate del padrone. Si mise anche a piangere, genuflesso alle schiacciate zampe del coniglio, che lo guardava con occhi tanti. “d-d-devo a-a-a-andarmene di qui. “ Camillo scappò via dalla folla , ma inciampò e cadde. Cadde in un mondo di brandelli liquidi che Camillo riconosceva come proiezione della mente di Domnα. “mio grande discepolo Camillo….sapevo che saresti venuto. Dimmi,dimmi pure tutti i tuoi problemi, i tuoi dubbi.” “maestro, lei è forse un essere inferiore?” Jedah s’incazzò. “sei un cattivo, un pessimo allievo! Come osi chiedere il mio aiuto per farmi una domanda tanto impertinente!” “scusami, o Sommo Jedah. Non era per offenderLa, né per offendere quanto Lei propigna. Venendo qui, insicuro su dove andare (sa bene anche Lei che cambia accademia ogni volta) mi rivolsi domandevole ad un passsante. Lui, quando seppe in Chi credevo, cominciò a schernirmi, ma ancora di più a schernire Lei. Tra i tanti insulti, quello che Era un topo di fogna nei cui occhi si leggevano paura e perdizione, l’Ultimo della stirpe delle cucarache nelle fredde e disgustose fogne della città di Dite, la dannazione inurbanizzata.” L’ira da Strepsiade di Domnα si rinfrancò, passando in fase bonaccia. “lascerò che quell’infame passante venga punito, auspico con molta violenza, se non con la morte. Hai nient’altro che mi devi dire?” “io ho qualcosa da dire!” A parlare fu Demitri Maxidorff, il grande vampiro. Faragonescia era pur sempre un distretto di Edena, ed Edena un distretto del mondo del Fiume. Maxidorff si era spinto fin lì, evitando furbamente il supplizio riservato a quelle anime (Aburubagar, Eric il cimmero, Ferdinando II d’Aragona, Isabella di Castiglia, Amerigo Vespucci, Ixupellettelle, Finn MCPasible, Hansel Purihnn) e giungendo a Faragonescia, nell’Ailunpale, il castello di Domnα. “cosa mio illustre ospite?” “Morrigan Aensland. È una mia antica nemica, Mi distrusse servendosi del suo .” “fermati. Hai detto Ki?” Sì. C’è l’aveva anche sua madre, Ylvana. Il suo, di Ylvana, si chiama Mogadorian. Quello di Morrigan è U. sono emanazioni spirituali altamente pericolose, che distruggono impetuosamente il nemico, stravolgendo l’ambiente circostante in un inferno. “ Jedah si ritirò in uno dei suoi postriboli, a forma di ugola, per pensare. Stette lì, accovacciato, mentre strane luci di vene verdi di sangue senza più ossigeno pulsavano sulla sua pelle. Cominciò a soffrire, stupendo i suoi presenti, sguainando zanne da diavolo della Tasmania, in urla di atroce dolore che subito moriva in gola, dando prova che Jedah stava soffrendo veramente molto. Demitri voleva fermarlo, sottrarlo da quell’insopportabile dolore. Poi Jedah si riebbe, fresco come una rosa, mentre sia Demitri che Camillo lo guardavano più che sgomenti. “non mi sembra che Morrigan sia poi una così grande belva. Ha un punto debole: un mieloso e cieco altruismo. Basta minacciare un pianetucolo che le sta piuttosto caro, la Terra, e procrastinarle il più possibile ogni intervento. È fine guerra psicologica, mio Demitri e mio Camillo. Vedremo di passare subito all’azione” Solitudine, solitudine mascherata per vita associata. Questa era la vita delle Ragazze Api, guidate da Queen Bee. Certo, gli eventuali svaghi non mancavano, ma sembrava di vivere un amnio pieno stracolmo di noiosa atemporalità. Una vacanza forzata da qualsiasi forma d’agitazione movimentata, semplicemente 2 palle tante. Queen Bee sognava l’amore. Voleva un vero re al suo fianco, forte e magnanimo quando sedeva sul trono, sexy e…ben fornito! A letto. Dopotutto ogni donna, chi più chi meno, desidera un uomo del genere. È lecito, non è irrealistico come il Principe Azzurro. Un giorno lei (Queen Bee) e lui (Jedah Domnα) e fu amore a prima vista. Dopotutto, tra le varie “creature della notte” c’erano già delle dolci metà. Successe una notte, in cui lei dormiva, tranquilla, sotto sottili e nebulose copertine. Sarà stato Aprile, probabilmente, allorchè già sentiva un po’ dell’afa dell’estate, ma sotto forma di bisbiglio, di nota a piè pagina. E con quel “suggerimento” d’estate venne anche Jedah. La vide, sinceramente nuda, e decise anche lui di denudarsi, facendo vedere un corpo muscoloso, perfetto, sulle cui fenditure di actina e miosina si sentiva un vago odorino tamburellante di uomo, di mascolinità, di sete, polposa, voluttuosa, di donna. S’inserì anche lui sotto le coperte, andando a cingere Queen Bee come le radici di un muschio spagnolo un tronco, non per farne oggetto di sciacallaggio, ma per appoggiarvisi. il giorno dopo, euforica di una bella mattinata da riempire sino al tracanno di giochi e attività, Queen Bee annunciò al suo popolo che aveva un re, Passato un giorno dal primo essersi conosciuti, Jedah le chiese che, semmai lui ne avesse avuto bisogno, lei sarebbe intervenuta. “…e viceversa, ovviamente.” Jedah, in realtà, ragionava con molto più afrore e spietatezza. Era, manco a dirlo, fedifrago, da una ragazza-sigaretta al giorno, come tutti i maschi di Faragonescia. Chissà quante ne aveva già avute, il vigliacco. quel giorno Queen Bee si stava godendo il Sole di neutroni classe 61 Cygni di Faragonescia, un pulsar ad antiparticelle assorbito dal pianeta durante una delle sue mutazioni, e Jedah le disse che un esercito di succubi stava marciando verso la reggia regale. Ad essere sinceri, più che “dirglielo” Queen Bee se lo fece pensare da Jedah stesso nella sua testa. È un processo di scambio d’informazioni inesistente tra gli uomini, ma, facendo 2 esempi, una persona dice “buon compleanno!” ad un'altra ficcando la sua testa nella sua fronte. Una delle guerriere con la lancia dell’alveare trottò volando verso di lei provando ad atterare genuflettendosi al suo cospetto: “signora! Delle orrende creature volanti si stanno dirigendo a velocità sostenuta verso le arnie! Dobbiamo intervenire! Non c’è molto tempo!”. “allora corri subito ad unirti alle tue sorelle! Verrò anch’io subito a valutare di mio pugno la situazione. grazie mio amore Jedah per avermi avvertito subito.” Queen Bee notò che l’affanno e la paura della sua servetta erano estremamente motivate. Quelli che quel giorno imparò a chiamare Succubi ed Incubi erano simili a mostruosi uccelli infernali con volti umani ributtantemente sfigurati. Questi mostri facevano strage delle soldatesse senza che queste si potessero difendere umanamente, e Queen Bee non riusciva a difenderle adeguatamente. “Jedah aiutami e aiuta le mie sorelle!” gridava Queen Bee disperata. Vennero anche Incubi e Succubi neri, simili ai MamgiaMorte di Harry Potter, che si unirono, ombre più ombre, a formare una colonna di buio fluttuante da cui emerse una Morrigan Aensland dal volto simile al fondo senza luce di un pozzo, con occhi di ghiaccio e mani spalancate. Queen Bee si fermò urlandole se fosse lei la responsabile di tutto quello. Ma proprio quella sosta le fu pregiudichevole, dato che un orda sguainata di Incubi non neri le piombò addosso, e fu buio. “Morrigan! C’è una delle creature di Faragonescia qui! Sembra una donna-ape…anche se ha un pungiglione dritto da vespa o calabrone. Sembra stia sanguinando dalla bocca…dobbiamo aiutarla!” Una voce da Peter Griffin risvegliò una mal ridotta Queen Bee, con un sangue simile a della marmellata di cocomero che stillava impertinente dalla gengiva sottostante. Abbozzò di aprire gli occhi, ma le palpebre non ce la fecero, e lei con loro, e cadde a terra, molto,molto dolorante. “dd-ddove sono? Dov’è il mio alveare? Dove sono le mie sorelle? Jedah dove sei?” Morrigan le asciugò la bocca con un fazzoletto di sua proprietà. Riprovando a riaprire gli occhi, Queen Bee vide Morrigan che le asciugava la bocca sanguinante, ed urlando si ritrasse. “AAAAAAHHHHH!!!! Sei tu! Cazzo vaffanculo porca puttana sei TU quella che distrusse il mio alveare e uccise le mie sorelle! Vattene! Vai affanculo! Vai affanculo altrimenti ti ammazzo!” “io…io ti stavo aiutando! Ti prego smettila!” Un incazzatissima Queen Bee strozzò con belluinità Morrigan Aensland. “tu…tu lurida…io ti ammazzo…hai ucciso le mie sorelle…” il cacciatore di rovine sciancato colpì Queen Bee con un raggio tauonico, fermandola un attimo prima di ammazzare davvero Morrigan Aensland. Morrigan si sforzò di respirare di nuovo. Cazzo-pensò-è forte. Molto forte. Non mi sento più la carotide. Oh cazzo. Mi sento dell’amaro in bocca….è sangue! Sto sputando sangue. Oddio… Queen Bee ricevette cure nella città di Faragonescia visitata prima. Distesa in un letto fresco, da casa propria, lentamente Queen Bee si riebbe, ma molto probabilmente la Aensland non la voleva vedere ancora. Lilith, la sorellina di Morrigan, andò al capezzale di Queen Bee per farle un mucchio di domande. Queen Bee si svuotò. “io ero la regina di una colonia di donne ape. Mi innamorai di un uomo bellissimo di nome Jedah Domnα, che mi diede tutto. Sesso, amore, e un re per il mio popolo. Poi lui mi avvertì dell’invasione degli Incubi e dei Succubi. Li guidava lei, tua sorella, Morrigan. “ “Morrigan, mia sorella, non c’entra niente. Non so cosa stia succedendo, ma lei non c’entra niente. Credimi, non farebbe del male a nessuno.” Queen Bee si girò dopo la spiegazione di Lilith, e pregò, tra le febbri del suo essere ferita, Jedah. “jeeedaaah. Ho bisogno di te.” Nel frattempo il cacciatore di rovine si era allontanato dall’ospedale dirigendosi curioso verso uno dei tanti assurdi luoghi del pianeta, con fare curioso. Il cacciatore non era da anni su Faragonescia, ma aveva già capito tutto. Vide le sue gambe meccaniche piegarsi come una molla a tornio di carta per simulare un ginocchio che piega il quadricipite e la tibia. “questo è il mio corpo. Puoi prenderlo? Adesso non mi serve più. Cos’altro posso fare a questa età, vecchio come sono? Ho visto e vissuto tutto, sempre seguendo la via che non lascia rimorsi. La mia vita è stata piena, non ho nulla di cui rodermi. Ecco, prendilo, è tuo. Ho finito di girare su questa macchinina, ora è il tuo turno. Pieno di gratitudine per tutto ciò che c’è nel mondo, abbandono Faragonescia. Scusate, devo andare” Stava parlando ad una serie di Chtorr fluttuanti, che s’intrecciavano tra di loro sospesi in aria. Uno di questi gli si avvicinò, e lo sfiorò con le pseudo labiali, afferrandolo per le gambe meccaniche. Da come masticava, lo pseudo-Cthorr stava assaporando con la pseudo glotta e lo pseudo palato la parte meccanica del cacciatore. Felice, egli cadde a terra evirato, chiudendo gli occhi in pieno tempesta di orexina. Su di lui soffiava il vento del “è tutto compiuto”. Morrigan riuscì finalmente a farsi vedere da Queen Bee senza che questa la aggredisse rischiando di morire di debolezza dopo molto tempo. “visto che non ero io? Io non oserei mai uccidere, o cose simili. “ Queen Bee non la stava guardando. Voltata verso la finestra che era appena stata aperta, si era avvolta nelle coperte respirando. “Jedah, dove sei? Sono qui, ogni giorno che non ti vedo e come morire. “ “ma con chi c’è l’hai che parli mordendo la coperta?” Queen Bee si riebbe e sgusciò fuori dalle coperte ad Archimediella mettendosi con il tronco a 80 gradi. Una volta Luigi Colani aveva fatto un disegno simile. “Non c’è l’avevo con nessuno. Semmai, rimpiangevo qualcuno. E quel qualcuno è Jedah Domnα. È un demone…(rabbrividisce come morsa da un pitone). Mi ha amata. È stato mio marito. Aveva promesso (batte il pugno sul materasso, probabilmente voleva far chiocciare il pugno con rumore, ma essendo morbido si sentì uno “sblong!” più morbido che rumoroso) che mi avrebbe soccorsa! Che avrebbe difeso me e le mie sorelle! Ma ora so che le ha sterminate tutte. È colpevole: ha lasciato che morissero. Uno stronzo. Perché non l’ho ucciso la prima volta?” Morrigan scoppiò a ridere. “bhè che ti aspettavi dagli uomini di Faragonescia? Comunque”-Morrigan cambiò da allegra a spaccona-lo troverò, e di lui ne rimarrà tanto che ci potrai costruire una sedia!” Queen Bee la guardò con occhi di fiducia infuocata. “fallo per me. Fallo anche per le mie sorelle.” Morrigan uscì a passi decisi fuori dalla camera da letto, sfiorando appena le altre. “morry, dove vai?” chiese Lilith. Poco prima,aveva chiesto alle altre dove fosse il cacciatore di rovine. Era sparito. Morrigan skippò ogni sorta di domande fino all’ultimo punto comunicativamente più vantaggioso all’effetto Doppler, si voltò e disse, con una faccia simile a quella posseduta da Giuditta quando disse agli assiri che non avevano più un re e che lei ne era la vincente assassina: “vado ad uccidere Jedah. Se ne chiedete il perché, eventuali esplicazioni dalla camera da letto.” Le panche della clinica di fortuna dove riposava convalescente Queen Bee erano simili a vasche da bagno riempite di calcinacci e rese un ripiano sicuro per le chiappe. Una di esse era scientificamente munita di compartimento grande come un essere umano, dove c’era Camillo, ascoltante. Approfittando del non guardare di Morrigan, scappò e corse chiedendo l’aiuto di Jedah. Il maestro oscuro l’accolse a braccia aperte. “padrone! Morrigan la vuole morto!” “non c’è di che preoccuparsene”-disse con una calma che poteva significare menefreghismo suicida o vittoria già in pugno-“perché chi si deve preoccupare è chi sta fuori allenamento, in questo genere di cose. Mi sono divertito un po’ con quei conigli di cui uno, a quanto mi dissi, mi insultò. “ estrasse dal punto non visibile del suo dionisiaco baldacchino un enorme coniglio scuoiato, e lo lanciò seducente ai piedi di Camillo. Riconobbe subito il coniglio magro, debole, giovane eppure così claudicante di costituzione come avesse già 80 anni da aggrapparsi disperatamente ad un giunco come se la gravità stessa lo reclamasse, che aveva incontrato. Le ossa, tragicamente fatte venire all’aria aperta dopo un molto migliore riposo sotto un catafalco esteso di carne, mostravano segni di una malattia, genetica, o forse dimensionale, che alterava il normale farsi dell’individuo in crescita. Non era una distribuzione iniqua di somatotropina, un gigantismo o un acondroplasia, ma una testa di bambino che si svegliava su un corpo adulto, o viceversa, perché traslata lì o là da un distorcersi, ingripparsi, ingarbugliarsi di tempi ed istanze dimensionali. Questa distorsione, quest’inghippo, questo guazzabuglio toglieva un pezzo al bambino e lo incollava alla tant pis all’adulto, disarmonizzando anche corpi acerbi, di là dal divenire adulti, rendendoli nelle migliori delle ipotesi raffazzonati, nella peggiore mostruosi. Le ossa non erano appestate d’osteoporosi. Erano ossa da ottuagenario chiamate per capriccio a sorreggere un corpo di un quarantennio più giovane, e che si era sentito venire meno. “teste da cucciolo su corpi di cinquant’anni più vecchi, adulti bambini e bambini adulti-era ancora Jedah-“ammazzandoli ho fatto un servizio a Madre Natura: quei mutanti sarebbero forse comunque morti (destino ultimo) ma io li ho risparmiato una vita da paria in mezzo agli armonizzati. Vedi quanto è magnanimo il tuo padrone?” Camillo si sentiva meglio. Domnα era saggio, nella sua apparente voracità. “sento una presenza molto gradita in avvicinamento….è forse colei di cui tu mi parlavi? Quella Morrigan? Corro subito a darle giusta accoglienza! Anzi: i fiori più profumati sono quelli che sbocciano piano. Le andrò incontro come un cadavere sul Gange.” Scese dal suo dionisiaco baldacchino per passarne ad uno con una specie di Macropinna Microstoma appeso con lacciuoli, un amaca dirigibile su cui si distese allontanandosi con una lasciva mano di distacco portuale. jedah pensò di essere arrivato. Era uno dei tanti canyon di Faragonescia, un taglio ad u molto irregolare pieno di casini rocciosi. Jedah si chiese dove fosse la così forte Morrigan , quando sentì un rumore simile a quello di un occhio che viene cavato e di colpo la navicella dell’oziare di Jedah venne di nuovo amministrata dalla gravità. Aprì le ali appena prima di calpestare un sipunculide che arrancava tra le pietre di un isola Tiberina con aculei simili a scimitarre con una faccia incrocio tra la capa a banana di un alien e quella del Chernabog di Fantasia e riguadagnò quota. “Morrigan! Finalmente sei venuta! Lieto di accoglierti!” “faresti meglio a scusarti, anche se ormai nella tua posizione di genocida minimo ti meriteresti una ghigliottinata! Sei stato tu ad uccidere le sorelle di Queen Bee! Preparati a morire!” Jedah, sicuro, tentò d’afferare il collo di Morrigan, ma la mano della succube intercettò la sua e cominciò a stringere, mentre Jedah cercava di far subentrare l’altra mano come supplente dell’altra, ma il male era tale da non farla staccare. Facendo fulcro sulla mano-torchio sulla mano di Jedah, Morrigan acrobò di 180 gradi conficcando giù in gola a Jedah un suo calcio, per poi premere sull’apparato orale devastato di Jedah e involarsi. Jedah la inseguì, volando, ma la sua più veloce nemica si era già nascosta in una delle grotte lungo la parete del burrone. Jedah la approcciò cercandone il corpo nell’anfratto. Trovò non esattamente quello che cercava: una specie di echidna dagli aculei a forma di mezza luna, la faccia da axolotl e zanne da giaguaro sopra e sotto le arcate labiali. La bestia era parecchio inferocita e Jedah tentò di levarsela di dosso in ogni disperata maniera, e Morrigan lo assaltò approfittando del suo “amichetto”. Finalmente Jedah riuscì a togliere l’indesiderato diversivo di Morrigan, aprendolo in 2 con una lama d’osso uscitagli dall’avambraccio, facendone cadere le spoglie mortali da parecchi kilometri d’altezza. La stessa lama tentò di decapitare Morrigan, ma lei la morse. Ai suoi denti stava chiedendo di mordere più di quanto essi avessero mai morso, e mentre piccole gocce di sangue uscivano dalle membrane guanciali che permettevano la masticazione, dalle orecchie/ali di pipistrello di Morrigan partì un fulmine verde, che colpì la lama brachiale di Jedah mutandola in un parafulmine, elettrizzando Jedah tra grida di dolore. “aaah! Non mordero mai più una roba come quella che hai lì eretta!” jedah la attaccò di nuovo, ma Morrigan scappò girandosi quando meno se l’aspettava per fulminarlo. Si rintanò di nuovo nella grotta, ma stavolta, per stanarla, Jedah ci mise la faccia. Morrigan lo guardava con occhi di fuoco, e appena si mosse lanciò un grido e le sue ali si trasformarono in pipistrelli allontanandolo e costringendolo ad affrontare un ulteriore battaglia contro una delle sue armi , pipistrelli di nebbia che scoppiavano in fumate nere rendendogli tutto più difficile. Morrigan gli piombò addosso con una spada, e Jedah, a causa della nebbia, mancò di colpirla e perse la sua lama. La spada lo colpì al palmo della mano sinistra, e Morrigan infierì ulteriormente con uno dei suo fulmini. Ora Jedah era ferito seriamente, e la sua rabbia montò. Morrigan,prevedendone le mosse, lo piantonò con una ginocchiata nello stomaco, a cui seguì una taccata sullo sterno da cui colò altro sangue. Jedah ebbe quasi la volontà di arrendersi, la sua nemica lo stava sopravanzando. Ma non poteva. Lui era Jedah Domnα. Doveva fargliela vedere. Usò anche lui la tattica del “nasconditi ovunque ci sia da nascondersi” della sua avversaria. Corse/volò in una grotta sperando che Morrigan la segiusse, cascandoci. Ma le tattiche di Morrigan non le potevano essere auto inflitte, perché troppo furba. Ed infatti atterrò su una roccia aspettando. Aspettò che Jedah uscisse dalla caverna ricordandogli che non poteva fare lo stesso gioco di lei. Infine, stufata, prese il volo e cercò d’individuare il nascondiglio di Jedah, ponendosi immediatamente sopra l’ingresso della grotta, e poi raggiungendo la sommità del burrone lungo la cui fiancata si era nascosto Jedah, scoprendo un fiume che diventava cascata più in là. Lungo i fianchi del fiume, c’era una maggiore profondità con un macigno grande come Gollum che spuntava dalla fiancata come un brufolo. Ebbe un idea. Uno dei pipistrelli delle sue inesorabili ali le si attaccò alla faccia trasformandosi in una maschera da subacqueo simile alla cintura di castità craniale di Bane con degli occhialini poco più grandi degli occhi alla Rankxerox. Si tuffò e esaminò il macigno. Come pensavo-si disse-questo macigno blocca il fiume da trasecolare nelle varie grotte della parete rocciosa sinistra. E Jedah è lì…. Riemersa (perfettamente asciutta) dall’acqua del fiume, Morrigan prese la sua spada e la usò per fare leva nel punto d’attaccatura del macigno, e con uno strattone separò il macigno e, come pensava, il fiume diede segni di trasecolare in quella direzione. Nel frattempo Jedah, anche lui stufatosi di aspettare Morrigan, cominciò a muoversi nella grotta, illuminata da aperture sulla superficie che lasciavano passare la luce illuminando speroni rocciosi, stalattiti e stalagmiti, e alle stalattiti l’improvviso attacco di creature con il corpo da pipistrello, la testa di gatto, 8 zampe da ragno, e ali da mosca, che svolazzavano attorno a Jedah facendo un baccano infernale, con lui che li spate fasciava ai lati della grotta facendola tremare come se facesse esplodere mille bombe. Ad un certo punto sentì un rumore di rubinetto aperto nell’altra stanza, e gli si parò davanti un muro d’acqua che non gli lasciava né fuga né sufficiente spazio e tempo per organizzarsi per resistere all’imminente impatto col fiume imbizzarrito. Jedah fu spazzato via e precipito giù lungo la scarpata. Morrigan lo guardò indifferente. Se lo meritava,altrochè. Aveva contribuito a creare una nuova cascata, con il corpo di Jedah bagnato dalla spuma del piede della cascata. Era sicuramente morto. Sulla Terra, Lilith durante la notte venne morsa da una misteriosa creatura, supposta essere un ghoul. Siccome Jedah era stato abbastanza esplicito circa la volontà di vendicarsi di lei, la succube era andata alla ricerca di una più grande fonte di potere, che la rendesse una dea a tutti gli effetti. Il regno di Canopy, prima della trasformazione della regina Nancy in Skullgirl, non aveva avuto una grande storiografia in merito di attacchi della Ragazza-Teschio, ma si sapeva che la pietra aveva già seminato panico altrove. Adesso giaceva nei bassifondi della cattedrale, incastrata in uno scoglio come l’Excalibur nella piana di Avalon. Nessuno sapeva ancora dove fosse, e lei di certo non aveva ancora fatto parlare molto di lei. Ma Double, la terribile guardiana della pietra, era già allora celebre per impedire l’accesso dei fedeli alla cripta. Mentre Morrigan si muoveva in quella tenebrosa architettura, la creatura, strisciante, molliccia, informe, lasciò ovunque una serie di zigzaganti corsie di muco, sulle quali Morrigan spesso scivolava a metà, recuperando la statura eretta con aplomb ogni volta. Ad un certo punto Double le si fece davanti senza più alcuna esitazione: Morrigan era un intrusa, e l’intruso è sempre sopportabile per poco tempo. “Chi ffffffei? Nella mia cripta nefffffuno fffffffi è mai inoltrato. Perché a nefffffuno è permeffffffo” sapeva ancora parlare, fischiando le s in f. “Sono venuta per un desiderio” disse calma Morrigan. “Ffffffarà la Ragafffffa Tefffffffchio a decidere ffffffffe e come quando una fanciulla potrà effffffprimere un defffffffiderio!” e cercò di stritolarla. Morrigan fuggì via. Jedah si svegliò a notte fonda, bagnato dal fiume inestinguibile. Provò a piegare l’avambraccio e il tricipite per alzarsi, ma la sua mano fallì e tornò sdraiato per terra. Provò a chiamare Camillo telepaticamente. Camillo venne verso l’alba. Raccolse un fradicio ed insanguinato Jedah portandolo ad un imbarcazione posta lungo uno dei fiumi che tracciano il fondo del canyon. Jedah ribolliva di rabbia. Di ritorno al suo mondo fantadimensionale, si trovò davanti ad uno stuolo di amene vesciche viventi di punto in bianco pronte ad obbedire ai suoi ordini. Era un formicolare di anellidi lisci e bavosi come funghi mucosi, di creature simili a bozzoli di baco da seta con una testa appena accennata con altrettanto appena accenati arti, esseri striscianti con arti simili a molle pronte a distendersi appena sfiorate dal vento. Jedah guardò disgustato l’esercito che era venuto ad aspettarlo. Fece appello a tutta la sua pazienza, già convinto che se non fossero riusciti a svolgere quel ben misero compito li avrebbe gettati in un forno. “diventate dei giganti!” e quelli appellandosi a tutti loro stessi si gonfiarono come palloncini fino ad incombere su Jedah. Lui ringhiò sottovoce qualche “non mi piace” ma capì che a degli stupidi ammassi di cellule del genere aveva chiesto anche troppo, sebbene persino un ragnetto, facendo platea con altri ragnetti, avrebbe ingenerato uno spettacolo molto più terrificante. Ora bisognava condurli da Morrigan. Ma da dove proveniva quella sgualdrina? Jedah chiese ad un bio-robot accorso insieme a quei briozoi di levarsi in volo da Faragonescia e vagare nello spazio sicchè non avesse trovato il mondo di Morrigan, di dargli le adeguate coordinate per aprire un esbat con cui procedere all’invasione. Il robot arrivò sulla Terra, passando dalla sua forma simil-Sputnik ad una Ferrari color verde alga con grigio dentifricio che scorrazzava assalita da un enorme curiosità per tutto quel che lo circondava. Arrivò vicino ad un fosso, di quelli che vanno/vengono dalle città in lontananza. La macchinina ci finì dentro, nell’acqua sana, e in preda al panico per l’imminente annegamento modificò il suo aspetto in una specie di sottomarino. Navigò a lungo sotto un sole pomeridiano di Gennaio, con la terra fredda non ancora riscaldata a sufficienza dal Sole, fino a perdersi nel nero di un enorme impianto fogniario. Indicazioni su dove stesse andando c’è n’erano di poche e confuse. Lesse di sfuggita un “ninbvhgv Insdbbjm” ma non ne capì il senso. Doveva trattarsi senz’altro di un cartello di benvenuti, non certo di un intimazione a scappare il più lontano possibile da quelle circostanze, ma cosa realmente significava? Poi l’acqua, già molto scura, lo divenne del tutto, e si ritrovò in una cassetta di legno, di quelle che all’ortolano contengono mele o pere, fradicio e con la corazza in Zarover riscaldata da una fiamma di molotov. Si trovava su una scrivania nella penombra, e si sentiva un russare. Si guardò intorno elaborando a tanta tanta ogni dettaglio di ciò che vedeva. Le staccionate della cassetta erano tutte agghindate con cartelloni pubblicitari. Uno era della Fila, produttrice di cancelleria da ufficio e da scuola. Uno era di una fumetteria. Uno, quello più in basso, della Oregon, specializzata in apparecchi elettronici d’uso quotidiano. C’era un posacenere, ottenuto dal teschio di una scimmietta, in cui una Camel si stava lentamente spegnendo. C’era per terra una scritta, “questo buzzurro oggi ha dormito” con una freccia. La freccia indicava un topolino cadavere, legato con del filo interdentale al grandangolo della cassetta, con gli occhi cavati e un cappello rubato ad una bambola campesina calcato in testa, dandogli l’aria dell’hispano. Si piegò per vedere tutta l’altra cassetta. C’erano escrementi. Si arrampicavano come tarsi su per le staccionate, e vicino a loro degli omini LEGO in tenuta da fattori con carriole, che estraevano pezzi di cacca e li buttavano oltre le più alte staccionate. Si girò dugongo una terza volta. Su in cima alla staccionata più in alto c’era un capezzale d’impiccagione, con impiccata una lucertola, con conficcato nella pancia l’ago di una siringa. C’era una scritta sulla penultima staccionata. Diceva in 6 lingue :”questo è un suicida per paura della morte”, “il s'agit d'un suicide par peur de la mort », « dies ist ein Selbstmord aus Angst vor dem Tod“, „este es un suicidio por temor a la muerte”,” this is a suicide for fear of death”, “eto samoubiystvom iz strakha pered smert'yu”. Non gli sembrava sensato quanto quelle 6 scritte andavano ripetendo come 6 strilloni. Se quella lucertola aveva paura della morte e di morire, perché si è uccisa? Infine, l’ultima parte della cassetta. Era una musicassetta senza mangiacassette, con i nastri simili ad oleose interiora d’insetto gettate sul pavimento d’impiallacciato. La sonda di Jedah si rabbuiò. Le scritte pubblicitarie. Il topo che fa la siesta. Le cacche. Gli omini LEGO che le smantellano stronzata dopo stronzata. La lucertola “impiccatasi” perché spaventata dal morire. La musicassetta da riavvolgere con pennarello Carioca. Che significato avevano? Poi si ricordò qualcosa. Delle mani. Mani simili a guanti di pagliuzza alluminiata bagnati. Che con estrema delicatezza aprivano, svitavano, smontavano, esaminavano, prendevano appunti, e poi chiudevano, riavvitavano, rimontavano, mettevano in un angolo. Qualcuno aveva voluto capire come funzionasse. Non che serbasse molti segreti, la sonda: composizione in Zarover, energia propulsiva Goddove, meccanismi interni di riassestamento. Ma chi l’aveva maneggiata con così tanta delicatezza da mischiare in un tremolìo pudore e terrore doveva essere nuovo ai suoi perché di funzionamento. Ora chicchessia lo aveva lasciato perdere. Si trasformò in un hovercraft e lentamente salì in cielo, per poi trasformarsi in un trapano e fuggire. “Minette! Come è andato il lavoro?” un enorme uomo-pesce di Little Innsmouth parlava con sua figlia,Minette la ragazza-pesce. Lei gli disse bene, e dopo tanto duro lavoro si mise a dormire. Nel frattempo la sonda continuava a fuggire sotto terra. Il padre di Minette, che aveva esaminato la sonda Zarover, già non aveva più alcun interesse per essa. Dopo tanto scava scava, la sonda s’infilo nell’intercapedine del palazzo reale di Canopy. Da lì, continuava a sentire delle voci. Una voce maschile, dolce, melodiosa, ed una altrettanto dolce e melodiosa ma stavolta femminile. Le voci s’accavallano come 2 treni che si tuffano e si scontrano. La voce femminile si fa esasperata, dolente, urlante, demoniaca. Quella maschile feroce, lupesca, impreca, bestemmia. La sonda Zarover è molto preoccupata. Comincia ad inviare messaggi a Jedah. Alcuni astromorfi esaminavano i progetti di Tarmen, il robot canopiano, e di Jettar, il robot astromorfo. Uno degli astromorfi, Empiga, tirò fuori un'altra pergamena, mostrante il progetto di Boldreigh, un terzo robot. Nel frattempo, in quelle stanze…. “Ma cos’è questo baccano?” strillò Parasoul, figlia di Nancy Renoir, l’ultima regina del regno di Canopy. C’erano in realtà state diverse scaramucce armate per il Cuore Teschio, nonché una vera e propria guerra. La politica tenuta dai Belial era simile a quella di James Monroe, di “menefreghismo” verso il resto del mondo. “Sono una colonia di uccelli imitatori, come i beccaccini che abbiamo visto al parco” disse Umbrella, la sorellina di Parasoul. “No sono delle scimmie che sto addestrando personalmente” disse Rosie “Roxanne” Monroy Gagobanez Principessa Angelina Contessa Louisa Francesca Banana Fanna Bo Besca Terza, capo meccanico della polizia di Canopy, gli Aironi Neri. “Ho per casa anche quelle specie di patate fluttuanti chiamate Astromorfi immersi nei loro bislacchi progetti….” Sotto al progetto di Boldreigh c’era un “??????????????????????????????????????????????????????????????????????????” cioè un “cosa ne facciamo?” grande come una casa. Empiga smorfìo comprendendo il perché di tutti quei punti interrogativi: l’aspetto del robot. La testa sembrava il casco di un Soldato Imperiale scolpito da un mirmecobo, con occhiettini da poiana, e una boccuccia a tubo. Il corpo era a goccia con gambe turnite e stivaloni. Le braccia facevano supporre una mobilità scarsissima, il braccio sinistro “sbagliato” a livello d’articolazione carpale, e quello destro…è un lanciamissile o un vibratore? Empiga buttò tutto nel dimenticatoio. Empiga era diverso dagli altri. Assomigliava maggiormente a un essere umano, con zigomi alti quasi appesi, un collo estremamente lungo e scheletrico, simile a una I particolarmente concava sui fianchi. Le sue mani erano lunghe e le dita altrettanto lunghe, conferendogli l’aspetto di un aye-aye. Le gambe erano dinoccolate, le articolazioni sembravano quelle di un osteoporotico appena dopo essersi ripreso dallo shock di una caduta. Quando camminava sembrava paralitico. Colpa anche dei piedi, costruiti da un progettista di arredi da parco giochi con nessuna nozione di fisica della leva: senza zoccoli, camminava sempre in punta di piedi, con il piede con i tre cuniforme e il cuboide parallelo al suolo, con tarsi, metatarsali e falangi. Lo scafoide, il calcagno e l’astragalo erano però impossibilitati a mettersi dietro al cuboide. L’andatura sarebbe perciò potuta essere quella delicata di una renna ammaestrata, ma senza zoccoli l’effetto era grottesco. Per fortuna levitava la maggior parte del tempo come Koenma. La sonda-emblema di una tecnologia che a Jedah non entusiasmava quasi in nessun senso-tornò senza aver davvero scoperto nulla di sensazionale. Jedah decise di regalarlo, allorché sembrava Sixshot, il Decepticon meno sotto i riflettori, ma al tempo stesso il più imprevedibile e infingardo, perché assume 6 configurazioni: pistolero allo stesso livello di Perceptor, orso, mitra laser, carro lanciarazzi con missili terra-terra, carro armato con missili terra-aria, caccia intergalattico, a Ozomu, il neonato che avrebbe dovuto nutrire con le anime e i corpi delle sue molteplici “mamme”. Infatti Faragonescia è retto da lui, che, per scavalcare gli Aensland, prendere il potere al posto loro sin dai tempi di Belial, nonno di Morrigan, essendo vecchio di 555 anni. La promiscuità che lui ha imposto serviva proprio per trovare sempre nuove compagne con cui “saziare” il “piccolo” Ozomu. Per non avere contro nessuno, la ha appunto imposta infiltrandosi nella democrazia del pianeta come velenoso petrolio che inquina degli ingranaggi puliti e perfetti. “Piccola creatura, vattene da qui. Non posso portarti lontano da qui. Posso fuggire nella mente di un bambino di 8 anni del 1983, ma solo nei sogni. Ma non c’è la faccio più a dormire sempre. Sento dentro di me una bellissima creatura che ulula di uscire. Come un Dio Coyote prigioniero. Se solo potessi uscire da qui….” Ma Zarover, fifone sì ma scemo no, sapeva chi chiamare. Anche in quel mondo esistono i supereroi. Supereroi dei videogiochi, ma videogiochi tridimensionali. Come dalle parti della LucasArt degli anni 80. E quindi, almeno in parte, i supereroi-supereroi esistono…. Annie Girl of the Stars: Skullheart’s Arithmya era il titolo più amato da Umbrella e Parasoul, insieme a Sphere, cd-rom educativo che faceva in realtà più imbestialire Parasoul perché finiva sempre schiacciata dal (2x2+5)2-(5+2x2). Nel titolo di Annie c’erano i “6 fantastici amici di Annie”, cioè un gruppo di supereroi chiamati Zipnauta (Zipnaut, robot con testa a sfera di cristallo con antenne tipo Sputnik, in grado di correre a elevatissime velocità e di trasformarsi in una cometa artificiale), Uomo Saltabecco (Pogo Man, con enormi molle a buccia d’arancia dagli stinchi), i Missili (The Missiles, un uomo e una donna con stinchi artificiali con jet incorporato, e una coppia di sparvieri artificiali come amici), Uomo Catodo (The Cathodic Man, o anche Uomo Catodico, in possesso di una pistola attaccata a un cordone ombelicale artificiale in grado di risucchiarlo sotto forma di energia e di spararlo accelerando gli atomi del suo corpo), il Tifone di Vetro (Glass Typhoon, una ragazza in grado di trasformarsi in pura forza di Coriolis). Zarover, la sonda, li contattò su un vecchio anamorfiscopio sferico, una grossa palla di vetro cava, attaccata sopra a una lanterna magica o a uno zooprassinoscopio, che giaceva in un angolo, senza che fosse stata utilizzata continuativamente. Molto probabilmente perché i “filmati”, similmente al Viewmaster (stereoscopio), erano imbobinati su “pizze” con un numero di immagini incorniciate che, sfruttando la persistenza dell’immagine sulla retina, prendevano movimento, erano unicamente scene di sesso e decadenza. Mentre Ozomu dormiva, mentre Jedah stava seducendo una bella ragazzotta con capelli biondi raccolti in 2 trecce sopra le orecchie, piercing sulla lingua e una stellina tatuata sui voluminosi seni, i baldi eroi apparvero alla creatura, rannicchiata intenta a succhiarsi i pollici. “Non fare rumore. Sono qui per aiutarti. Zipnauta! Uomo Saltabecco! Norman e Sheila Shatbor! Uomo Catodico! Tifone di Vetro! Siete fantastici! Anche se siete solo ultracorpi virtuali, siete meravigliosi!” “Ma tu chi accidenti saresti? Cos’è questo posto? Chi è quel lombricone rannicchiato là?” chiese Uomo Saltabecco, Adelius Herrington, mentre si sceglieva come trincea un gruppo di cuscini accatastati. “Qui siamo nel palazzo di Jedah, demone voglioso di diventare il prossimo Makai, signore delle tenebre, per poi estendere il suo folle dominio sul mondo umano. Ma il qui presente Ozomu, creatura raccolta in una qualche dimensione distorta, potrebbe distruggerlo. Ma ha bisogno di voi e del vostro coraggio” Herrington, l’Uomo Saltabecco, puntò Jedah intento a “sedurre” la malcapitata, in realtà una creatura mostruosa con la pelle blu, una coppia di ulteriori braccia dalla schiena, finendo più che con il fare all’amore facendo i fabbri, picchiando come un torcicollo (Jynx Torquilla). L’uomo con le molle ai piedi scattò in avanti, rompendo il vetro e distraendo fatalmente Jedah, con il suo collo attaccato dalla creatura che si sarebbe dovuta portare a letto. L’eroico anoixopodo piovve addosso al malvagio strappando la “mostra” da Jedah e spedendola contro il muro con un calcio a stantuffo. Poi mollò a Jedah qualche pugno allo stomaco dandogli del marrano come Daffy Duck quando faceva Il Tulipano Nero. “Ma tu chi sei?” disse un Jedah volenteroso nel non parlare per turpiloquio davanti a quella ragazza che aveva sedotto. “Il grande Uomo Saltabecco! Il super rimbalzante della giustizia! Solo un folle sfida le mie molle!” e con un salto schiantò Jedah al soffitto. Staccatosi e messosi a volare, cercò di aggredire Herrington, ma lo Zipnauta, trasformatosi in un fulmine globulare a tutta birra, distraendo Jedah e venendo colpito in testa da Mark Parker, l’Uomo Catodico. Rimessisi in posa da confronto all’americana, Jedah osservò il gruppo di velocisti, stile Lega dei Flash (tutti i Flash, Jay Garrick, Barry Allen, Jesse Chambers, e magari pure Mary Maxwell, Flash “alla Marvel” di Terra-6, Lia Nelson, la Flash di Terra-9, e financo Fastback-Jimmy Terrapin, la tartaruga superveloce di Terra C Minus), chiamato “i fantastici amici di Annie”. “Noi siamo i grandi amici di Annie la ragazza delle stelle! Porteremo la giustizia in questo pianeta!” “Cos’è uno scherzo? E Ozomu cosa c’entra?” “Ci ha chiamato lui per liberarlo da lui!” “COS’E’ QUESTA BESTEMMIA?” “Sei malvagio! Concupisci innocenti fanciulle affinché le potessi rubare l’anima!” e partirono all’attacco mentre Ozomu veniva portato da Zarover verso un uscita. Su Canopy scoppiò, nel cuore della notte, un violento temporale. Mentre stringeva a sé, coprendosi solo con un sacco della spazzatura, Zarover, Ozomu si avvicinò ad una locanda, il cui portone li venne aperto da un nanantropo, un piccolo ominide infagottato come un gibbone cosacco, e lui approfittò del pertugio per entrare al caldo e all’asciutto. Camminando con fare guardingo tra i tavoli, vide che gli avventori, metà umani metà mutanti, assistevano a un particolare spettacolo di burlesque in cui un uomo boa smeraldo lottava contro una voluttuosa donna pantera, in un contesto tropicale. Ozomu osservava il tutto nascosto nelle retrovie, mentre tra sé e sé rimuginava che quello che stava succedendo non era giusto. Alla fine, mentre la donnona felina, con una delicata orchidea nera infilata nell’incavo dei burrosissimi seni, strozzava l’avversario, Ozomu si arrampicò con il diavolo alle spalle occupando il palco e separandoli con la “forza” dell’improvvisa distrazione della donna. “Vi prego! Non combattete! Che bisogno c’è?” al che dai posti a sedere si sollevarono delle imprecazioni rivolte contro “quell’idiota!” “Buttatelo giù! Quel coglione ci sta rovinando lo show! Ma dico: che cazzo ci fai lì?” e su di lui cominciò la pioggia di oggetti a assicurato effetto contundente. “No! Vi prego! Fa male!” mentre la stessa, evirato lontano dallo sguardo di Ozomu il “pretendente”, afferrò Ozomu per il collo per cavargli gli occhi. Aveva la stessa espressione inferocita di Shauna Thifton quando Homer, trovatosi in uno strip club per caso, si era attaccato alla base d’attaccamento delle sbarre della sua gabbia, con lei che li schiacciava i pollici con le tacco 12. “per favore mollami il collo….sto stramazzando…..” ma a salvare Ozomu non fu Zarover, ma gli Aironi Neri, accompagnati dal titanico Ivan Erdbeben, il super cyborg Panzerfaunst, irrompendo nel locale equipaggiati contro quegli avventori: mazze chiodate, lanciafiamme, ombrelli truccati con punte contenenti dardi esplosivi. Messi tutti in riga, Ozomu fu portato su uno dei mezzi corazzati ausiliari, mentre tutti vennero arrestati. Zarover, rimasto indietro, si trasformò in un convertiplano da battaglia per tracciarne il tragitto Nel frattempo, dopo che “gli amici di Annie” Zipnauta il robot super veloce e meteorico, Pogo Man/Adelius Herrington, Norman e Sheila Shatborn/The Missiles, Mark Parker/Cathodic Man, Erika Plowright/Glass Typhoon si erano messi “all’americana”, Jedah era riuscito a metterli in difficoltà, sebbene adesso non godesse neppure lui di una salute superlativa. Lo Zipnauta aveva scavato con un quantitativo d’energia pari a quello di un fiume di lava che travolge una piccola casa un tunnel con ingresso Sud nella culla/cameretta di Ozomu e con ingresso Nord la base di una feritoia alle spalle di un Jedah esausto, e adesso saltellava gonfio di elettricità che saettava tra le sue antenne, manco fosse stato Digit, lo scarafaggio faccendiere di Lucky LoRatto in Fievel sbarca in America. Jedah, in un precedente combattimento, aveva afferrato le molle di Herrington, ferendosi però le mani perché quelle molle erano acuminate come fiocine, ma resistendo e scagliandolo contro un muro, ma lui diede una capocciata così potente che rinculò e rimbalzò indietro, tracciandogli 2 “bellissimi” solchi dardeggianti sul torace causa atterraggio da rifare. I coniugi Shatbor erano riusciti, con i loro accipitrini Folgore e Siluro, a strappare le orecchie di Jedah, ma ambedue finirono ridotti a origami investiti sulla tangenziale. Parker aveva orlato di aculei il proprio cordone ombelicale, e non a caso Jedah-clinicamente parlando-si era quasi lacerato il flessore ulnare. Ma anche l’uomo catodico Mark Parker non se la stava certamente spassando: deviato da uno specchio lasciato da un'altra amante andata via, il fascio particellare in cui l’uomo poteva trasformarsi schizzava all’impazzata dappertutto, urtando anche il capoccione vetrotecnico di Zip, aggiungendogli ulteriori folgori che lo facevano saltellare nevrastenicamente in giro come Tornado Kid il coniglio sceriffo che ha ingoiato una palla pazza GIG. Tifone di Vetro era quasi riuscita a uccidere Jedah strozzandolo facendogli ingoiare una delle sue braccia, ma le lacrime dell’arco riflesso l’avevano accecata (sembravano brillantina) e mollò la presa. Adesso vorticava ancora come una trottola rotta. “Abbandoniamo questo posto” disse Jedah, chiuso nella sua sofferenza, mentre arrancava fuori, nel giardino interno al maniero, illuminato dalla luce di quelle che Lucio Dalla avrebbe chiamato 1200 lune, ma che in realtà erano tutte l’unica Luna di Faragonescia, Edena. Gli allucinogeni erano delle truffe: con i videogiochi o l’electro e progressive house si ottenevano “viaggi” migliori. Nella notte, com’erano i sogni di una donna tanto bella come Morrigan? E le sue amiche? Morrigan si trovava a contemplare dall’alto di un grattacielo alto come la Torre di Babele lo skyline di una febbricitante metropoli. All’improvviso lo spazio aereo appena sopra ai palazzi più bassi fu invaso da uno sciame di vespe antropomorfe. Queen Bee! “Vespe antropomorfe” sicché venga chiamata Queen Bee, lei ha un pungiglione (evidenziato in rosso) molto più simile a quello della vespa (in basso a destra) rispetto a quello di un ape (in alto a destra) Morrigan intraprese un volo in picchiata cercando di raggiungerla, ma dei droni simili a mani volanti s’intromisero, e anche lei venne afferrata e sbattuta sull’asfalto. “Lasciatemi! Lasciatemi!” ruggì Morrigan mentre, più si divincolava, più l’enorme ganascia robotica aumentava la sua morsa. Arrivarono degli uomini bardati con maschere antigas, tute sterilizzate bianche e manganelli. Uno le diede un calcio in testa, e Morrigan rinvenne chiusa in una pillola di plexiglas, incapsulata in una batteria a 4 piani con altre ragazze, donne-vespa. Sembrava di stare nell’hangar di un aeroporto, ma il mondo, impercettibilmente, roteava su sé stesso. Era a lei che era venuto il torcicollo, o….? si trovò a osservare uno dei finestrini, e ed erano nello spazio! Si ricordava del viaggio verso Faragonescia. La navicella era un baracchino simile ad uno dei primissimi aerei a reazione degli anni 30, tipo Heinkel 178. C’era una specie di gravità artificiale, che non obbligasse a roteare su sé stessi. Era una tecnologia metà scientifica metà magica: a abbreviare il viaggio al minimo indispensabile era intervenuta la madre di Hsien-ko, con un Esbat di alcuni animali del bosco. La sgargiante Terra dal cielo infinito Morrigan l’aveva vista solo appollaiata su un alto pinnacolo di Faragonescia. Adesso Faragonescia e Edena, con complesse alterazioni dell’orbita planetaria (nulla comunque come un esplosione atomica che devia la Luna, o gli spurghi di tutti i robot del mondo che spostano la Terra) si erano lasciate alle spalle la Terra, dirigendosi chissà dove. Adesso non c’erano più “scorciatoie” e era impotente davanti alla Terra vista da un satellite, o da un meteorite indeciso. Tecnici continuamente andavano e venivano da intorno a lei. L’ansia di Morrigan era al culmine. Ma nessuno poteva aiutarla. All’improvviso ci si muove, le capsule vengono girate verso il basso, messe su un angolo di 90°. Il mondo su Morrigan improvvisamente si spegneva. Il mondo rimaneva buio, mentre una radiolina, che però, e Morrigan se ne accorse con la morte nel cuore, non le permetteva di comunicare con nessuno, ma solo di ricevere comunicazioni, trasmetteva continue informazioni su buchi neri. Morrigan si svegliò madida di sudore. “Un brutto sogno. Solo un brutto sogno” “Ehi sorellona, va tutto bene? Stavi urlando, per cosa?” “Un sogno orribile. Una caccia a noi creature della notte….come nei tempi più antichi” “Sorellona, lo vuoi vedere un mio disegno?” “E’ bellissimo. Ha un nome?” “Sì, After Man. L’Uomo dopo l’uomo. Il supereroe delle onde radio, sullo stile di John Wallace. Ho cercato un po’ d’informazioni nella Libreria. Fulmine guanciale premendo un pulsante sulla guancia destra, dall’antenna posta sul parietale sinistro parte un potentissimo fulmine Raggio radio un potente getto di onde radio dalla bocca, utilizzato come arma finale Testa di After Man la testa del robot può staccarsi per creare una trappola per l’avversario, consistente in un finto corpo gonfiabile contenente una bomba Lame di After Man lame a mezzaluna da sotto lo sterno Raggio V After Man unisce i pugni disegnando una V con come vertice l’ombelico, generando una gigantesca V di luce, talmente grande che il suo vertice può coprire After Man. Lui, così riparato, prende la rincorsa, e, volando attraverso i bracci della V, genera una tempesta elettromagnetica Missili annichilenti missili dalle ginocchia Dischi gemelli facendo roteare le sue braccia di 360°, After Man crea una coppia di dischi trancianti d’energia pura Pugni dopodomani classici pugni a reazione Luna assumendo la posizione di riaggancio dei Pugni dopodomani, After Man spara il suo Raggio radio attraverso lo spazio tra i pugni, creando un fulmine globulare a forma di mezzaluna “E’ meraviglioso. Adesso torna a dormire Lilith. Spero solo che quello contenuto nei Libri del Passato non si ripeta, né qui né a Canopy” “Cosa sono i Libri del Passato? Cosa dicono di così brutto?” “Che un tempo, tanto tempo fa, i nostri antenati erano stati perseguitati. Nel 1896 in Africa, in Uganda, ci fu un massacro di incubi e succubi per colpa della malattia del sonno, nel 1851 in Italia, a Napoli, avvenne lo stesso con le donne-gatto, accusate di spandere il colera. Abbiamo passato quelle fasi, ma cosa impedisce che tutto questo torni?” La città di Canopy, nella notte, è debolmente illuminata dalla ragnatela di luci metropolitane. Morrigan ha voluto far vedere a Lilith una cosa. Com’è il mondo, visto su dalle nuvole, coricati lì in alto come su un letto. La più piccola è eccitatissima, ma dev’essere prudente: il cielo sotto di loro è pieno di navi volanti. Più sotto ancora Lazyr camminava tranquilla mangiando una mela, insieme a una strana creatura-che a suo dire poteva segmentare il suo corpo in droni simili a animali-mentre le luci si accendevano e spegnevano ritmicamente. Più in là si ergeva un nightclub in stile egiziano, un club esclusivo di vampiri disinteressatisi al sangue e desiderosi di provare nuovi composti chimici dal retrogusto ferroso. Uno dei paggi di Anakaris, un faraone disilluso conservatosi, in virtù della sua fedeltà a Anubi, in condizioni vitali per secoli, li andò a riferire della superba esecuzione canora di Eliza, la stella del locale-il Bastet’s Den-per l'appunto a tema egizio. “Noi non apparteniamo a nessuna razza” disse Anakaris senza prestare ascolto “i parassiti Sehkmet sono propri, è vero, di una nuova specie umana-Homo Sapiens Hydra, perché come l’idra se veniamo rivoltati come calzini non moriamo perché i nostri organi ci escono fuori-ma io, che deposi millenni orsono la mia corona come Akhenaton, non condivido lo stesso pedigree. E oltretutto, pur se noi non siamo vampiri, ma empuse, siamo comunque suscettibili al richiamo del sangue. Le empuse erano diffuse in tutta la Grecia e anche l’Egitto, data la somiglianza tra la dea leonina Bashtet e Ecate, la madre delle empuse nei miti, che come la propria prole poteva assumere un aspetto felino. Io sono un fossile vivente. Anche gli apparentemente “normali” in realtà sono portatori di microscopici esserini meccanici, introdotti un tempo a scopo medico e adesso parte integrante della fisiologia, in special modo quella neurocerebrale, che li differenziano dagli esseri umani che conoscevo io. Io mi estinguerò” “No tu non ti estinguerai….tu appartieni alla 18° dinastia! I tuoi avi regnarono sull’Egitto! Se questo mondo mostruoso non ti soddisfa….fallo a pezzi! E ristabilisci la purezza del tuo sangue!” così Jedah, facendosi passare per Seth, il dio del Male, intimò a Anakaris mentre praticava la Merkabah, l’adorazione meditativa rituale. Fece leva sul suo essere stato un potente guerriero nel Duat, l’aldilà, con il corpo muscoloso che ora lo caratterizzava (Akhenaton era invece un efebo) per stare al passo di Ammit, il demone coccodrillo-ippopotamo delegato a divorare i peccatori e farli finire nell’Amenti, l’Inferno, con cui vegliare perché l’Amenti non si estendesse su tutto il Duat. Ora, secondo Jedah/Seth, l’Amenti era scivolato sulla Terra, sottoforma di subumani il cui corpo assomigliava a un granaio formicolante di schiavi. Eliza era appoggiata a uno degli angoli della sala del tempio, osservando preoccupata l’unico con cui fin ora era riuscita a stabilire un amicizia lunga tutta quell’eternità che li attendeva diventare un demone la cui nuova carne sembrava sul punto d’esplodere. “Questa volta il Nilo esonderà” pensò, conscia anche di dover ammortizzare la follia dell’unico uomo con cui si era potuta intendere in conversazioni vis à vis senza sentirsi un mostruoso dinosauro irrotto nell’epoca più lontana dalla sua. Lungo una delle tante cittadine succursali di Canopy, lungo un grosso canale agricolo evolutosi in un fiume con biota suo proprio, si sentiva una vecchia campana di alluminio battere urtata da un tronco sospeso a un metro da terra come un ariete da sfondamento medioevale, per dare l’allarme. Per Morrigan la vita da regina (da poco c’era stata l’incoronazione, avvenuta però in sordina per strani e sospetti incidenti ai confini e oltre il reame che preoccuparono non poco la penultima Aensland) era impegnativa come poche. Adesso si era intromessa anche questa emergenza. Erano venuti là in migrazione degli uomini alati, i quali però se ne stavano storditi a terra. Morrigan non era ancora atterrata lì, e oltretutto la toponomastica cittadina non le era stata spiegata benissimissimo. Anakaris e i suoi soldati non morti erano i responsabili di quell’emergenza, e quel luogo era un sistema catacombale. Le creature alate quasi state uccise erano raccoglitori di fiori della tribù degli anthemidi, pronipoti di quell’anthemide chiamato Crisantemo e che ai vivi segnalava la morte, dato che quell’angiosperma si nutriva di carne putrescente. Nel frattempo delle versioni più muscolose delle creature cieche, con vibrisse feline, mega orecchie e mani da aye-aye che popolano gli anfratti abissali erano scese pronte a farla pagare a chi aveva quasi rotto la testa a degli innocenti florofili. “Sta molto attento Garchak. Mi hanno detto che quelli che hanno fatto cagnara lassù erano picchetti, ma il loro capo, quello che è entrato quaggiù per primo, è una montagna di muscoli pulsanti” ma una benda-lazo afferrò la scure del primo degli uomini talpa e lo disarmò. “Fatti vedere!” disse il molto più valoroso compagno di Garchak, un certo Shokumetsu. “Quest’uomo scelto da Anubi non permetterà a questi morti di fossilizzarsi in quest’umido scantinato, melmoso, miasmatico, indegno di morti morti tanto giustamente. Verranno con me nel Duat” e i due uomini-talpa, dopo che quello chiamato Garchak recuperò la sua scure s’avventarono contro Anakaris, che era stato lui a parlare, seduto sul suo scranno, trainato da una coppia di possenti ippopotami, immagine degli dei Tuat e Bes, ma dalla terra sorsero i soldati di Anakaris che fecero muro tra lui e gli assalitori. Uno si vide saltare una gamba con un fendente di khopesh, e nell’atto di tenersi il quadricipite sanguinante venne colpito da un nekhekh, girandosi adesso reso dolorante anche al petto. L’altro spaccò il khopesh dell’altro soldato con il suo scudo, per poi rintronarlo a scudate in testa. Gli fracassò il cranio dandogli una scudata fortissima in testa dopo averlo fatto inciampare colpendogli le ginocchia piegandogliele all’indietro, facendola impattare sul pavimento, aggiungendoci la pressione del suo oplita. “GARCHAK!” strillò e si genuflesse accanto a lui. “Cerca di fermare l’emorragia in ogni modo che conosci!” disse con la testa che bruciava e la lingua che tarantolava. Anakaris diede un nuovo ordine al soldato con il khopesh ancora insanguinato, quando un pezzo di roccia lo centrò al pene, facendogli fare un giro della morte e cadere di schiena, un taglio al dentato anteriore causato dal rimbalzo del suo khopesh. “Lancio superbo Felicia!” disse Morrigan protetta dall’oscurità, complimentandosi con le abilità da Kanta il fichissimo del baseball della sua amica Felicia, venuta a darle una mano. “Signora Aensland….” Fece Anakaris basito. “Anakaris! Ti conosco solo perché Eliza, quell’enterteuse, me ne ha parlato. Ma che ti è successo? I tuoi muscoli…sono enormi! Ma perché ti sei messo a mettere a ferro e fuoco una città che non ti ha fatto niente?” “Devo rifondare il mio regno millenario. Io ero Ahkenaton, settantaquattresimo faraone di tutto l’Egitto. Mentre meditavo e pregavo nella mia Merkabah, Anubi dio dell’aldilà mi apparve. Mi disse che ero l’unico con il potere di salvare le anime di questo mondo dalle fiamme dell’Amenti da Seth. Devo raccogliere tutte le anime che posso, farle risorgere, e conquistare questa Terra! Anubi mi ha detto che questo dovrà essere il mio regno, così salverò il Duat” “Non ho la più pallida idea di questo sproloquio. Ma è meglio che per oggi io e Felicia ti fermiamo….” Ma un improvviso smottamento del terreno le sbarrò. Oltretutto Anakaris aveva creato una barriera magica con i geroglifici di una maledizione di Api su Bashtet….la dea gatta. E Felicia era pur sempre mezza gatto. E infatti mentre Morrigan scavalcò questo gruppo di stele con grossa facilità, Felicia sembrava come prigioniera di una barriera invisibile. “Felicia? Perché non salti da me?” “Qui più salto più mi scontro contro cupole…ma quassù sopra di me non c’è niente!” e Morrigan, fattasi seria, capì che doveva esserci una qualche maledizione. “E adesso come faccio….” Pensò anche piuttosto piccata. “Ehi Morry!” cinguettò Lilith facendosi l’altoparlante con le mani a coppa. “Lilith! È pericoloso! Non dovresti startene qui!” “Morry….ti presentò After Man. “ Morrigan rimase congelata da quell’automa che Lilith aveva come amico immaginario, un incrocio tra Zabogar e Jumborg che si muoveva come Wilfred quando gli parte l’esalto. “Un….robottino. Lilith cos’è quello?” “Vai After Man!” e After Man scattò facendo un calcio volante come Cuneyt Arkin in Dunyain kurtaran Adam, dirigendosi verso Felicia con fare da supereroe. “Donna-gatto! Qual è il tuo guaio?” “Strano scatolone di metallo….non-riesco-a-saltare-oltre-questo-muro!!” e After Man dimenò le braccia e s’inchinò. Missili annichilenti! E dal ginocchio destro partì un missile simile a un grosso stuzzicadenti rosso, che fece esplodere il muretto. “Oh bé….grazie” disse Felicia non sapendo come equilibrare la sua gratitudine rispetto allo stupore imbarazzato. Però la strada era libera. “Io e After Man vi staremo nelle ombre, se avrete bisogno di noi….” Nel frattempo il treno del Cirques des Cartes da Canopy attraversava un ponte ferroviario sul canale diventato fiume. “E’ in arrivo una grande novità! Assolutamente da non perdere! La nuova stella adamantinea circense! Lady Cerebella, il Diamante Grezzo del Cirques des Cartes! In un nuovo mirabolante spettacolo! È tempo di dinamo! Questo è tonno con pancetta!” e il treno arrivò in stazione. Nel frattempo Morrigan e Felicia erano sulle tracce di Anakaris, giacché Morrigan non aveva che l’urgenza di capire cosa li fosse preso. Ma dove s’era cacciato? Nel frattempo Cerebella, datasi da fare a far piovere volantini sulle rotaie, raccoglieva e ordinava quelli che erano d’avanzo. Mentre la notte aveva spinto gli altri saltimbanchi a dormire, Cerebella si guardava attorno per vedere se ci fosse qualcuno interessato a lei e a loro. In strada c’erano solo due ominidi felini con l’aria di quelli a cui non importa, e a cui Cerebella chiese indicazioni su un buon posto adatto a loro. Quelli, muti come la morte, le indicarono il Sud. Nel frattempo si erano create delle Task Forces dirette al palazzotto di un esperto sarcofagista, perché lì ovviamente pullulava di cadavere pronti a risorgere senza permesso. “E’ proprio necessario fare un pentacolo? Un quadrato magico?” “Io dico di sì” e si misero da imbianchini a tracciarlo in lungo e in largo, fino a che, a lavoro ultimato e ben accetto, non si sincerarono di avere una barriera invincibile contro ogni mostro che sarebbe venuto. Adesso tutti erano pronti a entrare per prendere quel pazzo minaccioso e linciarlo. Morrigan e Felicia avrebbero dovuto impedirlo. La folla là radunata era ormai preda della superstizione, e le croci d’oro che avevano imparato a costruire grazie a una particolarità mentale degli Astromorfi, cioè quella di esplorare il passato cerebralmente, erano state snobbate per dei semplici crocicchi di legna, credendoli più potenti contro i non morti. Per loro la religione era un fatto di tabù e scaramanzia. Nel frattempo Cerebella camminava stordita dall’aspetto così per lei poco facile da decifrare della vecchia città, avvicinandosi pericolosamente all’epicentro di quella manifestazione esplosiva. Ma che cosa davvero succedeva nella bottega del sarcofagista? Costui continuava a intarsiare bare e feretri di ogni dimensione, mentre i suoi tentacoli-simili a radici di una solanacea avvizzite-si prodigavano in mille altre mansioni. Nel frattempo Cédric Tazane, cioè quello che sarebbe diventato noto come Lord Raptor, suonava una vecchia carmagnola davanti a un pubblico di vandeani, trucidati ai tempi della battaglia di Savenay. Un tempo era una rockstar trasgressiva e autodistruttiva. I ragazzi lo amavano, le ragazze ovviamente ancora di più, i benpensanti si parlavano addosso nel condannarlo, “osceno pagliaccio di un industria che alimenta odio per il Sistema salvo poi farne parte e esserne nei ranghi”, “termometro a livello 43° del declino dell’Occidente” “aizzatore di masse adolescenziali vuote e facebookare sempre pronte a fare i ribelli, ma senza nessun appiglio alla realtà” “E’ dannoso e pleonastico; il Jhon Lennon devoto a Satana di un Sessantotto di cui nessuno aveva bisogno” finché non si suicidò insieme a 100 suoi fan fuori di testa. Ovviamente il mondo esplose. E lui finì all’Inferno: non era vero che il Fiume “mettesse tutti sullo stesso piano”. Qui, penando con le torture della lava e tutto il resto, riuscì a poco a poco a venire a capo della vita da lui avuta, abbandonando la sua vita dissoluta….sebbene questa riaffiorasse pericolosamente se perdeva il dominio su sé stesso. In quel momento il suo aspetto da zombie punk rockettaro da copertina degli Iron Maiden aveva lasciato il posto all’apparire di un quasi quarantenne emanciato e derelitto, che accarezzava una vecchia tiorba cantando con pazienza e avvedutezza. Dopo la prima esibizione della serata, il nostro si trovò Cerebella ai piedi, capitombolata giù dalle scale. “Tutto bene signorina? Si è fatta male?” “No, no, mi hanno spinta dei tizi che correvano a perdifiato verso non so dove. Ma le ossa stanno bene. Sono una saltimbanco venuta a nome del suo circo per promuovere lo spettacolo. Mi chiamo Cerebella. Lei è…..” “Cédric Tazane, il trovatore. Mi conviene tornare in camerino per rinfrescarmi un attimo….” E la congedò un momento. Lei cercò, aiutata da Vice Versa, di rimettersi in piedi, accusando un attacco di labirintite. Mentre Cédric si preparava, si osservò per un attimo allo specchio, e ebbe un momento di alienità da sé stesso. Non riusciva a capire chi fosse l’uomo che era. Nel vetro c’era or ora il riflesso del mostro che odiava essere stato. Comunque un ultima carmagnola doveva essere cantata. Il vecchio sarcofagista lo osservava soddisfatto, essendone diventato il mentore, ma un gruppo di compaesani inviperiti improvvisamente apparve. E angosciò parecchio Cédric, che cercò di non farsi cogliere dal panico rimanendo fermo sul suo sgabello. “Tu morto che vive! La finirai di terrorizzarci!” e tutti cercarono di attaccarlo, ma ben tre “terzi incomodi” (quindi 3+3+3=9 incomodi?) intervennero sulla folla: Morrigan e Felicia nel tentativo di sedarla…..e Anakaris con ben altre intenzioni. “Per favore fermatevi! Il colpevole non è nessuna di queste persone! E ve lo potremmo dimostrare!” ma ambedue vennero trascinate via mentre si sguainavano pistole e lanciafiamme. L’ex faraone invece avvolse nelle sue bende Cédric, caricandoselo sulle spalle, imbozzolato come una farfalla pubescente. “Salverò dal Duat ogni anima che riuscirò a raccogliere!” disse mentre i suoi soldati si alzavano dalla terra. Nel frattempo altri soldati erano stati sguinzagliati alla ricerca di altre anime come Cédric, ma dovettero scontrarsi con Cerebella, dopo aver cercato di portarla nel Duat senza il suo consenso. Dopo aver spaccato la schiena a un uno, e fatto un buco nel muro con un altro, cercò di uscire da quel luogo, mentre Tazane, fattosi possedere dallo spirito del suo vecchio sé, combatteva selvaggiamente contro Anakaris. E Morrigan e Felicia dovettero mettersi a combattere quelli che, in teoria, avrebbero dovuto aiutare. Finalmente riuscirono a attraversare la folla, ma avevano perso troppo tempo e i due che si erano ripromesse di aiutare erano già andati via. E Cerebella le stava per precipitare addosso. “Oh cielo! Lo sapevo che questa sarebbe stata una giornata da ricordo, ma troppe cose tutte insieme!” disse Felicia mentre cercava di far risollevare Cerebella. “Chi sei?” chiese Morrigan mentre rimbrottava uno degli “esorcisti” tenendone la testa sotto l’ascella destra, sgridandolo come si farebbe in una comica di Stanlio e Ollio. “Sono Cerebella, un acrobata, anzi, L’acrobata del Cirques des Cartes, appena giunto in città per il più grande spettacolo della Terra. Volevo fare un po’ di pubblicità, ma sono finita in queste incresciosità” “Non rattristartene” disse Felicia “cerchiamo una mummia e uno zombie per impedire che si ammazzino tra di loro, grosso modo. E non le abbiamo più sott’occhio. Morrigan, quell’Anakaris vuole portare tutti nel Duat….cosa significa? Ne parla così bene, deve essere il Paradiso per lui. Non riesco a capire perché se vuole portare tutti in Paradiso, deva ammazzare della gente, manipolare delle anime dei morti, cose che, lo ammetterai, cozzano con la missione che si è dato” “A meno che qualcuno non l’abbia trasformato in un fondamentalista. Jedah..” ma quest’illuminazione era inutile, se sia Anakaris che Raptor erano irreperibili. In realtà erano nel cimitero grande, Anakaris usando le sue bende, Raptor colpendo con la sua Stratocaster demoniaca capace di trasformarsi in una motosega. Quando le bende, contro l’arma di Raptor si rivelarono inutili, Anakaris passò all’artiglieria pesante, evocando quattro colossali statue di Anubi, Horus, Thot e Osiride, che presero vita per catturare Raptor. “Perché continui a combattermi? Io voglio aiutarti! Purificare la tua anima! Salvarti dalle fiamme dell’Amenti!” “Vuoi dire l’Inferno? Io l’ho già visto! Ci sono passato attraverso! No col cavolo che ci torno!” “Non l’Amenti! Il Duat! Il Paradiso!” “Io non potrò mai andare in Paradiso! Ho avuto una vita troppo pessima per poterlo fare. Io devo continuare a purificare il mio karma! Lasciami in pace!” “No. Lascialo in pace Ahkenathon. Ferma immediatamente quei quattro giganti, avete già distrutto tutto il cimitero. Dovresti saperlo meglio di me che così ti attirerai solo l’ira senza fine dei morti che sei tanto ossessionato a voler salvare. Ma quale Seth….innanzitutto, perché nel Merkabath ti sei lasciato possedere e guidare da Seth? Dovresti saperlo meglio di me che Seth è il male. Amon è Bene, e tu, Ahkenathon, un faraone, un re-sacerdote, un re-Dio, non potevi non saperlo. Persino per il tuo culto del Disco Solare, che è Amon, ti sarai pur dovuto ripassare la mitologia patria. Persino i semiti del tuo ottavo successore prima di riscrivere i loro testi sacri li leggevano dalla prima all’ultima lettera. Perché ti sei fatto abbindolare così scioccamente? E poi nessun faraone può sostituire Osiride nel suo giudizio. Nessun faraone può decidere quale anima salvare e quale condannare. Ascoltami: quello che ti ha parlato era un demone che sicuramente era un incarnazione di Apopis. Io conosco Apopis, ho rischiato di essere divorata da lui. Vuole detronizzare Osiride, e portare Seth, suo padrone, al suo posto come signore del Duat. Se ti fidi di lui è finita: è assetato di distruzione e il prossimo obbiettivo sarà qui!” Eliza era nel frattempo arrivata, e Morrigan e Felicia altrettanto (Cerebella era tornata alla stazione). Era in piedi su un gigantesco totem-obelisco con il coccodrillo di Sobek, alla base per assicurare solidità, la pantera di Bashtet e lo sciacallo di Anubis, l’ibis di Thot e infine lo sparviero di Horus, sulla cui testa c’era Eliza, munita di una falce, manipolata dal suo parassita, Sehkmeth. “Eliza….vorrei crederti, ma era Seth. Mi ha parlato, mi ha dato consiglio….e poi ammettilo: questa creatura ha chiaramente bisogno di essere salvata, e se non la salverò io, che ho il potere, Ammut lo divorerà senza fine!” Eliza, insieme a Albus e Horace, cioè i simulacra di Anubis e Horus sue guardie del corpo, scese per sentire la versione di Raptor. “Creatura non morta, raccontami quello che ti è successo, i peccati che hai commesso, e vedrò se potrò intercedere per Osiride per te” e si concentrò cercando gli dei per trovare Osiride e appellarsi a lui. “Io ero un musicista, un rockettaro trasgressivo e ribelle, amato dai giovani ma considerato un pessimo modello dagli adulti rompicoglioni, dalle mamme preoccupatissime….””Se sei una persona stimata che siede nel Consiglio del tuo Signore, sofferma il tuo cuore su ciò che è bene. Parola di Phahhotep il saggio. Facevano bene a contestarti. Colui che perverte le vie dei giovani è destinato a subirne la maturità” “Fammi finire! E poi se tu vuoi buttarmi all’Inferno, ti assicuro che ci sono già passato e no, un nuovo giro sulla giostra non lo faccio mamma!” e cercò di combatterla, ma Eliza, fondendosi con Sehkmeth, con dei giganteschi geroglifici di sangue e ossa lo respinse. “Impara a parlare correttamente e a rispettarmi. E impara a rispettare gli Dei. Non hai finito di parlare, continua! Non posso giudicarti con così poche informazioni…..oppure vuoi che Thot verbalizzi quello che hai detto fin qui e chiamo Ammet per dir lei di tirar fuori cucchiai e coltelli?” “Va bene! Va bene! Me ne starò qui nel mio angolino in castigo!” “Nonostante continui a offendermi con la tua irriverenza, mi rimangio lo squillo a Ammet e a Thot” “Okay. Vuoi che continui? In un mio concerto mi diedi fuoco con 500….100 fan dei miei o giù di lì. E finii all’Inferno, e lì Satana mi torturò per un po’, finché con la mia musica non riuscii a convincerlo a lasciarmi in pace. Potevo continuare per l’eternità a ripulirmi l’anima. Infine finii di nuovo in questa valle di lacrime, come un non-morto a cui le budella cadevano dagli occhi. E capii che Satana me l’aveva messo in quella zona. Perché stavo pagando adesso quello che prima mi era stato detratto. Così continuai a uccidere chiunque scegliesse di dannarsi l’anima ascoltando la mia musica. Però in me rimaneva la parte dispiaciutasi, che finii con l’espletare finendo con l’assumere il mio aspetto che avevo in vita: quello di un ragazzo ingannato dalla fama” “Thot ti sta valutando. Il cuore di Maat è ancora piuttosto pesantuccio ma…..oh! hai protetto e aiutato una ragazza mentre ti preparavi a un tuo concerto. Si chiama Cerebella, e l’hai difesa da delle creature intenzionate a farle del male. Il cuore di Maat si sta alzando….ma che cosa sta succedendo? Non sento più né Osiride né Thot. Ma che cosa sta succedendo?” e all’improvviso Albus e Horace scattarono, trasformandosi per opporsi a qualcosa di sconosciuto. Era Jedah, in piedi su una delle statue comandate da Anakaris, venuto a turbare il Giudizio. Entrambi furono rapidamente allontanati, e cercò di colpire Eliza, prima però distraendo Anakaris colpendo i colossi e facendoli crollare uno a uno, ottenendo così una pioggia diversiva di macerie. Ma fu Raptor/Tazane a frapporsi tra lui e lei, in una forma ibrida tra “demone-zombie-punkabbestia” e ragazzino impaurito che si è fatto trascinare da tutto ciò da cui voleva stare il più lontano possibile. “Stalle lontano!” e si mise a combattere. Morrigan, rimasta di sasso fino a lì, lentamente s’avvicinò a Eliza, cercando di capire meglio chi fosse. Dopotutto nessuno le aveva ancora spiegato chi fosse, era legittimo. “Io sono Eliza, principessa d’Egitto…..” ma dovette rispondere a Anakaris, intrappolandolo al collo con una specie di alabarda con la lama a forma di mezzaluna con le punte rivolte verso l’alto. Era un immobilizzazione piuttosto semplice ma contro Anakaris poco efficace. Ciononostante a tenerlo a terra fu Cédric, che nel mentre si agitava e sbuffava dandosi botte da solo per permettere a Osiride di avere la sua anima. Nel mentre Eliza stava procedendo a recitare un mantra perché la sua anima venisse purificata. C’è l’aveva quasi fatta, quando fu Jedah stesso a apparire, e Morrigan dovette proteggerla per lasciarla continuare. Ma venne buttata da parte da Cedric, il quale voleva regolare una volta e per sempre i conti con quello che era stato. Lasciò che Jedah lo colpisse in pieno, e così facendo, con quell’atto di coraggio, riuscì a purificare due anime: la sua, e quella dell’antico Akhenathon. Il quale se ne rimase lì, in mezzo al camposanto sconvolto, magro e debole, ma infinitamente più umano, dell’antico demonio che prima era stato. Insoddisfatto della cosa, Jedah intendeva scatenare i suoi servi su tutto il mondo, ma essi erano troppo deboli e il suo potere insufficiente. Era un parassita che poteva usare solo l’energia degli altri, mentre la propria si dissipava così velocemente da essere solo il fumo di una candela mai accesa. Ozomu adesso era un arredo nella residenza dei suoi nemici, cui Morrigan aveva trasmesso tutto il suo sapere. Di lì a poco sarebbe nato un essere incapace di governare il regno delle tenebre, cosa che gli repelleva. E al tempo stesso non aveva nessuno su cui contare. C’era a dire il vero la leggenda di una creatura di fuoco, Pyron, che era però andata distrutta millenni orsono e mai più resa possibile da resuscitare. Se c’era qualcosa che era però in suo potere, era distruggerla. . Nel villaggio di contadini sotto il suo castello fece spargere una lebbra, Poi fece sì che i canali usati per l’agricoltura strabordassero e che ogni appezzamento di terra venisse deglutito dall’humus sempre più edematico in una palude in cui cresceva solo del riso di qualità pessima, buono da gettare ai matrimoni ma immangiabile. Si cominciava a soffrire la fame. Gli Aensland furono i più impegnati in questa difficile lotta. Nel mentre Morrigan era però impegnata a badare a altre forme d’inquinamento. Sotto questo aspetto Jedah aveva del potere effettivo tra le grinfie. L’ambiente acquatico, per esempio, era stato attaccato in un momento di naturale deterioramento. La succube, insieme al suo amato monaco Donovan e la piccola Anita, un Astromorfa che aveva scelto il corpo di una bambina elfica, cercavano d’aiutare Rikuo, signorotto di una comunità di creature acquatiche in crisi per colpa di un rivolgimento nell’habitat planctonico della loro zona, nell’ ex Golfo di Salina Cruz, in cui Jedah era intervenuto con suoi minuscoli esserini parassitari, che avevano reso le alghe e najadalee affette. Rivestite da corazze di corallo e madreperla, Morrigan, Zeruki e Lazyr stavano potando le infiorescenze malate raccogliendole in un apposito cestino, affinché venissero poi bruciate al riparo dal mare. Era un lavoro lento, quasi ipnotico, in grado a poco a poco di farti perdere la coscienza di sé e lasciarti andare beatamente a uno stato di trance e d’incoscienza. Ciononostante il mondo ricoperto dalle acque riservava numerose minacce e in mezzo a quei campi gli strani invasori potevano camuffarsi molto facilmente finendo con il far sacrificare piante all’opposto assolutamente sane. L’acqua sopra di loro era piena di creature bizzarre e non di rado anche minacciose a vedersi: trichechi con le zanne piegate ad angolature ognuna diversa dall’altra per fare meno fatica nell’operazione di aprire i molluschi, pinguini grandi come balene che “volavano” nell’acqua come mante, enormi vermi coperti da lunghe ciocche di peli che agitavano ossessivamente mentre strisciavano da una colonia di spugne calcaree, strane creature simili a squali con un gigantesco naso pendente come i bargigli di un tacchino ruspante, enormi cefalopodi che si muovevano come sufi andando a caccia di prede, e infine un enorme cannocchia emerse dalla terra cercando di attaccare Morrigan. Lei riuscì a tenere per un po’ testa alla creatura, ma quando con una delle sue zampe le ruppe l’elmo con funzione di aiuto nella respirazione subacquea la succube, nonostante l’intervento della sorellina Lilith, rischiò seriamente di morire. Venne però tratta in salvo dalle reti a strascico di un sottomarino ricognitore appartenente a una flotta con come simbolo un ombrello nero. “Capitano, raccogliendo eventuali organismi parassitari agenti sul fondale abbiamo finito con il raccogliere questa creatura” la donna che comandava a bordo di quel vascello, una giovane fanciulla con dei lunghi capelli rossi, vestita con una divisa di alto grado militare piena di medaglie raffiguranti quell’ombrello nero aperto, si avvicino alla zona di decontaminazione in cui Morrigan giaceva reduce da un parziale annegamento. “Grazie soldato. In quanto futura regina di Canopy ho continue responsabilità anche verso creature come quelle che vivono sfruttando gli ambienti artificiali. È in questa stanza?” e dopo che le venne data conferma affermativa, la donna, un Elfa, poté guardare Morrigan faccia a faccia. “Tu sei una di quelle creature volanti….mia madre mi ha raccontato un sacco di cose su di voi, di come i nostri antenati-di cui io e tu siamo discendenti-vi chiamassero Gli inseguitori delle tenebre. Io mi chiamo Parasoul. Appena rientreremo a Canopy, la nostra città centrale, ti descriverò la vostra e la nostra storia….” Il “Museo” era un palazzo enorme, con voluttuose decorazioni d’oro e uvarovite, in cui era contenuta tutta l’antica storia delle specie umane antecedenti. “E se i mostri dei miti e delle leggende folkloristiche umane fossero i discendenti della razza umana che ne raccontò le saghe? Tu, per esempio, corrispondi all’antica descrizione del succubo, un demone dall’aspetto femminile che si nutre dei brutti sogni. Qui puoi vedere degli esemplari di esseri umani volanti provenienti da ogni angolo del mondo che illustrano come, artificialmente o naturalmente, si sia giunti a cotanto risultato. Dei succubi la mia famiglia, i Renoir, li ha conosciuti tramite Deep Violet, la supereroina che difende questa città di notte. Esistono poi creature simili a gatti antropomorfi, alcuni più selvaggi e brutali, altri più civilizzati come Nadia Fortune, una misteriosa gattina ladra il cui corpo, anche se ridotto in brandelli, è comunque ancora in vita grazie a una pietra magica. Esistono delle creature simili senza il bisogno di strani gioielli, alcuni simili a normali esseri umani con molte braccia e gambe, altri simili a enormi calamari su 4 gambe disposte come un treppiedi. Sono mostruosi a vedersi ma sono creature gentili e socievoli. Poi ci sono esseri metà uomini metà macchine, che nell’antica mitologia cinese si chiamavano Xiang-shi o una cosa del genere…inutile dirti che il nostro mondo è pieno di creature di questo tipo….ormai noi “elfi” siamo gli unici che assomigliano almeno in parte all’antica razza umana! E poi…” “Sei debole e inutile. Non ce la farai mai” Jedah era riverso a terra, ormai esausto dall’atto stesso di vivere. “Non sono debole Ragazza-Teschio. “Ma la fonte del mio potere si è spenta” “alludi a quella specie di bambino deforme con la calotta cranica non totalmente sviluppata?” “Come lo sai?” “Quella creatura passa molto tempo con quel Victor….un tempo uno zombie artificiale, adesso un androide al 100% che vive in una zona ancora selvaggia di questo mondo. Non è più il prossimo Signore del Mondo eh?” “Non insultarmi” “Nessuno lo sta facendo, Jedah. Puoi però prenderti la rivincita. Possiamo indire un torneo per il possesso di questa” e la Ragazza-Teschio, Anne-Marie, mostrò a Jedah lo Skullheart, il Cuore-Teschio. “Questo artefatto magico t’interessa? È per colpa sua che soffrirò in eterno. Qualche malalingua sostiene che io me la sia cercata….io so solo che le tre Dee, Venus, Aeon e Madre, l’hanno forgiato per non si sa quali oscuri scopi personali. Come mai degli Dei, degli Immortali come loro trovino piacere nell’ossessionare delle creature tanto insignificanti…l’hanno fatto perché ogni sette anni delle donne se lo combattessero, in modo che la vincitrice abbia il privilegio di poter esprimere un desiderio. Ma se il cuore della vincitrice non è puro…verrà trasformata in quello che sono adesso” “Descrivimelo meglio” “Non c’è mai stato un modo esatto di descrivere la Skullgirl. Sentirai di me che sono una tempesta pallida e adorabile, uno splendido incubo, sebbene io non sia né adorabile né splendida! Io sono questo!” e “entusiasmò” Jedah mostrando in cosa davvero si trasformava una Skullgirl: una donna adulta, con lunghe corna flessuose nere, seni enormi, la metà inferiore del corpo amorfa e ameboide, con una strana creatura serpentiforme e strisciante che vi si spostava sguazzandovi dentro. “E’ colpa delle due Dee Venus e Aeon!” “E’ sempre colpa nostra! Che noia!” disse Venus, mentre continuava a esaminarsi il corpo, il contenitore del parassita Ab-baddon, in grado di modificarne l’aspetto in base al proprio desiderio. “Quasi mi pento di aver creato insieme a te quell’oggetto magico” disse l’altra Dea, Aeon, sorseggiando della linfa di canapa bollita. “Un autentico schifo. Gli esseri umani non sono cambiati in nulla in milioni di anni!” e poggiò la tazzina su un tavolino di banano, stravolto dall’azione devastatrice delle termiti. “Cos’è che hanno pensato adesso?” “Un'altra manifestazione in modo che la gente si picchi per quel coso!” disse Venus, orfana della tv e delle repliche di Elfen Lied. “Questa volta c’è di mezzo un certo Jedah….mi hanno detto essere un demone fortissimo…..in realtà è solo un tizio che insegnava alla gente a non essere fedeli in amore…..una certa Morrigan, cresciuta invece in un altro modo (infatti ha un solo fidanzato, Donovan, e lo tratta benissimo) se l’è presa con lui….lui se l’è legata al dito…..fa finta di avere in mano un potere immenso….in realtà è solo uno stupido!” “Come se la stanno cavando le pretendenti?” “Morrigan vuole regolare da sola i conti con lui. Parasoul la principessina dei Renoir è disposta a tutto pur di averlo per vendicare sua madre (come se sua madre fosse morta per colpa nostra; il suo desiderio era punibile perché voleva la pace imposta con la violenza, e anche l’uccisione di suo marito). Il richiamo ha agito solo su di loro, finora. Ma è evidente che né Anne-Marie né quel Jedah sanno minimamente come si fa. Durante l’ultima Grande Guerra avevamo liberato quell’holyhalcon perché una pura di cuore riuscisse a porre fine all’inutile parapiglia. Ma Nancy Renoir-e non me ne voglia sua figlia-era un invasata e virumicida. Quindi buoni propositi per carità, ma la strada dell’Inferno è piena di buoni propositi. Lo farò tornare solo se sarò convinta che ne varrà davvero la pena” Il racconto dell’antenata. intermezzo “Allora? Il Vaso?” Stava ultimando il suo robot, chiamato da tutti “il vaso” perché assomigliava ad un otre, quando l’ingegnere capo, Simone Acitelac, lo venne a visitare come Mastro Ciliegia andò a visitare Mastro Geppetto mentre lavorava a Pinocchio. “Come vede è quasi finito. E comunque da oggi stesso potrà chiamarlo Sakronos. E non è un vaso” “No?” “No, o meglio non è un vaso sia dentro che fuori. Dentro cela quello che io chiamo L’uomo portaerei!” “E che supereroe è?” “E’ molto più di un supereroe. Si ricorda cosa diceva David Carradine in Kill Bill? L'Uomo Ragno è di fatto Peter Parker. Quando quel personaggio si sveglia al mattino è Peter Parker. Deve mettersi un costume per diventare l'Uomo Ragno. Superman non diventa Superman. Superman è nato Superman. Quello che indossa come Clark Kent, gli occhiali, il vestito da lavoro, quello è il suo costume. E quali sono le caratteristiche di Clark Kent? È debole, non crede in se stesso ed è un vigliacco. Clark Kent è come Superman ci vede: Clark Kent rappresenta la critica di Superman alla razza umana". Sakronos non è, poniamo, Thomas Tabouret, cioè me, ma Thomas Tabouret è il supercostume che Sakronos indosserebbe per vivere con noi umani. E il suo superpotere, così come la sua storia, non sono così ridicole come tu credi. Tutto cominciò quando, guidando in autostrada, m’imbattei in un incidente stradale. Anche infrangendo le regole circa il sorpasso fermai la mia auto disghimbescio alla mezzeria e andai nel punto più largo delle 2 carcasse collise e ancora brucianti per l’ebollizione dell’olio dei freni e della marmitta e misi dentro metà del mio corpo per tirare fuori eventuali corpi. Uno, di una Ferrari, era completamente andato. La sua faccia era nello stato più orribile che tu possa immaginare, ma siccome vomitare addosso ad un cadavere non è socialmente commendevole, trattenni e lo deposi sull’altro lato della carreggiata, nell’erba. Poi accorsi a tirare fuori l’altro corpo. Ma nell’altra auto, un SUV grigio marciapiede, non c’era nessuno. Com’era possibile una cosa del genere? Io esclusi un uscita all’ultimo momento, ma questo perché non avevo la benchè minima cultura in necrologia investigativa e non sarei riuscito a valutare a cuor sereno lo stato delle portiere, delle maniglie delle suddette, della cintura di sicurezza, della sua asola. Comunque telefonai alla polizia, ma appena dopo averle detto delle 2 carcasse in autostrada, alzando gli occhi vidi che sul cadavere disteso nell’erba sorgeva uno strano cilindro che brillava come alimentato da una lampadina ad elevatissima corrente interna. Deposi la telefonata e rimasi, trincerato dietro la mia auto, ad osservarlo. Improvvisamente, ma in modo lievemente percettibile, il cilindro prese a muoversi. In realtà è difficile dire che quella “cosa” si stesse “muovendo” in un qualche modo esprimibile con parametri e lemmi immediatamente comprensibili da parte sua e mia. Non so se così riesco a rendere adeguatamente l’idea…presupponga che un essere vivente, muovendosi, agisca come un bastone immerso nell’acqua che traccia un onda. Quest’onda è denunciata, all’occhio, da un immaginifico modificarsi, ammorbidirsi e auto manipolarsi, come creta, dell’aria, dello stesso oggetto dello sguardo. Non solo dell’aria…proprio dell’immagine stessa, come in una delle alterazioni fotografiche di Photoshop. Presupponga che quell’essere fosse spanciato contro un elastico della capacità di uno sciacquone teso tra 2 piloni a Est e Ovest del cadavere, chiaro? E dall’essere spunta una “proboscide” immaginaria, una qualche protasi lunga e non troppo formosa che lo renda possibile da trascinare. Avanzando oppone resistenza all’elastico, come la opporrebbe a me se decidessi di prendere a pugni una rete da ping pong. Ma il cilindro non ha nulla che li si opponga, non ha nulla sulla sua marmorea superficie che ingombri, che si erga. Ma l’effetto ottico, te l’assicuro! È lo stesso. Comunque appena intravidi l’essere ipotizzare quel cammino lento e strusciato verso di me, fuggii. Me ne tornai sui miei passi ma all’improvviso l’essere ricomparve. M’investì con la sua luce e io temetti di essere morto. Ma in realtà la creatura era benigna. “Non temermi, io sono Azrael, uno Zildrohar. Grazie per aver reso onore al mio ultimo rifugio carnale, dopo che riuscii appena in tempo a consunstantarmi in esso, quello che hai rinvenuto e deposto oltre il gard-rail. Ti donerò Sakronos, figlio del potente popolo degli Zogranon, i “tanti-in-uno-e-i-uno-in-tanti”. E mi lasciò uno strano feto simile ad un piccolo dinosauro con il volto di un affetto da una deformazione alla testa che gliela allungava a ellisse, questa umana, con la pelle blu. Io lì per lì non sapevo assolutamente cosa farmene. Ma comunque lo tenni. Lo misi in una cassetta del fruttivendolo con un panno a fare da materasso e me ne andai a letto. Il giorno dopo assistetti ad uno spettacolo incredibile. L’essere era stato sezionato come le mogli di Barbablù, ma anziché essere morto, e soprattutto tagliato come sul bancone ghiacciato del macellaio, era come un Cootie dissasemblato ma ancora assemblabile. E ogni suo pezzo del corpo era diventato un essere vivente autonomo che aveva colonizzato un pezzo della mia cucina. Sul tavolo la coda era diventata un sessile simile alla penna di mare, ma con solo il calamo, le gambe un'altra coppia di sessili simili a polipi del corallo rosso, le braccia delle creature striscianti simili a oloturie, il corpo in un cetriolo di mare ananas neocaledoniano, la testa in un calamaro gioiello capovolto. Tutti si stavano nutrendo di ciò che trovavano. I tentacoli dell’osso sacro della coda stavano perorando il legno del tavolo, succhiandone poi la legnina. Le gambe stavano facendo la stessa cosa, ma con la parte d’acciaio del lavello, le braccia, che sembravano così lente, in realtà erano velocemente converse su dei topi che io non avevo mai saputo di avere in casa, aggredendoli fin dentro le loro tane nell’intercapedine dei muri, il tronco si era spinto, anche lui sorprendentemente veloce, fuori dalla porta sfondandola come uno dei veicoli radiocomandati di Jayce il cavaliere dello spazio della Mattel, tornando con uno scoiattolo tra le mandibole, mentre la testa aveva fatto omicidio del mio merlo indiano domestico. Davanti a quello show mi sopravvenne il bisogno di riempire all’orlo la mia vasca da bagno, immergerci la testa come nella tortura del Waterboarding e farla uscire subito dopo per riprendermi, ma mi diressi invece nel mio templio nerd. Guardando tutti quei fumetti di supereroi e tutta quella chincaglieria tecnologia, mi venne l’idea di fare questo” “Interessante. Lei-mi ricordo male-per quale compagnia lavora?” “Apple©. In realtà mi interesso di tanta tecnologia. Guardando quell’essere scomponibile e ricomponibile come i 6 robot G-R, Urano, Timidezza, Sole, Edipo, Rubens, Terra di God Mars, capii che avrei potuto creare un angelo. Studiai gli organismi sessili, i trapani e i cefalopodi per la coda, le macchine automi costruibili di Von Neumann, i sistemi meccanici di scavo, i picnogonidi e i circoli polari per le gambe, i treni, i criptosiringidi, gli strumenti umani di attacco e perorazione e perforazione come l’ariete e la palla demolitrice, l’anatomia manuale, i concorde per le braccia, la levitazione magnetica, l’anatomia orale, i felini per il tronco, i cefalopodi, gli elicotteri e i film di Godzilla e La guerra dei mondi di Wells per la testa. Questo che vedi è l’incubatrice di Sakronos. Ogni ora cercherà del metallo per accrescere se stessa fino alle dimensioni di Sakronos adulto “E quali [glub] sarebbero le sue dimensioni complete?” “14 metri di altezza e 16 di lunghezza” e comincerà…” “Adesso” e il Vaso prese vita, sbranando il tavolo operatorio, simile a un catafalco, sotto gli occhi allibiti di Acitelac. “Ci conviene scappare! Ma è sicuro che la creatura agirà per il bene?” “Azrael mi ha detto che era la reincarnazione di un ancestrale guerriero cosmico” Nel frattempo il pulcino cresceva nell’uovo, mentre, rotolando ad un palmo dal suolo grazie a dei potenti reattori, correva verso Avenue George V. lungo il tragitto fece in tempo a mangiare una schiera, un bidone del vetro, una rete, un imbuto plurimo utilizzato nella demolizione per portare a terra le macerie in sicurezza, una serie di strutture di metallo, dei vecchi cavi in alluminio, un vecchio lavabo, un pallone, una porta di una cabina di uno stabilimento balneare, un barattolo di vernice pieno di malta, una busta di plastica, una turbina dell’aria condizionata, le putrelle di una barriera in cemento armato, un carrello della spesa, una bottiglia di plastica. Raggiunse alla fine la desiderata e predestinata mole di 14 metri, 28 decimetri, 56 centimetri, 112 millimetri, venne avvistato piazzarsi proprio davanti al Crazy Horse, destando i sentimenti dei passanti. Nel mentre Acitelac e Tabouret viaggiavano lungo la D910, con il primo che bombardava il guidatore di domande ansiogene. “Più insisti e più mi distrai! Quelli del Futuroscope per cui mi sono stipendiato sapranno meglio di me cos’ho fatto davvero. È vero che le mie spiegazioni sono state esaurienti, ma non sufficientemente. Io…io è come se avessi fatto il lavoro di qualcun altro. Quello non era un terrestre. Nessuna creatura terrestre è pura geometria poliedrica. Proclo sosteneva che gli esseri viventi fossero poliedri compositi come l’ipercubo, ma la geometria animale è nascosta come in un gioco della settimana enigmistica. “ “In realtà la discussione è molto più complessa, Dottor Tabouret” disse tranquillo il professor Quirtaine. “Certamente Proclo ha sostenuto che la vita è geometrica, mentre Pitagora che l’Essere è numero. Il triangolo isoscele, la cui area è 180° cioè un angolo piano, è il simbolo della visione pitagorica del mondo. Questo triangolo è poi legato al 10, il numero perfetto. infatti Pitagora elaborò, utilizzando i sassi usati allora per i conti fatti, i Kalkolos, che mano a mano che si passava dall’1 al 10, i sassi, disposti in fila, originavano un triangolo isoscele, cioè con i cateti della stessa lunghezza. Aristotele sostenne che l’Accademia dovesse fondarsi sulla geometria. Il grande scultore Michelangelo Buonarroti stimò che un corpo umano in posizione verticale fosse 5 volte la sua testa, o corpo=testa5. Questi studi furono poi continuati da Leonardo Da Vinci in numerosi Codici. Isaac Newton, che formulò le leggi della gravità, sostenne che lo stesso Dio avesse concepito il mondo nella matematica, riprendendo quanto sostenuto da Senofane, per cui Dio è un poliedro di 720°, cioè una sfera. Agli albori dell’informatica i computer generavano immagini poliedriche composite, in realtà “discese” dalle ricerche sull’inconscio geometrismo/poliedrismo dell’arte tribale africana di artisti non a caso chiamati cubisti per il ricorso al poliedro cubo, come Picasso e Archipenko, e futuristi propugnatori della meccanizzazione e robotizzazione del corpo come Depero e Rubino con il suo Quadratino. Nel 1982 Giuseppe Laganà realizzò, servendosi di meccaniche digitali scompositive poliedriche Pixnocchio, omaggio 3d al Pinocchio di Carlo Collodi nato Lorenzini per il centenario del romanzo. Questi principi erano propri di tutta l’animazione 3d degli anni Ottanta, influenzata dall’estetica a 8-bit dei videogiochi. Money for nothing è il nome di un videoclip dei Dire Straits realizzato da Steve Barron (regista anche del videoclip di Take on me degli A-ha) dell’omonima canzone contenuta in Brothers in arms. È uno degli esempi più lampanti di questa geometrizzazione dell’essere vivente per strumentalizzazione digitale. Con l’evolversi della tecnologia l’animazione digitale introduce moduli sferici (in The adventures of Andrè and Wally B di Alvy Smith e Tin Toy di Jhon Lasseter) e poi riproduzione di vegetali (Panspermia di Karl Sims), animali e umani (Final Fantasy:the spirit within di Hironobu Sakaguchi, Serial Experiment:Lain di Chiaki Konaka, Ghost in the shell di Mamoru Oshii), movimenti realistici (Chromosaurus di Carl Rosendhal) o cartooneschi, prima di allora ritenuti ottenibili solo su carta (Beyond the mind’s eye di Jan Hammer e una modificazione di una scena di M il mostro di Dusseldorf di Fritz Lang per MTV di Anwyn Beier). Nella fantascienza l’alieno poliedrico è poco diffuso. Posso citarvi Flatlandia di Edwin Abbott, ambientato in un mondo di poligoni (Flatlandia) e di poliedri (Spacelandia), Il mistero delle Forme di Jean Rosny ainè, dove abbiamo gli Xipehuz, extraterrestri poliedrici, Camminavano come noi di Clifford Simak, dove abbiamo alieni sferici. La sua creatura poteva anche essere un extraterrestre a base di silicio, anziché di carbonio. Come il verme della sabbia di Un odissea marziana di Stanley Weimbaum, e i cristalli di La meteora infernale di Jhon Sherwood. Questo spiegherebbe il suo aspetto cilindrico. Senza considerare le creature digitali, come il Gioco della vita di Jhon Conway, i Digimon di Akiyoshi Hongo, le creature avatar di Oz di Summer wars di Mamoru Hosoda. La creatura incontrata dal professor Tabouret era un extraterrestre, uno Azrael dal pianeta Zildrohar. Non abbiamo ottenuto nessun informazione valida né su di lui né su ciò che le ha consegnato, né su ciò che lei ha costruito. Ma ciò che sappiamo con sicurezza è che quella creatura l’ha resa, nel breve periodo della costruzione del “vaso”, come il dottor Acitelac l’ha descritto, di un intelligenza superiore a quella dei più avanzati computer. Infatti la polizia, dandogli la caccia, ha scoperto che i suoi meccanismi, i suoi circuiti, il suo progetto, erano completamente avulsi da tutto ciò che io sia mai riuscito a comprendere. Erano aggeggi che, pur costruiti con materiali e utensili terrestri, non rispondevano alla logica di nessuna cultura umana che si sia mai distinta nell’elettronica. Qui potete vedere i geroglifici pervenutici circa il funzionamento: “Sono scarabocchi. Null’altro che scarabocchi!” “Eppure hanno un senso! Rappresentano istruzioni, istruzioni per macchine il cui funzionamento, o addirittura la sola esistenza, sono a noi inimmaginabili!” “E ora cosa facciamo?” “Diciamo che bisogna monitorare l’incredibile macchina spaziale che venne sulla Terra!” nel frattempo l’uovo era davanti al Crazy horse, mentre uno degli uomini che ci lavorava passava casualmente di là. “Direttore, sig Bernardin, è arrivato questo” “Cos’è?” “Non lo so. Sembra un vaso, ma non riesco a metterlo dritto. Cade sempre da una parte dondolando come un ercolino sempreinpiedi” “Non lo so. Mettilo tra gli oggetti di scena, se ne occuperanno gli scenografi” il vaso era nel buio, aspettando che qualcuno si facesse vivo. All’improvviso baluginò elettrico un solco, una cicatrice sul dorso della struttura, e lentamente s’aprì. Ne uscì l’umanoide visto da Tabouret, ora passato da feto a campione digievoluto. Muovendosi claudicante, riusciva però a distinguere gli oggetti davanti a sé grazie a occhi simili a fari, o meglio a sonar. Non vedeva realmente, ma otteneva estrapolazioni corticali del mondo che lo circondava grazie a onde infrasoniche. Affamato di metallo, vide la gabbia riservata alle cage dancers, e fece man bassa delle sbarre come fossero grissini. Dopo un po’ arrivò una ballerina, e Sakronos si nascose. Dietro una cassa di legno gigante, valutò se mangiare o non mangiare i chiodi delle assi, ma se ne astenne. 1) non li piacevano i chiodi. Sembravano cacca di capra e non saziavano, e 2) strappando le assi sarebbe stato sgamato. Comunque dopo un po’ venne affiancata da uno scenografo, e presero a argomentare. “Devo fare il numero del bicchiere di Martini?” “Sì, ma dopo. Adesso ci sarà quello del calice di mano del diavolo, quella specie di mano di drago che regge una ciotola, dove dovrà esibirsi Seinelle, la Poppea di Parigi, la vampira, colei che amò il principe del mondo, ci siamo capiti no?” “Quella che usa il bluetto?” “Il rossetto blu, o bluetto. Se è rosso, è rossetto, se è verde è verdetto, se è giallo è gialletto…sì, lei. Ma sei gelosa?” “No, non sono gelosa. Siamo tutte puttane qui, una di noi vale l’altra. Ma quella, la “Poppea di Parigi”, non mi trasmette una sensazione di cameratismo, di collegialità. No…non riesco a stabilire un rapporto liquido con lei….con le altre è come nuotare in una secca tranquilla, ma con lei….è come pattinare sul ghiaccio più spesso. È così aliena, distante, malinconica, fuori contesto, ecco. Quando balla sembra triste, apatica, come se ad esibirsi fosse una scultura di Giacometti. Non dico che sia un brutta ragazza, anzi…ma è addirittura troppo bella. Questa è la sensazione che mi trasmette…” “Io…io non riesco a capire cosa intendi. Io adesso devo portare in platea l’oggetto scenico…” e mentre la ballerina e il tecnico se ne andavano, Sakronos sgattaiolò fuori. Bernardin, il direttore, rincasando nel suo ufficio se lo trovò davanti. Sakronos non era completamente cresciuto perché poteva optare se assorbire completamente il metallo, o ri-plasmarlo in altri esemplari di metallurgia. In quel momento brandiva una coppia di spranghe, con le quali stava giostrando un peso da 1 Kg con un filamento di ferrofluido. “M-m-m-ma l-l-l-lei c-c—c-che cos’è ?????” “Non abbia paura. Mi ascolti, terrestre. Io mi chiamo Sakronos di Zildrohar, l’Azrael, il “tanti-in-uno-e-l’uno-in-tanti”. Io ho vissuto tante vite, ho camminato lungo le strade di tanti mondi diversi, e adesso sono qui, su “Terra”, così presumo si chiami questo pianeta. Voglio chiederle una cosa: chi è “Poppea di Parigi”? Mentre lei mi risponde, potrei avere dell’ematite?” “Sì, ematite. Devo sedermi. Lei sta chiedendo della ballerina chiamata “la Poppea di Parigi”. Il suo vero nome è Margaret Aensland, e viene da Dublino. Quando arrivò qui, la prima cosa che letteralmente mi soggiogò di lei erano gli occhi. Sembravano 2 perfetti rubini, lavorati da un gemmologo particolarmente perfezionista. Non c’era una pupilla con la P maiuscola in quei cerchi rossi senza luce interna. Inoltre sembrava fosse venuta già con un costume di scena, avvolta in un abito azzurro. Ma non era finita. Glielo dico di nascosto perciò apra bene le orecchie: l’andare in giro già mezza nuda non era la sua sola stranezza e non era il solo motivo di agghiaccio mio nei suoi confronti. Sopra le orecchie aveva una coppia di piccole escrescenze simili a ali di pipistrello. E una coda, da dietro le mutandine. Bene, il suo camerino è il 4. Ora è meglio che mi lasci, e l’ematite è in uno dei nostri magazzini, così io credo, non ho una conoscenza molta approfondita della topografia del locale” mentre Sakronos mangiava dell’ematite generica, arrivò al quarto camerino. Bussò con calma e delicatezza, mentre Margaret si rivestiva. “Tu chi sei? Io non ti ho mai visto a nessuno dei miei spettacoli” “Eppure io ti conosco molto meglio di quanto tu creda” disse. “Io sono Sakronos, guerriero Azrael del pianeta Zildrohar. Zildrohar è in realtà il nome che il mio popolo ha dato a questo pianeta, la Terra. Noi infatti non siamo extraterrestri, ma lontanissimi discendenti della razza umana. Io sono nato Jean Frank Louier, templare inviato da papa Alessandro III in Francia per sterminare gli eretici albigesi/catari dopo che Roberto II di Orleans detto il pio ne affermò senza nessun ripensamento l’ereticità. Tu eri una giovane appartenente a quella setta di folli, che io trassi in salvo, e aiutai a convertire. Purtroppo però venne la peste, la stessa che comportò le incongruenze temporali nella guerra dei 100 anni. Io mi ammalai e morì prima di tutti i miei commilitoni. Vidi il Paradiso che mi ero guadagnato con il mio combattere l’eresia degli albigesi e convertire una di loro, ma non fui capace di riconoscerne l’impronta delle Sacre Scritture. Non ero nel Sistema Solare, ma in un altro, il sistema di Z Reticuli, la cui Terra è Zela, il cui Sole è δ Reticuli, e la cui Luna-il Primo Cielo dantesco-è Zastron. Qui si trovano gli Uomini Sogliola, le anime cioè di coloro che non adempirono ai loro voti perché obbligati. La loro ricompensa è essere trasformati in creature bidimensionali simili a ombre viventi, che quando il satellite sprofonda nelle tenebre assumono una consistenza octodimensionale, a 8 dimensioni. Sono né vivi né morti, simili a cristalli, o a batteri anaerobi. Successivamente abbiamo il cielo di Astron, cioè Mercurio per la Terra. Qui abbiamo quelli che Arduino chiama i “morti di fama”, cioè gli affetti da manie di protagonismo e di glorie terrene. Sono sottoposti ad un pazzesco e grottesco talk show in stile Sesso e potere, in cui i ragionamenti di Warhol sui 15 minuti di celebrità e di McLuhan in generale sono frullati alla parodia di South Park e Robot Chicken spinta aldilà del demenziale. Successivamente abbiamo il cielo di Stron, cioè Venere. Qui abbiamo i Latin Lover, i fissati col sesso, o chi più semplicemente fu fedele a livello matrimoniale. Equivale al girone dei lussuriosi nell’Inferno. Solo reso molto più divertente e senza l’obbligo di rimanere nel ciclone senza fine. Poi abbiamo δ Reticuli, il Sole di Zela. È dedicato ai dotti, ai sapienti, ai tecnocrati. Qui hanno ciò a cui per tutta la vita hanno mirato: cervelli grandi quanto negozi di elettronica, in grado di materializzare i propri pensieri e possessori di una forza tale da permettere loro di spostare le montagne, in perenne ricerca di ulteriori conoscenze. Ovviamente a tutto c’è un limite, e quel mondo, come il Metaverso di Snow Crash di Neal Stephenson e l’Oz di Summer Wars di Mamoru Hosoda, è una realtà virtuale in mano a quelli che sono stati nerd, geek, otaku, perciò tutto molto anni 80, con estetiche 8bit, riferimenti a Pacman e Donkey Kong e a film come Tron e Il demone delle galassie infernali. Successivamente si ha il cielo di Ttron, cioè di Marte. È un pianeta-luna park degli sviluppatori alieni della quarta Luna di Fd’eh di FPS, dove riposano tutti coloro che dedicarono la loro vita a combattere per la Fede. Combattendo guerre dei bottoni virtuali. C’è un isola del pianeta dove l’FPS (First Person Shooter, sparatutto in prima persona) si unisce al picchiaduro e al dating. Poi abbiamo il cielo di Ron, cioè di Giove. Qui abbiamo i giustizieri, coloro che agirono fuori dalla Legge per la Legge. Vivono in un mondo simile ad un incrocio tra 1997 fuga da New York, Crank con Jason Statham (infatti sono tutti drogati di adrenocromo, una droga che ti fa esplodere l’ipotalamo) e GTA V. Poi abbiamo il cielo di On, cioè Saturno. È dedicato ai mistici, ai santoni, ai guru, ai profeti delle nuove religioni informatiche e transumane, agli odiatori o agli esaltatori eccessivi della carne, ai manichei, ai catari, agli affiliati di Scientology. Hanno LSD a non finire e venerano un Cristo che è un incrocio tra il Jeff Bridges de Il grande Lebowski e all’Howard Kaylan di Flippaut. Dopo…il Nulla, l’Universo increato, la Materia Oscura e cieca dei primi 10 minuti del Big Bang come descritti da Gabriele Veneziano. Ma allora dov’era Dio? Come fosse possibile che quello fosse il Paradiso, quel blasfemo Paese della Cuccagna? Pene come all’Inferno: trasformati in ombre comatose, costretti a partecipare a fiere della vanità e dell’osceno, a accoppiarsi come maiali, a costruire Torri di Babele di sapienza atea, con gente come San Tommaso e Dionigi l’Aeropagita trasformati in mostruosi cervelli spaziali in stile Futurama che pretendevano d’insegnarmi cose come “l’uomo-e-la-scimmia-non-sono-stati-creati-insieme” mentre i loro ziqqurat mostravano blasfeme sovrapposizioni tra la Croce e la Mezzaluna del peccatore islamico, a non trovare il riposo della vita vissuta combattendo per Dio, ma diventano come tutti coloro che invece hanno fatto guerra per tirannide, per possessione. Carlo Magno come Attila, un giusto come un peccatore. Fautori di una giustizia “occhio per occhio dente per dente” come quella di Hammurabi, sapienti e contemplatori alla pari di maghi, indovini, accidiosi! E per di più anche quei catari, quei bestemmiatori del corpo umano voluto da Dio in Cielo! Alla faccia della scomunica di Alessandro III! E lo smacco finale, che dà ragione ai bestialisti come Celso e Porfirio: Dio non esiste! E poi la metempsicosi, che io credevo bestemmia, bestemmia di Plotino! Comunque il mio nuovo corpo, dal punto di vista del mio vecchio me, era stato 7 volte dissacrato. Avevo una coda come le bestie, e il mio corpo era stato sezionato gamba per gamba, braccio per braccio, via la testa, isolato il tronco. Mi sovvenni, e ti cercai, con tutto me stesso diviso. Ti cercai con la mia testa simile a un moscardino, nell’oasi degli infedeli musulmani, spostandomi senza freno, colto da cieco raptus sul corpo di un beduino e sul suo pene, cingendo come un fermacapelli cingerebbe una ciocca imbizzarrita il corpo suo e di un odalisca dalle orecchie a sventola e dai capelli azzurrognoli, spingendomi nella sua vagina, sulle coste delle ovaie. Il fantasma di te, tutto ciò che eri, che sarai mai stata, tutto ciò che sei senza essere nient’altro, dov’era? Lui continuava a portarmi in fondo, dove potevo vedere il mondo preso nella sua essenza. Il 71% della Terra è coperto dall’oceano: realtà mutevole e incerta. Ecco: una pioggia. Le gocce si uniscono, diventano simili a gelatina, a poco a poco si getta nell’oceano, diventa Ghiaccio 9, fa quagliare i poli, salda i suoi contorni verdi di muco sull’Equatore, finchè la Terra, vista dalla Luna, non ha un alone giallognolo, quello della super goccia coagulo di tutte le gocce, che prepara il necessario alla vita e alla non-vita, come quella dei cristalli. Non ha tempo, come Dio, e in lei c’è qualunque tipo di molecola utile: 40 carbonio e 56 idrogeno per le carote dei conigli, 7 carbonio, 15 idrogeno, azoto+ossigeno in tripla abbondanza per la carne del lupo, eccettera. In un prato i soffioni vengono colpiti dallo zefiro, e io, o meglio la mia testa a moscardino e il mio tronco a oloturia ananas di mare corrono per cercare te, mio angelo, ovunque tu sia. 2 donne, una nera una pel di carota, litigano prima in lingerie Intimissimi e poi nude, mentre un uomo, poi 2 uomini, cercano di separarle, e noi, di nuovo colti dal desiderio, ci gettammo su di loro, l’una abbracciandola per insistere ancora di più sul corpo fremente di rabbia e imene ormai sfondato dallo smegma dell’avversaria, l’altra penetrandola analmente, mentre il mio corpo avvertiva il dolore di 100 sigarette spentemi sul torace. Eravamo bloccati fino a che io non venni inghiottito dalla prima e il mio tronco non venne completamente assorbito entrando nello stomaco dell’altra. Io e lui eravamo nel suo stomaco, passato a essere la secca di un tratto di piattaforma balneare. Qui mi muovevo accompagnato da cetrioli di mare trasparenti, attraverso una spongiaia. Ogni spugna mette al mondo delle anfiblastule, poi, diventate sessili, diventano coanociti, e comincia l’asfaltatura. A poco a poco l’anfratto si è riempito di parazoi, “minacciati” però da della mucillaggine simile allo Slime, il Fuligo Septica. Un imitatrice della Linda Kozlowsky di Mr Crocodile Dundee si fa strada a colpi di roncola attraverso la jungla della Papuasia, seguita sommessamente da me, cioè la mia testa, il mio tronco e le mie braccia. La mia testa è un moscardino, il mio tronco un oloturia ananas di mare, le mie braccia degli onicofori. Il tuo fantasma continuava a apparire e scomparire nell’intrico, e io stavo perdendo me stesso, come Orlando nel castello di Atlante. Sul mare sorge un esercito di caravelle portoghesi, prese in un orgia: non è più balneabile per l’intasamento di gameti, che ogni maroso combina tra di loro. Queste amebe con ciglia di diva hollywoodiana si mangiano tra di loro, a dire il vero preparano le planule, che attaccatesi alla sabbia formano i polipi. I polipi assomigliano a crinoidi obesi, e più mettono su pancia più le teche si assottigliano, e si staccano gli scifostomi. Le efire, meduse preadolescenti, diventano ben presto nuove caravelle portoghesi. Tu sei come Gesù sulle acque, amore mio, e io vorrei seguirti, ma sono solo un indegno babbuino. E poi il mio viaggiare attraverso il tempo su un astronave d’energia senziente simile a un bricco di caffè, vedendo la scoperta dell’America, le guerre tra conquistadores e popoli precolombiani, l’attacco sferrato dal cardinale Richelieu agli ugonotti, il sacco di Roma, le guerre d’indipendenza in America, la Rivoluzione Francese, le guerre napoleoniche, il Risorgimento, le guerre indiane e seccessioniste tra Nordisti e Sudisti, la Prima Guerra Mondiale, la Seconda Guerra Mondiale, la Guerra in Corea, la Guerra in Vietnam, l’Intifada, le Guerre del Golfo. Tutto per ritrovarmi qui, adesso, e cercare ancora di capire se quello che vidi fu il Paradiso, il senso di questo mio supplizio” “Io mi chiamo Margaret Aensland. Ed ero la ragazza che hai salvato. Morii di parto dopo 10 mesi che tu mi lasciasti” “Ti ho messo incinta?” “Certamente. Tu non te lo ricordi, ma avesti un rapporto sessuale con me e m’ingravidasti. Purtroppo, come già detto, morii mettendo alla luce nostro figlio, Maurice, per un infezione alla placenta. Ma non morii veramente, o meglio, morendo, sapevo già dove sarei andata. Guardami attentamente, mio unico amato [Sakronos la osserva, dopo che si è completamente spogliata]” “H-hai quelle orecchie….e una coda [Margaret spalanca le ali] e…e…ali! Tu sei una demone!” “Come sei rimasto indietro amore mio! Non servo Satana, o chiunque sia quel tiranno. Io sono una succube. Mi nutro degli incubi dei nostri contemporanei….o anche antenati. Infatti io, come te, appartengo a un remoto futuro. Noi succubi trasmettiamo non solo il nostro DNA, ma anche la possibilità di utilizzare vari poteri magici connessi a ciò che siamo. Per esempio posso teletrasportarmi su piccole distanze, inviare fulmini globulari a forma di pipistrello, trasformare le mie ali in falci, trasformare le mie ali in arpioni, trasformare le mie ali in scudi, creare fiamme dalle mie mani, trasformare le mie scarpe in falci. Quando morii, raggiunsi anch’io quel Paradiso che tu hai raccontato. È come tu l’hai descritto, ma Dio non ha cambiato idea sui catari. In quella Bolgia ci sono finiti solo i catari vittima di quell’ideologia. Ero il fantasma che hai visto. E io, per conto mio, ho visto il futuro. Mi svegliai con un aspetto completamente diverso, ero bionda, con delle corna arrotondante, vestita con un abito fatto da un primo pezzo più lungo che copre il torace e i seni, e un altro composto da uno slip e da una coppia di stivali, che “copre” il resto del corpo. Vabbè, ero mezzo nuda, ma non volevo che tu pensassi male. Ero sdraiata su una spiaggia con in lontananza una città in stile retrò anni 40, nascosta da un cespuglio di rosmarino da un autostrada, su cui si stavano spostando 2 auto: una Streamlined, simile ad una bomba su ruote, e una Amtronic, auto-missile scomponibile in 2 moduli. “Stiamo cercando qualcuno di veramente cattivo, vero Smigh?” a parlare era una specie di pterodattilo, intabarrato in una pelliccia di ghiottone (era ghiottone?), sceso dall’auto-bomba. “Sì, un capo mafioso, che ha dichiarato guerra a questa città, Canopolis, minacciandola con dei missili banderillas” “Cosa sono dei missili banderillas Jack?” a parlare era una specie di incrocio tra un gatto e un pipistrello, completamente cieco, con sulla faccia quelle che sembravano una coppia di mammelle e delle lunghe vibrisse. Aveva una voce infantile. “E’ un tipo di missile che non esplode colpendo il bersaglio, ma può passarlo da parte a parte. Questo assicura un indiscutibile vantaggio tattico: un normale esercito come quello dei Renoir ha tanti missili ma che una volta utilizzati non tornano più indietro, i loro nemici hanno pochi missili, ma che possono utilizzare all’infinito. “ mentre osservavo quelle bizzarre creature scendere da quelle bizzarre autovetture, improvvisamente sentii un terribile fischio. “Eccone uno! Chiudiamoci in macchina!” e così fecero. Io, non potendo muovermi da quel nascondiglio, osservai il cielo notturno essere scriminato da un meteorite azzurro e arancio mandarino. Emetteva un sibilo da farti esplodere il cervello e, direzionandosi con un sottile fascio di luce rossa, puntava verso una delle stazioni di polizia degli Aironi Neri, i poliziotti/militari della corona. Io mi ero coperta le orecchie osservando il missile resistere agli assalti dei droni GAM 67 Crossbow Renoir ®, per poi abbattersi sulla centrale come un narvalo che lotta contro un capodoglio, generando un immensa frana. Io cercai di arrivare di soppiatto, imbarcandomi su una chiatta ormeggiata lì nei paraggi, che percorreva il tratto di fiume che diventava poi parte delle fognature della città. Mi avventurai in quel mondo sotterraneo, finchè non raggiunsi un villaggio palafitticolo. Era quello dei Dagonians, gli uomini pesce che vivono nelle fogne e nei bassifondi della metropoli. A dire il vero sono una comunità alquanto eterogenea, comprendente tonni, siluri, coralli, macropinna, spirula, pesce pietra, axolotl, calamaro, pidocchio delle balene, squalo martello, riccio di mare. Venni accolta in verità da un robot, un certo Ottomo, che fumava dei toscani elettronici seduto su uno dei 2 piloni della passerella sul bagnasciuga. “Scusatemi o strana creatura, dove posso riposare per la notte?” “Chiederà a Yu Wan se ha una camera libera per te. Comunque io mi chiamo Ottomo, o Octomo. Credo dipenda dai bisestili. Tu?” “Io Marguerite. Marguerite Aensland” dopo che ebbi parlato con lui, lui trasalii….” “Margareth Aensland in scena!” “Oh scusami, devo andare” l’esibizione cominciava con dei barboni travestiti da poliziotti, con in testa una maschera da cane, che venivano picchiati da dei carcerati da fumetto della Settimana Enigmistica. Successivamente cominciava un orgia innaffiata di rhum, gin, spumante, mentre in sottofondo si sente una canzonaccia anni 20, una roba che avrebbe cantato Bobby Charles, ma ubriaco. Poi fa il suo ingresso Margaret Aensland, nel “calice della mano del diavolo”. Intorno a lei si celebra l’Inferno dell’uomo, con ogni sorta di oscenità, turpitudini, ignominie. Seinelle, cioè Margareth, non gradisce quel mondo di terrore, depravazione e morte, e arriva al punto di simulare un soffocamento pur di poter finire. Bernardin la vede strozzarsi e ordina che il numero venga interrotto. Ma non si riesce a ripristinare l’ordine, e tocca a Sakronos, nella sua Crusader’s form, intervenire per salvarla. Sakronos, un gigante di 14 metri, fugge dal Crazy horse, dirigendosi verso Poitiers, dove c’erano il Futuroscope e il suo Geppetto Tabouret. Nel frattempo la polizia li dava una caccia senza tregua, impedita solo dall’arrivo sulla D951 di un enorme parallelepipedo nero, alto quanto una stazione di benzina, lungo 41 metri, emerso dalla Senna, e raggiunto l’autostrada in volo. “Ma cosa sta succedendo?” domandò il capo delle forze di difesa civile, mentre Sakronos era già arrivato in città. Tabouret fu il primo a saperlo e andò a cercarlo. “Mio Creatore!” disse Sakronos vedendolo. “Sakronos! Non distruggere! Non uccidere!” “Io non distruggerò! Io non ucciderò! Dovete prendervi cura di questa ragazza!” e diede un esangue Margareth a Tabouret. Al Futuroscope Margareth venne analizzata con i risultati più sorprendenti. Poi Quirtaine e la sua sottoposta Alice Mirevalle raggiunsero il conciliabolo di scienziati in scrutinio della fanciulla, e la lasciarono tutta a lui. Questa li raccontò la sua storia, raggiunta poi da Sakronos e Tabouret. L’Azrael continuò il suo racconto. “Poi venne il momento d’incontrarti, Margareth Aensland. Ero in un abbazia, più un lazzaretto, da quel che mi ricordo, in cui ero tenuto a letto da possenti catene, le stesse che nel dramma accionico imprigionano Prometeo al Caucaso. Un misterioso cavaliere della stella bianca mi venne accanto, portando con sé uno specchio. Mi fece specchiare. Ero un gigante dalla pelle blu, con un cranio allungato verso l’alto, chiuso in un elmo a forma di chicco di riso simile a quello della Bullet Girl di Yanick Paquette. Ero un gigante grande quanto Gerione, con una coda come Calibo. Ero fuori di me, più per la curiosità che per la disperazione. Sapevo però che non mi sarei mai potuto opporre a quelle gagliarde catene, eppure una voce potente, da quel cavaliere incappucciato, mi intimava, in nome di Dio, di spezzarle. “Spezza le catene che incatenarono l’uomo fin da Adamo, liberati delle catene del peccato per trionfare alla fine e aldilà dei tempi con Dio!” e io, all’inizio vittima di conati di vomito, a poco a poco opposi la mia enorme massa corporea contro quel metallo, e le spezzai ruggendo come un orso. Dopo mi sentii di nuovo debole, ma stranamente sazio. “Chi sei?” chiesi all’uomo che mi aveva urlato addosso per farmi arrabbiare contro quelle catene. “Io sono Selnob il Torrificatore” e l’essere si mostrò com’era realmente. Assomigliava a una grossa tenia, con la testa divisa in 2 pseudo teste che nascevano da una fessurazione a Y del cranio, una con un solo occhio e un piccolo volto, con al posto della bocca un lungo tentacolo. “Tu sei…” “qualcuno che si autogiustificherà con una lunga storia del focolare” mi raccontò una lunga e confusa storia, quel Selnob. Da ciò che intuii, dovevo recarmi a Canopy, dove l’avrei ritrovata. Cioè ti avrei ritrovata, l’ se parlo con questi altri uomini, ti se parlo con te” “Canopy….ne avevo già raccontato. Anch’io ero lì, amore mio” “E se non ricordo male, io mi presentai al municipio. Lì c’era solo la Regina Nancy. Re Franz stava smadonnando da un'altra parte. “Chi sei tu?” mi chiese. “Un…uomo mandato dal destino e dalla Volontà di Dio” “Come ti chiami?” “Sakronos. Non so cosa sono” “Ora che ti guardo meglio, sembri uno Zildrohar” “Un cosa?” “Uno Zildrohar. Gli Zildrohar sono subumani che vivono sui Monti Axcjc, fuori città, dalla parte opposta al Climenico, il mare che bagna la città” dovetti farmi dare una cartina con frastagliature cartacee atte a simulare le zigrinature montuose. Sorprendentemente i cartografi di Canopy non avevano bisogno di strumenti elettronici. Certo, poi molte mappe venivano scannerizzate con laser e immesse in Internet, ma chi le disegnava e stropicciava la carta sembrava non avesse bisogno di un navigatore, perché il navigatore ce l’aveva già in testa. In gran parte perché i cartografi erano creature alate simili a Sharovipteryx, con anche braccia estremamente lunghe, adatte ad agire come sartie per il patagio, alla maniera del Tribelesodon. Hanno occhi 3 volte più grandi del naso e delle orecchie, in grado di ingrandire 202x124 in base ai principi di Gerhard Kremer detto Mercatore. Così possono realizzare mappe dettagliatissime. Non mi recai però immediatamente su quei monti, perché prima dovevo combattere la minaccia che gravava su Canopy. “Straniero, tu ti mostri a noi come benedizione. Stiamo combattendo contro la mafia dei Medici, capeggiata da Lorenzo Medici, e i suoi terribili Haibikki, i missili banderillas. Sono un arma ostica da combattere, perché sono missili che non esplodono quando colpiscono un bersaglio, ma lo trapassano. In questo momento l’intera città è sotto il loro ricatto: vogliono i 4 smeraldi di Tashib, appartenuti ad una civiltà epiavriolitica degli Ehdis. Questa civiltà è alla base sia della nostra che di quella dei dagoniani, le creature marine che vivono nelle nostre fogne” “Sì Sakronos, i Dagonians. Io ero lì da loro. Sapevo dei traffici della mafia e della leggendaria banda Fishbone, ladri che rubavano ai ricchi per dare ai poveri di cui è sopravvissuta un solo membro, una ragazza gatto di nome Mrs.Fortune. E’ qualcosa di cui nessuno sa veramente nulla; molti dicono che fosse stata fatta a pezzi e gettata nel Tanna, il grande fiume che attraversa la città, alla maniera della Senna che perfora Parigi scorrendoci per l’intercapedine, ma che fosse ancora viva e che nelle notti di luna scura uscisse dai canali e, riattaccata alla bell’è meglio, si mettesse a ululare alle stelle con miagolii simili a sirene rotte. Io ero ben decisa a lottare contro quei criminali, ma temevo di non essere sufficientemente forte. C’era quel robot, Ottomo, che aveva avuto un moto di ricordo quando li avevo detto che mi chiamavo Aensland. Dovevo assolutamente sapere di più da lui. Da come aveva reagito sembrava che avesse già sentito parlare di me, eppure io ero appena arrivata in città, non la conoscevo. Ma Ottomo non era un frequentatore costante del ristorante dell’uomo siluro Yu Wan, luogo utile per capire come vanno le cose giù a Dagon, ma trovai qualcuno che mi disse dove andare. Era Swingline, un uomo pesce martello che Yu Wan non vedeva con troppa fiducia. “Quello se ne sta lì, allo stipite, e fa il buttadentro di tutti quelli che mi piacciono di meno” diceva. A me comunque fu utile perché mi portò a casa di quell’allampanato automa, i laboratori del Dr Avian. Lì Ottomo è stato costruito e lì dimora quando non lavora per i Medici, imperciocchè lui è il maggiordomo di Lorenzo. Commisi un errore tattico a voler sapere di più su di lui, dal momento che se fossi finita tra le grinfie dei Medici avrei fatto una brutta fine. Ma quei malvagi la merda se la dovevano trovare nel letto. Avian, insieme a Stanley, stava operando neurochirurgicamente Ottomo. Entrai perché volevo sapere meglio chi fosse, per chi lavorasse e se mi avrebbe saputo dare qualche dritta per ferire i Medici al mantello sotto e al riparo delle valve, e vidi l’estrazione del suo cervello, da quel cranio simile alla Sicilia, e ne scoprii il piccolo manovratore interno, un dagoniano muta dimensioni rosa di nome Tom. “Chi sei?” mi chiesero. “Io sono…sono uno Zil…Zil qualcosa” “uno Zildrohar. In realtà Zildrohar sarebbe il nome che il tuo popolo ha dato alla Terra. In realtà vi chiamate Azrael. Gli Uni-in-tanti-i-tanti-in-Uno. Ogni parte del tuo corpo è un drone animale, come un Megazord. Testa: calamaro. Tronco: cinghiale. Braccia: tenendosi per la mano un boomerang chinorinco, singolarmente una coppia di pesci sega. Le gambe: con un disco rotante un graptolite, separatamente delle oloturie. La tua coda [avevo una coda ma che fino ad allora era stata una cordame a riposo] un balanoglosso. Gli Azrael vivono sui monti Axcjc, fuori, molto fuori da qua. Ottomo, come vedi, è manovrato come Dave in Piacere Dave di Brian Robbins da questo “piccoletto” di nome Tom. Tom, l’Azrael, l’Azrael, Tom” “Io mi chiamerei Sakronos. Sakronos, Tom” “Tom, Sakronos. Cercavi me? Cerchi i Medici? Girane a largo, Lorenzo sta mandando avanti un operazione da decine di miliardi di $ con lo scopo di diventare ricco sfondato ricattando la famiglia reale dei Renoir perché gli dia i 4 smeraldi di Tashib. In realtà i $ li vuole incassare, in miliardi, tutti lui e la sua cricca, e i missili speciali inesplosivi e perforanti che impiega sono stati costruiti in circostanze misteriose, e di sicuro di quel tipo di misterioso che poi ci scappa il morto. Te lo dico perché il re e la regina hanno deciso di non farsi intimidire e di controbattere, e temo che sentiremo molti crolli. “ “Io però sento per mandato divino che devo fermare quegli uomini. E di sicuro è nei monti Axcjc che tengono il loro poligono, per essere abbastanza nascosti e colpire a distanza ravvicinata. Io non conosco molto i Medici, ma la strategia militare la conosco sufficientemente bene per dire che il loro ricatto funziona in questo modo. E se nessuno mi aiuta me la sbrigherò da solo. Sono un guerriero, un miraggio di Dio perso nel mondo. Stringo i pugni e vado avanti. “ Lorenzo fuma mentre Black Dahlia lucida il suo mitra e Ottomo si presenta né atteso né disatteso al provvisorio quartier generale del lancio dei missili banderillas. “Ritardo di Ottomo. Controllo periodico. Comunque Nancy ha proprio voglia di farsi ammazzare. E pure suo marito. Vabbene, ci prenderemo quei 4 smeraldi con il sangue e le budella. Generalessa Dahlia, a che condizioni sono messi i missili?” “Pronti all’iniezione in qualsiasi momento” “Perfetto. Sottosegretario Rodolfo, quale è stato il nostro primo obbiettivo?” “il commissariato. Abbiamo paralizzato il braccio della Legge, e da un po’ i pesci piccoli riescono ad averla vinta. Possiamo rendere Canopy una terra di nessuno, senza legge, senza economia, senza politica. “ “Perfetto. Fateli decollare tutti!” il meccanismo di lancio assomigliava ad un gigantesco tamburo, che da ogni buco faceva partire uno dei 13 missili. In questa loro missione il tamburo rotolò come Sonic e il canale d’estromissione si svuotò e riempì al ritmo di una posta pneumatica con un addetto molto laborioso. Un concerto di morte di 26 fischi risuonò nell’aria, mentre la polizia reale, gli Aironi Neri, facevano cantare le loro mitragliatrici cercando di distruggere, o perlomeno crivellare, quegli (apparentemente) invincibili scarafaggi d’acciaio, ma all’ultimo dal Tanna emerse un cargo parallelepipedico con una coppia di piccole antenne che generò un incredibile campo magnetico. Quello attirò le mitragliatrici, i carri armati, le volanti, le auto, i camion, i tombini, le cassette della posta, i lampioni e le grondaie, schifandoli però. Questi vennero sparati all’indietro come in un motore a reazione, dove l’ossigeno nel contenitore in alto si mescola all’idrogeno del contenitore in basso seguendo lo stesso tracciato a Y rovesciata. Uno dei missili erano prossimi ad un edificio, ma venne deviato e a quel punto il mostro meccanico estrasse dalla superficie superiore una gigantesca sega circolare, che tranciò di netto il missile. “ nel frattempo Margaret Aensland Margaret Aensland Margaret Aensland Margaret Aensland “Io mi avventurai e ti raggiunsi nel laboratorio del Dr Avian, dove l’uomo mi aggiornò su che cos’eri e vidi che Ottomo era pilotato da un dagoniano muta dimensione di nome Tom. Tu, se non mi ricordo male [Sakronos] andasti in città, al Paraguas Skyscraper, il più importante grattacielo della città. Io raggiunsi il mondo sotterraneo degli Azrael, ma….non venni accolta molto bene. Non mi ricordo cosa abbia realmente fatto, ma mi ritrovai legata come una caciotta, appesa come un candelabro sospesa su una sorta di pira sacrificale, circondata da Azrael selvaggi armati di torce. “Perdonatemi, ma io vengo in pace!” “Vi ale lebedik bryauz as mir hobn atzhivd in frizh tzeytn, dort is gornizht as vet brengen aunds tzu sayn konztrutkive!” Cosa stessero dicendo non mi era chiaro, ma continuai a parlare con loro nel tentativo di persuaderli a non arrostirmi come Giovanna d’Arco. “Vi prego! Almeno lasciatemi presentare!” “Ikh vet losn aun derlosn” “Vabbene. Mi chiamo Margaret Aensland” “Margaret Aenzland? Aenzland printzezin fun di bryauz fun der nakht? Meldung es!” e mi liberarono. Cosa avevo detto da farmi liberare? Mi presentarono una creatura, uno yeti, che non sarebbe dovuto essere lì, ma, secondo il volgo, sarebbe dovuto essere in Asia, in Tibet, o, com’era chiamato lì, Glacia. Si chiamava Sasquatch, e mi abbracciò successivamente mostrandomi degli strani disegni di una donna con capelli verdi e orecchie e ali di pipistrello. Osservandoli meglio, vidi che quella donna era uguale a me, solo che io avevo i capelli blu, e lei i capelli verdi. Ma eravamo delle succubi. La prima immagine che vidi fu lei, su uno scranno di zucche di Halloween, coperta di garze, bende, e un cerotto sull’occhio come una corsara. I suoi capelli erano verdi come un autostrada di insalata. La seconda mostrava lei vestita da infermiera. I suoi capelli erano verdi come una cascata di malachite e aveva una coppia di piccole orecchie a sventola a forma di ala di pipistrello, tipo Balatack. Successivamente vidi la terza immagine. Era lei contro una città di notte, con i capelli come una manica a vento di pesci pappagallo, le sue piccole ali di pipistrello sopra le orecchie, e le enormi ali con le quali vola e combatte. “S-s-sembro io…” esclamai. “Io sono stata mandata qui da uno di voi” “Voz hat er sogn?” siccome non mi avevano capito, cercai di scrivere. Vidi che le torce utilizzate potevano essere utilizzate come matite a carboncino. Ne presi una e scrissi S-A-K-R-O-N-O-S sulla parete di pietra. Poi scrissi A-Z-R-A-E-L e Z-I-L-D-R-O-H-A-R. “Azrael? Zildrohar? Mir musn apelirn tzu di alt multilingual” arrivò un vecchio e segaligno Azrael, con l’elmo spaziale a forma di pesce stilizzato, con sopra lo spoiler una barba grigia simile a quella di uno scoiattolo pentito, che se lo tolse, mostrando di avere al posto del cervello uno degli alieni montanari di I mostri delle rocce atomiche di Quentin Lawrence. Tentacoli, piede gasteropodo e occhio peduncolato incluso. “Parlo la tua lingua. Ti racconterò un po’ di cose. “ “Gli Aensland regnano insieme ai Renoir da molto tempo. La regina Aensland, Ylvana, è morta combattendo contro il re dei vampiri Demitri insieme a suo marito Greg. A fare da padre putativo alle due figlie di Ylvana Morrigan e Lilith è il demone Belial. Loro madre è invece Jinsghen, strega dell’Estremo Oriente, dall’Impero dei Draghi. Se tu fai di cognome Aensland, significa che Greg e Ylvana hanno avuto un'altra figlia. “ “No-non mettiamo le mani avanti tesorini. Potrei essere solo un omonima…” lo vedremo. Sasquatch, sai perché ti abbiamo portato qui?” “Ysì yperchè yvolete yche yio ychiami YMorrigan?” “Esattamente. Valla a chiamare” lo yeti se ne andò, fuori, all’aperto, dove si trovava appollaiato un fringuello montano di Silem. A dire il vero questo nome glielo darebbe un ornitologo per trarsi d’impaccio nel dare adamiticamente il nome agli animali, giacchè non sembrava nessun uccello noto. Il becco era corto, color caco, con denti simili a peli incarniti d’acciaio. Il corpo era molto più grande di quello di una peppola, all’incirca come quello di un alca. Aveva anche l’aspetto di un alca, o meglio di una sula, o meglio di un tarabuso, o all’incirca di un uccello nato dal threesome tra un alca, una sula e un tarabuso. Aveva braccia simili a quelle di uno Scansoropteryx, con l’indice più lungo di 2 metacarpi e di 2 falangi. Eh già, aveva le mani come i pulcini dello hoatzin. La coda assomigliava ad un pennello per acquerello. Sasquatch lo prese tra le mani e, bisbigliandoli come San Francesco, lo mandò dalla succube. “Nel frattempo i Medici si erano accorti dell’Ωtron, la super arma elettromagnetica tranciante degli Gnomi, subumani simili ai Gatherers di Amnesia the dark descent incrociati con Munch di Oddworld: Munch’s Odyssee. L’avevano costruita per vendetta contro i Medici, più precisamente contro il padre di Lorenzo e nonno di Vitale, Piercarlo Medici, reo di aver sottratto loro i progetti per gli Haibikki. L’Ωtron è un parallelepipedo di acciaio nero nuclearizzato, cioè reso radioattivo. La sua corazza è formata da 4 strati: il primo è acciaio temperato puro. Il secondo è acciaio nuclearizzato. Il terzo è di paraffina, mentre il quarto è di peltro. È lungo 41 metri e alto 3. Possiede una coppia di antenne in grado di creare un campo magnetico di 3000 T, e una sega circolare con circonferenza 6 metri (la larghezza della macchina antimissile) in grado di tranciare una lastra di metallo spessa 67 centimetri. Avanza grazie a degli pneumatici e, con razzi, può anche compiere semplici voli fino a una quota di 209 metri. Mentre gli Aironi Neri si facevano da parte per farlo passare, come se fosse stato l’oloturia mannara gigante di Il mostro che sfidò il mondo di Arnold Laven, io, Sakronos, mi ero precedentemente arrampicato sul Paraguas Scraper, il più alto grattacielo di Canopy. Uno dei missili vi si stava dirigendo contro, ma io, osservandolo meglio, attivai la mia visione a raggi X e intravidi la sua CPU. Pensando in modo profondo le antenne da God Σ che avevo sulla testa produssero un fascio d’elettricità altamente voltaico, che, in corrispondenza dell’utilizzatore ebbe una piccola implosione, generando un raggio speciale, diafano, che colpì la CPU attraverso il metallo, alterandone le direttive. Al suo quartier generale Lorenzo, accortosi dell’interferenza rappresentata dal missile n’8, classificata come Interruzione segnaletica, ne ravvisò un'altra, dal n’11, classificata come ERRORE. All’improvviso il missile arrivò a distruggerne altri, fino a che non sopravvissero solo il n’6 e il n’2. Questi missili possedevano anche armi, e i 2 superstiti alla furia leucemica del n’11 le utilizzarono. Il n’2 utilizzò un insieme di 9 sincrotroni in corrispondenza del sesamoide del muso. Un sincrotrone è caratterizzato da 5 parti su un circuito toroidale a 8 pezzi, la camera a vuoto, il magnete d’iniezione, l’ondulatore, la cavità a radiofrequenza, il wiggler. La somma tra i 5 componenti indispensabili e gli 8 componenti del sincrotrone dà 13. Moltiplicando 13x9 si ha 117. 117 cellule laser generano, su una circonferenza di 10 decimetri proiettata nello spazio per una distanza di 48 centimetri, l’energia elettrocinetica di 21 dinamo, cioè l’elettricità necessaria per alimentare una Renault Twizy. Si poteva generare una raffica di laser di forma cilindrica tronca intermittente ogni 10 secondi per 67 ore consecutive, sparata dal sesamoide del muso. L’altro razzo era però troppo coriaceo e l’attaccante ne venne perorato. Il n’6 prima lo mandò a rompersi il corno contro un ponte stile ponte di Brooklyn che solcò come un aratro, prima di tornare da lui per la caccia. Di nuovo il n’6 temporeggiò sul n’11 e si mise sulla sua traiettoria. Qui attivò l’arma speciale: un ventilatore che spingeva in avanti delle bombe. Oddio: più che un ventilatore era un airzooka, che imprimeva un tifone di maggiore rabbia sugli alettoni delle bombe. Il n’11 venne compromesso dalle bombe e il n’6, chiuso il portello bombardiere e rientrato il ventilatore, lo perorò. Tornò di nuovo verso di me, ma questa volta, allungando i suoi alettoni, impennò volando più in alto di dov’ero io. Non me ne infischiò particolarmente e mi appesi ai suoi alettoni. Ruotando di 180° lo ingroppai, cavalcandolo come il Maggiore King Kong di Il Dottor Stranamore-ovvero come imparai a non preoccuparmi e a amare la bomba di Stanley Kubrick. “Ad ogni modo, sono quasi contento che abbiano inventato la bomba atomica. Se c'è un'altra guerra, vado a sedermici sopra, accidenti. E ci vado volontario, lo giuro su Dio!” Jerome Salinger, Il giovane Holden Nel frattempo la macchina, l’Ωtron, si era già messa in posizione. Cinto al missile, la vidi estrarre la sua sega rotante, e lì decisi di andarmene a casa. Tra le tante, avevo dei rampini negli avambracci, e ne lanciai uno verso la finestra di un altro grattacielo, sfondandone la finestra e assicurandolo alla ringhiera del cornicione. Mi distaccai e, riavvolgendo il rampino, precipitai dentro l’appartamento, travolgendo la bella signorina che ci viveva, e che si era già allarmata per i vetri rotti. Dopo essermi scusata con lei (a dire il vero voleva staccarmi la testa) me ne corsi giù per la rampa di scale, ritrovandomi in strada, accanto al caterpillar. “ “Peste e diluvio! “Che cos’hai da urlare?” fece Black Dahlia a un Lorenzo schiumante come una Fanta agitata troppo. “I nostri missili sono stati tutti distrutti! Come faremo a impadronirci degli smeraldi?” “Io ho un idea. Sono riuscita a stipulare un alleanza con delle creature delle caverne, i Kutu. Sono delle grosse piattole che vivono nelle caverne dei Monti Axcjc, ad un elevata profondità, approssimativamente nella Discontinuità di Lehman. Sono riuscita a farmi eleggere loro regina e loro adesso stanno aspettando il mio ritorno. Li vado a chiamare. Vuol venire con me?” “No. Vitale!” “Sì papà” “Accompagna Black Dahlia dove dice lei” “Va bene” Per quella notte Canopy era salva, e io, Sakronos, venni festeggiato come un eroe” “Io nel frattempo avevo avuto modo di vedere Morrigan di persona. Era una bellissima donna, che parlava con calma e dolcezza, riuscendo a far deragliare in una calma nevrastenica anche i più scalmanati e agitati. “Non ci somigliamo” “Ma questi Azrael ritengono che io e te siamo della stessa famiglia” “Dovremo fare degli esami del sangue” “Vediamo se funzionano” seduta su una sedia che sembra apparentata con Struttura che mangia insalata di Giovanni Anselmo aspettavo che mi prendessero l’emoglobina. Prima, sforzai il braccio sinistro con un peso da 9 chili, poi mi venne legato un laccio emostatico, poi mi si umettò dell’acqua sulla vena più ingrossatasi, e poi un Azrael in veste di medico usò una farfalla per estrarmi il sangue. Sarà stato l’esercizio ginnico che ho fatto prima, ma mi sembrava di avere un mattone al posto dell’avambraccio. “ “Asoy do mir hobn vegn V zentrilitrez fun blut durkh Margareth itzt mir geyn tzu extrakt di blut fun Morrigan” Morrigan era invece svenuta alla vista dell’ago, cosa che mi alterò parecchio. “E’ davvero così sciantosa? Comunque il suo braccio sembrava un didgeridoo di alabastro, e mi sembrò che la pelle in un qualche modo “bevve” l’ago per portarlo più in basso. Non so se mi sono spiegata. Ebbe una piccola sincope e l’ago, molto più grande di quello delle farfalle classiche, più da siringa standard, venne strattonato dall’actina e dalla miosina giù nel cuore della vena. Il suo sangue sembrava Campari, e fluiva giulivo come Snake dopo il 12 livello fin nel catetere. “Avete sangue A0A positivo entrambe.” Disse il dottore. “Però io non le assomiglio” li dissi. “Io ho capelli gialli, lei li ha verdi. Io ho corna da yak, lei ha ali da cucciolo di pipistrello sulle orecchie. Io ho ali da avvoltoio, lei da Coelurosauravus. E poi io sono più in desabillè rispetto a lei! Com’è vestita Morrigan Com’ero vestita io “Ma abbiamo lo stesso sangue, lo stesso gruppo. Tu forse vivi in una crisalide di ciò che veramente sei, una come me…” io non riuscivo a immaginare dentro di me una creatura come lei. Avevo sentito, viaggiando nel tempo, le bizzarre teorie di Arthur Van Lewonhoek, sugli spermatozoi come minuscoli esseri umani in crisalidi a forma di gimnoto. Ma anche specchiandomi nell’acqua di una pozzanghera carsica, il mio profilo si distorceva, ora una caricatura da nicchia fognaria come Diavoli che bastonano angeli e arcangeli di James Ensor, uno strano Homus poliedricus come l’Angelus Novus di Klee, un fantoccio da rivista patinata anni 30 come in Madonna sculacciatrice di Max Ernst, ma non vedevo la strana e perpendicolare figura di Morrigan in me. Eppure…io sono una crisalide! Un guscio di cera cristallina che và in pezzi. Posso già vedere le mie corna rientrare nelle ossa a fecola del cranio come lombrichi pigri, da sopra le orecchie distaccarsi piccole ali di pipistrello, le mie ali di avvoltoio torcersi e pervertirsi diventando ali di Coelurosauuravus con lunghe e indistruttibili ossa a sartia, il patagio più spesso del metallo e più duro del peltro. Una coda da demone mi si stiracchia, con le mani cinte sui capezzoli, dalla colonna vertebrale. Con un sordo dolore di un claudicare di rotule la coda irruppe perorandomi le mutande e svirgolando come una tenia che aveva irrotto. Una nuova, frantumata in diamantinei acini di tenebre e luce luce splende su di me, mentre prendo coscienza di cosa sono ora. “Io nel frattempo venni portato in trionfo per aver salvato la città. Mi concedevano onori, posti nella polizia, mi chiedevano chi fossi. “Io sono Sakronos, l’Azrael. Sono di questo mondo, Zildrohar, anche se sembro di un altro mondo. Lasciatemi conoscere il mio popolo, le mie origini” seguì delle antiche piste, di torrenti ormai diventato terra secca e porosa, fino ai Monti Axcjc. Mi accolse una procace straniera, una creatura che non sarei mai stato capace di concepire se non nelle mie visioni più spinte. Credo che il cervello umano sia un mondo che si sviluppa, come certi incredibili progetti di Paolo Soleri, in verticale, nelle profondità dello spazio conosciuto. Questo spazio sotterraneo, per quanto possa essere oscuro, è tutto sommato piuttosto conoscibile. Nella parte apicale è presente un cortile, delimitato da strane mura. Sono muri inconclusi, apparentemente mostrano un determinato paesaggio oltre essi, ma in realtà questi muri sono deflettenti e non permettono una visione chiara. C’è qualcosa che rimane bloccato nell’intercapedine, come in un endosoma, e non c’è modo di guardare quello che sta al di là se non in impressioni confuse, vere ma agitate nel loro baluginarsi, e resta il dubbio del precursore. Poi c’è tutto quello che c’è aldilà. Qualunque cosa essa sia, la si scoprirà solo dopo che le scoperte di un decennio avranno spostato in avanti le mura. “ uno degli scienziati del Futuroscope s’incupì improvvisamente a sentire quelle parole, e disse irrigidendo le labbra: “Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo”. San Paolo, Prima lettera ai Corinzi, 13,11-12. “Sì. La donna era come me, ma al femminile. Era un harem racchiuso in un solo essere donna. Mi riconobbe sangue del suo sangue, e mi portò in quel mondo sotto il mondo. Venni accolto in strane celebrazioni di gesta a loro sconosciute. Sapevano che dietro me esistevano imprese grandiose, ma sapevano forse diversamente da come sapevo io. “E’ forse Colui che è sempre stato qui pur andando via?” disse il loro capo. Disse Colui con la C maiuscola, e io non sapevo come comportarmi. Dissi come profeta in mezzo a altri profeti che ebbero precedenti e sconosciuti deserti “io sono Sakronos, Azrael. Io…voi…noi…noi siamo Azrael. E…questo….è…Zildrohar. e voi….siete tutto questo?” “Sì Sakronos, Colui che il silenzio sul passato dietro gli và. Noi sappiamo cosa fosti in tempi ctoni, ma su cosa fosti prima di adesso non ci è noto. Possiamo supporre che tu abbia combattuto una grande battaglia” “Certo, combattei una grande battaglia. La città di Canopy era minacciata da un grande male, la mafia dei Medici, che minacciava di distruggerla. Insieme ad un gigante d’acciaio, di fulmine e scintilla, distrussi i missili scalpello, gli scarafaggi d’acciaio con cui i criminali volevano sopprimere la città. Il suo nome, mi soggiunsero, è Ωtron. Io però fui crociato, ma queste realtà di millenni perduti vi furono già note anzitempo. Sono dunque a casa? Diverrò ancora?” noi Azrael uscimmo andando a Canopy, con te con me, Margareth. “ “Sì. Io ti raggiunsi, svelandoti cosa veramente fossi. Poi il tempo della tranquillità nell’ordine cedette il passo al grande disordine. I Kutu scesero dalle montagne, mostri a 6 zampe dei recessi della Terra, pidocchi dello scroto giganti, come un orda di gatti rabbiosi invasero le strade. “Io imperatore Darbazar, dichiaro guerra al mondo di Canopy! Mi manda la mafia dei Medici, miei antichi alleati! Sfiderò e distruggerò Sakronos l’Azrael!” i mostri avevano scatenato la calunnia, a cui sarebbe seguita la battaglia. “Quegli esseri mostruosi non aspetteranno troppi minuti ad attaccarci. Regina Nancy, cosa suppone vada meglio?” “Io metto la salute delle mie figlie al di sopra di tutto. I miei sudditi capiranno comunque che tutto ciò che ho fatto l’ho fatto per loro. Dunque dobbiamo prepararci a una guerra contro questi giganteschi pidocchi dello scroto” io nel frattempo mi stavo allenando nelle caverne. Spaccavo pietre a mani nude, gonfiavo il petto per saggiarne i muscoli facendomi travolgere da frane, davo fondo alle mie trasformazioni da scomposizione. Il mio istruttore si costruiva un armatura di macigni e mi combatteva. Io menavo pugni senza criterio e senza pietà, il più possibile concentrandomi sull’aggressione pura e semplice. Non che non disponessi anche di una mente piuttosto acuta. D’altronde potevo riprogrammare missili con il pensiero. Finchè mi combatteva tramite fantocci pietrosi, potevo caricare a testa bassa, fino a portarlo ad una scarpata e lasciare che la gravità e l’impatto con il terreno lo sfracellasse. L’idea mi venne constatando che ero così veloce nel bombardalo di pugni a martello pneumatico, raggi antimateria, colpi di coda a lama, testate peroranti, mosse di wrestling spezzabraccia e slogagambe che lui non era capace di catturare la mia coda. Io una volta gliela concessi perché lui la catturasse. Ma prendendola essa prese vita e si trasformò in un arrestabile trapano, che perorò la sua testa. La mia coda a balanoglosso dunque era davvero efficace. Io mi recai in incognito al Palazzo Reale, dove durante la notte ci fu il primo attacco combinato di quegli anopluri. La regina fu aggredita da un esercito di piattole grandi come rinoceronti, arrivate leggere come piume, distruggendo le finestre e arrivando con ruggiti addolorati nella sua camera. Nonostante la regina sapesse difendersi, non potè alla fine che farsi catturare dai mostri di Darbazar. Io zitto zitto mi misi sotto il carapace di uno di loro come Ulisse in fuga da Polifemo, facendomi portare nel loro covo. Darbazar lasciò l’onore a Black Dahlia di uccidere la regina, se non prima che lei avesse visto l’esercito di suo marito decimato da un orda di piattole grandi come rinoceronti. Ciononostante il cadavere di un Kutu con il metaepisterno perforato da un mio Counter knuckle distolse l’attenzione. “Chi l’ha ucciso? Chi è il traditore?” nel frattempo mi accorsi, specchiandomi in una pozzanghera, di avere un mantello da Superman, a forma di A. Concentrandomi riuscii a allungarlo, e a prendere il decollo. Arrivai in volo sulla Regina, imprigionata ai piedi del trono di Darbazar. “Io sono Sakronos, Azrael! E vi distruggerò!” “Vi aspettavamo! E ora vi uccideremo!” e un orda di Kutu mi fu addosso. Ma li perforai tutti con un super pugno a velocità supersonica. Un altro lo buttai addosso a degli altri strappando ad uno una zampa dopo un Airplane spin, con alcuni che precipitarono giù in un burrone. Altri mi attaccarono sputando fuoco, ma io, facendomi leva con la coda, cominciai a girare su me stesso scatenando una decupla raffica di pietre contro gli sputafuoco per poi separarmi in 7. La mia testa divenne un velocissimo calamaro di Humboldt, che, con la faccia sulla nuca rialzata chiusa in un armatura di vetro potevo vedere davanti a me. I miei tentacoli erano chiusi in spicchi di un unico appuntito cono, mentre le mie pleure triangolari descrivevano un rombo perfetto che mi permetteva di planare e virare. Sfidando il fuoco lo distrussi, per poi, fare lo stesso con un altro, per poi dirigermi verso Black Dahlia. I miei tentacoli si aprirono e si affusolarono, pronti a colpire. A nulla le valse scaricarmi il suo mitra contro, le fui addosso mettendola in una rete a strascicamento. “Lasciami razza di animale!” imprecava la femmina. Io nel frattempo la esaminai tramite i miei raggi X. Non ero tanto interessato a sbirciarle le mutandine, ma vedere cosa diavolo fosse. Era una cyborg, come un Azrael. La elettrificai lasciandola senza movimento. Altri 3 Kutu mi vennero incontro, ma li fermai con un doppio raggio accaldante. Un emanazione di calore a 80 gradi, che li rosolò il carapace dandogli una brutta abbronzatura, spingendoli ad allontanarsi, mentre io mi trasformavo di nuovo in concorde, andando di nuovo contro di loro tranciandoli con le ali. Il mio tronco trasformatosi in un possente cinghiale, o meglio in un possente Kubanocherus Gigas, cinghiale unicorno del Miocene, perora decapitando un altro Kutu e, resistendo alle fiamme degli avversari, ne azzanna uno per il mesoepisterno e sbatacchiandolo, mentre altri sputavano fuoco contro di lui, mentre il mio tronco lo buttò addosso agli altri. Poi vi si avventò contro, caricando tutti a testa bassa mentre quelli cercavano di rimanervi attaccati. Il cinghiale estrasse un trapano dalla bocca e perorò una parete di roccia, facendovi scontrare contro i 3 Kutu. Poi rispuntò dalla terra e scatenò una frana e li travolse e schiacciò tutti. Un altro gruppo di Kutu stava marciando verso la parete, ma lui ritirò le braccia nei pettorali e incapsulò i suoi zoccoli in dei tori d’acciaio che si trasformarono in un corto bilanciere con i 2 pesi-rappresentati dai suddetti tori-tramutatisi in scudi rotanti laceranti. Roteò in aria come un boomerang dirigendosi verso gli insetti e lacerandogli tutti, in uno zampillo di zampe, teste, parti di metaepimeri. Gli zoccoli si riagganciarono al tronco del mio torso-cinghiale, correndo poi a valle. Un esercito di Kutu stava di nuovo minacciando la regina Nancy e suo marito Fritz. Per fortuna le loro figlie Parasoul e Umbrella erano rimaste a casa. Gli Aironi Neri stavano facendo del loro meglio, ma le mitragliatrici non servono a molto se devi combattere dei nemici armati di lanciafiamme. Arrivarono per loro fortuna le mie braccia. Il mio braccio destro era teso e chiuso a pugno, con una coppia di lame uscite lateralmente dal polso, una arcuata verso l’alto una arcuata verso il basso, mentre il sinistro era attaccato ad una coppia di manici in prossimità della rotula del gomito, sia sulla poppa del radio che dell’ulna del destro, mentre l’altro aveva un paio di kiwido che li uscivano da dietro. Entrambi ruotavano sull’asse orizzontale come un girarrosto impazzito, perorando da dietro l’urotergo di uno dei Kutu, per poi proseguire con gli altri. Uno di loro sputò fuoco contro le mie braccia in configurazione chinorinco, ma quello era un frullatore che deviava tutte le fiamme, e finì con la testa spiccata dal pronoto. La stessa regina era una grande guerriera e riuscì a combattere diversi Kutu, ma questi, resisi conto della possibilità di restare in minoranza, fecero intervenire i loro fidi animali domestici, gli Wshaer. Incroci tra un Embolophorus e un Helicoprion erano i loro bracchi e molossi, e vennero aizzati contro la regina e suo marito. Lei riuscì a farne fuori parecchi, ma uno era un incrocio tra uno Wshaer e un Jojjher, variante dello Wshaer incrocio tra uno Ctenospondylus e un Helicoprion, e la impegnò più a lungo del richiesto e del profetizzato. Ma a salvarla arrivarono le mie gambe. Si erano unite a formare un piccolo convoglio ferroviario tipo quello LEGO spazio 1987, l’”oloturia”, con i piedi piegati di 90°. L’essere prima lo allontanò sparando laser da degli ocelli sul 2° e 3° cuneiforme, poi lo sconfisse con 24 piccole seghe circolari, grandi quanto shuriken, che si sommarono formando un disco assassino di 24 metri. Darbazan nel frattempo si era allontanato, ricongiungendosi con Lorenzo. “Mio sire! Mia regina Dahlia! Il nostro esercito è stato devastato! Abbiamo perso! Dobbiamo ritirarci prima dell’annichilimento totale!” “E così adesso finiremo arrestati! Bello il tuo investimento Dahlia!” “Non farmi nessuna testa Lorenzo! Ci dev’essere qualcosa, devono avere una sorta di alleato che noi non conosciamo….un qualche supersoldato di cui nessuno ci aveva parlato. Quindi lascia che Darbazan raduni le ultime truppe rimastegli e fuggiamo!” ma proprio mentre stavano finendo di parlare, la mia coda a balanoglosso, verme di Dune, martello pneumatico, trapano da dentista, spinello generò una frana che li mise davanti all’impossibilità di procedere se non in una direzione che li avrebbe portati verso un ingresso pattugliato da degli uomini armati. Mi riassemblai e la famiglia Renoir mi guardava con gli occhi di un cane che è venuto a sapere che gli uomini pisciano e cagano dove lui beve. “Tu chi sei?” mi chiesero. Perché d’altrocanto c’era chi non mi aveva visto prima. “Non chi sono, chi siamo. Noi siamo gli Azrael e apparteniamo a questo mondo finito di nome Zildrohar, che poi voi avete chiamato Terra. Io…sono Uno-in-tanti-e-tanti-in-uno. “ “Io nel frattempo ero tenuta impegnata con quei mentecatti dei Medici. Come hai detto gli hai sbarrato l’accesso ad un'altra via di fuga. Quelle caverne erano un autentico labirinto, e quei gangster si persero ripetutamente, fino a che non s’instradarono su quella che sembrava una via di fuga per loro fruttuosa. Ma c’ero IO lì davanti. Io ero stata dotata di un armatura proprio dagli Azrael, per affrontare “delle minacce umane” come le avevano chiamate quelle creature. “ “Dunque poi saresti arrivato qui. Ma poi com’è andata contro quegli altri?” “Erano praticamente con le spalle al muro. chiese Lorenzo. dissi, sguainando la mia spada. e li fui addosso. Li recisi la pistola e disarmai anche Black Dahlia, dandole poi in testa agli altri. Arrivarono poi dei poliziotti della divisione speleologica. Me ne andai prima> questa storia viene raccontata ancora tra gli Azrael, e anche tra gli Aensland e i Renoir. “E secondo te Venus” chiese Aeon “qual è l’occasione giusta?” “Guarda qui. L’antica Troia. Un intera civiltà caduta per colpa dell’amore di una donna. O la Prima Guerra Mondiale: fu una pallottola. Secondo te….il risentimento stupido di un demone lussurioso può causare una guerra?” le avversarie, per Morrigan, Parasoul, e le amiche della succube, erano state tante e insidiose. Trottola, la manipolatrice di cavi e nastri, in grado di ruotare su sé stessa senza mai accusarne gli effetti collaterali, Uha, l’estetista, l’amante dei capelli e della moda, Roa, la tessitrice, Liquoria, simile a Double. Erano donnicciole senza arte né parte, con desideri insulsi e senza inspirazione. Infine Morrigan aveva gli occhi sul Cuore-Teschio, brandendolo in mano come una palla da bowling. “Mangia questa mela….per favore, accetta la mela di una povera vecchia….” “Cosa aspetti? Il desiderio è tuo…..” ma Morrigan, nonostante Anne-Marie sconfitta e una così succosa possibilità là davanti, lo posò con calma e pazienza, recitando Io ho una piccola lista di desideri: e se mai un dì funesto a una vittima si debba dar cacciagione io ne ho un zibaldone, sì io ne ho uno zibaldone di molesti societari che esacerbano l’umanità né uno se ne perderà, né uno se ne perderà! C’è la ragazza che desidera e poi viene fregata Il chiunque o la qualunque che nello sforzo pensa la sua ricompensa se la sia ben meritata; Il Teschio-Cuore e le sue finte fiamme da zampirone io ne ho un zibaldone, sì io ne ho uno zibaldone (As something even may happen that a victim must be found i’ve got a little list, i’ve got a little list of society’s offenders who might will be underground no one of them will be missed, no one of them will be missed! There’s the girl full of wishes that in the end crushes her face against the fact that everything is just a prank The He or She that for this amazing effort thinks he’ll earn on the Three of Immortality a Goddamn’ golden branch; The Skull-Heart and his fake flames of a frixxxxx, no one of them will be missed, no one of them will be missed!) “Allora Morrigan? Che stai facendo?” chiese Parasoul. “Il tuo desiderio di vendicare tua madre è sbagliato!” le rispose. “Non devi fare più niente per lei! Vivi piuttosto la tua, meravigliosa perché unica, vita!” mentre “esprimeva” il suo desiderio. C’è la cameriera frustrata che pulisce per l’eternità segrete bisunte di marmellata di lampone io ne ho un zibaldone, sì io ne ho uno zibaldone e la suora amorfa che parlando mai nessuno capirà né uno se ne perderà, né uno se ne perderà! C’è il demone senza Tartaro che di paradisi di plastica troppo a lungo camperà! E il poeta maledetto che 100 case editrici gareggeranno a chi per prima lo pubblicherà! E l’uomo senza nome che senza motivo un dio lui diverrà! né uno se ne perderà, né uno se ne perderà! (There’s the desperate maid that for the Eternity will clean undergrounds who’s walls are dirty of jam by lampoon she’ll be on the list soon, oh very very soon! And her shapeless nun that when she talks no one’ll ever understand what the Hell she just say’d Having her on the list is okay, is such a goddy good delight! There’s the Demon without Gehenna that maybe will survive due to kindergarten shaped paradises! And all of those pressing Napoleon that will fight against each other for who will deteins the next cursed genius that next year will arise! And the pavement-stomping everyman that for no reason is turn’d into a clopping God above the sea! no one of them will be missed, no one of them will be missed!) “Allora ti decidi con il tuo proposito? STO COMINCIANDO A ESSERNE ESAUTORATA!!” strillò la Ragazza-Teschio Anne-Marie, mentre l’impazienza le aveva fatto impallidire le dita inforcatrici della sua arma principale, un aspirapolvere con cui aveva arbitrio sopra i trapassati. “A dire il vero tutto quello che avevo da desiderare l’ho già desiderato!” “E quale sarebbe stato?” fu la screanzata risposta di una Anne-Marie che ormai proprio non ce la faceva a mantenersi regalmente impassibile davanti a quella sottospecie di ballerina da opera buffa, di cinguettante Colombina che si sente Ermengarda. “Di non avere più desideri!” “Comecomecome?” chiese tra l’incredulo e l’irritato la ragazza-teschio. “Già. Mai più desideri. Non piangere per me Ismene sorella mia! Non cercami mai più [sta alludendo a Jedah, il quale ha deciso di assistere alla scena come un gargoyle senza più interessi né furie] mio vecchio e stupido Creonte! Nel mio cuore che sia di sangue o sia deserto, giacché il desiderio mai più vi abiterà! Addio mascherine! Il mio cuore è nudo, come il midollo di un albero ritto come un gatto rabbioso. Come una palpebra crudelmente aperta a forza adesso lo stai guardando, senza più la casa di bambola del desiderio, dove la volontà era rappresentata per finzioni. Il desiderio era il mio vero nemico, e combattere quelle attendenti era il modo in cui io ho potuto guardarlo in faccia. No, mai più, desideri? Mai più!” al che Parasoul le chiese se, siccome ormai si era visto che il suo cuore era puro e che quindi non ci sarebbe stata nessuna ripercussione, se non volesse andare. Ormai il Sole stava tramontando, e come una ragazza che andava ancora alle superiori aveva anche un po’ di fame. Ciononostante quando entrambe andarono all’ingresso dell’abbazia dove si era svolto lo showdown definitivo, i portoni le si chiusero in faccia. Nello stesso momento, le finestre chiuse nelle loro monofore si ruppero in una caleidoscopica pioggia di cocci, sottili come carta. La Skullgirl era di nuovo davanti a loro, l’aspirapolvere in mano e l’espressione di rabbia disperata sul volto. “Voi lo volevate fare fin dall’inizio” disse mentre dalla rabbia soffiava a denti stretti. “Di fregarmi così, burlandosi della mia condizione. C’eravate quasi riuscite, a turlupinarmi. Se una desidera di non desiderare, il Cuore-Teschio esaudisce il desiderio, potendo trasformare secondo il suo esclusivo arbitrio la desiderante in una Skullgirl. Ma se il desiderio è non desiderare, non avere più desideri, allora il Cuore-Teschio non può fare niente, perché il desiderio non esiste come desiderio! Bè è il classico arzigogolo concettuale in cui potrebbe cascare solo una principiante….come tua madre, Parasoul!” “Nancy! Come sai come mi chiamo? Come sai il mio nome?” “Io so tutto, Parasoul. So di certo che tua madre commise l’errore di recarsi al mio cospetto senza nessun esame di coscienza preliminare. Tua madre era una psicotica folle ossessionata dal controllo e un uxoricida! Ed è più che giusto che sia stata punita con la morte!” “Non! Parlare! Piccola! Screanzata! Di! Mia! Madre! In! Questo! Modo!” ribatté Parasoul colpendo Anne-Marie con fendenti dati senza particolare cura per l’Ars claudendia “Tu non ne conosci nulla. Era una grande regina, una donna impavida e sincera. È stata tutta colpa di Fritz. È stato mio padre a scatenare la guerra, mia madre si è sacrificata per tutti noi, non hai diritto a parlare di lei in queste parole!” “E chissenefrega! La tua versione non corrisponde alla mia. E nulla di quello che ci diremo potrai mai andare reciprocamente d’accordo! Questo è quanto!” e Anne-Marie all’improvviso si sentì mancare la voce come se avesse urlato per 5 ore consecutive. Poi le cominciò a girare la testa, mentre Jedah, risvegliatosi, camminava quasi in punta di piedi , e quando le fu abbastanza vicino, dal corpo di Anne-Marie si vide alzare in una danza di fumetti spiraliformi: l’energia vitale che Jedah stava assorbendo. “Traditore…traditore” mentre Ragtime Kid e Armagnac Xep, due dei due non-morti che assistono la Skullgirls la reggevano, cercando di allontanare Jedah. Ma venne allontanato da Morrigan, aiutata da Parasoul, che si misero a combattere contro di lui. Quando il demone travolse la succube avvolgendosi nelle sue ali e ruotando come uno xindire travolgendo tutto perorando persino il terreno sparando in aria una striscia di sassolini, cercando, al riparo delle sue ali, di baciarle via l’anima, Parasoul lo infilzò con il suo ombrello/sciabola. Lei si liberò e trasformò le sue ali in una coppia di trapani, ferendo di nuovo alle membrane alari Jedah, il quale fece “esplodere” i suoi tricipiti in una raffica di aculei insanguinati, che Morrigan schivò per un soffio. Parasoul chiese a Morrigan di catapultarla verso Jedah, e Morrigan la avvolse nelle sue ali, trasformatesi in un mazzo febbricitante di code di Scelidosaurus, scagliandola dopo una veloce rotazione coassiale verso Jedah, con l’ombrello, Krieg, proteso come l’arpione usato da Willy il coyote nel tentativo d’infilzare il Beep Beep (Dig.outtis Tid.bittius) in Eccoli là! Di Chuck Jones, centrandogli l’ala destra, scuoiandola della sua membrana sospesa tra l’anulare e il medio. Tra le cose, Parasoul centrò con la precisione di un missile a tracciamento termico Anne-Marie, uccidendola temporaneamente. Jedah però era vivo, e nemmeno in fase temporanea. Morrigan, resasi conto che il suo corpo poteva essere devastato e rimesso a posto, con le sue parti anatomiche “fuori di loro” usate come armi, si affidò totalmente al suo Ki U, che nelle donne si trova nell’osso sacro (e che per questo con una certa scatologia è stato spesso chiamato erroneamente Spirito della vagina o Della vulva, mentre in realtà sarebbe più giusto definirlo Dell’utero), cercando di sincronizzarsi sull’unica parte di Jedah dove non avveniva nessuna trasformazione in stile Generator Rex, il cuore. Batteva feroce e impossibile da guarire. Come un braccio affetto da epidermodisplasia verrociforme, l’unica cosa che restava da fare era scuoiarlo e aspettare un trapianto di pelle all’uopo. Continuando a concentrare U sul cuore sanguinante di Jedah Morrigan finì con l’impalarlo proprio in quello specifico punto. “Sconfitto eh?” disse la succube mentre toglieva la zagaglia, da uno Jedah che, grondando sangue, si accasciava a terra digrignando i denti come un cane abbattuto a terra dal suo stesso lyssavirus. “Maledetta…” e poi si allontanò dal nostro porco mondo. Ma non era finita lì. Jedah sapeva benissimo di poter contare su immani bestie apocalittiche, le quali oscurarono il cielo, generando, serpenti di fuoco, un immane devastazione su Canopy. Macchine e non macchine si mossero e corsero per scongiurare la catastrofe, ma una seconda volta la città finì in macerie.
   
 
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