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Autore: Lutea Eos    24/05/2016    2 recensioni
“Ho un telefono nuovo… E parla! Mi ha messo in contatto con una centralinista che sembra la mia assistente personale"
"Siri?"
“Sì, dice di chiamarsi così. Ci stavo parlando proprio ora per dirle che dovevo chiamarti. La conosci?”
Il suo ragazzo andava soppresso. O iniziato al terzo millennio.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Un amore di scommessa'
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Ore 4.13 p.m., orario perfetto.

Kevin premette il tasto “invio” e osservò la barra caricare fino a diventare completamente verde. Allungò la mano per afferrare il cellulare e controllare la funzionalità del nuovo programma, ma sbloccando lo schermo notò dei messaggi di Nick.

Come faccio a chiamare Kevin.

Fammelo chiamare stupido coso.

Apri la rubrica.

Kevin si strofinò gli occhi controllando l’orologio: aveva finito di programmare la nuova app e stava per lanciare la versione di prova. Ore 4.13 p.m.: orario perfetto.

Come poteva Nick sapere che era il momento giusto per interromperlo? Forse perché lo interrompeva sempre: qualche volta doveva capitare anche quando aveva davvero tempo per starlo a sentire.

Kevin fissò perplesso la schermata della conversazione, mentre i messaggi continuavano ad arrivare.

Ma sei stregato.

Aaaa parli.

Il moro si appoggiò allo schienale della sua seduta e diede un’occhiata al suo ufficio, per fortuna depurato dai colleghi in pausa caffè. Premette il tasto di chiamata emettendo un profondo respiro.

“Kevin? Kevin? Sei tu? Kevin?” gli urlò l’altro.

“Non rompermi un timpano” tagliò secco, già pentendosi di aver chiamato quello  strambo ragazzo “cosa c’è?”

“Il mio telefono è un transformer! Aiutami!”

“Il tuo cellulare ha un launcher che rallenterebbe anche un 128 GB e tu hai una malsana ossessione per i wallpaper. Quindi, vista la sua attuale velocità, dovrebbe metterci circa 75 anni per trasformarsi in un Autobot.”

Kevin udì un gemito dall’altra parte, prima che Nick tornasse a parlare “Ho un telefono nuovo… E parla! Mi ha messo in contatto con una centralinista che sembra la mia assistente personale: le ho detto che volevo portarti al cinema stasera e mi ha inviato la programmazione di tutti i cinema in città…

Il moro rischiò di precipitare sulla tastiera che aveva davanti “Siri?” chiese tentennando, come se Nick potesse essere davvero così stupido.

“Sì, dice di chiamarsi così. Ci stavo parlando proprio ora per dirle che dovevo chiamarti. La conosci?”

Kevin fissò lo schermo del pc che aveva davanti: le icone ordinate, le cartelle organizzate, i codici alfanumerici, ritmati e chiari… “Nicholas, presentati a casa mia tra un’ora” sentenziò alla fine buttando giù il telefono.

Il suo ragazzo andava soppresso. O iniziato al terzo millennio.

*

Nick trovò Kevin in camera sua, con le cuffie nelle orecchie e un libro tra le mani. Seduto alla scrivania, gli dava le spalle, quindi gli si avvicinò piano. Se si fosse trattato di Louis avrebbe dato un colpo alla sedia girevole mandandolo gambe all’aria, ma Kevin non era suo cugino: per uno scherzo del genere gli avrebbe tenuto il broncio per un mesetto. Il fatto che Nick adorasse il suo ragazzo anche quando borbottava tutto il giorno era un altro problema.

Si decise per un lieve tocco sulle spalle e, quando Kevin si voltò, sfoggiò un gran sorriso, ricambiato da un cenno del capo.

“Tua madre mi ha fatto entrare” spiegò Nick accomodandosi sul letto.

“Le avevo detto che saresti venuto. Per la stessa ragione ho provveduto a sistemare un’altra sedia in camera mia: sei pregato di usare questa e non il letto” comandò imperioso arrotolando meticolosamente le cuffie.

“Di solito non ci sono due sedie in camera tua?” Chiese Nick stupito, mentre si spostava. Normalmente era Kevin ad andare da lui e non il contrario, visto che Nick viveva da solo. In più, ogni volta che entrava in quella casa non sapeva come comportarsi: ormai lui e Kevin uscivano da un paio di mesi, ma non sapeva se l’altro avesse parlato di loro alla sua famiglia.

“Sarebbero uno spreco di spazio, non trovi? Ci vivo solo io in questa camera” Kevin lo risvegliò col solito tono piccato dai suoi pensieri.

“Ma i vestiti dove li metti?”

“Nell’armadio. Dove li mettono le persone normali. Non tutti li gettano a caso sulla sedia come te e il mio cuginastro” gli rispose Kevin piccato.

“Io e Louis incarniamo la maggior parte della popolazione, credimi, per cui non ho intenzione di mettere a posto anche gli abiti quando vieni da me” lo avvisò Nick.

Anche? Casa tua è un porcile se non vengo a trovarti?”

“Avevamo già convenuto che le norme igieniche che rispetto io sono diverse dalle tue”

“Finché non ne avrò danni alla salute.”

“Allora smetterai di venire a trovarmi?” Chiese Nick: era una provocazione e la risposta lo avrebbe aiutato a capire il grado di irritazione che Kevin aveva raggiunto per quella giornata.

“Ti farò pulire la casa.”

Decisamente una buona giornata: stava sottintendendo che non l’avrebbe lasciato nemmeno se avesse abitato in un porcile. Stava per gettarsi in un abbraccio costrittore e aveva già quasi spiccato il volo, quando sua madre entrò in camera.

Made A: abortire il decollo. Nick cercò abilmente di frenare il suo slancio e, pur calcolando anche il fatto che la sedia avesse le ruote, riuscì a finire sonoramente per terra.

Kevin lo guardò un po’ con occhio critico, poi proferì “Dimmi mamma”, volgendosi verso la donna come se niente fosse successo.

“Nick, stai bene?” chiese invece lei, un poco più preoccupata, posando sul letto una scatola che reggeva tra le mani.

“Sì, tutto a posto, grazie” ribatté lui con un sorriso “Devo aver perso l’equilibrio”. La mamma di Kevin era una signora grassoccia e colorita, che esprimeva vitalità: forse quell’energia dei bambini con cui lavorava le rimaneva addosso. Nick l’aveva sempre trovata una persona molto gradevole, prima di cominciare a uscire con suo figlio: non riusciva ancora a comprendere se lo agitasse il fatto di dover fare attenzione a non lasciarle capire la loro relazione oppure l’idea che lei potesse non ritenerlo adatto a Kevin.

“Sono salita a riportarvi la scatola che hai dimenticato in salotto quando sei arrivato…

“L’Iphone chiaramente: l’ultimo aggiornamento… Ma chi lo comprerebbe mai a un profano come te?” proseguì Kevin come se nulla fosse, rigirandosi tra le mani la scatoletta bianca che aveva agguantato.

La signora guardò Nick e si strinse nelle spalle, come per scusare il figlio. Nick le sorrise di rimando “La ringrazio, sono sempre più sbadato.”

“Ehi! Ho fatto una domanda!” Brontolò Kevin alzando lo sguardo.

“Vi lascio a sbrigare le vostre urgenze” fece la donna chiudendosi la porta alle spalle. Nick la fissò uscire riflettendo sul senso delle sue parole. Erano più esplicite del solito o si stava immaginando tutto?

“Kevin, ascolta…

“Chi te l’ha comprato?” Continuò l’altro sventolandogli davanti la scatola del telefono.

“Mio padre, ma non è importante. Piuttosto, ho io una domanda: tua madre sa di noi?” Nick sapeva di aver bisogno di mettere la situazione in chiaro, ma aveva sempre evitato l’argomento perché Kevin non era molto a suo agio nel parlare di sentimenti (soprattutto i propri) e non sapeva se il loro livello di intimità fosse giunto al punto in cui ci si interessava della vita di famiglia dell’altro.

“Che sei mio amico, certo che lo sa o non ti farebbe salire. E non ti riporterebbe le scatole che lasci in giro, non è un cane sai? Hai problemi anche ad accendere il telefono, piuttosto? Anche se mi dici di no, questo modello rimane uno spreco in mano tua.”

Nick sapeva che a volte la sua dolce metà proprio non capiva i sottesi delle conversazioni, quindi riprovò “Sì, credo che il telefono riconosca la mia impronta digitale, così non devo nemmeno imparare il numerino: mio padre mi conosce.” Kevin gli porse il cellulare proprio per avere la sua impronta e così lo accese, cominciando a parlargli delle funzionalità e dei programmi in termini così tecnici che Nick non capì quasi nulla. Mentre la schermata finiva di caricare, Nick ne approfittò “Intendevo se tua madre sa che stiamo insieme.”

Kevin alzò lo sguardo e questa volta Nick seppe che aveva capito. “Credo lo immagini. Esco troppo spesso con te perché non sia sospetto.”

“Non usciamo così tanto! Ci sono anche le serate con il gruppo” fece notare Nick, alludendo a quel complesso musicale in cui militavano ormai da qualche tempo lui, Kevin e Louis, suo migliore amico e cugino di Kevin.

“Appunto: già ti vedo lì, perché dovrei avere interesse a uscire con te altre sere?”

“Quindi non faremo più le serate in cui vediamo i film insieme?” Lo stuzzicò di nuovo Nick, sapendo quanto l’altro amasse borbottare tutto il film mentre lui lo teneva abbracciato. Quel mugugnare era quasi una ninna nanna per Nick ormai.

“Non avrei interesse se tu non fossi il mio ragazzo” tagliò corto il moro, impugnando il telefono ormai pronto “Ti mostro come usare l’applicazione con cui hai fatto guai questa mattina. È semplice: tu parli e quello che dici viene trascritto e inviato al destinatario che hai selezionato.”

Nick cambiò strategia “Lo sai come mio padre ha scoperto che sono gay?”

“Sicuramente non a una riunione di famiglia…” presagì l’altro.

“No, infatti: tramite Instagram” annunciò candido Nick. Kevin lo guardò con rimprovero “Non intendevo comportarmi così! Solo che era più difficile parlare con i miei genitori: degli amici potevo fare a meno…” Kevin alzò un sopracciglio “Insomma, potevo scegliere quelli a cui non importava. Ma non potevo cambiare famiglia. Così aspettai, rimandai... Mi dimenticai che mio padre poteva vedere il mio profilo e pubblicai una foto mentre baciavo un ragazzo. Mio padre mi mandò un messaggio privato dicendo che dovevamo parlare e quando tornai a casa scoprii che era tornato prima del solito e mi aspettava sul divano.”

“La morale sarebbe che bisogna sempre controllare chi ha accesso ai tuoi account?” Chiese Kevin, mostrandogli le impostazioni e le funzionalità dei messaggi. “Non è difficile, ma prima devi imparare a mandare messaggi senza esasperare il destinatario con i tuoi sfoghi isterici verso Siri.”

“Riprova” sorrise Nick che, avvicinatosi per vedere lo schermo, poté finalmente tirargli una ciocca di capelli e dargli un bacio sulla guancia.

“Anche tu” gli fece eco Kevin, vedendo che non aveva proprio capito come accedere ai messaggi.

Nick si rimise al lavoro, cercando di capire come premere per far partire questa nuova funzionalità 3D touch, come l’aveva chiamata Kevin.

“Meglio parlare per primo che lasciare che le persone scoprano da sole quello che dobbiamo dire?” Chiese il moro.

“Stai veramente diventando bravo a capire la gente: sono un ottimo maestro” si complimentò Nick sorridendogli.

“Se non c’è bisogno di parlare, perché parlare? Contraddice tutta la mia condotta di vita” gli fece notare il suo ragazzo, mostrandogli ancora una volta come aprire velocemente la cartella dei messaggi.

“Non credi che tua madre meriti che tu ti sieda e le dica la verità?” Nick si concentrò e toccò lo schermo con la giusta dose di pressione “Ce l’ho fatta!” urlò.

Kevin alzò gli occhi al cielo. “Non fare lo scocciato” gli mugugnò Nick “so che nelle tue mani questo telefono sarebbe uno strumento troppo potente e che riusciresti a distruggere la Casa Bianca, ma per me è una vittoria capire come orientarmi nel menù e da quali icone stare alla larga.”

Rimbrottare Kevin con un complimento: Nick stava diventando bravo, si complimentò con se stesso. Infatti l’altro lasciò correre il rimprovero e riprese il discorso di prima: “Comunque mia madre ha sicuramente già capito e parlarle porterebbe a un certo imbarazzo da parte di entrambi. Quindi non lo farò. E spero che non venga a sapere nulla tramite Instagram, anche se ha il tuo contatto.”

“Ma io non ho il suo!”

“Ha voluto anche il tuo numero, a proposito, visto che sono spesso con te.”

“Devi lasciarmi il suo cellulare allora: se li avessi io i problemi? Come ti contatto?” E poi il tuo compleanno si avvicina, completò mentalmente Nick. Per superare la fronte corrucciata dell’altro aggiunse “Intanto devo esercitarmi con il nuovo cellulare: proviamo a salvare un numero in rubrica! Io eseguo e poi tu controlli.”

Kevin, pensando che non ci fosse nulla di male e che il danno più grande sarebbe stato quello di chiamare per sbaglio sua madre, si ritirò sulla sua sedia e iniziò a dettare. Poco più tardi avrebbe definito il suo pensiero una folle convinzione.

Infatti Nick, mentre smanettava disperato, per non fare capire a Kevin che aveva bisogno d’aiuto anche per salvare un numero in rubrica, ricominciò il discorso: “Voglio solo sapere quando sarò libero di comportarmi come tuo ragazzo davanti a tua madre. E quando lei si sentirà libera di fare la suocera e raccontarmi tutte le tue vergognose avventure. Lo so che ci sono” concluse facendogli l’occhiolino.

“Secondo te dovrei scendere e dirle: < Mamma, sono gay. Ma tranquilla, ora che sono diventato grande anche io, non ho intenzione di cambiare partner ogni settimana, come fa Louis: a questo proposito, ti volevo informare che il Nick a cui giro sempre intorno è il mio fidanzato. Invitiamolo a cena una volta a settimana. > ”

Nick rimase senza parole, poi si riprese: “Mi vorresti a cena con i tuoi una volta a settimana?”

“Ci vediamo sempre a casa tua eppure guidi quasi sempre tu: mi sembra il minimo. E poi lo so che con la tua logorrea una cena solitaria è la peggior condanna. La tua famiglia europea ti manca, anche se da quanto ho capito non sempre cenavate insieme.”

Nick, colpito, si rigirò il telefono tra le mani: forse Kevin aveva imparato a conoscerlo anche meglio di quanto Nick avesse imparato a conoscere lui. Era solo più riservato, un osservatore che non amava sventolare i suoi risultati. “Comunque sono più io che giro intorno a te, lo dice anche Louis che ho perso la bussola.”

“Louis non sa nemmeno cosa sia un punto cardinale: non mi sembra un’autorità in materia.”

“Facciamo che ci giriamo intorno a vicenda?” tentò Nick alzando lo sguardo con un sorriso. Si accorse solo in quel momento che si era chiuso nelle sue stesse spalle. Questa volta seppe calcolare meglio lo slancio della sedia con le rotelle e finì addosso a Kevin, con le labbra premute sulle sue.

“Due equilibristi con la predilezione per i baci acrobatici” sorrise Kevin.

“Sei più carino quando ridi.”

Li interruppero un paio di colpi alla porta. Nick si scansò subito.

“Mamma?” chiese Kevin mentre la donna apriva la porta.

“Volevo solo dire a Nick che quando vuole possiamo andarci a prendere un caffè e parlare di tutte le vergognose avventure che vuole, oppure le posso enumerare mercoledì, quando sarà a cena qui. Ti va bene il mercoledì o preferisci un altro giorno?” si rivolse direttamente a lui “So che il fine settimana voi ragazzi volete uscire…

Nick abbassò lo sguardo orripilato sul telefono che ancora teneva in mano, cominciando a intuire il guaio. Osservò impotente la trascrizione di quanto avevano appena detto sullo schermo del cellulare.

“Puoi dirmelo quando scendi. E potresti fermarti anche stasera, ormai è abbondantemente ora di cena.”

Signora…” tentò di rimediare Nick, gettando uno sguardo a Kevin che, arrossito, sembrava andato in panico. Oh, Kevin l’avrebbe ucciso davvero stavolta. E a ragione.

Anche la mamma di Kevin sembrò accorgersene e si rivolse al figlio con tono dolce “Non ti preoccupare: farò finta che tu mi abbia davvero detto quelle parole dal vivo. So che interfacciarti con le persone non ti riesce benissimo, ma forse hai trovato chi ti può aiutare” concluse alludendo a Nick, che si affrettò a puntualizzare “Involontariamente questa volta. C’è questa funzione nei messaggi del mio nuovo telefono…

“che è meglio tu non tocchi più” terminò definitivo Kevin sibilando le parole.

“Forse è meglio che lo rimandi a mio padre, sì.”

Kevin annuì. Sua madre rise “Sono sicura che Kevin pian piano ti insegnerà a usarlo, per lui non ha segreti. E se avessi dei problemi sai a chi portarlo: è utile un programmatore in famiglia. E non fare quella faccia!” finì rivolta a Kevin che sembrava sul punto di ripetere la sua precedente affermazione.

Fu la volta della risata di Nick. Il clima si stava alleggerendo. “Allora, ragazzi, vado a preparare la cena” disse la signora avviandosi verso la porta. Mentre usciva, li informò: “Per la cronaca, Louis conosce i punti cardinali: glieli ho insegnati io quando aveva otto anni e credo di aver fatto un ottimo lavoro.” Poi si chiuse la porta alle spalle.

Calò il silenzio tra i due ragazzi.

“Kevin, dimmi qualcosa.”

“Questo cellulare è uno strumento troppo potente nelle tue mani”.

 

 

 

Questa storia partecipa al contest “Il telefono”, indetto da MontyDeeks sul forum di efp.

Devo ammettere che Nick e Kevin mi erano mancati e così son andata un po’ in giro per contest in cerca di ispirazione…  Dopo un paio di mesi ho finalmente trovato chi aveva proposto un’idea in grado di farmi accendere la famosa lampadina. In fondo, Nick e Kevin sono nati proprio da un contest, quindi sono tornati sempre con un contest.

Per chi avesse la curiosità di sapere quale scommessa ha portato i due a questa appassionata storia d’amore, e conoscere un poco Louis, ecco il link della vicenda: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2798727&i=1

 

Spero che quello che avete letto vi sia piaciuto, a presto!

Eos

   
 
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