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Autore: Ghen    24/05/2016    5 recensioni
Oh, che cosa ridicola! Era stato abbastanza idiota pensarlo, scriverlo era diventato la sua cosa più odiata dopo Greer. Ma come le era saltato in testa? Non era da lei. Appunto, le era saltato in testa perché aveva il cervello in pappa dopo il trattamento ricevuto da Samaritan. Le torture, le simulazioni, le ripetute morti la stavano facendo impazzire. Più di prima, s'intende. Settemila volte. Settemila volte aveva fatto l'amore con lei.
ATTENZIONE SPOILER per chi non segue la 5° stagione. Tiene conto degli avvenimenti fino alla 5x05.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Bear, Harold Finch, Root, Sameen Shaw
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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ATTENZIONE: Tiene conto degli avvenimenti fino alla 5x05.





Per il resto ci sei tu

Le rose sono rosse, le viole sono blu... Per il resto ci sei tu

Oh, che cosa ridicola! Era stato abbastanza idiota pensarlo, scriverlo era diventato la sua cosa più odiata dopo Greer. Ma come le era saltato in testa? Non era da lei. Appunto, le era saltato in testa perché aveva il cervello in pappa dopo il trattamento ricevuto da Samaritan. Le torture, le simulazioni, le ripetute morti la stavano facendo impazzire. Più di prima, s'intende. Tutto si era ripetuto settemila volte. Settemila volte lei era fuggita, settemila volte aveva ritrovato il gruppo, settemila volte aveva provato ad ucciderli e settemila volte aveva ucciso se stessa pur di non uccidere Root. Già, settemila volte aveva fatto l'amore con lei. Erano solo simulazioni, ma quanto di vero c'era stato in ognuna di loro? Dopotutto era vero che stava impazzendo.
Si portò una mano alla fronte e all'improvviso udì dei passi. Stava per mettersi all'erta, era un riflesso naturale, quando sentì un abbaio di Bear e allora si calmò. Era al sicuro, adesso. Non sapeva per quanto, ma al momento lo era. La testa di Finch sbucò da un angolo e Shaw scattò come una lepre, rimettendosi meglio sulle ginocchia. Si era accovacciata per scrivere su quel dannato foglietto che aveva chiesto a Finch ma le facevano male le ginocchia. Si sentiva ancora molto provata, non in forma perfetta, ed era una cosa che odiava.
«Si è ricordata qualcosa che potrebbe tornarci utile?», domandò lui, allungando lo sguardo verso il foglietto.
Lei lo appallottolò appena si rese conto che lui lo stava guardando, lanciandolo dietro di lei. «No», mugugnò, abbassando lo sguardo e, con un gesto involontario, ritirandosi indietro i capelli. «No, no, era solo… uno scarabocchio».
Finch annuì, tirando il guinzaglio con Bear. Solo allora Shaw si rese conto che l'uomo aveva indossato il giaccone: era pronto per uscire.
«Dovrebbe sdraiarsi un po', miss Shaw. Sono certo che a miss Groves non dispiaccia che riposi sul suo letto».
Lei si girò e guardò il letto, tenendosi di nuovo la testa che le girava. Oh, ne era certa anche lei. «Tu», lo indicò con un gesto della testa, alzando il mento, «dove vai, adesso? Torni a casa?».
Finch annuì, guardando Bear che scalpitava per uscire un po' dalla vecchia metropolitana. «Non so quando torno», rispose. Non le avrebbe ancora parlato di Elias; in fondo aveva già tante cose per la testa. «Mister Reese è impegnato con un numero al momento, e anche se non ha bisogno di me sono sempre in contatto. Per qualsiasi cosa…», lasciò la frase a mezz'aria.
Shaw aveva capito cosa intendeva, se avesse avuto bisogno di lui ci sarebbe stato, eppure dirlo in quel modo le faceva solo pensare che restava in contatto per Reese e non per lei. La ragazza si limitò ad annuire debolmente.
«Miss Groves è ancora fuori, ma ormai credo abbia finito di lavorare», guardò il suo orologio al polso, «Magari tornerà prima lei di me», aggiunse con voce più bassa, quasi sovrappensiero. «Meglio che vada», la guardò ancora, «Sono contento di riaverla con noi, miss Shaw».
Bear entrò in camera di Root il tempo per salutare Shaw e poi lui e Finch sparirono.
«Potrebbe aggiungerci qualche cuoricino… A miss Groves non dispiacerebbero», lo sentì dire e Shaw roteò gli occhi.
Si sdraiò ma sul pavimento, su quel morbido tappeto. La testa le stava scoppiando ma non gliel'avrebbe data vinta. Samaritan e Greer avevano avuto da lei settemila morti, poteva resistere a qualche martellata sulla fronte.
Si toccò istintivamente sotto l'orecchio sinistro, sul cerotto. Per fortuna non era come nelle simulazioni. Lei era lucida. Anche se ogni tanto temeva in modo involontario di essere ancora là dentro: per questo non voleva dormire, aveva paura di risvegliarsi lì all'interno di un incubo, paralizzata su quel letto e incollata alle macchine. Aveva dormito fin troppo.
Sapeva di non trovarsi ancora lì solo perché nelle simulazioni non era mai arrivata alla metropolitana. Lei sarà anche morta settemila volte, ma settemila volte aveva vinto perché non aveva portato Samaritan dalla Macchina. Era stato tutto diverso, nella realtà. Era stato diverso fin dal principio: aveva provato a scappare per davvero, o forse glielo stavano lasciando fare, ma tutto era diventato reale quando erano apparsi Root e Reese e l'avevano portata via. E non ci sarebbero più state simulazioni. Dovevano tornare là e sconfiggere Samaritan, ma al momento era troppo potente e il suo era stato un salvataggio di fortuna, non ce ne sarebbe stata ancora. Finch sperava che il periodo trascorso con loro potesse aiutarli a trovare un punto debole di Samaritan, ma la verità era che Shaw si preoccupava di non essere utile affatto, se non a ricordare quelle simulazioni.
Odiava non essere utile. E odiava sentirsi ancora così debole e provata.
«Ehi, tesoro».
Oh, era tornata. Come non capire che era lei.
Sentì il rimbombare dei tacchi dei suoi stivali attraverso i peli soffici del tappeto e Shaw si mantenne di nuovo la fronte, perché il rumore dava man forte al mal di testa.
«Sei ancora sveglia?», Root si affacciò nella camera, vedendola sdraiata sul pavimento. «Oh, ti verrà il mal di schiena», s'inchinò subito verso di lei, poggiando un sacchetto della spesa sul tappeto.
«Credimi, è l'ultimo dei miei problemi».
Capendo che non sarebbe riuscita a farla alzare, Root aprì il sacchetto e ne tirò fuori un fagottino involto in una pellicola, mostrandoglielo: «Guarda cosa ti ho portato! Un-».
Shaw glielo prese dalle mani, rimettendosi seduta. Prima che Root potesse finire di parlare, lei aveva già svolto l'involucro di pellicola del panino e fatto il primo morso.
Root sorrise e si appoggiò alla parete lasciando i gomiti sulle ginocchia. La fissava incessantemente e Shaw abbassò lo sguardo.
«Tu non mangi?», le chiese. Magari provando un argomento l'avrebbe smessa di fissarla in quel modo.
«No, anche l'altro è per te. Nel caso avessi molto appetito», sorrise di nuovo. No, non smise di fissarla.
Shaw diede un'occhiata appena al secondo panino nel sacchetto, guardando poi lei. Era ovvio che non avrebbe smesso di fissarla, dopotutto era Root. Ormai la conosceva.
Le aveva detto quanto non aveva smesso di cercarla. A un certo punto avevano davvero creduto fosse morta. Shaw immaginò che Root ci fosse rimasta male. Forse aveva sofferto. Lei era stata troppo impegnata a morire settemila volte per pensare a cosa avevano creduto di lei i suoi compagni. Troppo impegnata a farlo nelle simulazioni. Beh, in fondo sapeva che Root non avrebbe mai smesso di cercarla.
Prese l'ultimo boccone rimasto del panino e appallottolò la pellicola, gettandosela alle spalle. Vide Root alzarsi e lamentarsi.
«Se ti viene ancora in mente si sdraiarti sul tappeto, lo farai nella sporcizia», disse.
Shaw stava per afferrare il secondo panino quando un pensiero atroce le attraversò la mente: il foglietto. Si precipitò alle sue spalle, ingoiando il boccone, ma era troppo tardi. Root aveva tra le mani la palla della pellicola e il foglietto, che stava già rimettendo in sesto per leggere.
«Quello è mio», grugnì in un lamento. Allungò una mano per afferrarlo ma Root si spostò da un lato e Shaw non aveva ancora recuperato i buoni riflessi di una volta.
«Oh».
Era tutto? Shaw si paralizzò sul tappeto, incerta sul significato del verso di lei. La vide scendere e fermarsi sulle ginocchia, continuando a fissare quel foglietto, stringendolo. Sembrava visibilmente imbarazzata. Ed era pure una stupidaggine, pensò Shaw; una stupidaggine che non doveva scrivere né pensare. Avrebbe voluto ringraziarla in qualche modo, farle capire che era importante per lei, anche se odiava ammetterlo. Ma quelle parole erano state la prima cosa a venirle in mente con una penna in mano. Oh, ed era così banale. Tutti conoscevano quella rima. Davvero si era emozionata per quella robaccia?
«L'hai scritto per… me?», le domandò Root con un filo di voce, alzando lo sguardo.
Shaw si toccò di nuovo la fronte, abbassando il suo. Non sapeva davvero cosa rispondere.
Root scese il foglietto con una mano e con l'altra sfiorò una guancia di Shaw, in una carezza. La seconda stava per allontanarsi ma Root si accostò in fretta e le prese le labbra con le sue, in un attimo. Strinse e Shaw si allontanò un poco, non bruscamente, senza dire una parola. Il foglietto cadde di nuovo sul tappeto e Root lo riprese con sé, insieme alla pallina di pellicola.
«Vado a buttare…», non finì la frase. Root si alzò di fretta e stava per uscire dalla stanza quando Shaw le prese una mano, fermandola. Si alzò anche lei.
«Root! C'è un cestino anche qui dentro». Shaw la tirò verso di sé e le prese il viso tra le mani, arrivando alla sua bocca. «Non ho intenzione di lasciarti il tempo per riprenderti», le sibilò con il fiato caldo sulla bocca. Root era imbarazzata e stava scappando, ma non ne aveva bisogno.
La pallina di pellicola scivolò dalle sue mani insieme al foglietto e Root le accarezzò le guance calde. Si baciarono ancora, ancora, sbattendo sulla parete. Shaw le tirò via le mani e le strinse i polsi contro il muro, baciandola con forza scendendo lungo il collo, e sulle spalle spostando la maglietta scollata.
Adesso era certa di non essere all'interno di una simulazione. Tutto era così vero, così tangibile. Appena Root le sfiorò le labbra ne ebbe la conferma. E forse era un caso che anche nelle simulazioni finissero a letto. Non era destino ma semplicemente qualcosa che volevano. Shaw si sentiva libera da tutto; era se stessa e baciare la sua pelle morbida era una continua conferma.
Root si divincolò e spinse Shaw indietro, continuando a baciarla, a portarle via il labbro superiore. E ancora si ritrovarono l'una sulla bocca dell'altra, finché Root non la tirò verso il letto e le salì sopra, sfilandole di dosso la maglietta e baciandole il petto, scendendo sui seni. Shaw l'aiutò a togliersi la sua e nella foga la spinse indietro, permettendole di rialzarsi e gettare lei sul letto, ritrovando le sue labbra, affondando sulla sua bocca.
Non ricordava di essere mai stata veramente in pace nelle simulazioni. Settemila simulazioni e aveva sempre il sentore che ci fosse qualcosa di sbagliato a tormentarle l'anima, qualcosa che si metteva contro di lei, qualcosa che le impediva di essere tranquilla. Durante le simulazioni non sapeva di esserci dentro, era qualcosa che poteva capire solo una volta che le lasciavano respiro e le toglievano quella dannata cosa dalla faccia, eppure era sempre stata certa, là dentro, di non essere al sicuro, per quanto potesse essere simile alla realtà. Sembrava esserci sempre qualcosa di forzato, qualcosa di falso e incredibilmente vuoto, ma non capiva cos'era. Samaritan aveva accuratamente scavato dentro di lei per poterla usare a suo vantaggio, ma infine aveva perso allora e avrebbe perso di nuovo. Perché Samaritan l'aveva vista fare l'amore con Root settemila volta ma non l'aveva capita mai, nemmeno una volta. Samaritan non lo poteva capire, non poteva riuscire a farlo: era priva dell'empatia necessaria.
Shaw le sfilò i pantaloni e le passò le mani lungo le cosce, tastando la pelle morbida e un po' infreddolita di Root. Ci avrebbe pensato lei a scaldarla. Nel frattempo le baciava la pancia, scendendo, socchiudendo le sue labbra nell'ombelico. La sentì sussultare sotto di lei. Forse tanto forte che Root sentì l'impellente bisogno di riprendere in mano la situazione e strinse le spalle di Shaw, tirandola verso la sua sinistra. Caddero entrambe dal letto e atterrarono sul tappeto, lasciandosi scappare qualche sorriso. Tirarono il filo della lampada e cadde anche questa, rompendosi. Allora risero.
«La mia lampada…», sussurrò Root.
«Meglio lei delle nostre teste».
«Mh», le sorrise, carezzandole il viso, «Pensavo ti piacessero queste tipo di cose».
«Da che ricordo, piacciono anche a te», rimbeccò con mezzo sorriso, roteando gli occhi.
Si baciarono di nuovo, dapprima piano e poi più forte, così Root tornò a mettersi sopra di lei, aiutandola a tirare via i pantaloni.
In realtà, Shaw sapeva che non era mai stata tanto diversa da Samaritan. Forse non aveva mai pensato al controllo del mondo, ma anche lei uccideva le persone solo perché così le era stato assegnato e non provava pena per loro. Erano un bersaglio, un nemico, e andava fatto. Non era solita farsi molte domande. E di certo non era solita ad amare qualcuno. Andava a letto con chi le interessava, senza dubbi, ma l'amore era sempre stato su un altro livello che non le era possibile raggiungere, qualcosa che non l'attraeva perché non lo capiva. Anche lei era stata priva dell'empatia necessaria e, strano anche solo pensarlo, ma forse Samaritan stesso e le sue simulazioni l'avevano aiutata a diventare quella che sentiva di essere in quel momento. Root le aveva fatto sentire qualcosa per la prima volta dopo la morte di suo padre quando era bambina, e Samaritan, senza volerlo, le aveva dato la spinta necessaria per imparare ad amare.
Non era certa di essere innamorata di Root, ma senza dubbi si sentiva sulla strada giusta per scoprirlo.
Si baciarono di nuovo affondando ognuna nelle labbra dell'altra, assaporandosi, sentendosi, conoscendosi a un livello fino a poco prima solo immaginato. Sfiorarsi e poi toccarsi con forza, stringere i polpastrelli nella carne nuda finché non cambiava colore e poi lasciarla, mordere, leccare, scoprirsi ad ogni tocco una persona diversa, fra sospiri e strette improvvise.
Shaw scese su di lei toccando con mano ogni centimetro del corpo di Root, stringendole i fianchi mentre lei le teneva la testa, tirandole i capelli. Shaw si era perfino dimenticata del mal di testa. Affondò contro il corpo di lei, sentendola vicina come non lo era mai stata.
Erano rotte entrambe, una volta. Magari in quel momento non potevano definirsi ancora aggiustate, e forse non lo sarebbero state mai, ma erano più di quanto Samaritan non sarebbe mai riuscito a essere e avrebbero vinto. Avevano già vinto.




***

Shaw tolse un braccio di Root che la stringeva in vita, provando a scendere dal letto. A passi felpati camminò fino al sacchetto e tirò fuori il panino, iniziando a svolgerlo dalla pellicola.






















Ma cosa mi è successo io non lo so, che non scrivo più fan fiction serie dal 2012 (una mini flash-fic nel 2014 non la considero “seria”, per intenderci). Person of Interest e le shoot mi hanno stravolto! Tanto che le ho sognate, giorni fa °-° Poi avevo in mente questa rima e Shaw e Root e allora dovevo assolutamente farci qualcosa! Poi ok, non è granché, è banale come la rima di sopra, ma vi ricordo che non scrivo fan fiction serie dal 2012 XD Anzi, credevo non ci sarei mai più riuscita!

Detto questo… grazie per aver letto fin qui, spero vi sia piaciuta almeno un pochino-ino-ino e se vi va lasciatemi un segno del vostro passaggio ^_^

Goodbye! ~


   
 
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