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Autore: Laurie    24/05/2016    1 recensioni
La raccolta di ficlet definitiva su Nana. Personaggi, coppie e problemi esistenziali potrebbero variare notevolmente di capitolo in capitolo.
A letter from the depth
Un amore mai consumato può fare ancora male {Nobu/Nana K.}
Storie pubblicate:
Your heart-shaped box {Reira/Ren}
Words are meaningless (and forgettable) {Naoki e Reira}
Effimero {Ren/Shin}
All you ever wanted, all you ever needed {Shin/Reira}
Let me steal this moment {Reira/Takumi}
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Slash, FemSlash | Personaggi: Naoki Fujieda, Nobuo Terashima, Reira Serizawa, Ren Honjo, Shinichi Okazaki
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Let me steal this moment


“Wow… è stato… wow!”

“Se pure Naoki è rimasto a corto di parole, direi che abbiamo fatto centro!”

“E’ stato un ottimo concerto, sì.”

Reira sorrise radiosa. All’uscita dalla sala, dopo la performance, erano stati letteralmente assaliti dagli ammiratori, tanto che avevano faticato non poco a ringraziare ognuno di loro.

Dopo si erano concessi un brindisi nei camerini.

“Bene, noi andiamo a bere qualcosa in centro. Venite?”

“Io vado a casa, ragazzi, sarà per la prossima volta,” si scusò Reira. Sapeva che l’avevano invitata per gentilezza, ma probabilmente si stavano dirigendo a caccia di ragazze, magari proprio delle stesse fan che li avevano acclamati quella sera stessa.

“Ti accompagno,” si offrì Takumi.

“Come? Non devi andare dalla tua ragazza… come si chiamava l’ultima?” lo stuzzicò lei.

Lui rise. “Non stasera. Domani ho un compito importante, e se non voglio essere rimandato, devo passarlo con voti più che sufficienti.”

“Allora è per questo…”

Il ragazzo non si avvide di aver sentito, e a Reira andò più che bene: non gli dispiaceva se lui l’accompagnava a casa, se per una volta trascurava una delle sue apparentemente numerose ammiratrici.

Lei non si faceva più illusioni da quando Naoki le aveva fatto notare con la sua innocente mancanza di tatto quanto Takumi fosse popolare tra le ragazze.

Salutarono i compagni della loro band, che si diressero verso il pub, cominciando a cantare le canzoni del concerto.

“Vuoi che ti aiuti?” le chiese Takumi.

Reira gli passò un paio di sacchetti, pieni dei regali dei fan. Era stato molto gentile, quella sera. Ne fu per un attimo confusa e turbata. Takumi l’aveva chiaramente rifiutata, più di una volta: allora perché aveva la sensazione, ogni volta che parlava amichevolmente e scherzava con un ragazzo sentirlo accanto a lei, fremere come se si volesse trattenere il fastidio dentro? Perché certe volte la trascurava e altre si preoccupava eccessivamente di lei?

Non ha diritto di farmi la predica o di essere geloso, pensò.

“E’ vero che non hai nessun appuntamento?”

“Ti sembra davvero così strano?” disse lui, prendendo il tutto molto alla leggera. Ma il silenzio di lei lo indusse a voltarsi per guardarla. Qualcosa nel viso della ragazza lo convinse che lei non aveva intenzione di scherzare, non quella sera e non con quell’argomento. “Non posso voler accompagnarti a casa? Da piccoli lo facevo sempre.”

Lei gli sorrise, luminosa e radiosa in risposta. E Takumi sospirò di sollievo, come se quel gesto avesse cancellato l’ombra cupa di qualcosa che incombeva su di loro, qualcosa che per un attimo lo aveva turbato e lasciato in preda a pensieri contradditori e nascosti.

“Certo che sì. Ma ora io sono cresciuta.”

Reira sembrava volerlo provocare.

“Di notte è meglio che una ragazza non giri da sola.”

“Perché temi che qualche maniaco mi faccia del male?”

“Non è possibile?” gli chiese lui, con lo stesso tono leggere e ipotetico con cui lei aveva condotto la conversazione.

“Certamente. I ragazzi corrono dietro alle gonnelle,” lei sorrise in un modo più cinico, un’espressione che Takumi aveva visto per la prima volta sul viso di lei. “E uno di questi è proprio accanto a me.”

Lui rise, improvvisamente e ironicamente: era imbarazzato e stava cominciando a chiedersi se Reira non voleva intendere qualcos’altro sotto le sue parole – un rimprovero contro di lui? Una manifestazione di gelosia? Non voleva credere a nessuna di queste possibilità.

“Non ti preoccupare, non ti farei mai del male.”

“Grazie,” rispose lei, in quel momento abbandonando l’innocente malizia. “Quando eravamo bambini, mi ricordo che mi davi la mano…”

Reira attesa una reazione a quelle parole, che non venne. Probabilmente Takumi non aveva sentito o aveva finto di non sentire. Perché si era inoltrata in quella discussione, perché si ostinasse soprattutto a stuzzicarlo non riusciva a spiegarselo del tutto: proprio quella sera, tra le tante, proprio quando ormai era chiaro che lei per lui era solo una vecchia amica d’infanzia, solo la cantante della sua band… forse l’eccitazione del concerto le aveva dato coraggio abbastanza per infuocare un argomento che apparteneva al passato.

La ragazza si avvicinò, per spiare il viso di lui, qualche emozione alla sue parole. Lui aveva soltanto accelerato il passo, come se volesse mettere la maggiore distanza tra di loro.

“Se io ti dessi la mano…”

“Ma non siamo più bambini,” tagliò corto lui, nel tono più gentile che riuscì a trovare ma che suonò terribilmente aspro e definitivo all’orecchio di Reira.

“Buon per te che ti sia accorto di questo…”

“Certo che sì…” lui si fermò un attimo e la fissò attentamente, mentre lei si incupiva. “Reira, so che non sei più… non siamo più quelli di un tempo e siamo cresciuti.”

La ragazza annuì. Ma quelle parole per lei dicevano soltanto: non possiamo tornare al passato, ma non posso vedere altro tra noi, oggi, qui, ora…

Procedettero in silenzio per il resto del tragitto fino a casa. Reira fu tentata di riprendere il discorso con qualsiasi mezzo, fu quasi sul punto di ribattere se allora non l’accompagnava a casa non per pure gesto di gentilezza, o per vecchia abitudine, ma soltanto perché casualmente abitavano a pochi passi di distanza. Ma non aveva avuto lo spirito giusto per provarci. Era probabile che temeva una risposta affermativa, era possibile che volesse illudersi ancora che lui si curasse di lei…

“Sei arrivata.”

Takumi si fermò davanti al cancello di casa sua.

“Ci vediamo domani a scuola. E’… è stato bello il concerto.”

Takumi non sapeva cosa rispondere, ma mentre Reira si voltava e apriva il cancello, troppo velocemente per non sembrare una fuga, comprese che non voleva che la serata finisse così, con quel silenzio imbarazzato e con parole non dette. Voleva… voleva soltanto…

“Reira, i tuoi sacchetti.”

Lei si voltò, un’espressione sorpresa in volto, e si avvicinò imbarazzata a lui.

“Uhm, grazie.”

Mentre prendeva i sacchetti che Takumi le porgeva, le loro mani si sfiorarono per caso. Fu abbastanza perché entrambi sobbalzassero. Lui la strinse all’improvviso la mano, e non riuscì a muoversi quando lei si avvicinò, per un guizzo di coraggio, e sfiorò le sue labbra con le proprie.

Takumi realizzò, quando accettò il bacio, che lei non era più la bambina che ingenuamente gli aveva dichiarato il proprio amore anni fa, ma una giovane donna che per qualche motivo incomprensibile a lui lo desiderava. Avrebbe voluto sottrarsi indietro, prendere fermamente Reira e allontanarla… ma il viso di lei, così vicino, era luminoso e bellissimo, trasfigurato da un sentimento di pura gioia e di caparbia audacia. Sembrava diversa dalla dolce ragazza che conosceva da anni, e tuttavia era proprio lei.

Good night,” gli sussurrò dolcemente.

Quella notte l’angelo della sua infanzia aveva donato amore soltanto a lui.

E se soltanto lui avesse potuto ricambiarlo…

  
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