Ore 4.13 p.m., orario
perfetto.
Kevin premette il
tasto “invio” e osservò la barra caricare fino a diventare completamente verde.
Allungò la mano per afferrare il cellulare e controllare la funzionalità del
nuovo programma, ma sbloccando lo schermo notò dei messaggi di Nick.
Come
faccio a chiamare Kevin.
Fammelo
chiamare stupido coso.
Apri
la rubrica.
Kevin si strofinò gli
occhi controllando l’orologio: aveva finito di programmare la nuova app e stava per lanciare la versione di prova. Ore 4.13
p.m.: orario perfetto.
Come poteva Nick
sapere che era il momento giusto per interromperlo? Forse perché lo
interrompeva sempre: qualche volta doveva capitare anche quando aveva davvero
tempo per starlo a sentire.
Kevin fissò perplesso
la schermata della conversazione, mentre i messaggi continuavano ad arrivare.
Ma
sei stregato.
Aaaa parli.
Il moro si appoggiò
allo schienale della sua seduta e diede un’occhiata al suo ufficio, per fortuna
depurato dai colleghi in pausa caffè. Premette il tasto di chiamata emettendo
un profondo respiro.
“Kevin? Kevin? Sei
tu? Kevin?” gli urlò l’altro.
“Non rompermi un
timpano” tagliò secco, già pentendosi di aver chiamato quello strambo ragazzo “cosa c’è?”
“Il mio telefono è un
transformer! Aiutami!”
“Il tuo cellulare ha un
launcher
che rallenterebbe anche un 128 GB e tu hai una malsana ossessione per i wallpaper. Quindi, vista la sua attuale
velocità, dovrebbe metterci circa 75 anni per trasformarsi in un Autobot.”
Kevin udì un gemito
dall’altra parte, prima che Nick tornasse a parlare “Ho un telefono nuovo… E parla! Mi ha messo in contatto con una
centralinista che sembra la mia assistente personale: le ho detto che volevo
portarti al cinema stasera e mi ha inviato la programmazione di tutti i cinema in
città…”
Il moro rischiò di
precipitare sulla tastiera che aveva davanti “Siri?” chiese tentennando, come
se Nick potesse essere davvero così stupido.
“Sì, dice di
chiamarsi così. Ci stavo parlando proprio ora per dirle che dovevo chiamarti.
La conosci?”
Kevin fissò lo
schermo del pc che aveva davanti: le icone ordinate,
le cartelle organizzate, i codici alfanumerici, ritmati e chiari…
“Nicholas, presentati a casa mia tra un’ora” sentenziò alla fine buttando giù
il telefono.
Il suo ragazzo andava
soppresso. O iniziato al terzo millennio.
*
Nick trovò Kevin in
camera sua, con le cuffie nelle orecchie e un libro tra le mani. Seduto alla
scrivania, gli dava le spalle, quindi gli si avvicinò piano. Se si fosse
trattato di Louis avrebbe dato un colpo alla sedia girevole mandandolo gambe
all’aria, ma Kevin non era suo cugino: per uno scherzo del genere gli avrebbe
tenuto il broncio per un mesetto. Il fatto che Nick adorasse il suo ragazzo
anche quando borbottava tutto il giorno era un altro problema.
Si decise per un
lieve tocco sulle spalle e, quando Kevin si voltò, sfoggiò un gran sorriso,
ricambiato da un cenno del capo.
“Tua madre mi ha
fatto entrare” spiegò Nick accomodandosi sul letto.
“Le avevo detto che
saresti venuto. Per la stessa ragione ho provveduto a sistemare un’altra sedia
in camera mia: sei pregato di usare questa e non il letto” comandò imperioso
arrotolando meticolosamente le cuffie.
“Di solito non ci
sono due sedie in camera tua?” Chiese Nick stupito, mentre si spostava. Normalmente
era Kevin ad andare da lui e non il contrario, visto che Nick viveva da solo.
In più, ogni volta che entrava in quella casa non sapeva come comportarsi:
ormai lui e Kevin uscivano da un paio di mesi, ma non sapeva se l’altro avesse
parlato di loro alla sua famiglia.
“Sarebbero uno spreco
di spazio, non trovi? Ci vivo solo io in questa camera” Kevin lo risvegliò col
solito tono piccato dai suoi pensieri.
“Ma i vestiti dove li
metti?”
“Nell’armadio. Dove
li mettono le persone normali. Non tutti li gettano a caso sulla sedia come te
e il mio cuginastro” gli rispose Kevin piccato.
“Io e Louis
incarniamo la maggior parte della popolazione, credimi, per cui non ho
intenzione di mettere a posto anche gli abiti quando vieni da me” lo avvisò
Nick.
“Anche? Casa tua è un porcile se non vengo a trovarti?”
“Avevamo già
convenuto che le norme igieniche che rispetto io sono diverse dalle tue”
“Finché non ne avrò
danni alla salute.”
“Allora smetterai di venire
a trovarmi?” Chiese Nick: era una provocazione e la risposta lo avrebbe aiutato
a capire il grado di irritazione che Kevin aveva raggiunto per quella giornata.
“Ti farò pulire la
casa.”
Decisamente una buona
giornata: stava sottintendendo che non l’avrebbe lasciato nemmeno se avesse
abitato in un porcile. Stava per gettarsi in un abbraccio costrittore e aveva
già quasi spiccato il volo, quando sua madre entrò in camera.
Made A:
abortire il decollo. Nick cercò abilmente di frenare il suo slancio e, pur
calcolando anche il fatto che la sedia avesse le ruote, riuscì a finire
sonoramente per terra.
Kevin lo guardò un
po’ con occhio critico, poi proferì “Dimmi mamma”, volgendosi verso la donna
come se niente fosse successo.
“Nick, stai bene?”
chiese invece lei, un poco più preoccupata, posando sul letto una scatola che
reggeva tra le mani.
“Sì, tutto a posto,
grazie” ribatté lui con un sorriso “Devo aver perso l’equilibrio”. La mamma di
Kevin era una signora grassoccia e colorita, che esprimeva vitalità: forse
quell’energia dei bambini con cui lavorava le rimaneva addosso. Nick l’aveva
sempre trovata una persona molto gradevole, prima di cominciare a uscire con
suo figlio: non riusciva ancora a comprendere se lo agitasse il fatto di dover
fare attenzione a non lasciarle capire la loro relazione oppure l’idea che lei
potesse non ritenerlo adatto a Kevin.
“Sono salita a
riportarvi la scatola che hai dimenticato in salotto quando sei arrivato…”
“L’Iphone chiaramente: l’ultimo aggiornamento…
Ma chi lo comprerebbe mai a un profano come te?” proseguì Kevin come se nulla
fosse, rigirandosi tra le mani la scatoletta bianca che aveva agguantato.
La signora guardò
Nick e si strinse nelle spalle, come per scusare il figlio. Nick le sorrise di
rimando “La ringrazio, sono sempre più sbadato.”
“Ehi! Ho fatto una
domanda!” Brontolò Kevin alzando lo sguardo.
“Vi lascio a sbrigare
le vostre urgenze” fece la donna chiudendosi la porta alle spalle. Nick la
fissò uscire riflettendo sul senso delle sue parole. Erano più esplicite del
solito o si stava immaginando tutto?
“Kevin, ascolta…”
“Chi te l’ha
comprato?” Continuò l’altro sventolandogli davanti la scatola del telefono.
“Mio padre, ma non è
importante. Piuttosto, ho io una domanda: tua madre sa di noi?” Nick sapeva di
aver bisogno di mettere la situazione in chiaro, ma aveva sempre evitato
l’argomento perché Kevin non era molto a suo agio nel parlare di sentimenti
(soprattutto i propri) e non sapeva se il loro livello di intimità fosse giunto
al punto in cui ci si interessava della vita di famiglia dell’altro.
“Che sei mio amico,
certo che lo sa o non ti farebbe salire. E non ti riporterebbe le scatole che
lasci in giro, non è un cane sai? Hai problemi anche ad accendere il telefono,
piuttosto? Anche se mi dici di no, questo modello rimane uno spreco in mano
tua.”
Nick sapeva che a
volte la sua dolce metà proprio non capiva i sottesi delle conversazioni,
quindi riprovò “Sì, credo che il telefono riconosca la mia impronta digitale,
così non devo nemmeno imparare il numerino: mio padre mi conosce.” Kevin gli
porse il cellulare proprio per avere la sua impronta e così lo accese,
cominciando a parlargli delle funzionalità e dei programmi in termini così
tecnici che Nick non capì quasi nulla. Mentre la schermata finiva di caricare,
Nick ne approfittò “Intendevo se tua madre sa che stiamo insieme.”
Kevin alzò lo sguardo
e questa volta Nick seppe che aveva capito. “Credo lo immagini. Esco troppo
spesso con te perché non sia sospetto.”
“Non usciamo così
tanto! Ci sono anche le serate con il gruppo” fece notare Nick, alludendo a
quel complesso musicale in cui militavano ormai da qualche tempo lui, Kevin e
Louis, suo migliore amico e cugino di Kevin.
“Appunto: già ti vedo
lì, perché dovrei avere interesse a uscire con te altre sere?”
“Quindi non faremo
più le serate in cui vediamo i film insieme?” Lo stuzzicò di nuovo Nick,
sapendo quanto l’altro amasse borbottare tutto il film mentre lui lo teneva
abbracciato. Quel mugugnare era quasi una ninna nanna per Nick ormai.
“Non avrei interesse
se tu non fossi il mio ragazzo” tagliò corto il moro, impugnando il telefono
ormai pronto “Ti mostro come usare l’applicazione con cui hai fatto guai questa
mattina. È semplice: tu parli e quello che dici viene trascritto e inviato al
destinatario che hai selezionato.”
Nick cambiò strategia
“Lo sai come mio padre ha scoperto che sono gay?”
“Sicuramente non a
una riunione di famiglia…” presagì l’altro.
“No, infatti: tramite
Instagram”
annunciò candido Nick. Kevin lo guardò con rimprovero “Non intendevo
comportarmi così! Solo che era più difficile parlare con i miei genitori: degli
amici potevo fare a meno…” Kevin alzò un sopracciglio
“Insomma, potevo scegliere quelli a cui non importava. Ma non potevo cambiare
famiglia. Così aspettai, rimandai... Mi dimenticai che mio padre poteva vedere
il mio profilo e pubblicai una foto mentre baciavo un ragazzo. Mio padre mi
mandò un messaggio privato dicendo che dovevamo parlare e quando tornai a casa
scoprii che era tornato prima del solito e mi aspettava sul divano.”
“La morale sarebbe
che bisogna sempre controllare chi ha accesso ai tuoi account?” Chiese Kevin,
mostrandogli le impostazioni e le funzionalità dei messaggi. “Non è difficile,
ma prima devi imparare a mandare messaggi senza esasperare il destinatario con
i tuoi sfoghi isterici verso Siri.”
“Riprova” sorrise
Nick che, avvicinatosi per vedere lo schermo, poté finalmente tirargli una
ciocca di capelli e dargli un bacio sulla guancia.
“Anche tu” gli fece
eco Kevin, vedendo che non aveva proprio capito come accedere ai messaggi.
Nick si rimise al
lavoro, cercando di capire come premere per far partire questa nuova
funzionalità 3D touch,
come l’aveva chiamata Kevin.
“Meglio parlare per
primo che lasciare che le persone scoprano da sole quello che dobbiamo dire?”
Chiese il moro.
“Stai veramente
diventando bravo a capire la gente: sono un ottimo maestro” si complimentò Nick
sorridendogli.
“Se non c’è bisogno
di parlare, perché parlare? Contraddice tutta la mia condotta di vita” gli fece
notare il suo ragazzo, mostrandogli ancora una volta come aprire velocemente la
cartella dei messaggi.
“Non credi che tua
madre meriti che tu ti sieda e le dica la verità?” Nick si concentrò e toccò lo
schermo con la giusta dose di pressione “Ce l’ho fatta!” urlò.
Kevin alzò gli occhi
al cielo. “Non fare lo scocciato” gli mugugnò Nick “so che nelle tue mani
questo telefono sarebbe uno strumento troppo potente e che riusciresti a
distruggere la Casa Bianca, ma per me è una vittoria capire come orientarmi nel
menù e da quali icone stare alla larga.”
Rimbrottare Kevin con
un complimento: Nick stava diventando bravo, si complimentò con se stesso.
Infatti l’altro lasciò correre il rimprovero e riprese il discorso di prima: “Comunque
mia madre ha sicuramente già capito e parlarle porterebbe a un certo imbarazzo
da parte di entrambi. Quindi non lo farò. E spero che non venga a sapere nulla
tramite Instagram,
anche se ha il tuo contatto.”
“Ma io non ho il
suo!”
“Ha voluto anche il
tuo numero, a proposito, visto che sono spesso con te.”
“Devi lasciarmi il
suo cellulare allora: se li avessi io i problemi? Come ti contatto?” E poi il tuo compleanno si avvicina,
completò mentalmente Nick. Per superare la fronte corrucciata dell’altro
aggiunse “Intanto devo esercitarmi con il nuovo cellulare: proviamo a salvare
un numero in rubrica! Io eseguo e poi tu controlli.”
Kevin, pensando che
non ci fosse nulla di male e che il danno più grande sarebbe stato quello di
chiamare per sbaglio sua madre, si ritirò sulla sua sedia e iniziò a dettare.
Poco più tardi avrebbe definito il suo pensiero una folle convinzione.
Infatti Nick, mentre
smanettava disperato, per non fare capire a Kevin che aveva bisogno d’aiuto
anche per salvare un numero in rubrica, ricominciò il discorso: “Voglio solo
sapere quando sarò libero di comportarmi come tuo ragazzo davanti a tua madre.
E quando lei si sentirà libera di fare la suocera e raccontarmi tutte le tue
vergognose avventure. Lo so che ci sono” concluse facendogli l’occhiolino.
“Secondo te dovrei
scendere e dirle: < Mamma, sono gay. Ma tranquilla, ora che sono diventato
grande anche io, non ho intenzione di cambiare partner ogni settimana, come fa
Louis: a questo proposito, ti volevo informare che il Nick a cui giro sempre
intorno è il mio fidanzato. Invitiamolo a cena una volta a settimana. > ”
Nick rimase senza
parole, poi si riprese: “Mi vorresti a cena con i tuoi una volta a settimana?”
“Ci vediamo sempre a
casa tua eppure guidi quasi sempre tu: mi sembra il minimo. E poi lo so che con
la tua logorrea una cena solitaria è la peggior condanna. La tua famiglia
europea ti manca, anche se da quanto ho capito non sempre cenavate insieme.”
Nick, colpito, si
rigirò il telefono tra le mani: forse Kevin aveva imparato a conoscerlo anche
meglio di quanto Nick avesse imparato a conoscere lui. Era solo più riservato,
un osservatore che non amava sventolare i suoi risultati. “Comunque sono più io
che giro intorno a te, lo dice anche Louis che ho perso la bussola.”
“Louis non sa nemmeno
cosa sia un punto cardinale: non mi sembra un’autorità in materia.”
“Facciamo che ci
giriamo intorno a vicenda?” tentò Nick alzando lo sguardo con un sorriso. Si
accorse solo in quel momento che si era chiuso nelle sue stesse spalle. Questa
volta seppe calcolare meglio lo slancio della sedia con le rotelle e finì
addosso a Kevin, con le labbra premute sulle sue.
“Due equilibristi con
la predilezione per i baci acrobatici” sorrise Kevin.
“Sei più carino
quando ridi.”
Li interruppero un
paio di colpi alla porta. Nick si scansò subito.
“Mamma?” chiese Kevin
mentre la donna apriva la porta.
“Volevo solo dire a
Nick che quando vuole possiamo andarci a prendere un caffè e parlare di tutte
le vergognose avventure che vuole, oppure le posso enumerare mercoledì, quando
sarà a cena qui. Ti va bene il mercoledì o preferisci un altro giorno?” si
rivolse direttamente a lui “So che il fine settimana voi ragazzi volete uscire…”
Nick abbassò lo
sguardo orripilato sul telefono che ancora teneva in
mano, cominciando a intuire il guaio. Osservò impotente la trascrizione di
quanto avevano appena detto sullo schermo del cellulare.
“Puoi dirmelo quando
scendi. E potresti fermarti anche stasera, ormai è abbondantemente ora di
cena.”
“Signora…”
tentò di rimediare Nick, gettando uno sguardo a Kevin che, arrossito, sembrava
andato in panico. Oh, Kevin l’avrebbe
ucciso davvero stavolta. E a ragione.
Anche la mamma di
Kevin sembrò accorgersene e si rivolse al figlio con tono dolce “Non ti
preoccupare: farò finta che tu mi abbia davvero detto quelle parole dal vivo.
So che interfacciarti con le persone non ti riesce benissimo, ma forse hai
trovato chi ti può aiutare” concluse alludendo a Nick, che si affrettò a
puntualizzare “Involontariamente questa volta. C’è questa funzione nei messaggi
del mio nuovo telefono…”
“che è meglio tu non
tocchi più” terminò definitivo Kevin sibilando le parole.
“Forse è meglio che
lo rimandi a mio padre, sì.”
Kevin annuì. Sua
madre rise “Sono sicura che Kevin pian piano ti insegnerà a usarlo, per lui non
ha segreti. E se avessi dei problemi sai a chi portarlo: è utile un
programmatore in famiglia. E non fare quella faccia!” finì rivolta a Kevin che
sembrava sul punto di ripetere la sua precedente affermazione.
Fu la volta della
risata di Nick. Il clima si stava alleggerendo. “Allora, ragazzi, vado a
preparare la cena” disse la signora avviandosi verso la porta. Mentre usciva,
li informò: “Per la cronaca, Louis conosce i punti cardinali: glieli ho insegnati
io quando aveva otto anni e credo di aver fatto un ottimo lavoro.” Poi si
chiuse la porta alle spalle.
Calò il silenzio tra
i due ragazzi.
“Kevin, dimmi
qualcosa.”
“Questo cellulare è uno
strumento troppo potente nelle tue mani”.
Questa storia
partecipa al contest “Il telefono”, indetto da MontyDeeks
sul forum di efp.
Devo ammettere che
Nick e Kevin mi erano mancati e così son andata un po’ in giro per contest in
cerca di ispirazione…
Dopo un paio di mesi ho finalmente trovato chi aveva proposto un’idea in
grado di farmi accendere la famosa lampadina. In fondo, Nick e Kevin sono nati
proprio da un contest, quindi sono tornati sempre con un contest.
Per chi avesse la
curiosità di sapere quale scommessa ha portato i due a questa appassionata
storia d’amore, e conoscere un poco Louis, ecco il link della vicenda: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2798727&i=1
Spero che quello che
avete letto vi sia piaciuto, a presto!
Eos