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Autore: Ink Voice    24/05/2016    0 recensioni
Niente sarà più come prima. Forse è meglio così, pensa Eleonora, mentre si chiede esasperata quale sia il prossimo compito da portare a termine. È una domanda retorica che si pone solo per rispondersi subito dopo: “Salvare il mondo”. Una frase da supereroe, da film, che invece le tocca pronunciare per autoconvincersi che il momento è giunto e che lei, fino a qualche anno prima una ragazzina normale che non conosceva la realtà in cui è improvvisamente finita, è una delle più importanti pedine nel triste gioco della guerra.
Dalla parte di chi schierarsi e perché, quando ogni fazione ha numerosi difetti, che rendono l’una indistinguibile dall’altra? Troverà mai dei motivi che la spingeranno a non chiudersi in sé stessa e a non tirarsi indietro? Perché dover rischiare la propria vita per una causa che non si conosce davvero e per una verità svelata sempre poco per volta?
Queste domande l’accompagneranno mentre cercherà la forza per non arrendersi. È l’ultima parte di Not the same story.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Manga, Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Not the same story'
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XI
Il guardiano del tempo

La ramanzina che Hei Feng mi farà da un momento all’altro non mi spaventa, sebbene sia decisa ad affrontarla senza l’aiuto di nessuno. Anzitutto perché ho altri pensieri per la testa - in primis Daniel - e poi non credo sarà in grado di dirmi qualcosa che desterà in me la benché minima preoccupazione. Si sarà pure stancata di combattere con il nostro vero ruolo - che non è quello di membri, per quanto particolari, speciali e magari privilegiati, delle Forze del Bene. Le è ormai chiaro che il tipo di collaborazione che credeva si fosse creata con i Legati non fosse quello che si aspettava, che noi non dobbiamo niente nei loro confronti e che siamo soltanto degli esecutori dei loro comandi - sempre che questi non si scontrino con i comandi dei Leggendari.
Mi sono alzata anch’io insieme agli altri ragazzi, ma dopo aver mormorato a Ilenia che li raggiungerò in seguito quasi non mi muovo dal mio posto, sotto gli occhi attenti e ostili della direttrice. Appoggio la schiena al muro e incrocio le braccia al petto, aspettando che la donna si ritenga abbastanza a suo agio da poter, magari, anche insultarmi, adesso che non è più sotto il tiro di una decina di esseri sovrumani. Non riesco a nascondere un momento di debolezza, che si manifesta in un brivido e in un’espressione leggermente sofferente, appena questo pensiero mi attraversa la mente: ed è proprio adesso che mi sono un po’ distratta che lei decide di attaccare.
«Il comportamento di voi Legati è semplicemente inaccettabile, e il tuo soprattutto» esclama. «Non puoi far finta di non ricordare cosa le Forze del Bene hanno fatto per te, Eleonora. Se sei arrivata fino a questo punto, e fossi in te non mi lamenterei, è solo grazie all’intervento fatto da Bellocchio per non farti cadere nelle mani dei Victory.»
«Non l’ho dimenticato, ma non ho motivo di essere riconoscente, a tal punto da dover dedicare la mia esistenza e le mie possibilità alla sua causa, a qualcuno che mi ritiene, nei fatti, un’arma in più da usare contro il proprio nemico. E poi ci sono molto cose che sono cambiate e fatti che, allo stesso modo, non posso scordarmi.»
«Cioè?»
Lei finge di interessarsi e per questo le lancio un’occhiata che spero sia sufficiente ad ammonirla, ma fa finta pure di non accorgersene. «Non sono veramente affari suoi, Hei Feng, visto che qui si va a parare sulla mia famiglia e la mia vecchia vita a Nevepoli. E se permette, be’, non ho alcuna intenzione di raccontare la mia storia e le controversie con Bellocchio a una perfetta sconosciuta.»
«Mi sono fatta tempo fa qualche idea sui litigi con il tuo superiore…»
«Non è il mio superiore.»
«Lo è, dannazione!» Hei Feng alza di colpo la voce e, avvicinatasi al tavolo, ci sbatte le mani e mi guarda con furore. Io non batto ciglio, restando immobile. «Tutta questa storia dei vostri veri superiori… non è mai uscita fuori prima di stamattina! Non mi sembra che gli altri Legati, a parte te e quello di Dialga, abbiano mai fatto i capricci a proposito di questa faccenda. Hanno sempre obbedito e non si sono mai lamentati della loro posizione, anche dopo aver ottenuto la forma materiale del Legame hanno continuato a collaborare con noi. Spiegami perché tu e Daniel, invece, fate tante storie! Pensa solo alla Legata di Articuno: lei non ha mai fatto niente per remare contro di noi. Eppure lavora per le Forze del Bene da molto più tempo di voi e ha anche la forma materiale del Legame da parecchi anni. Non rispondermi che quello che fanno gli altri non ti riguarda, mentiresti.»
«Non lo farò» ribatto con aria quasi annoiata, «ma lei, direttrice, saprà che i Leggendari hanno comportamenti e caratteri molto diversi tra loro: quello che Articuno potrebbe aver ordinato di fare a Sara, in questo caso ipotizziamo che sia servire sempre e comunque le Forze del Bene, può essere radicalmente diverso dalle direttive che mi dà Ho-Oh: ciò non toglie che Sara vi obbedisca solo perché sta a sua volta eseguendo un ordine della sua Leggendaria.» Non che il mio, in effetti, mi dia esattamente delle indicazioni: al massimo questo compito se l’è preso la seconda personalità che abita in me, che comunque dovrebbe assecondare il suo volere. In ogni caso, anche lasciando stare questo, il Legame di Ho-Oh mi ha conferito un’indole ancora più ostile alle posizioni di comando di quanto non fossi già io normalmente, non solo quelle delle Forze del Bene, escludendo ovviamente il Leggendario stesso. Sono diventata così perché lui è un essere libero da ogni vincolo e indipendente, proprio come io ho sempre voluto essere e come sono spesso stata anche prima della sua rivelazione.
«A questo punto viene il dubbio sul fatto che ci sia unione tra voi Legati.»
«Non abbiamo mai detto che ce n’è» mormoro.
«E invece dovrebbe!» scatta Hei Feng con voce acuta per l’irritazione, iniziando a camminare avanti e indietro oltre il tavolo che ci separa - e che probabilmente le impedisce di saltarmi addosso con le mani al collo. «Sono veramente stufa del tuo comportamento, Eleonora: datevi una regolata, tu e il tuo Leggendario. Tu rientra nei ranghi, torna al tuo posto, riprendi a lavorare per noi come hai sempre fatto; lui non dovrebbe interferire nel tuo rapporto con l’organizzazione per cui lavori. Il suo unico compito, dal nostro insignificante punto di vista, è quello di darti poteri in grado di mettere in difficoltà il nemico. E questo nemico è anche il tuo.»
«Per l’amor del cielo, direttrice…» Porto una mano al viso e, abbassata la testa, mi nascondo gli occhi.
«Con te ho finito di parlare, Eleonora» mi interrompe lei. «Non posso sapere come funziona il tuo rapporto con Ho-Oh, ma vedi di chiarire con te stessa e con lui la situazione in cui ti trovi. Dovete entrambi abbassare la cresta. E tu soprattutto non ricominciare con i tuoi soliti capricci, non fare polemiche sul fatto che le Forze del Bene e il Victory Team abbiano pochi elementi di differenza e tutte le cose che provi gusto a dire per sfidare i tuoi unici e veri superiori. Pensa soltanto ad aiutarci a far finire questa guerra e poi sarai libera di fare ciò che ti pare e di scorrazzare dietro al tuo Leggendario, che solo allora sarà il tuo capo: adesso sono le Forze del Bene quelle a cui devi rispondere, e soprattutto in questo periodo sono io il tuo punto di riferimento.»
Hei Feng termina la sua esasperata ramanzina: gira i tacchi e lascia la stanza, senza ovviamente salutare. Una parte di me è quasi disposta a rinunciare alla sua natura libera e ribelle per tornare a collaborare con l’organizzazione; un’altra, un po’ più forte e determinata, ritiene che la donna sia insopportabile da morire e che avrebbe dovuto pensarci due volte prima di criticare a tutto spiano non solo la contraente passiva del Legame, ma anche il creatore di esso. Eppure Ho-Oh non sembra per niente offeso dalle parole della direttrice: se ne sta zitto, ora, così come la persona misteriosa che fino a poco fa teneva di nuovo le redini di me stessa.
È proprio pochi secondi dopo l’uscita di scena della donna che le mie orecchie sentono di nuovo la voce di lei e invece la mia mente viene riempita da quella del Leggendario. All’inizio non riesco a capire né quello che Ho-Oh sta cercando di dirmi, né le parole di Hei Feng; e continuo bellamente ad ignorare la fenice quando sento che a rispondere alla donna non è altri che Daniel.
“Ascoltami!” sbraita Ho-Oh, impedendomi di afferrare qualche stralcio della conversazione tra i due, che sono fuori dell’ingresso, in una posizione dove i miei occhi non arrivano. Mi sforzo di rinunciare ai miei intenti e gli do retta: “Non avresti dovuto lasciare che quella persona prendesse di nuovo il controllo di te. Te l’avevo ordinato e te l’ho ricordato spesso in questi giorni, Eleonora: perché non l’hai fatto?”
“Perché era meglio così” ammetto, rispondendogli mentalmente. “Io non sarei stata in grado di affrontare Hei Feng se non fossi stata guidata da… da quel qualcuno.”
“Ma ti prego!” sbotta lui. “Quanti anni hai, tredici o sedici? Quella persona non ha fatto altro che tirar fuori la negatività proveniente dal tuo animo e dai tuoi pensieri, tutta l’ostilità che hai accumulato in questi anni ogniqualvolta le Forze del Bene sono andate a ferirti, volenti o nolenti. Ringrazia che non possono buttarti fuori neanche se ammazzassi uno dei vertici, ma non devi per alcuna ragione al mondo continuare a comportarti nel modo che la tua direttrice ti ha rimproverato.”
Non mi aspettavo che Ho-Oh fosse così deciso a collaborare con l’organizzazione, a tal punto da chiamare pure lui Hei Feng come la mia direttrice: pensavo che il suo carattere orgoglioso e affatto docile non gli permettesse di arrivare a questo punto, invece ho sbagliato di parecchio. “Quindi vuoi che non mi opponga più?”
“Certo che lo voglio! Non devi assolutamente essere tentata di passare dalla parte dei Victory, devi smetterla pure di affermare che non siano tanto peggio delle Forze del Bene con i tuoi capi. È vero che sono io il tuo unico e vero superiore e che devi dare retta solo a me: d’altronde non è escluso che ti chieda di opporti a qualche cosa di cui potresti essere incaricata, in futuro; ma in linea di massima devi restare a servizio di quest’organizzazione finché la guerra non sarà finita. Le critiche che hai fatto sono fondate, ma il tuo comportamento è stato esagerato e fuori luogo: che non si ripeta mai più, altrimenti prenderò provvedimenti, dal momento che io posso farlo.”
“E Daniel?” obietto, ignorando la minaccia finale. “Lui si è comportato come me. Evidentemente Dialga…”
“Non importa a me di quello che Dialga ordina al suo Legato, men che mai dovrebbe interessare a te, per giunta solo per giustificarti. Mi auguro solo che anche lui abbia rimproverato il suo Legato, perché entrambi avete parlato in modo inaccettabile. Se invece Dialga avesse qualche problema con le Forze del Bene, ci scambierò qualche parola e probabilmente lo inviterò a passare dall’altra parte” ringhia Ho-Oh.
“No!…” Un momento dopo aver esclamato questo, inoltre con il tono di un lamento, mi pento di aver fatto sentire al Leggendario quanto mi angosci l’idea di perdere Daniel, e soprattutto di ritrovarmelo come nemico. Ma non ribatte niente, lasciandomi sola con la paura che abbia ragione, e che Dialga sia pronto a mandare il contraente del suo Legame a combattere per il Victory Team. Non so se sarei in grado di sostenere un peso simile: se accadesse qualcosa del genere mi dovrei costringere a lottare seriamente contro Daniel, perché ci ritroveremmo in due fazioni diverse e nemiche; ma come mi comporterei una volta di fronte a lui? Riuscirei davvero ad attaccarlo o sono veramente innamorata a tal punto da non poterlo toccare con l’intenzione di ferirlo? La personalità che prende possesso di me potrebbe pure approfittare della mia debolezza per farmi abbandonare le Forze del Bene.
Mi costringo a non pensarci, perlomeno non ora, e affino l’udito per afferrare qualche frase di quelle che i due si stanno dicendo: Hei Feng ha puntualmente alzato la voce, mentre quella ormai matura di Daniel rimane bassa e pacata, perciò capisco a malapena quello che dice.
«Non farmi ripetere quello che ho detto alla tua amica, se sei rimasto qua fuori tutto il tempo dovrebbe bastarti avermi sentita una volta sola! Pure tu, Daniel, fino a ieri sera eri il ragazzo più disponibile, volenteroso e collaborativo del mondo: non mi sembra tu abbia avuto contatti con la Legata di Ho-Oh, che invece è sempre stata così nevrotica e ostile, quindi non mi spiego come tu sia cambiato così tanto senza nessuna influenza!»
Non sento la breve replica del ragazzo, un po’ perché parla piano, un po’ perché mi ha irritata non poco il fatto che Hei Feng mi abbia chiamata nevrotica. Mi stacco finalmente dal muro e mi allungo per vedere i due, mentre la donna tronca definitivamente anche questa conversazione: a guardare dalla mia posizione mi sta dando le spalle e non riesco comunque a vedere Daniel. Ma non è più un problema, perché la donna se ne va e mi lascia campo libero - o forse è meglio dire che lo lascia al ragazzo. Ancor prima che io gli vada incontro, lui emerge dall’oscurità del pianerottolo e torna alla luce asettica e intensa della stanza.
Con due passi di corsa copro la distanza che ci separa e gli getto le braccia al collo, nello stesso momento in cui lui stringe me con le sue braccia forti. Il suo naso e la sua bocca affondano nei miei capelli mentre il mio viso cerca un riparo sicuro accanto alla sua testa, arrivando appena a poggiarsi sulla sua spalla. Il mio respiro si ferma, al contrario del suo: il petto ampio si alza e si abbassa, dapprima velocemente e poi rallentando. E per me rallenta anche il tempo, che proprio lui dovrebbe controllare, fino a fermarsi per lasciarmi assaporare questo momento così atteso e così temuto. Perché mai ho avuto così tanta paura di reincontrare Daniel? Ma lo so benissimo, è perché dovrò controllarmi e fare molta attenzione, a causa dei sentimenti ardenti che mi infiammano il cuore e cancellano ogni pensiero razionale dalla mia testa appena lui mi sfiora o mi rivolge la parola.
Non so bene chi dei due lasci la presa per primo, ma mi piace immaginare che ci siamo separati all’unisono, che la sua stretta si sia allentata nello stesso momento della mia. Spero di non tremare sotto lo sguardo profondo dei suoi occhi ormai adulti, di un rosso poco meno brillante del mio: non posso sostenere oltre un contatto come questo, è troppa l’emozione e dovrò riprendere l’abitudine di comportarmi in modo naturale in sua presenza. Faccio un passo indietro e le sue braccia tornano lungo i suoi fianchi stretti, mentre io le mani le tormento; per nascondere il nervosismo le copro con le lunghe e larghe maniche del kimono. La differenza di comportamento tra noi due è impressionante in questi pochi movimenti, eppure abbiamo sostenuto entrambi la stessa causa contro Hei Feng. Fingo di non sapere che qualcun altro al posto mio abbia usato la mia voce per esprimere il suo furore.
Restiamo in silenzio, entrambi sperando che l’altro dica o faccia qualcosa prima che l’imbarazzo sopraggiunga e rovini la bellezza di questo momento di riunione. Daniel curva non troppo le labbra e io, per questo sorriso appena accennato, mi ritrovo ad arrossire e sorridere irradiando calore e felicità allo stato puro. Mi sembra di non provare tanta gioia da una vita: e dire che ho reagito così solo per un minimo movimento delle sue labbra!
«Finalmente si ragiona» sono le sue prime parole.
Il mio ampio sorriso si attenua notevolmente e la mia espressione si fa interdetta. «Che… che intendi dire?»
«Intendo dire che finalmente non sei più una tappa.»
Un infinito secondo di silenzio gli basta come risposta, insieme alla mia espressione basita e paralizzata: l’idiota scoppia a ridere e mi riabbraccia velocemente, e appena riacquisto le mie facoltà mentali non mi appresto di certo a muovere anche un solo braccio per ricambiare; anzi, lo spintono via, strepitando cose che rimangono indefinite ma che, nei fatti, sono proteste e insulti rivolti a Daniel, accavallati gli uni sulle altre, formando così parole incomprensibili. Questo non fa che continuare a farlo ridere: si appoggia al tavolo per calmarsi, mentre io lo studio con attenzione, una volta smesso di essere mortalmente indispettita, chiedendomi perché si stia così tanto sbellicando. Non ci trovo niente di particolarmente divertente: penso che il Legame gli abbia fatto saltare qualcuno dei pochi neuroni di cui disponeva già come normale essere umano. O forse - ma lo voglio credere meno probabile - si continua a prendere gioco di me, soprattutto nella sua mente avariata.
«Scusa.» Ora che ha smesso di ridere mi rivolge un altro mezzo sorriso, però più pronunciato di prima. «Non ho resistito» aggiunge un attimo dopo.
«Dovresti parlare per te. Tu sì che eri un tappo, almeno le ragazze basse sono carine.»
«Eeh, ma che sarà mai… era il mio unico difetto» dice lui, strizzando furbamente un occhio. Scuoto la testa, sorridendo mio malgrado. «Devo ammettere che mi ci è voluto un po’ per abituarmi a questa nuova prospettiva… il mondo è così diverso visto da venti centimetri più in alto…»
«Diciamo anche venticinque» ribatto. Lui fa un gesto come a voler dire che sono solo dettagli e io mi metto le mani sui fianchi. Mi sembrava così maturo e riservato, prima che aprisse bocca e se ne uscisse con una delle sue solite stupidaggini… è proprio il caso di dire che il lupo perde il pelo, ma non il vizio: Daniel sarà pure cambiato radicalmente nell’aspetto ma è rimasto l’adorabile - quanto odio doverlo ammettere con me stessa! - cretino che conosco da più di due anni. Questo ovviamente non può far altro che scaldarmi ulteriormente il cuore, ma allo stesso tempo ritrovare il ragazzo di sempre mi ha resa meno agitata. Ha un’espressione più riflessiva e sembra un po’ impacciato quando parla, come se avesse paura di dire qualcosa di inappropriato od offensivo - il che è strano, dopo la testardaggine di cui ha dato prova durante la riunione.
«Come sei arrivato qui?»
«Conoscevo già Hei Feng, l’ho incontrata un paio di settimane fa mentre giravo per Sinnoh alla ricerca di altri Legati. Non ti sto a spiegare i motivi, comunque mi aveva detto di essere a capo della base segreta nel Sentiero Din Don e mi aveva chiesto di riaccompagnarla lì, anche perché voleva che, per qualsiasi evenienza, sapessi dove trovarla, visto che è una delle roccaforti più importanti delle Forze del Bene. Perciò sono già stato qui: la prima volta sono arrivato attraverso un portale insieme a lei, appunto. Stamattina mi ha contattato dicendomi di raggiungerla il prima possibile, e mi ha spiegato come arrivare fino a questo posto.» Aspetto a rispondergli, perché sembra che non abbia ancora finito; e infatti: «Certo che è proprio un bel posto, la foresta del Sentiero…»
Il suo tono improvvisamente trasognato e distratto mi lascia un po’ perplessa, ma faccio finta di nulla e torno al discorso vero: «Ho capito. Non so bene come tu faccia ad aprire portali e questo genere di cose, ma spero di non essere da meno neanche io e di imparare a teletrasportarmi.»
«Io non mi teletrasporto» ribatte. «Non posso farlo perché non ho un potere Psico. Però ho il privilegio di essere il Legato di Dialga, cioè il guardiano del tempo, e quindi per spostarmi rapidamente da una parte all’altra del globo posso aprire dei portali che ignorano lo spaziotempo, e mi conducono dove voglio.»
«Quindi i tuoi elementi sono Drago, Acciaio e tempo e spazio, anche se questo è di competenza di Palkia?»
«No, non ho controllo sullo spazio. Scusa, mi sono spiegato male, ma è difficile spiegare. In pratica, spostarsi nel tempo a volte significa anche muoversi nello spazio: sono due concetti strettamente legati, ma se io volessi muovermi solo nello spazio non potrei: devo sempre attraversare un varco temporale. Devo fare una sorta di compromesso, ecco: mi voglio trasferire da tutt’altra parte, ma per farlo devo per forza decidere un momento, passato o futuro, in cui arrivare in un determinato posto.» Non sono sicura di aver capito, ma lo lascio andare avanti. «Quello sul tempo è il mio potere più importante e quello che so usare meglio; l’altro elemento è l’Acciaio, a cui contribuisce, nei fatti, il Drago, che non ha un vero e proprio dominio su cui ha influenza.»
«Ah, sì. Anche Lewis e Laura hanno come elemento il Drago, ma in pratica li rende solo più veloci e forti, e li aiuta con gli altri poteri… Psico e un po’ di Volante.»
Daniel non ha idea di chi siano - conosce Lewis come umano e sotto il nome di Gold - ma non chiede niente su di loro. Aggiunge distrattamente, continuando poi a parlare di sé: «Però posso usare le mosse Drago che Dialga conosce.» Fa una pausa e neanche io so rispondere: inizio a dubitare che abbia sentito quello che ho detto quando l’ho interrotto. Sembra che di tanto in tanto si immerga in un mondo tutto suo, e questo spiegherebbe l’aria trasognata di prima e il carattere un po’ - poco: è lo stesso di sempre, nei fatti - più riservato, riflessivo. Alla fine è lui a riprendere, stavolta con una domanda: «Tu invece quali poteri puoi vantare, cara Eleonora?»
«Fuoco, Volante e Psico.»
“Sbrigati a concludere questa conversazione.” Improvvisamente Ho-Oh torna a farsi sentire, facendomi sussultare leggermente: Daniel non se ne sarà nemmeno accorto. “Devo insegnarti una cosa di vitale importanza.”
“Ti sembra questo il momento di…?”
Non finisco il mio pensiero seccato e nemmeno ascolto quando Ho-Oh mi risponde, avendo già capito cosa intendevo dire, perché sono tutta attenta a sentire Daniel: «Però! Mi piacerebbe vedere come te la cavi.»
«Tu sarai senza dubbio un campione» lo prendo in giro.
Lui ridacchia, portandosi una mano la nuca e annuendo. «Sono davvero curioso… la Legata di Ho-Oh non dev’essere affatto male nel combattimento, e poi eri brava già da prima.»
Cerco di rispondergli ma Ho-Oh stesso, sorprendentemente, si prende la briga di farlo: Daniel scatta all’erta quando la voce profonda del Leggendario risuona anche nella sua testa. “Vedrai, vedrai. Ma per stamattina è occupata con un’altra faccenda.”
Ad ogni modo il ragazzo si rilassa e gli risponde, con uno strano sorriso sul bel volto: si gira a darmi le spalle e dice: «Come lei desidera, Ho-Oh. Anzi, non sarò più di disturbo. Sempre che Eleonora sia d’accordo.»
Mi sorprendo di non riuscire in alcun modo a schierarmi dalla parte di Daniel, che Ho-Oh ha provato a cacciare per rimanere solo con me, nonostante i miei sentimenti per lui siano terribilmente trascinanti ora che ci siamo ricongiunti. «Ma sei serio?» gli chiedo: il suo strano tono mi ha lasciato un’impressione affatto positiva dell’influenza che Dialga ha su di lui. «Sono io o c’è qualcosa che non va?»
Daniel sembra altrettanto sorpreso di queste domande. Si rigira a guardarmi e ha completamente perso quell’espressione poco benigna e l’atteggiamento scontroso: sbatte le palpebre un paio di volte con aria spaesata, con le sopracciglia inarcate, e tentenna prima di chiedermi con aria perplessa: «Perché, cosa ho detto?»
«Be’, ehm…» Non so bene come descrivergli il suo comportamento, ma improvvisamente pare che non ce ne sia più bisogno: Daniel si riavvia i capelli, abbassando la testa e scuotendola come a voler cacciare qualche pensiero dalla sua mente, e quando torna a guardarmi ha di nuovo un sorriso un po’ imbarazzato. Si dirige verso la porta e, non sapendo che fare, lo seguo.
«Scusami» dice dopo un po’, mentre stiamo salendo le scale: ci manca poco per arrivare fuori. «Il Legame con Dialga mi condiziona moltissimo, non so se è lo stesso per te. Diciamo che ha proprio un caratteraccio e non mi lascia un attimo in pace: sta sempre a dirmi qualcosa, a parlarmi di un argomento che gli preme molto in quel momento, e mi suggerisce come parlare e anche come comportarmi e presentarmi. A volte non posso oppormi perché mi dà proprio degli ordini. Quindi se ti dovessi rispondere male, se mi vedessi pensieroso o scontroso, non è per te. E ovviamente nemmeno per Ho-Oh, non potrei mai. Ma spero che Dialga parlerà con Ho-Oh direttamente d’ora in poi, senza farmi apparire come un personaggio irrispettoso e maleducato.»
«Non è proprio lo stesso per me» replico a voce bassa quanto la sua, «ma anche io ho qualche problema con il Legame. Credo che non siamo gli unici, spero sia così perché dobbiamo abituarci a convivere con i Leggendari…»
«Sono a contatto con Dialga da novembre scorso, Eleonora, avrei dovuto imparare a relazionarmi con lui, ma ho sempre più la sensazione che a volte mi manovra come se fossi un essere senza volontà. Pur avendo ottenuto la forma materiale del Legame dopo quasi due mesi dalla sua rivelazione, essendo molto vicino alla base segreta, lì sulla Vetta Lancia, poteva contattarmi come se già avessi questo.»
Non so bene cosa sia “questo”, anche se sono certa che stia parlando della forma materiale del Legame: non mi mostra niente, per il momento. Arriviamo alla stanza nella casetta immersa nel bosco di aceri rossi e qui si ferma, infilando la mano nella tasca destra della giacca e tirandone fuori qualcosa, mettendosi a contemplarlo, ancora senza rendermi partecipe. Perciò mi muovo io stessa e faccio capolino da dietro di lui per vedere. I miei occhi si spalancano, esattamente come quando hanno visto Daniel materializzarsi nel mezzo della riunione, nel ritrovarsi ad ammirare un orologio da taschino in diamante. Il quadrante bianco è incastonato in un cerchio della più rara e preziosa delle pietre, che costituisce la maggior parte dell’oggetto, tra cui le tre lancette e persino i numeri in rilievo, scritti con caratteri del Primo Mondo*. Una catenella d’acciaio lega l’orologio alla tasca della giacca.
Sono rimasta senza parole: è un oggetto bellissimo. Daniel si risveglia da una sorta di trance, in cui è caduto dopo aver preso la forma materiale del Legame, e finalmente si accorge della mia reazione e di cosa sto facendo, aggrappata al suo braccio muscoloso come se rischiassi di cadere per la meraviglia. Si mette a ridere sommessamente e questo riporta anche me con i piedi per terra; mi stacco da lui e cerco di articolare una frase di senso compiuto, fallendo miseramente nell’intento.
«Che dire, sono onorato che ti piaccia così tanto…»
Porto una mano alla fascia del mio vestito e, appena ho toccato l’attestazione materiale del mio Legame con Ho-Oh, me la ritrovo adagiata sul palmo sottoforma di collana, come mi era già successo il giorno dopo aver superato la prova del Leggendario alla Torre Campana. Le punte della stella nera con sette raggi sono in oro, ma la presenza del metallo rispetto al diamante dell’orologio di Daniel è veramente minima.
Il ragazzo nota la stessa cosa che sto osservando io: «Strano che non ci sia più oro, visto che è il metallo a cui Ho-Oh è strettamente collegato.»
«Già» mormoro, osservando la pietra incastonata nella stella nera. Credo sia fatta pure questa di metallo, ma non ne sono sicura: è liscia e calda al tatto. «Semmai il prisma…»
«E quindi è più legato al simbolo e alla mitologia dell’arcobaleno che a quella dell’oro?»
Aspetto qualche secondo prima di ribattere, semplicemente, con un “Può darsi” leggermente tremante. Percepisco una sorta di movimento da parte di Ho-Oh, che sta facendo grande attenzione, pur senza farsi sentire, a quello che ci stiamo dicendo io e Daniel e alle mie considerazioni sulla forma materiale del mio Legame. Il Leggendario sa che mi sto domandando, agitata dalla domanda del ragazzo, se il fatto che sia più presente l’immagine dell’arcobaleno rispetto all’oro non significhi qualcosa; e probabilmente riuscirei pure a rispondermi se sapessi qualcosa di più sul valore degli elementi dell’oro e dell’arcobaleno per Ho-Oh.
Mi guardo intorno: le pareti della costruzione di legno sono completamente ricoperte di disegni elaborati e colmi di allegorie e simboli ricorrenti. Dovrei veramente fermarmi a studiare queste pitture sgargianti e luminose che potrebbero aiutarmi con questo nuovo problema sorto e, credo, anche quello della seconda personalità in me stessa. Ma Daniel sta lasciando la stanza e, come se fosse una calamita che mi attira, lo seguo verso l’uscita: stavolta il movimento di Ho-Oh che percepisco è carico di disapprovazione. Nonostante mi senta in colpa e sappia che dovrei tornare dentro e mettermi a studiare gli affreschi, continuo ad andare dietro al ragazzo.
Sembra affascinato dallo spettacolo degli aceri rossi che si agitano leggermente per una flebile brezza, ma non quanto lo ero io la prima volta che ho messo piede nel Sentiero Din Don. «Mi faresti da guida? Mi piacerebbe dare un’occhiata in giro. È così bello qui.»
«Non c’è molto da vedere» rispondo, sebbene sappia che potrei restare a guardare gli aceri di fuoco per giorni interi e dimenticarmi di vivere in una realtà in movimento. Per me la distesa sconfinata del bosco rosso e oro è più che sufficiente, ma forse per Daniel è vero che non c’è molto da vedere, se non la Torre Campana, in cui sono certa che Ho-Oh non lo lascerebbe entrare. Ad ogni modo lo supero e mi inoltro nel bosco dove non c’è nemmeno un sentiero tracciato, sentendomi però sicura di poter tornare alla base segreta anche senza sapere dove sto andando. Mi lascerò guidare da una brezza amichevole e da quello che mi suggerirà il cuore, traboccante di felicità per essere sola con Daniel in uno dei luoghi più incantevoli del mondo.

«Ancora non ho capito cosa c’entro io» sbuffa Ilenia per la terza o quarta volta nel giro di cinque minuti.
“C’entri, c’entri” risponde Ho-Oh, materializzatosi nel suo maestoso aspetto di fenice nella piccola stanza in cui anche qualche giorno fa, quando gironzolavo spaesata per la base cercando di capire perché il Legame mi stesse cambiando così tanto, si è fatto vedere sottoforma di Pokémon. “Ti ho già detto che devi aiutare la signorina qui presente” con un’ala mi sfiora la sommità della testa e istintivamente la chino appena, “perché si suppone che tu qualcosa lo sappia combinare con i tuoi poteri psichici, al contrario suo.”
Mi offendo mortalmente e lo guardo davvero male, mentre Ilenia esclama: «Hai voglia se sono capace!»
«Guarda che secondo Sara vado più che bene» mi lamento.
“Sara non ha il potere della mente e non ha idea di come debba essere applicato per bene. Ai tuoi compagni, i Legati di Latios e Latias, basta un niente per superarti se devono scontrarsi i tuoi poteri psichici con quelli di uno di loro. Per non parlare di come diventi dolorante e sottomessa quando Ilenia, dal suo punto di vista, sta soltanto stuzzicandoti un po’. Ecco perché abbiamo bisogno di te” si rivolge alla contraente di Lugia, che finalmente sta ricevendo una risposta. Siamo qui da un po’, tutti e tre, e lui ha passato la maggior parte del tempo a sminuire i miei poteri derivati dal tipo Psico - facendo toccare alla mia autostima livelli mai raggiunti prima - senza dire nulla a tutti gli effetti: nemmeno io so perché avesse tanta urgenza, già da quando stamattina ero con Daniel, di passare un pomeriggio con me; né tantomeno mi aspettavo che coinvolgesse anche Ilenia.
«Me lo dici questo perché, allora?»
Ho-Oh alza gli occhi al cielo, poi le spiega: “Visto che sai fare un buon uso del tuo potere della mente, devi aiutare Eleonora a sviluppare il suo, perché dev’essere in grado al più presto di combinarlo con quello del fuoco.”
Ilenia sembra capire e annuisce vigorosamente, mentre io non so proprio cosa intenda dire il Leggendario con “combinare” i due poteri. «Che significa? Che devo fare?»
«Devi imparare a usare il fuoco con la sola forza della mente, senza perdere tempo con movimenti strani delle braccia e delle gambe. Per esempio, dovresti sapere come appiccare fuoco a una recluta Victory senza muovere un dito, guardandola soltanto insomma» mi risponde Ilenia.
«Ah però» mormoro. «Ed è tanto difficile?»
“Vista la tua inabilità con il potere Psico, be’, sì.”
«Ma ti prego!» Inizio ad essere veramente seccata. «Non è neanche il mio elemento più sviluppato, e ti ricordo che tu stesso finora mi hai spinta a concentrarmi sul fuoco e sull’aria, non sul potere della mente.»
«A proposito di aria» dice Ilenia prima che Ho-Oh si giustifichi in qualche modo assurdo, «puoi combinare anche l’elemento Psico con quello Volante. Così potresti spazzar via i nemici iniziando a far soffiare un vento terrificante che non è dato loro sapere da dove arrivi, ma noi sapremo che proviene dalla tua capoccia.»
«Meraviglioso» borbotto. «E tu combini Psico con Acqua, a parte il Volante? Quali torture infliggi ai nemici, gli fai fare la pipì addosso?»
“Come sei inelegante…”
«Ma statti zitto, una volta tanto!»
«Potrei» risponde Ilenia, «ma pare sia più utile fargli scoppiare l’aorta e farli cominciare a sanguinare da ogni orifizio.» Il suo tono così tranquillo, come se parlasse di cose normali, è a dir poco lugubre.
Ho-Oh ci riporta all’attenzione e riprende il suo discorsetto, che si spera non includa altre critiche alle mie, così sembra, pessime capacità psichiche: “Serve grandissima concentrazione per questa tecnica, privilegio di chi ha il potere della mente ed altri elementi a disposizione. Ho chiamato Ilenia non solo perché è già capace di utilizzare questa tecnica, ma pure perché è una ragazza tranquilla e non ti distrarrà, come invece succederebbe se cercassi di imparare nel mezzo di un allenamento tra tutti i Legati.
“Combinare il fuoco e la mente significa piegare il primo al volere della seconda, senza farsi aiutare con una mossa fisica. Per te è automatico tirare un pugno ed evocare una vampata di fiamme, o una forte corrente; prova a creare qualcosa dal nulla, senza alcuna spinta come, appunto, un pugno. È difficile che diventi un automatismo, soprattutto per te e per chi come te non ha, come potere principale, quello della mente: quando avrai intenzione di usare questa tecnica dovrai isolarti dal mondo reale e concentrarti al massimo. Ciò non significa che tu possa prendertela comoda, anzi, devi impegnarti al massimo delle tue forze per imparare ad applicarla con velocità. In più dubito che abbiamo molto tempo prima di rimetterci in cammino, quindi dovrai allenarti tutti i giorni.”
«Non è un problema» ribatto, seria. «Ho capito in cosa consiste questa faccenda, ma non so da dove partire.»
Ilenia mi mette una mano sulla spalla: mi volto a guardarla e la trovo sorridente, e stavolta vengo contagiata dalla sua espressione. «Non preoccuparti, carissima, io ci sono apposta per aiutarti.»
“Dalle una dimostrazione, Ilenia, per piacere” le chiede Ho-Oh, ritornando nella forma materiale del Legame, lasciandole così campo libero per sfogare i suoi poteri combinati.
«Allora, qui non c’è traccia d’acqua e non voglio sfruttare il tuo o il mio sangue per darti una dimostrazione» dice serenamente lei, e io annuisco con un’espressione che afferma chiaramente “e ci mancherebbe pure”. «Perciò dovrai accontentarti dell’aria. Ti spiace se ti prendo come bersaglio?»
«Ti prego solo di non esagerare» borbotto.
Ilenia si allontana e anch’io mi sposto: alla fine ci ritroviamo l’una opposta all’altra, vicine alle due pareti più lontane. La Legata di Lugia mi fa un sorrisetto e dopo qualche secondo, prima che me lo aspetti, inizia a soffiare un vento affatto leggero: mi tendo e cerco di legarmi il più possibile al terreno; è difficile, però, per una ragazza che ha come punti di forza elementi mobili e volatili come il fuoco e l’aria. D’un tratto Ilenia aumenta l’intensità del suo attacco e vengo sbattuta contro il muro: mi lamento parecchio, formulando frasi insensate poco carine nei confronti della mia compagna, la quale sogghigna come a voler prendere in giro la mia incapacità di difendermi.
«Grazie per avermi fatto avere un’idea chiara di questa tecnica» brontolo massaggiandomi la schiena. «Adesso dovresti spiegarmi come imitarti.»
Prima di fare qualsiasi cosa, Ilenia corre a procurarmi un bersaglio, lasciandomi momentaneamente sola nella stanza minore per gli allenamenti. Quando torna si scusa dicendomi che non ha trovato niente di meglio di un normale bersaglio simile a quelli per il tiro con l’arco: il fatto che ne abbia preso solo uno la dice lunga sulle sue aspettative per la “lezione” di oggi. Nei fatti dubita seriamente che io riesca anche solo a scaldare il mio obbiettivo.
Mi fa prendere posizione a pochi metri dal bersaglio e si sposta dietro di me; poi mi mette entrambe le mani sulle spalle, forse perché vuole infondermi sicurezza, e mi dice a bassa voce: «Dimentica la forza di volontà che hai usato finora per il potere del fuoco e dell’aria, e anche per quel po’ di cose che sai fare con quello della mente. Sara mi ha detto che le prime volte che ti sei allenata con lei ti ha insegnato a svuotare la testa da ogni pensiero e pure emozione, per renderti di fatto inattaccabile. Lo rifai adesso, per favore?»
Eseguo subito, non avendo dimenticato come si fa a ripulire la mente - checché ne possa pensare qualcuno, ho continuato ad allenare questa tecnica. Anche per evitare di essere decapitata dalla principessa delle nevi, che con tanta fatica e senza poterlo applicare lei stessa mi ha insegnato questo strumento di difesa. Ilenia evidentemente si accorge subito del fatto che ora la mia testa sia priva di pensieri ed emozioni, e infatti è con totale indifferenza che raccolgo le sue parole successive. «Perfetto. Adesso devi trovare la fonte dei tuoi poteri, tra cui quelli psichici. È più facile di quanto pensi, la parte complicata viene dopo: dove credi possa trovarsi la fonte delle tue capacità, tu che sei nientepopodimeno che la Legata di Ho-Oh?»
«Nel cuore.»
«Esatto!» esclama tutta contenta. «Vai, provaci. Appena hai trovato gli elementi, fammi un fischio.»
Mi costringo a non chiederle subito come si suppone che io trovi, senza alcuna esperienza, la fonte dei miei poteri, e quantomeno a provarci da sola ragionandoci un po’ su. La prima cosa che mi sento di fare, dopo aver chiuso gli occhi, è concentrare la mia energia e la mia attenzione al livello del petto, ovvero del cuore; quando credo di essere in grado di proseguire, inizio a fare pressione su quel punto.
Non so bene neanche io come faccia: è come se stessi cercando di penetrare una barriera che isola il mio cuore, la parte più intima di me stessa, dal resto. Non mi sono neanche accorta di aver incontrato un ostacolo mentre cercavo di entrare dentro il mio stesso cuore in cerca della fonte dei miei poteri: però ho scoperto che c’è, e in qualche modo la devo abbattere per trovare ciò che mi serve per combinare, in qualche modo, il fuoco con la mente. Mi chiedo di che natura sia questa barriera, da chi sia stata posta e perché.
«Ilenia, è possibile che ci sia un… un qualcosa a proteggere il cuore, per separarlo dal resto?»
«Sì, ma non è una cosa che si genera normalmente. Evidentemente una parte di te ha chiuso i tuoi poteri dentro una cassaforte, per qualche motivo che devi indagare tu stessa, senza farne parola con me. E magari neanche con Ho-Oh. Appena capirai cosa ti separa dal raggiungimento del tuo obbiettivo, ti sarà chiaro come proseguire.»
Quando ha detto “una parte di te” il mio pensiero è subito corso alla presenza alternativa che è arrivata con la rivelazione di Ho-Oh, ma subito dopo mi sono ricreduta: non penso sia possibile che un esterno, pur abitando la mia persona, possa impedirmi a tal punto di raggiungere i miei poteri. Credo non ne avrebbe neanche motivo: mi vuole più forte, pronta a combattere al meglio per il mio Leggendario, quindi non può essere questa presenza a ostacolarmi. È stata veramente una parte di me ad aver diviso il cuore dal resto, senza che me ne accorgessi o che capissi cosa fosse successo. Mi sarebbe d’aiuto capire quando l’ha fatto per trovare la ragione.
Sono abbastanza sicura che sia accaduto proprio in questi momenti. Prima non sapevo nemmeno dell’esistenza di una fonte dei poteri interna a me stessa, credevo derivassero dal Legame; come potevo bloccare una parte di me che credevo fosse soltanto il luogo dove dovrebbero risiedere le mie emozioni, come in un normale essere umano? Non l’ho fatto per paura, perché non ne ho, e a questo punto la barriera sarebbe già scomparsa, visto che non temo nulla; non mi sto opponendo a Ho-Oh, se non per finta quando mi irrita particolarmente con le sue critiche; allora cos’è che mi impedisce di raggiungere la fonte degli elementi che posso comandare? Per quale motivo una parte di me dovrebbe rifiutare l’acquisizione di maggiori poteri? E qual è questa parte?
“La parte di te che ti sei dimenticata.”
Cosa?
“Quella umana.”
Non è vero, non ho… chi è che parla?
“La parte di te che ti sei dimenticata.”
Apro gli occhi. Ilenia capisce subito che qualcosa non va e mi leva le mani dalle spalle.
“Riportami indietro! Non ti vuole nessuno, né a te né all’altro Legato. Voglio rivedere i miei Pokémon, tu non sei me, non ti riconoscerebbero!”
«Sì che lo sono…» sussurro. Non mi sono dimenticata della me di un tempo, puramente umana, anzi, sto facendo di tutto per non lasciarmela scivolare via dalle mani… o forse ha ragione?
“È così. Pensa soltanto a stamattina. Hai ceduto il posto a quello sconosciuto perché avevi paura che io non fossi in grado di affrontare Hei Feng, e guarda cos’è successo: hai perso tutte le tue capacità di quando non avevi questo dannato Legame. Se ti fossi fidata di me non ti saresti mai rivolta in quei termini a Hei Feng e non avresti avuto alcun rimorso: almeno il coraggio di ammettere che non avresti detto veramente quelle cose! La colpa nemmeno è del tutto tua. Se non ci fosse il Legame, saremmo in una situazione migliore. Saremmo rimaste la stessa persona. E  adesso paghi le conseguenze del tuo comportamento! Non ti farò proseguire per questa strada, ne andasse della mia esistenza già così fragile, ormai. È sempre per colpa tua!”
“Eleonora, basta! Hai capito abbastanza bene cosa sta succedendo. Puoi rompere la barriera, in fretta!”
La voce di Ho-Oh, che mi ripete più volte di sbrigarmi e di riprendere a lavorare con il cervello, cerca di farmi tornare nel mondo reale, ma invano. Non posso credere che stia succedendo davvero, eppure è così ed è davvero soltanto colpa mia se non riesco a trovare i miei poteri. Faccio un passo avanti, con gli occhi stralunati e leggermente tremante; le mie mani iniziano a protendersi verso il nulla, ma è come se davanti a me stesse prendendo forma una persona che conosco troppo bene, o forse, esattamente al contrario, troppo poco.
«Allora sei tu…»
«Eleonora, cosa…?»
«Eleonora…»
Perdonami. È soltanto colpa mia, lo sappiamo tutte e due. Non volevo, è stato più forte di me, non voglio rifiutarti in alcun modo: non cacciarmi via, sono comunque io, siamo la stessa persona.
“Quel che hai fatto è stato imperdonabile.”
Ti prego, non accadrà mai più… è colpa mia, ed è colpa sua
“Vuoi soltanto quei poteri per accontenare lui e Ho-Oh. E di me cosa te ne farai, dopo avermi chiusa a chiave in un angolo remoto di te stessa per dimenticarti della mia esistenza? Sono inutile per i vostri scopi e ormai anche tu la pensi come lui. Non lo accetto: non ti lascerò mai prendere questi poteri per farmi sparire.”
«Non voglio… no, no, ti prego…» Le mie ginocchia urtano improvvisamente il pavimento duro e freddo e lo stesso fanno i palmi delle mani un attimo dopo, per impedire che il mio corpo stramazzi a terra. La testa rimane bassa, rivolta al pavimento, e ora le lacrime che già da qualche secondo avevano iniziato a corrermi lungo le guance raggiungono più facilmente il terreno, sempre più numerose.
«Eleonora!» Ilenia si china accanto a me e mi scrolla ripetutamente, cercando di farmi tornare alla normalità.
Perché ogni volta che il potere della mente si mette di mezzo arrivano per me i momenti peggiori della mia esistenza? Svuotare la mente è significato, tempo fa, lasciarmi assalire dal ricordo dei miei genitori morti e dai più terrificanti sensi di colpa per non aver mai dedicato loro un pensiero; e adesso questo, il conflitto tra la me del passato, prima che arrivasse il Legame con tutti i suoi problemi, e la me attuale, infestata da un tale lui, che altri non è che la presenza che cerca di manovrarmi come meglio crede e preferisce.
Ma io ti giuro, Eleonora, giuro sullo stesso Legame che mi ha separata da te che sono disposta a scontare qualsiasi punizione hai previsto per me pur di tornare indietro. Sto venendo a prenderti, e finalmente dirò addio ad ogni divisione che c’è stata, per un motivo o per un altro, all’interno di me stessa. Recupererò ogni frammento per ricomporre la persona che sono stata e che voglio essere di nuovo. Se mi accetti, se vuoi anche tu ritornare alle origini, allora corrimi incontro e torniamo insieme. Stavolta per sempre.

La barriera si frantuma in migliaia di schegge di non so cosa, ma prima che possano conficcarsi da qualche parte nel mio animo e farmi impazzire di dolore si dissolvono, come mucchi di cenere che una sorta di vento porta poi via con sé. Non so quando e come abbia cambiato posizione, ma quando riprendo i contatti con la realtà fisica e il mio corpo mi accorgo di essere semplicemente inginocchiata, le mani in grembo, a guardare il vuoto con una faccia colpevole e sconvolta, il viso rigato da vecchie lacrime, perché improvvisamente hanno smesso di scorrere e non ce ne sono state altre. Ilenia ha già smesso di scrollarmi senza che me ne rendessi conto.
Una pista di fiamme arcobaleno, alte e crepitanti, divide a metà parte della stanza, da me fino al muro che ho di fronte. Appena mi rendo conto di cosa è successo e riprendo a respirare pesantemente, come se finora fossi rimasta in apnea, il fuoco si estingue senza lasciare traccia di sé sul terreno stesso: il bersaglio di prima è rimasto intatto, segno che le fiamme evocate erano inoffensive. Dopo un po’ riesco a riconoscere anche la voce di Ho-Oh, ma ci vuole qualche secondo perché sia in grado di capire cosa mi sta dicendo, con tono freddo, senza riuscire a celare una punta di apprensione: “Per adesso è meglio rimandare.”
Scuoto la testa. «Ho trovato la fonte. Andiamo avanti.»
«Eleonora, non credo sia il caso…» mormora Ilenia con difficoltà.
Faccio di nuovo un gesto negativo con il capo. Mi alzo in piedi, stranamente senza barcollare, anche se Ilenia si era già slanciata verso di me, immaginando che non fossi nelle migliori delle condizioni. «Dimmi cosa devo fare.»
«Veramente, Eleonora, sei già provata abbastanza da quello che è successo, qualsiasi cosa sia stata. Sei stata bravissima, non mi sarei mai aspettata che affrontassi fin da subito il problema della barriera, figurati se mi sarei mai immaginata che l’avresti superata e che avresti trovato i tuoi poteri!»
«Ilenia, per favore: insegnami questa cosa e facciamola finita il prima possibile.» Solo adesso mi accorgo di quanto la mia voce sia orribile, priva d’intonazione. Abbozzo un sorriso, pur ostinandomi a non guardare la mia compagna, che invece mi studia con attenzione cercando un punto debole per convincermi a riprovare un’altra volta, che sia anche oggi pomeriggio: per lei l’essenziale è che io abbia una pausa. «Ho passato momenti peggiori. È finito tutto, non preoccuparti: magari te lo spiegherò più tardi, cos’è successo.»
«Non puoi chiedermi di non preoccuparmi!»
«Non te lo chiederò allora, ma mi insegni questa benedetta tecnica, così ci leviamo di dosso questo peso?»
Ho-Oh non è intervenuto finora nel piccolo dibattito tra me e lei, ma adesso si fa sentire da entrambe: “Fa’ come vuole lei, Ilenia. Se se la sente, e se la sente, te lo garantisco, tanto meglio.”
La ragazza è più tentata che mai di opporsi anche al Leggendario, ma proprio quando sembra sul punto di prorompere con tutte le sue proteste, emette solo un sospiro deluso e apprensivo. «Allora cominciamo.»
Prende posizione di fronte a me, sedendosi a terra a gambe incrociate, con i piedi che poggiano sulle cosce. Non sono sicura di poterla imitare, ma sono piacevolmente sorpresa di constatare che la Forma di Mezzo ha migliorato di molto la mia scioltezza, altrimenti veramente pietosa. Mi sistemo l’ingombrante gonna e alla fine io e Ilenia, così messe, siamo l’una lo specchio dell’altra. Peccato che io me ne stia rozzamente con le braccia pure incrociate e mezza ingobbita, mentre il dorso delle sue mani è sulle sue ginocchia e la sua postura è impeccabile. Al contrario della tirannica Sara, però, non mi rimprovera niente.
«La prima cosa che devi fare è esaminare la zona circostante con il potere della mente. Le prime volte ti ci vorrà un po’ per farlo, dovrai imparare a sveltirti, altrimenti è inutile che stiamo qui a insegnarti qualcosa di fin troppo difficile. Peccato che abbiamo pochissimo tempo.» Evito di commentare dicendo che Ho-Oh le ha trasmesso tutta la sua antipatia e una punta del suo cinismo. «Se ti aiuta a concentrarti, chiudi gli occhi e sforzati di ricreare nella tua mente il luogo in cui ti trovi, o come minimo il tuo obbiettivo. La cosa a cui dovrai dar fuoco, insomma.»
«Perciò mi dovrebbe bastare un’occhiata per appiccare un incendio a una qualsiasi cosa… o persona?»
«Se hai uno spirito d’osservazione invidiabile e sei abbastanza brava da memorizzare l’obbiettivo e subito dopo darlo alle fiamme, be’, sì, ti basta un’occhiata. Altrimenti concentrati e basta.»
Mi sforzo di pensare al bersaglio che dovrei colpire, ma ricordo a malapena com’è fatto. Apro gli occhi e, con un po’ d’impaccio, chiedo a Ilenia di spostarsi perché possa ridargli un’occhiata; lei sospira di nuovo, disapprovando quest’inizio poco promettente, ma non dice nulla e, stavolta accanto a me, riprende la stessa posizione di prima. Mi preoccupo di fissare nella mia mente l’immagine del bersaglio, con i cerchi concentrici colorati e le gambe di legno che lo tengono sollevato da terra; mi auguro che non sia passato troppo tempo fin quando sono sicura di poter proseguire con l’apprendimento. «E adesso?»
«Devi attingere alla fonte dei tuoi poteri, prendendo in questo caso il fuoco, ma senza distrarti dal bersaglio. È solo questo quello che devi fare: collegare il fuoco al bersaglio, e se avrai successo inizierà a bruciare. O almeno, visto che siamo solo ai primi tentativi, si scalderà.»
La mia espressione non le nega che sono sorpresa. Non che questo mi convinca della facilità dell’esercizio, anzi: è un procedimento breve solo in teoria, perché nella pratica sarà molto difficile sveltirmi. Devo per forza distrarmi dal mio obbiettivo perché devo provare per la prima volta ad “attingere alla fonte dei miei poteri”, e subito vengo ostacolata dalle mie effettivamente non eccezionali capacità psichiche: devo usarle contemporaneamente per il bersaglio e per cercare gli elementi che mi servono, che altrimenti se ne resteranno indisturbati nel mio cuore. E poi mi distrae, ma non dovrebbe assolutamente, il fatto che Ilenia non mi stia dicendo nulla, senza chiedermi come vada o a che punto stia. Non sono mai stata granché a mantenere un’attenzione costante sulle cose, nonostante sia migliorata da questo punto di vista durante la permanenza nella base segreta del Monte Corona.
Appena trovo l’elemento del fuoco - e ne ho la conferma dal fatto che lo senta riscaldarmi il petto, devo fare di tutto per non lasciarmelo sfuggire e nel frattempo far rimaterializzare nella mia mente l’immagine del bersaglio. Il primo tentativo va a vuoto e mi ritrovo a pensare intensamente all’obbiettivo senza che questo subisca la benché minima influenza dal mio potere del fuoco, ormai scappato; quando mi rendo conto delle mie condizioni sbuffo pesantemente, scuoto la testa e apro gli occhi, senza avere il coraggio di guardare Ilenia. «Non ci riesco.»
«Nessuno si aspettava che ce la facessi, amore mio. Riprovaci, e non perdere la pazienza e neanche le staffe.»
Mi passo una mano tra i capelli sciolti e, radunate sia le forze fisiche che mentali, chiudo di nuovo gli occhi; aggiustata la postura, faccio un altro di quei tentativi che, lo sento, mi occuperanno gran parte della giornata.
Le prove falliscono una dopo l’altra, perdo pure il conto dopo quasi un’ora in cui mi sono ostinata a non demordere. Più volte è stata troppo forte la tentazione di parlare a Ilenia, in cerca di rassicurazioni e magari di un qualche consiglio che può essere di vitale importanza, e lei mi ha assecondata con pazienza e partecipazione - e ovviamente affetto; ma alla terza o quarta occasione che mi sono interrotta mi ha fatto presente che non potevo andare avanti così. «Non dirmi che dobbiamo ripartire dalle basi, Ele.» Le sue parole tornano nella mia mente affaticata e mi fanno sentire un’inetta - non dovrei nemmeno ripensare a quello che ci siamo dette, ma non riesco più neanche a concentrarmi! «Dimenticati della mia presenza, altrimenti mi toccherà uscire dalla stanza.»
Mentre continuo a tentare, lei si alza e va a fianco del bersaglio, che si starà facendo beffe di me visto che non riesco ad appiccargli fuoco. Sulle prime penso che Ilenia rischi la pelle così vicina alla cosa che prima o poi si infiammerà, ma inizio a ridere stanca e innervosita quando mi rendo conto che è altamente improbabile anche solo che riesca a riscaldare il bersaglio. La ragazza preferisce non chiedermi il motivo di questa risatina assurda: anzi, sono convinta di avere i suoi occhi rossi puntati addosso, e che mi stiano più che mai rimproverando.
«Basta, basta. Ora mi concentro. Mi concentro, mi concentro, mi concentro» mormoro, stavolta impegnandomi a non mollare la presa, per quanto sia stressata e, puntualmente, piuttosto affamata. Credo di non aver ancora fatto colazione e soltanto tra poco più di un’ora ci sarà il pranzo…
Ma diamine! Mi sono appena detta di concentrarmi!
L’elemento del fuoco continua a scivolare dalle dita psichiche di una mano che tenta di afferrarlo, e se riesce a trattenerlo con sé non è in grado di collegarlo all’immagine del bersaglio, che sfugge dalla sua presa. Pian piano, però, mi sembra di acquisire più sicurezza: so cosa devo fare, sono più che convinta che manchi pochissimo per esaudire il desiderio di Ho-Oh di abbinare il fuoco al potere della mente. Mi prendo una pausa, non per riposarmi - non solo, almeno - ma per analizzare più accuratamente il problema, e dopo essermi chiesta cosa mi manca per realizzare questa tecnica, mi convinco che dovrei andarci più calma. È vero che già sono mortalmente lenta così, ma mi sto mettendo troppa fretta a causa dell’impazienza, e non sto abbastanza attenta a tenermi stretto né il bersaglio, né l’elemento del fuoco. Devo procedere con più sicurezza, adesso il tempo non conta.
Al primo tentativo dopo aver accertato questo, non cambia nulla; ma sono sicura di essere sulla buona strada e riprovo immediatamente. Stavolta sono sicura di aver avvicinato molto il fuoco all’immagine del bersaglio, e ne ho la conferma - il mio cuore palpita più velocemente e le mie labbra si incurvano - quando Ilenia mi dice: «Direi che si è scaldato parecchio.» Non riesce a nascondere una nota di sincera contentezza: già la immagino che sorride per il mio piccolo successo.
Stando a quanto mi annuncia in seguito, sto man mano aumentando la temperatura del bersaglio, sempre di più; e lo riconosco anch’io, dato che capisco chiaramente quand’è che mi manca poco perché l’immagine nella mia mente e il potere delle fiamme arrivino, in un certo senso, a toccarsi. Si sfiorano più d’una volta, l’uno impaziente di raggiungere l’altra, che è la parte che mi sfugge più facilmente.
Rinvigorita e orgogliosa per i progressi che sono infine arrivati, prima che l’immagine dell’obbiettivo sfumi e mi costringa a provare per l’ennesima volta, le fiamme arcobaleno prendono un grande slancio e, finalmente, la afferrano e la aggrediscono in tutta la loro potenza. Nello stesso momento il crepitio del fuoco mi pizzica le orecchie e riempie la stanza priva di suono; o almeno è quasi del tutto silenziosa finché Ilenia non batte le mani e non strilla come una ragazzina, e quasi saltellando mi piomba addosso: riapro gli occhi, piacevolmente stupita e disorientata, con un sorriso ebete sulla faccia, incerta se credere o meno di esserci riuscita.
È la Legata di Lugia a darmi la conferma. «Ci sei riuscita! Guarda, guarda! Sei stata bravissima!»
Non riesco a vedere nulla finché lei non si toglie dalla mia visuale; subito lascia campo libero all’immagine reale e gradita del bersaglio infiammato da un fuoco vivido e sgargiante. Il mio sorriso si fa meno stupido e mi alzo in piedi, quasi tentata di andare a verificare con mano quello che i miei occhi mi comunicano. Ilenia però mi trattiene, strattonandomi e facendomi dozzine di complimenti; non si zittisce finché non le dedico le mie attenzioni. Mentre io sono incredula, lei sprizza gioia da ogni dove, e un sorriso meraviglioso le abbellisce ancora di più il viso.
Improvvisamente non ha più alcuna importanza, per me, essere riuscita nella tecnica che dovevo imparare. Ilenia sta finalmente sorridendo con sincerità, non più per cercare di rallegrare gli altri quando lei è visibilmente in difficoltà per qualche oscuro motivo. Questo mi porta a dire spontaneamente, senza riuscire a controllare le parole che mi escono di bocca: «È così bello vederti sorridere davvero, Ile. Ultimamente non ti riconoscevo più.»
Il suo bellissimo sorriso si spegne puntualmente, lasciando il posto dapprima ad un’espressione di confusione, poi a una sconcertata appena capisce il significato di ciò che ho detto. Mi lascia le mani e arrossisce violentemente, poi si volta di scatto, cercando una giustificazione, una spiegazione.
«Mi dispiace» riesce soltanto a dire alla fine. Anche a me dispiace che stia così male e che non voglia dire niente a nessuno, ma ora che le ho fatto capire chiaramente che so che qualcosa non va nella sua vita, cercherò di tirarle fuori i problemi che la affliggono.
Nel frattempo dovrò pensare a risolvere i miei: la parte umana di me me lo impone. Anzi, me lo impongo io stessa, perché ormai sono un’unica persona, come avrei dovuto essere sempre. Inizio fin da subito a prefigurarmi la mia seconda visita alla Torre Campana, che svolgerò domattina all’alba: andrò in cerca della persona che infesta la mia esistenza di Legata, e Ho-Oh - sento che lo ha deciso già adesso - mi aiuterà a fugare ogni dubbio. 



*ovvero caratteri romani.
  
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