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Autore: Rain_Flames    25/05/2016    0 recensioni
Niall Parker è il più giovane allenatore ad aver sconfitto ben due Leghe con l'utilizzo di soli tre pokémon.
Ora ha ventidue anni e per uno strano scherzo del destino deciderà di ricominciare tutto da capo per ritentare l'impresa con la Lega di Hoenn.
Quali saranno i suoi nuovi compagni di viaggio? Ma soprattutto quali nemici sarà costretto ad affrontare?
***dal primo capitolo***
[...]
Avevo soldi e fama, ma mi mancava tutto il resto. La frenesia, la voglia spasmodica di arrivare subito al top, non mi avevano fatto apprezzare la Regione: di tutti i posti in cui sono stato vi assicuro che non ne ricordo chiaramente nemmeno uno.
A che cos'era servito quindi stare su tutti i notiziari? A niente, tutti si sono subito scordati di me ed io sono rimasto con un pungo di mosche in mano.
C'è da dire un'altra cosa, amo i pokémon, li trovo dei compagni di viaggio stupendi ma non posso dire altrettanto delle persone: quelle tradiscono e tramano alle tue spalle e quando non riesci a fidarti nemmeno del tuo migliore amico, capisci che forse hai sbagliato qualcosa.
[...]
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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A trip through the truth

Chapter VI


 

Le onde continuavano a muovere la barca in maniera ritmata ed io ad ogni oscillazione mi sentivo sempre peggio.
Dopo aver dato di stomaco per la quarta o quinta volta Kira mi fece stendere da Ralts con un Ipnosi e mai avrei pensato avrebbe funzionato così bene.
Quando mi svegliai ero completamente stordito, mi sentivo strafatto e non riuscivo a reggermi in piedi per il continuo ondeggiare di quella stramaledetta barcaccia.
Questo riposo forzato non aveva giovato al mio umore, ma anzi mi sentivo ancora più nervoso e irrequieto del solito. Unica nota positiva era l’assenza di sogni, o meglio, di incubi.
«Buongiorno bell’addormentato» chiosò Kira entrando nella cuccetta in cui mi avevano relegato.
«Giorno…» biascicai tra lo scazzato e l’assonnato.
«Qualcosa mi dice che non hai apprezzato la mia soluzione» disse sorridendo colpevole.
«Lo avrei fatto» dissi prendendo fiato «Lo avrei fatto se non mi avessi preso di sorpresa».
«Oh, avanti Niall» disse porgendomi un piatto con sopra alcuni tramezzini «L’ho fatto per il tuo bene».
Scrollai la testa allontanandolo con una mano «Preferisco essere informato, prima» affermai «comunque grazie… credo sia servito».
«Certo che è servito» rispose raggiante «Hai dormito per quasi un giorno intero… il Signor Marino dice che se non ci sono complicazioni saremo a Porto Selcepoli prima delle dieci di domani mattina».
«Un giorno?» chiesi incredulo.
«Già…» rispose la ragazza sorridendo «mangia qualcosa» disse riproponendomi il pane bianco imbottito.
«Meglio di no, rischio di dare di stomaco un’altra volta» declinai gentilmente.
«Come vuoi» rispose addentandone uno per poi uscire sul ponte e raggiungere l’anziano al timone.
Provai ad alzarmi in piedi, ed e per prima cosa andai in bagno. Ne avevo urgente bisogno.
Una volta lavate le mani mi sciacquai il viso e lo trovai leggermente più spigoloso del solito. Tutta quest’acqua non aveva un bell’effetto sul mio fisico.
Nonostante questo mi imposi di uscire e cercare di respirare un po’ d’aria fresca.
Kira mi raggiunse subito per vedere che non stessi di nuovo male, dopodiché si appoggiò alla mia spalla e contemplò il tramonto che stava illuminando l’orizzonte liquido di tonalità calde.
«Pensavo di aver combinato un guaio» sospirò «iniziavo a credere che non ti saresti più svegliato».
«Non credo tu possa liberarti così facilmente di me» risposi accarezzandole distrattamente il fianco.
«L’importante è che tu stia un po’ meglio» esclamò contenta «Ho badato io ai Pokémon in tua assenza».
«Che ti pago a fare altrimenti?» celiai ricevendo un pizzicotto in risposta.
«Mudkip e Dratini si sono allenati percorrendo un tratto a nuoto» mi spiegò poi pensando a cosa era accaduto mentre dormivo «Combusken e Ralts invece hanno preferito sfidarsi sul ponte e meditare. Credo che l’uovo si sia mosso, ma non potrei giurarlo, forse era colpa di un’onda» proseguì pensierosa «Aron si sta riprendendo lentamente, ma come te è destabilizzata dall’oscillazione dell’imbarcazione, perciò l’ho fatta uscire lo stretto necessario».
«Sei stata bravissima grazie» affermai sincero prima di aggrapparmi alla ringhiera per un’onda un po’ più forte.«Ti conviene sdraiarti a poppa» disse prontamente Kira «ho sentito dire che aiuti contro la nausea».
Restai lì per una mezz’oretta facendo respiri profondi e cercando di scacciare la nausea, infine sentii la ragazza alzarsi così aprii gli occhi per vedere dove stesse andando.
«Sono un po’ stanca» esclamò «Ti spiace se vado in cuccetta a dormire».
«Nessun problema» risposi alzandomi a mia volta per dirigermi dal Signor Marino.
Parlai un po’ con l’anziano ma non ci volle molto per farmi stare nuovamente male. Decisi di andare nella stanzetta in legno con la mia amica, la sola vista dell’acqua mi metteva ancora un tremendo disagio.
Mi sedetti sulla poltroncina accanto al letto ed osservai la figura di Kira dormiente illuminata soltanto da una lampada ad olio vicino alle ante chiuse di un piccolo oblò.
Sembrava così… fragile e delicata. E sì, lo era in parte, ma perlopiù aveva un carattere battagliero, le piacevano le sfide e avevo scoperto con piacere un certo potenziale nel suo modo di combattere. D’altra parte aveva un animo profondo, la sorprendevo spesso osservare il mondo con un’attenzione che pochi avrebbero avuto.
Per non parlare della sua abilità di poter comunicare con i Pokémon. Allenare i miei giovani amici sembrava essere una passeggiata rispetto al primo viaggio, inoltre Dratini era decisamente cresciuto. Già, il merito anche in questo caso era della ragazza che dialogando con lui l’aveva rassicurato su un sacco delle sue paure ed incertezze, aiutandomi così a prepararlo al meglio.
Mi resi conto che mi stavo facendo coinvolgere troppo dalla situazione e benché non ci fosse niente di male, continuavo a reputare il sentimento d’affetto che nutrivo per Kira fin troppo precoce.
Decisi quindi di uscire nuovamente sul ponte e cercando di nuovo la poppa, mi sedetti trovando un posto confortevole che mi permise di appoggiare anche la schiena.
Incrociai le gambe ma feci in modo di lasciare uno spazio al centro, poi con molta calma feci uscire Aron dalla sua sfera.
Iniziai ad accarezzarla leggermente ed ebbi la conferma che come me, non si sentisse molto a suo agio per via del rollio della nave. La rassicurai continuando a lasciarle delle carezze sul capo e le raccontai delle mie esperienze passate con Ninetles. Volevo farle capire che sebbene fosse cieca aveva ancora un’intera vita davanti e che sarebbe bastato potenziare i sensi che le restavano per farla lottare al pari con gli altri.
«Le cose vanno sempre considerate per il loro lato positivo» le avevo spiegato «la tua cecità ti rende immune a determinati attacchi che potrebbero abbassarti le statistiche. Allo stesso modo sarai avvantaggiata una volta sviluppato l’udito o il tatto. Non importa da dove venga l’attacco, lo percepirai sempre un attimo prima» dissi convinto «Il tuo punto forte è sicuramente la difesa. Ti ho vista incassare colpi per i quali altri, si sarebbero gettati a terra dal dolore. Sono sicuro che se userai questa cosa durante le sfide riusciremo ad arrivare molto lontano insieme».
Il Pokémon acciaio si accoccolò contento e si lasciò accarezzare per il restante tempo. Senza Kira non ebbi una traduzione letterale della sua risposta, ma mi sembrò decisamente positiva. Del resto non ero nuovo nel mestiere e negli anni avevo sicuramente accumulato parecchia esperienza.
Inutile dire che non avevo sonno, ma allo stesso tempo l’idea di un’intera notte in mare non mi faceva saltare di gioia.
Tornai dal Signor Marino e gli chiesi se aveva bisogno di una mano.
«Grazie ragazzo, devo gettare l’ancora. Ormai la visibilità è molto ridotta e non è sicuro navigare in queste acque senza una visione chiara degli scogli che ci sono qui attorno» mi disse conducendomi verso l’enorme pezzo di ferro.
Lo aiutai a calarla in mare e nel frattempo gli chiesi che cosa avessero fatto mentre stavo k.o. nella cabina.
«Niente di particolare» rispose sorridendo «Ho raccontato a Kira altre storie di quando ero in marina, è incredibile quanta allegria riesca a metterti quella ragazzina».
«Oh, sì. È fantastica» dissi sovrappensiero.Lo sentii ridere debolmente, ma cercò di mascherare il tutto con un colpetto di tosse.
«Le ho insegnato a pescare» aggiunse poi «è molto portata, i Pokémon d’acqua abboccano con particolare facilità al suo amo».
«Davvero?» domandai incuriosito.
«Sì» annuì con il capo «è un’allenatrice davvero promettente. Sei fortunato ragazzo. Da quanto state insieme?» chiese facendomi probabilmente diventare rosso in viso.
«No… no… noi non stiamo assieme» dissi sbrigativo.
L’uomo mi guardò alzando un sopracciglio e poi borbottò qualcosa tra sé e sé «Beh, non aspetterei troppo a dichiararmi fossi in te. Potrebbe incontrare qualcun altro».
«Sembra la storia della mia vita» sbuffai lasciando definitivamente la catena a cui era legata l’ancora.
«Sono un uomo anziano» iniziò a dire con un tono di voce che lasciava capire che ne aveva passate tante «capisco che non sia facile, ma è evidente che vi stiate gironzolando attorno annusandovi come Poochyena selvatici. Cosa vi trattiene?»
«Perlopiù il tempo» risposi meditabondo «Non che ce ne manchi» chiarii «ma ci conosciamo da poco più di una settimana ed ho passato l’ultimo giorno a dormire praticamente…» sospirai pesantemente «sarebbe… prematuro. Non voglio che sia un fuoco di paglia, se quello che sento dovesse essere reale e non solo un infatuazione, allora mi dichiarerò molto volentieri. Non voglio rischiare di fare tutto troppo in fretta e ritrovarmi di nuovo da solo».
«Se le cose stanno così, fai decisamente bene» sorrise il Signor Marino.
Risposi al suo sorriso, chinai leggermente il capo ed infine gli augurai la buona notte, ma prima che potessi andarmene mi fermò.
«Quasi dimenticavo» si affrettò a dire «ho promesso a Kira che l’avrei portata a pescare in un punto segreto nella baia di Porto Selcepoli, ad est verso le correnti oceaniche che arrivano da Orocea. Si trovano Pokémon difficili da incontrare in altri luoghi e vista la sua bravura con la canna da pesca credo che potrebbe catturare un ottimo amico con cui condividere il suo viaggio, spero non ti dispiaccia».
«Per me va bene, ti chiedo solo di lasciarmi scendere al porto sulla spiaggia. Ho delle commissioni da portare a termine da parte del Signor Petri e vorrei fare il prima possibile. Mi faccia chiamare dalla ragazza al rientro e vi farò trovare un ottimo pranzo… o cena se starete via per più tempo».
Poco dopo rientrai nella cabina e trovai Kira profondamente addormentata, così mi sdraiai sulla seconda brandina e provai a rilassarmi.
Ammetto che ero piuttosto fiero di me stesso. Nelle ultime ore, nonostante la nausea e il disagio generale, ero riuscito a mantenere la calma e controllarmi anche senza le costanti rassicurazioni della mia amica.
Passai qualche ora a pensare e ripensare a cos’era successo negli ultimi anni e a quante cose avessi fatto nonostante non le avessi ancora volute tutte ammettere a me stesso. Quello che però non mi sarei mai aspettato, era di addormentarmi nuovamente su quella barca.

«Sarah, pensaci tu» la voce di mio padre riecheggiava nella mia testa.
«No! Resto con te» fu la risposta ferma e decisa di mia madre.

Non riconobbi il luogo in cui si trovavano e tutto sembrava piuttosto sfocato. Mi sentivo intontito e non riuscivo a capire che cosa stesse succedendo.
«È rischioso» continuò mio padre con un tono che non ammetteva repliche «Non voglio che ti accada qualcosa ed ho bisogno di sapere che queste informazioni restino al sicuro».
«È un suicidio quello che vuoi fare» esclamò mia madre visibilmente alterata «Ascoltami per una buona volta, lasciamo tutto! Siamo finiti in una situazione più grande di noi».
«Loro contano sul nostro aiuto, non possiamo deluderli» esclamò imperturbabile «Vai prima che sia troppo tardi».
«Io non…» fu la flebile replica.
«Sarah» tuonò mio padre per mettere un freno alle parole della donna. Una volta avuta la sua totale attenzione i tratti sul volto si ammorbidirono ed infine le prese il volto fra le mani e le lasciò un lungo bacio sulle labbra «Se le cose dovessero andare male ricordati che non potrai tornare da nostro figlio… è per il suo bene».
«È troppo piccolo per restare orfano Edward… Niall ha ancora bisogno di noi» rispose mia madre socchiudendo gli occhi.
«Hai ragione» acconsentì mio padre «Proprio per questo devi portare le informazioni alla base, altrimenti lui…».
Mia madre annuì senza replicare «Andiamo Gardevoir» furono le ultime parole che le sentii pronunciare prima di svegliarmi di soprassalto.


«Un altro incubo?» chiese Kira prima di mettersi a sedere, visibilmente preoccupata ma al tempo stesso ancora mezza addormentata «Sei bianco come un lenzuolo» aggiunse poi avvicinandosi con la lampada.
«Non sono incubi» farfugliai mettendomi le mani nei capelli.
«Niall che succede?» domandò definitivamente sveglia e chinata su di me.
Le sue mani provavano a calmarmi, ma ero troppo stordito da tutti i pensieri che stavo facendo in quel momento per poterle rispondere.
«Niall mi sto preoccupando» aggiunse nuovamente prendendomi il viso tra le mani «parlami, ti prego».
«Gli incubi in cui vedevo la morte dei miei… non sono incubi» provai ad articolare.
«Che diavolo stai dicendo?» chiese confusa.
«Non sono incubi» ripetei nuovamente «sono ricordi… ricordi di Gardevoir» conclusi con un filo di voce.
La ragazza sgranò gli occhi allontanandosi leggermente da me.
«Quello che dici è assurdo» replicò non troppo convinta.
«No…» provai a spiegarle «Nel sogno di questa notte, ho sentito mia madre chiamarla. Le diceva di andare con lei. Gardevoir conosceva i miei genitori… mia madre era la sua allenatrice credo».
Calò il silenzio…
Entrambi stavamo pensando e ripensando alle cose che implicavano questa scoperta.
«Devo parlare con lei» dissi senza troppi giri di parole e vidi Kira annuire con la testa.
«Che si fa? Torniamo indietro?» chiese.
«No… questo no, ma appena abbiamo la possibilità andremo a farle visita» pensai alla conformazione di Hoenn, ma non riuscivo a focalizzare esattamente quale fosse la strada migliore da prendere. Poi mi venne in mente che tra le opzioni del mio nuovo PokéGear c’era una mappa del Paese.
«Ci sarebbe una strada a nord-ovest di Porto Selcepoli» affermai «ma bisogna attraversare una specie di lago e non sono sicuro ci riusciremo».
«Alternative?» chiese Kira pensierosa.
«Da Ciclamipoli a Mentania e se hanno riaperto il Tunnel Menferro arriviamo a Ferrugipoli, da lì si scende e si torna a Petalipoli e poi finalmente da Gardevoir» spiegai cercando di essere chiaro.
«Lunghetta la strada» esclamò un po’ sconcertata.
«Beh, in qualche maniera a Mentania ci arriveremo comunque, poi da lì sarà un giorno di cammino se ci mettiamo di buona lena» dissi abbastanza convinto «in due massimo tre giorni saremmo di nuovo in viaggio».
La ragazza annuì senza chiedere altro, poi si sistemò nuovamente nel suo letto e si perse nei suoi pensieri. Anch’io del resto avevo molto su cui riflettere. Le ultime scoperte erano di certo destabilizzanti.
Quello che non riuscivo sinceramente a capire è che cosa c’entrassero mia madre e Gardevoir con Kira. Non era da escludere che il Pokémon psico l’avesse “adottata” una volta arrivata a Hoenn, perciò forse non c’era proprio niente a collegarle. Pensai però al fatto che nel branco della ragazza ci fossero anche specie provenienti da Johto e Kanto, questo poteva stare a significare che erano arrivati lì in un modo ancora tutto da accertare. Del resto non sapevo se i miei sogni erano effettivamente ricordi di Gardevoir e mi chiedevo se i miei durante quell’ultima discussione si trovassero a Hoenn, ma per quanto ne sapevo, non avevano mai viaggiato così lontano. Perciò forse era la “madre” della ragazza ad essere fuori posto, ma come faceva mamma ad avere un Pokémon del genere?
Un leggero mal di testa iniziò ad aggiungersi alla nausea del mal di mare, perciò cercai di pensare ad altro.
Il percorso che volevo scegliere era il più lungo, ma ritenevo che un po’ di allenamento extra ci avrebbe solo giovato. Inoltre potevamo passare nuovamente alla Devon SpA e anche incontrare Christian non mi dispiaceva affatto. Senza dimenticare che c’era la Palestra di Norman a Petalipoli, perciò non lo vedevo un viaggio così particolarmente sprecato.
Chiusi gli occhi e tentai di dormire, ma vidi le poche ore che mi separavano dal mattino scorrere lentamente secondo dopo secondo.
Poco prima dell’alba il Signor Marino bussò alla porta con cautela prima di entrare.
«È successo qualcosa?» domandai preoccupato.
«No, no» ci tenne subito a rassicurarmi «ma ho pensato che poteva farvi piacere vedere sorgere il sole. Insomma visto dal mare è tutta un’altra cosa».
Svegliai Kira con cautela, la quale sembrò contenta della proposta e infilatasi frettolosamente una mia felpa -questo vizio proprio non le sarebbe andato via tanto presto- si accoccolò contro la mia spalla mentre io ero aggrappato saldamente alla balaustra della barca.
Il marinaio aveva ragione. Lo spettacolo fu così bello che per un attimo dimenticai tutto e riuscii persino ad allentare la presa su quella che consideravo la mia unica salvezza.
Era stato un tripudio di colori, una nascita di forme, una gioia per gli occhi.
Poco dopo l’ex marinaio mi chiese una mano per ritirare l’ancora e in pochissimo tempo eravamo di nuovo sulla rotta che ci avrebbe portato al porto della città.

Salutai i due e fu con estrema gioia che rimisi i piedi a terra.  Era bastato davvero poco per farmi riacquistare un po’ di colore in viso.
«Sei sicuro di voler andare da solo?» chiese Kira titubante.«L’acqua è il tuo elemento, non il mio» le feci notare «sono davvero contento dell’occasione che ti da il Signor Marino. Vedi di sfruttarla al meglio. Voglio vederti con un nuovo compagno di squadra al tuo ritorno».
«Ok» rispose ancora un po’ titubante «ma tu che farai?»
«Un giretto in zona, prenoterò in qualche pensione e cercherò il Capitano Remo per consegnargli il pacco della Devon» elencai «Inoltre ho bisogno di stare un po’ da solo».
«Capisco» annuì muovendo il capo «allora ci vediamo più tardi».
Restai ad osservare l’imbarcazione allontanarsi verso nord-est ed io iniziai a percorrere la spiaggia combattendo contro alcuni bagnanti. Avevo la necessità di staccare per un po’ il cervello e sapevo che niente mi avrebbe fatto stare meglio.
Girovagai tra gli ombrelloni fino all’ora di pranzo e decisi di entrare in quella che dall’insegna veniva chiamata “Casa sul Mare”. Era un locale piuttosto piccolo, ma la frescura al suo interno fu una carezza piacevole sulla mia pelle accaldata. Ordinai un insalata con tonno e feci due chiacchiere con l’uomo dietro al bancone.
«Che cosa offrite in città?» domandai iniziando a condire il mio pranzo.
«Porto Selcepoli è famosa per l’Arena delle virtù, lo Scalo, il Pokémon Fan Club, il Museo Oceanografico, il Cantiere navale e anche il Mercato. Lì puoi trovare un po’ di tutto… dall’antiquariato agli strumenti più moderni. E non dimentichiamoci di questo splendido ristorante» continuò ironico.
«Il cibo è ottimo» sorrisi mettendo un altro boccone in bocca.«Beh se quando hai finito di mangiare vuoi fare una lotta per digerire, puoi sfidare quei due laggiù ed infine se batterai anche me vincerai un pacco di Lemonsucco» disse contento «Ma ti avverto… sono un osso duro!»
«Prepara i tuoi Pokémon migliori» annuii contento di aver trovato una nuova fonte di distrazione.
Inutile dire che le prime due lotte furono fin troppo semplici, ma con il ristoratore, un marinaio di nome Dwayne, ebbi decisamente più soddisfazioni.
La lotta iniziò con un Wingull, il livello non era altissimo ma avevo dovuto riflettere un po’ prima di scegliere con quale Pokémon lottare.
Non avevo a disposizione nessun attacco di tipo elettro escludendo Tuononda, che però non provocava danni fisici.
Decisi così di usare Aron l’unica in grado di utilizzare una mossa di tipo roccia abbastanza efficace da mettere in difficoltà l’avversario. Fu un azzardo. Un azzardo vero e proprio.
Provai a chiedere direttamente a lei se si sentisse pronta ed accettò con un sicuro accenno del capo. Senza Kira però non sapevo se Aron si fosse davvero ristabilita da poter lottare. Volli comunque darle una possibilità e benché il suo punto di forza fosse la difesa, scoprii grazie a quella lotta un Pokémon davvero straordinario.
Iniziai facendole usare Protezione, non volevo in alcun modo che potesse ferirsi gravemete. Cercai di studiare sia lei che l’avversario e provai a capire se effettivamente fosse nelle condizioni di combattere. L’attacco funzionò perfettamente e nell’eseguire un Attacco d’Ala, il Wingull avversario si schiantò letteralmente contro la difesa del mio Pokémon. Tra i due chi ebbe la peggio fu di certo il gabbiano.
Quello che però mi fece piacere fu appurare che effettivamente i sensi di Aron erano molto più sviluppati e quindi nonostante la sua cecità, la vidi rivolgere il capo in direzione dell’avversario molto prima che l’attacco le arrivasse addosso.
Questo significava che potevo provare a farla attaccare anche senza indicarle il punto esatto in cui scagliare il suo Rocciatomba.
Non fu esattamente semplice, ma capii qual era la sua strategia d’azione. Per alcuni turni rimase immobile a subire attacchi e a proteggersi con Protezione, fino a quando utilizzando la mossa di roccia riuscì quantomeno a tenere alla larga Wingull che le volava sopra in cerchio. Quando l’uccello si decise infine ad attaccarla di nuovo, si ritrovò scagliare contro un attacco potentissimo, che data la vicinanza non poté proprio evitare.
Aron aveva vinto ed io mi avvicinai subito per farle i complimenti e darle qualche bacca per farle recuperare le forze.
«Sei stata straordinaria!» esclamai accarezzandola «Ora ti meriti un po’ di riposo» aggiunsi infine sollevandola di peso e portandola ai limiti di quello che avevamo deciso fosse il campo di battaglia.
Dratini si strusciò subito su di lei festoso e felice per la vincita dell’amica e anche Combusken e Mudkip l’accolsero con calore.
Il Pokémon successivo fu un Machop, perciò utilizzai Combusken e continuai ad attaccarlo con Beccata fino a quando non fu sconfitto. Il mio amico di fuoco per fortuna non subì particolari danni, il suo livello era decisamente più alto di quello dell’avversario.
Infine mandai Mudkip contro il Tentacool di Dwayne. Tra tutti i miei alleati, era di certo il più debole per ora. La sua testardaggine lo rendeva potente, ma al tempo stesso restio ad acquisire esperienza. Con Kira avevamo provato a farlo ragionare un po’ prima di attaccare d’impulso, ma devo ammettere che i nostri sforzi non avevano dato ancora i frutti sperati. Eravamo certi fosse una questione di maturità, perciò con il tempo avremmo sicuramente sistemato le cose.
La sfida non fu semplice. Entrambi avevano un livello simile, sebbene sembrava fossimo noi quelli in vantaggio. Mudkip continuava ad attaccare senza sosta con Fangosberla, ma il più delle volte la foga nell’attaccare la medusa lo portava a mancarla o a colpirla di striscio. Provai a riprenderlo, ma vidi che con la sua cocciutaggine faticava anche ad ascoltare me.
Ero tentato di ritiralo e mandare Dratini al suo posto. Se solo Ralts fosse stato con me invece che con Kira a pescare, avrei vinto la sfida ad occhi chiusi. Questo però non mi fece scoraggiare e anzi, probabilmente con la medesima testa dura decisi di concedere un’ultima possibilità a Mudkip.
«Fermati e ascoltami!» ordinai «Smettila di sprecare mosse e concentrati! Ora usa Pazienza».
Il Pokémon d’acqua sebbene restio ubbidì e si immobilizzò raccogliendo le energie. Incassò i colpi di Tentacool ed infine sprigionò tutta la potenza accumulata in un colpo. Fortunatamente andò a segno e l’avversario fu definitivamente sconfitto.
«Era da tanto che lottavo così» esclamò euforico Dwayne «Eccoti le lattine, te le sei meritate ragazzo!»
Lo ringraziai e feci per avvicinarmi, quando notai qualcosa di strano. Mudkip era rimasto fermo e ancora concentrato, come se volesse nuovamente attaccare qualcuno.
«Che succede amico?» gli chiesi avvicinandomi e mettendomi di fronte a lui.
Il Pokémon sorrise ed infine fece una specie di saltello con le zampe anteriori per poi essere avvolto in un fascio di luce.
Si stava evolvendo. Finalmente era riuscito ad incanalare il suo potenziale e a sfruttarlo per un attacco efficace.
«Marsh-tomp!» esclamò euforico travolgendomi.
«Complimenti Marshtomp» dissi contento cercando di ricompormi «Sei stato davvero bravo!»
Salutai il marinaio e mi avviai verso il centro della città, ma appena mi diressi a nord della spiaggia un cicalino iniziò a suonare sul mio PokéGear. Guardai con attenzione e notai che il segnale proveniva dall’applicazione che ricercava le Megapietre. Seguii quindi le indicazioni e mi ritrovai a vagare nel Mercato caratteristico della cittadina.
Il cicalino diventò sempre più forte tanto che i passanti vicino a me mi guardarono piuttosto male. Cercai di togliere il volume, ma ci riuscii solo dopo qualche minuto.
Cercare la Megapietra fu come trovare un ago in un pagliaio e mi costò parecchio tempo. Pensai alle dimensioni ed alla forma di quell’oggetto così provai a ipotizzare dove potesse trovarsi, fino a quando non mi ritrovai davanti ad una bancarella d’antiquariato gestita da una signora anziana molto cortese.
«Buon pomeriggio giovanotto» mi salutò cordiale.
«Buon pomeriggio a lei signora» risposi sorridendo «Posso chiederle aiuto?»
«Ma certo, che cosa cerchi?» domandò curiosa.
«Sto cercando una specie di sfera di vetro grande come una noce circa, ma potrebbe essere anche una pietra incastonata in un gioiello» spiegai «ha qualcosa di simile?»
La donna mi guardò un po’ strano per l’insolita richiesta, ci pensò a lungo e dopo aver cercato tra le sue mille cianfrusaglie estrasse una retina piena di biglie.
«Queste possono andare?» chiese porgendomi il sacchetto.
«Posso vedere?» dissi mentre iniziai a far scorrere tra le dita le sfere. Erano molto belle, ma la più bella era proprio la fonte delle mie ricerche. Anche avvicinandola al PokéGear lo schermo smise di lampeggiare «Perfette» affermai «Quanto le devo?»
Comprai la Megapietra e le altre biglie per un prezzo ridicolo rispetto al suo vero valore, così aggiunsi ai miei acquisti un flacone di bolle di sapone, un frisbee ed un vecchio aquilone. Ero certo che avrebbero fatto piacere a Kira e ammetto che li avevo presi anche perché mi ricordavano la mia infanzia.
Chiesi alla vecchina di consigliarmi una pensione in cui passare la notte e una volta soddisfatto mi recai nel posto indicato. Presi una camera per la notte e sebbene non mi dispiacesse dormire in spiaggia avevo decisamente bisogno di una doccia e un letto comodo per riprendermi dalle fatiche del viaggio.
Mi fiondai subito sotto un getto di acqua scrosciante e mentre mi stavo insaponando i capelli, osservai la Megapietra che avevo appoggiato sopra un mobile bianco nel bagno, assieme alle altre cose che avevo in tasca. Dopo un’attenta osservazione capii che fosse un’Alakazamite ed io a Kanto avevo un Alakazam. Avevo mentito dicendo che non ero in possesso di un Megacerchio ed ero conscio del motivo per cui l’avevo fatto. Se non veniva usato con criterio il potere che ne scaturiva poteva creare seri problemi al Pokémon e all’Allenatore che li usavano. Le Megapietre in mani sbagliate avrebbero potuto sconvolgere l’equilibrio del pianeta ed io non volevo esserne il responsabile.

Il PokéGear iniziò a suonare e nel vedere il nome di Christian un brivido freddo mi attraversò la schiena.
«Pronto?» dissi titubante.
«Niall, Kira, state bene?» chiese immediatamente lo scienziato visibilmente preoccupato.
«Sì, nessun problema» risposi «Kira è a pescare con il Signor Marino ed io sono a Porto Selcepoli alla pensione in cui dormiremo… soffro il mal di mare perciò mi sono stancato durante il viaggio».
«Dovete stare molto attenti, ho ricevuto segnalazioni sul Team Magma da quelle parti» mi spiegò conciso.
«Team Magma? Team Idro… quanti decerebrati ci sono in giro?» sbottai alterato.
«Lo so, ma abbiamo un problema più grande» mi spiegò «Se sono da quelle parti sta a significare che stanno cercando di intercettare il pacco che devi consegnare al Capitano Remo. Lo staranno sicuramente pedinando e se proverai ad avvicinarlo potrebbe essere molto pericoloso. Credo… credo ci sia una talpa alla Devon» confessò «non so più di chi fidarmi».
«Risolverò la cosa, non preoccuparti» dissi lasciandomi trascinare dall’istinto.
«È pericoloso» ribadì l’uomo «ed io non posso permetterti di rischiare».
«Sono un bravo allenatore credimi» affermai convinto «So difendermi da solo e comunque non è detto che quei pazzi scapestrati siano davvero da queste parti».
«Fai attenzione comunque» disse flebilmente «mi sentirei davvero molto in colpa se succedesse qualcosa a te o a Kira».
Kira.
L’idea che potesse essere in pericolo mi lasciava una forte sensazione di malessere interiore. Dovevo fare qualcosa prima che tornasse per cena.
«Niall stai bene?» mi sentii chiedere nuovamente attraverso l’apparecchio elettronico.
«Sì, scusa… stavo pensando» ammisi innocentemente «Ora devo andare. Ti prometto che farò attenzione, ma comunque riuscirò a consegnare il pacchetto come richiesto».
«Aspetta un secondo» mi interruppe prima che potessi riattaccare «Ho ricevuto una segnalazione dal software per il rilevamento delle Megapietre, hai trovato qualcosa?»
«No mi dispiace» mentii «Ho sentito anch’io l’allarme, ma una volta arrivato nel posto indicato il segnale è sparito ed io non ho trovato niente».
«Forse è stato un errore delle apparecchiature» biascicò tra sé e sé «Tienimi comunque aggiornato, magari prova a ricontrollare domani».
«Certamente» lo rassicurai. Infine lo salutai e chiusi la conversazione.
Sapevo già cosa dovevo fare, ma sapevo anche che come minimo stavo per scatenare un putiferio. Era rischioso, pericoloso, ma estremamente eccitante. Shannon aveva ragione, dentro di me non mi ero mai arreso ad una vita tranquilla e sedentaria a Quartisola.

Quando stavo per uscire vidi la padrona della pensione leggermente agitata, perciò le chiesi se andasse tutto bene.
Mi guardò sospettosa ed infine si decise a parlare. Mi spiegò che negli ultimi due giorni in città si erano viste delle persone strane e si era chiesta se anch’io fossi una di loro. La rassicurai come potei ed uscii diretto verso il Centro Pokémon. Iniziai a guardarmi in giro e non ci misi molto a notare movimenti sospetti a nord-est, anche perché gli uomini del Team Magma indossavano delle divise rosse. Dio solo sapeva quale fosse il quoziente intellettivo degli alti ranghi, c’era qualcosa di davvero stupido nel far vestire le persone tutte nello stesso modo, soprattutto con i traffici loschi che stavano gestendo.
Vidi uno strano assembramento di fronte a quello che doveva essere lo Scalo di Selcepoli, ma in generale c’erano coppie di reclute un po’ ovunque. C’era chi stazionava davanti al Museo Oceanografico e chi più a sud controllava il Cantiere del Capitano Remo. Andare lì di persona era sicuramente rischioso, ma non avevo altre alternative, perciò mi decisi definitivamente a prendere particolari precauzioni.
Mi recai al Centro medico per Pokémon e affidai all’infermiera Joy i miei giovani amici, era arrivato il momento di passare alle maniere forti.
In guerra non c’erano mezzi termini e le regole non venivano considerate o rispettate né dai buoni, né dai cattivi. Perseguivo quella che era la mia visione di giustizia e questo voleva dire che li avrei ripagati con la loro stessa moneta. Violenza e terrore. O almeno ci avrei provato.
Non mi interessava essere un eroe, volevo solo essere un uomo giusto… come mio padre.
Mi sedetti in disparte ad un tavolo dietro un paravento e chiamai mio nonno con il PokéGear.
«Naill» rispose contento di sentirmi «Allora, come sta andando il tuo viaggio? La nonna mi legge tutte le sere i messaggi che le invii prima di andare a dormire. Ci manchi davvero tanto!»
«Ciao nonno» sorrisi «mi mancate molto anche voi, ma sta andando tutto bene. Sono a Porto Selcepoli ora».
«Dov’è la tua nuova amica?» chiese curioso «mi farebbe piacere conoscerla».
«Al momento non è con me. Il Signor Marino, l’uomo che ci ha portato fino a qui con la sua barca, l’ha portata a pescare e… beh, tu sai bene quanto amo l’acqua» risposi ironico.
«Decisamente Nà…» sorrise ricordandosi delle scene madri che facevo da bambino per non entrare nella vasca da bagno. Non era un caso se avevo fatto montare un box doccia al posto della vecchia vasca a casa.
«Nonno, mi serve un favore» dissi tornando serio e abbandonando i ricordi «devi entrare in camera mia e aprire l’armadio che ho sulla destra».
«Aspetta lo faccio subito» esclamò spostandosi verso la mia stanza.
«Ci sono tre cassetti, nell’ultimo devi cercare uno zaino nero. Aprilo ed infilaci i primi indumenti che trovi. Mi servono un paio di scarpe da ginnastica, pantaloni, una maglietta e una felpa senza maniche» gli spiegai.
«Ok, ok… una cosa alla volta» mi disse «Allora… ti metto le scarpe da corsa, poi pantaloni. Ah, ecco! Questi della tuta vanno bene?» domandò mostrandomeli.
«Sì non preoccuparti, è tanto per avere un cambio in più» mentii.
Il nonno aggiunse una maglietta bianca a maniche corte e una felpa con zip asimmetrica nera e grigia con cappuccio, infine mi chiese se avessi avuto bisogno di altro.
«Alakazam» risposi «Ho incontrato un vecchio amico e mi ha chiesto la rivincita di una lotta di anni fa».
Si bloccò istantaneamente «In che guai ti sei cacciato?» chiese severo.
«Nessuno» replicai sorpreso dalla sua esclamazione.
«Sei una testa calda come tuo padre, ed io ti ho cresciuto… so perfettamente quando menti. Che sta succedendo? La verità» disse imperturbabile.
«Non volevo ti preoccupassi» balbettai vergognandomi un po’ per essermi fatto beccare subito.
«Avanti Nà… dimmi tutto» mi spronò.
«Sto per consegnare un pacco» dissi sottovoce per essere sicuro che nessuno mi ascoltasse «Lo sto facendo per una grossa azienda, ma ci sono delle persone che hanno ripetutamente provato a rubarlo» spiegai «oggi devo fare la consegna, ma voglio essere sicuro di potermi proteggere nel caso mi attaccassero. La mia nuova squadra sta crescendo bene ma non hanno le abilità e il livello di Alakazam».
«Se è così hai fatto bene, ma non capisco perché mentirmi» disse mentre lo vedevo spostarsi verso l’esterno.
«Scusa» esclamai convinto «non volevo ti preoccupassi per niente. Insomma… quella che ti ho chiesto è solo una precauzione» mentii nuovamente. La verità è che non volevo raccontargli niente del Team Idro, del Team Magma e di tutto il resto, come aveva detto lui mi conosceva bene e avrebbe capito subito che non avrei mai lasciato perdere la questione, a costo di farmi male.
Salutai il nonno poco dopo e andai nel box a ritirare il Pokémon e lo zaino. Mi infilai nel bagno del Centro e mi cambiai i vestiti nella speranza di essere meno riconoscibile se nel peggiore dei casi, un giorno mi avessero incontrato insieme a Kira.

Uscii e mi diressi verso il Cantiere, studiai la posizione delle reclute del Team Magma e cercai di capire quale fosse il modo migliore di entrare senza avere problemi.
Mi ero finalmente deciso a fare irruzione, quando sentii dire ad uno dei Magma che il Capitano Remo era ancora all’interno del Museo Oceanografico e che nessuno fino ad ora si era fatto avanti per portare il pacco al Cantiere.
La cosa più sicura da fare era consegnare la merce direttamente al Capitano, possibilmente senza farsi scoprire. In questo modo anche se controllato, una volta fuori dal Museo nessuno avrebbe potuto immaginare che proprio lui avrebbe portato al sicuro il pacco.
L’importante era non farsi beccare durante la consegna. Riconoscevo che il piano non era dei migliori, ma avendo così poco tempo per decidere che strategie usare, non sapevo cos’altro potevo fare.
Salii quindi un po’ più a nord e pensai ad un diversivo per non farmi vedere dal Team Magma mentre entravo nel museo. Osservai la zona e dopo qualche minuto mi decisi. Mi posizionai in un vicolo appartato verso la scogliera ed infine feci uscire Alakazam dalla sua Pokéball.
«Ciao vecchio mio» lo salutai accarezzandogli al testa «sono contento di rivederti».
«Ala-kazam» rispose con un cenno del capo.
«Fai saltare tutti gli idranti che ci sono in zona, poi teletrasportaci all’ingresso di quell’edificio» gli spiegai indicando il punto esatto.
Acconsentì velocemente e poco dopo essersi concentrato, un botto spaventoso fece esplodere contemporaneamente tutti gli idranti di quella parte della città. In meno di mezzo minuto ero all’intero del museo ed ero abbastanza sicuro che nessuno mi avesse notato, erano tutti troppo distratti dal mio diversivo. Per precauzione avevo comunque indossato un berretto diverso dal mio e sopra avevo sistemato anche il cappuccio.
La giovane ragazza dietro al bancone mi salutò, ma si vedeva che era spaventata e con gli occhi sembrava quasi mi invitasse ad andarmene prima che potesse succedermi qualcosa. Io contraccambiai il saluto e le sorrisi cercando di essere il più rassicurante possibile.
All’interno del Museo Oceanografico si respirava un’aria pesante. Avevo intuito dalla reazione della biondina che il Team Magma fosse già al suo interno e questo complicava un po’ il mio piano, ma ormai ero in ballo. Gli altri visitatori sembravano smarriti, si muovevano con cautela e cercavano di non guardare direttamente i Magma negli occhi. Anch’io tenevo la testa bassa, ma era semplicemente per non rivelare dettagli del mio volto.
Ora arrivava la parte difficile. Trovare il Capitano Remo.
Non avevo idea di come fosse fatto e cosa peggiore non sapevo se le informazioni che avevo sentito dalle due reclute fossero state vere. Analizzai con logica l’intera sala. Oltre a quattro decerebrati vestiti di rosso, su quel piano contavo sette persone. Una famiglia composta da padre, madre e due figli, una coppia di fidanzati che si stringevano forte l’uno al braccio dell’altra e una ragazza che aveva all’incirca la mia età con un blocco di appunti mano. Potevo escludere che la persona che stavo cercando fosse tra di loro. Mi avvicinai all’uomo e alla sua famiglia e con la scusa di chiedere l’ora gli sussurrai caldamente di andarsene e mettersi al sicuro. Cercando di destare meno sospetti possibili avvertii anche la coppietta che si defilò senza tanti complimenti. Restava solo la giovane che però in un momento di distrazione si era avviata verso il piano superiore. La seguii lungo le scale e quando fui dietro di lei si bloccò girandosi di scatto facendomi quasi sbatterle addosso.
«Perché mi stai seguendo? Che cosa vuoi da me?» chiese timorosa.
Controllai che nessuno dei Magma fosse nelle vicinanze e le spiegai la situazione.
«Se non te ne fossi accorta questo è un posto pericoloso oggi» dissi a bassa voce «tra un po’ potrebbe scoppiare un casino, perciò è meglio se te ne vai».
La vidi scettica, ma non per le mie parole, sapeva benissimo che avevo ragione dall’aria che tirava lì dentro.
«Ne ero consapevole dai gorilla appostati qui intorno prima che entrassi» puntualizzò risoluta. Poi con una mano si sistemò il ciuffo di capelli neri che le pendeva verso destra e la fece scorrere spettinando gli altri molto più corti, forse per una sorta di nervosismo.
Non sapevo ancora cosa mi sarebbe aspettato al piano superiore, quello di cui ero sicuro però, era che non volevo attirare l’attenzione di nessuno.
«Che stai aspettando? Esci in fretta» le consigliai.
«Perché dovrei?» rispose diffidente.
«È molto pericoloso» ribadii.
La ragazza mora mi guardò assottigliando gli occhi «Tu perché non stai uscendo?»
«I Magma sono qui e questo significa che stanno cercando qualcosa o qualcuno» spiegai cercando di non dare troppe informazioni «Io cerco di non facilitargli troppo il lavoro».
«Balle» disse guardandomi con aria di sufficienza «Potresti essere uno di loro per quanto ne so…»
Accidenti… perché doveva impuntarsi proprio ora? Io stavo solo cercando di salvare capre e cavoli.
«Se fosse come dici tu saresti parecchio nei guai» sussurrai minaccioso sistemandomi meglio il cappuccio sulla testa e cercando di sfoderare il ghigno più diabolico del mio repertorio. Forse spaventandola un po’ -solo a fin di bene- si sarebbe decisa ad andarsene.
Ero quasi riuscito a convincerla, quando sentimmo dei passi provenire dal fondo delle scale. Sarebbe bastato che quelle persone girassero l’angolo e ci avrebbero colto a confabulare. Purtroppo era abbastanza chiaro ad entrambi che chiunque fosse, probabilmente era un membro del Team Magma.
Decisi che era il momento di far uscire Alakazam e mettere in fuga quegli squilibrati, ma la ragazza fu più veloce di me. Ergendosi sulle punte afferrò i lembi del cappuccio e tirandomi a sé mi baciò con trasporto. Questo movimento mi fece perdere l’equilibrio tanto che mi sbilanciai e finii per appoggiare le mani contro il muro dietro di lei e la intrappolai tra esse rischiando comunque di schiacciarla contro il mio corpo.

 

 

I due adepti una volta salita la nostra gradinata iniziarono a sghignazzare e fare qualche fischio.
«Prendetevi una camera» azzardò il più alto, ridendo con il suo collega.
Appena non furono più nel nostro campo visivo e uditivo mi staccai immediatamente.
«Sei impazzita!?!» bisbigliai a denti stretti ancora confuso.
«Oh, avanti» ridacchiò «Era solo un bacio. E comunque ha funzionato, ora siamo liberi di andare al piano di sopra».
«Siamo?» le chiesi stupito.
«Non sono così pazza da baciare qualcuno che credo possa essere pericoloso» rispose guardandomi come se fossi io, quello matto.
«Non se ne parla» ribattei.
«Sarebbe sospetto se salissi da solo ora» rispose angelica.
«Non voglio intralci» esclamai estremamente serio.
«Mi metterò in un angolino e starò buona» mi rassicurò «Lo prometto».
Era davvero testarda e non mi restò che acconsentire con un movimento del capo. Avevo già perso fin troppo tempo.
Salii gli ultimi scalini e le dissi di stare al gioco. La presi per mano e finalmente entrai nella sala superiore.
Cercai di analizzare la scena il più velocemente possibile.
C’erano le due reclute appena incontrate, altri cinque membri del Team dei deficienti in rosso, ma fortunatamente non c’erano altri civili. E allora dov’era il Capitano Remo?
Condussi la ragazza verso l’angolo opposto alla scalinata in modo da avere le spalle coperte. Questo mi dava una certa sicurezza e mi lasciava libero di agire come meglio credevo. E l’unica cosa che potevo fare a questo punto era almeno farli arrestare.
«Qualunque cosa accada non allontanarti da me» sussurrai alla giovane mentre fingevamo di osservare una rappresentazione delle stratificazioni del mare vicino a Porto Selcepoli «Hai dei Pokémon che possano difenderti?» le chiesi.
«Ho un Magnemite» mi rispose annuendo.
«Se le cose dovessero mettersi male paralizza chiunque si avvicini» bisbigliai passandole un braccio introno alle spalle per continuare a portare avanti la recita.
«Attaccare gli umani è proibito» esclamò a bassa voce, ed io dal modo in cui lo disse percepii tutta la sua indignazione.
«Loro non giocano e non giocheranno mai pulito. Bisogna essere pronti a tutto, c’è un solo modo per sconfiggere carogne come queste ed è diventare più bastardi e spietati di loro. Hai mai visto una persona per bene vincere una guerra? Sto dalla parte dei buoni, ma non pensare nemmeno per un momento che io sia uno di loro.» spiegai sottovoce leggermente infervorato dal mio ragionamento. Glielo avevo detto che avrebbe fatto meglio ad andarsene.
Annuì sebbene non troppo convinta e una volta arrivati nell’angolo opposto alla scalinata verificai nuovamente la situazione in sala.
«Sta arrivando il capo!» disse improvvisamente una recluta dopo aver letto un messaggio sul suo cercapersone «Voi!!!» alzò la voce qualcuno a pochi metri da noi «Non vogliamo impiccioni in giro. Fuori di qui, immediatamente!»
Sentii la ragazza al mio fianco irrigidirsi, così la strinsi contro il mio petto in modo che fosse l’unica a sentirmi.
«La curiosità uccise il gatto» dissi e dal modo in cui deglutì era palese se ne fosse resa conto anche lei.
«Siete sordi per caso?» domandò ancora la voce, mentre sentivo i suoi passi avvicinarsi sempre di più.
«Tra un attimo ce ne andiamo» esclamai con una lentezza estrema mentre portavo la mano sinistra sulla cintura con le pokéball.
«Ho detto ora!» esclamò toccandomi una spalla.
Pessima mossa.
La mia reazione -forse eccessiva- fu immediata. Con il pugno destro gli detti un colpo ben assestato nella pozza dello stomaco e lo feci piegare in due dal dolore, il secondo fendente arrivò subito dopo e gli ruppe il setto nasale, facendo schizzare il suo sangue su alcune teche di vetro poco distanti da noi.
«Qualcun altro?» ringhiai mentre vidi chiaramente che nessuno si sarebbe aspettato una reazione simile.
«Chi diavolo sei?» esclamò quello che sembrava il più vecchio, mentre tutti avevano messo le mani alle sfere poké e stavano per far uscire i loro Pokémon.
«Il vostro peggior incubo» sorrisi facendo comparire Alakazam.
Con un rapido movimento delle sue mani, il Pokémon psico sollevò tutti dal pavimento e li fece schiantare contro il soffitto e li ancorò lì con una portentosa Telecinesi.
Tra i vari improperi sentii una vocina dietro di me ridere.
«Che c’è?» chiesi sorpreso dalla sua strana reazione.
«Il vostro peggior incubo» scimmiottò cercando di imitare la mia voce «Non si può sentire!» rise.
«Sa troppo di cliché?» chiesi divertito.
«Decisamente… sarai anche forte» disse compiaciuta guardando i Magma ancora storditi e incazzati «ma dovresti cercare di essere un po’ meno teatrale. Contano i fatti» concluse indicando schifata le macchie di sangue del tipo che avevo pestato poco prima.
«Licenzierò il mio autore» dissi serio annuendo.
Ok… vista così era una situazione surreale, ma sinceramente io mi aspettavo qualcosina di più da un Team che sembrava terrorizzare tutti gli abitanti di Hoenn. Era stato fin troppo facile batterli, insomma mi ero persino sporcato le mani inutilmente. Ad averlo saputo prima avrei semplicemente mandato Alakazam, se la sarebbe cavata egregiamente anche da solo.
«Quando arriverà Max te la farà pagare» disse il ragazzo che avevo pestato ancora dolorante.
«Sto aspettando» esclamai aprendo le braccia in segno di sfida.
Sentii applaudire forzatamente alla mia destra e dalle scale comparve un uomo vestito in rosso, con occhiali e una pettinatura molto discutibile. L’uniforme che indossava era di un tessuto molto più pregiato rispetto a quelle degli altri membri che avevo incontrato e dal portamento fiero e l’aurea di superiorità che vantava capii fosse il capo del Team Magma.
«Sono venuto di persona per capire quanto fosse complicato trovare uno stupido vecchio. Lo avete visto entrare, lo avete visto salire, si può sapere dove diavolo si è nascosto!?! E ora arrivo e voi branco di pappamolli vi siete fatti fermare dal primo ragazzino di passaggio?» sgridò i suoi uomini non curandosi di me e della ragazza «Siete un branco di incompetenti!» poi finalmente si rivolse a noi «Sono Max, capo del Team Magma. Io e i miei uomini guideremo il genere umano verso un ulteriore stadio dell’evoluzione!»
«Tu e il branco di incompetenti?» lo derisi «Ora si che sto tranquillo».
«Sei troppo giovane per capire come funziona il mondo. Dovresti ascoltare invece di farti smuovere da smanie incontrollate di potere e giustizia. Sei sicuro che la tua causa sia quella giusta? La terraferma non è altro che un palcoscenico allestito affinché il genere umano possa progredire nella sua evoluzione. Per far si che gli umani prosperino è necessario che raggiungano un ulteriore stadio evolutivo e per questo è necessario espandere questo palcoscenico e farlo diventare una base abbastanza solida ed estesa da sostenere il nostro sviluppo. Per questo noi del Team Magma vogliamo espandere la terraferma. In questo modo garantiremo la felicità e la prosperità non solo al genere umano, ma a tutti gli esseri viventi!* Allora, cosa ne pensi?» chiese tutto soddisfatto a conclusione del suo discorso. 
«Dico che sei incompetente almeno quanto i tuoi uomini. Il mondo esiste perché vive in perfetto equilibrio tra terra e mare, espandere la terraferma vorrebbe dire creare nel mondo siccità prolungate, condannando la Terra ad una lenta e angosciosa torrida fine» risposi schietto senza doverci pensare due volte.
«Come ho già detto sei troppo giovane per poter capire» sospirò alzando gli occhi al cielo e si rabbuiò alla vista dei suoi uomini sospesi come marionette.
«Dov’è il Capitano Remo?» chiese attendendo una risposta.
«Non lo sappiamo» disse il portavoce del gruppo.
«Voi siete qui per…?» chiese rivolgendosi a noi, come se la nostra presenza fosse superflua.
«Sono qui per mettere fine al vostro Team. Alakazam bloccalo!» ordinai al mio Pokémon.
«Povero illuso…» esclamò facendo uscire dalla sua sfera un Camerupt «Eruzione!»
L’attacco impetuoso del Pokémon esplose prepotente verso di noi e Alakazam senza nemmeno una mia parola creò una sfera di energia che ci racchiuse proteggendoci dal fuoco.
Usando tutte le sue energie per difenderci, tolse i poteri alle reclute che dal soffitto caddero rovinosamente sul pavimento probabilmente incrinandosi pure qualche costola.
«Andiamocene» ordinò ai suoi uomini voltandomi le spalle.
«Se credi che vi lascerò andare così ti sbagli di grosso!» gli urlai per farlo voltare.
Non sopportavo di essere trattato con tanta sufficienza da un uomo come quello che avevo di fronte.
«Me ne sto andando per il tuo bene» rispose svogliatamente.
«Sei solo un arrogante pallone gonfiato, si capisce perfettamente dalle persone con cui ti sei circondato» lo provocai.
«Mi stai facendo arrabbiare» mi avvertì, come se questo dovesse impressionarmi.
«Io sono già incazzato» risposi piegando di lato la testa «hai paura di perdere contro un ragazzino?»
Si voltò lentamente e mi fissò cercando di capire meglio chi fossi, poi agitò la mano facendo segno ai suoi di andarsene.
«Alakazam fermali» ordinai. Lo scopo principale era quello di consegnarli alle autorità, non potevo lasciarli scappare.
«Camerupt, Terremoto!» ribatté Max serio.
La terra iniziò a tremare e fu chiaro a tutti che se avesse continuato di questo passo, del Mueso sarebbero rimaste solo macerie.
«Sollevalo e stabilizza l’edificio» ordinai al mio Pokémon, che subito eseguì l’ordine facendo smettere di vibrare la struttura.
«Ti pentirai di esserti messo contro il Team Magma» rise Max facendomi presagire il peggio «Camerupt Eruzione!» disse e mentre il Pokémon stava caricando l’attacco fece qualcosa che non mi sarei aspettato. Si portò una mano agli occhiali e diede il via al processo della megaevoluzione.
«Oh no! Che succede ora?» sentii una voce spaventata alle mie spalle «Scappiamo».
«Sei proprio uno stupido esaltato» scrollai la testa alzando lungo la gamba il pantalone destro, rivelando così un megagambale con una pietrachiave incastonata al suo interno. Erano passati anni dall’ultima volta, ma l’emozione era sempre la stessa. Mi chinai poggiando un ginocchio per tera fino a portare l’indice e il medio sopra la pietra e toccandola anch'io diedi il via al processo. Sentii il battito accelerare e una forza crescere prepotentemente dal gambale per poi propagarsi per tutto il corpo. L’Alakazamite iniziò a brillare e vidi il Pokémon prepararsi alla sua prima Megaevoluzione. Iniziò a levitare da terra e quando anche il suo aspetto mutò percepii intorno a lui un’aurea completamente diversa.
«Alakazam, Psichico!» ordinai mettendomi davanti alla ragazza per evitare che fosse coinvolta da una possibile esplosione.
I due attacchi si scontrarono e ad avere la peggio fu il Team Magma. Tutte le teche circostanti andarono in frantumi, ma quando il polverone iniziò a diradarsi, vidi i Magma fuggire come dei topi durante l’affondo di una nave.
«Stai bene?» chiesi alla ragazza dietro di me.
Fece segno di si con la testa, ma era piuttosto disorientata e sconvolta.
«Scusa ma non posso restare» mi giustificai mentre andavo all’inseguimento di cui farabutti.
Corsi giù per le scale schiantandomi contro i muri per facilitare le curve a gomito e una volta arrivato al piano terra vidi che non era messo molto meglio di sopra. L’intonaco dal soffitto si era staccato e alcune teche erano cadute probabilmente a causa del terremoto provocato da Camerupt.
Continuai verso la porta urlando inutilmente di fermarsi alle reclute che stavano uscendo, ma il tentativo fu vano. Appena misi piede fuori dal Museo sentii le urla della gente provenire da nord, ma non feci in tempo a rincorrerli che già si erano tutti dileguati.
Diedi un pugno contro un palo della luce per la frustrazione e mi sbucciai tutte le nocche. Non potevo credere di essermeli lasciati sfuggire così.
Ora dovevo dileguarmi il prima possibile, così mi feci teletrasportare da MegaAlakazam all’interno dei bagni del Centro Medico per Pokémon.
Riempii il lavandino con dell’acqua fredda ed immersi completamente il viso, per poi urlare e sfogare il nervoso che mi aveva assalito. Mi ero perso in inutili chiacchiere, dovevo agire ed essere più veloce. Dannazione!
Quando riemersi dal liquido freddo mi serviva ossigeno. Respirai più volte a pieni polmoni, cercando di riprendere fiato il prima possibile. Poi mi cambiai tornando ad indossare i miei soliti abiti arancioni e andai dall’infermiera Joy per ritirare i miei Pokémon. Ringraziai educatamente fingendo che non ci fossero problemi e uscii dirigendomi verso la spiaggia. Non sapevo esattamente quando sarebbero rientrati Kira e il Signor Marino, perciò decisi di andare alla Casa sul Mare ad aspettarli.

«Bentornato!» mi salutò Dwayne «ti porto qualcosa?»
«Un Lemonsucco, grazie» risposi sistemandomi sulla veranda del ristorante per poter vedere meglio il porto.
Dovevo ammettere che il rumore del mare era rilassante, insomma… fintanto che stavo fuori dall’acqua poteva essere accettabile.
Feci uscire i miei Pokémon e li lascia liberi di gironzolare per la spiaggia, osservando come interagivano con Aron. Volevo capire un po’ meglio che dinamiche si erano formate all’interno del gruppo. L’unico a restare nella sfera era Alakazam, che ora riponevo in un aggancio speciale che avevo applicato sul megagambale per avere sempre entrambi a portata di mano. Ora che avevo capito la vera potenza del Capo del Team Magma, sapevo che avrei dovuto fare molta attenzione. Le reclute erano del tutto ignorabili, ma Max era molto pericoloso, soprattutto per le idee malsane che stava cercando di diffondere.
«Ti vedo pensieroso, tutto bene?» chissà il proprietario portandomi la bibita che gli avevo chiesto.
«Sì, grazie… sono solo ancora un po’ scombussolato dal viaggio» riposi.
«La prossima volta prova a tenere una fetta di baccalemon in bocca, vedrai che aiuterà molto contro la nausea» sorrise per poi tornarsene al suo lavoro.
Restai assorto a guardare i miei giovani amici ancora un po’: stavano davvero crescendo bene.
Ero soddisfatto dei traguardi raggiunti, Combusken e Marshtomp si allenavano tra loro ed ero molto contento nel vedere i progressi che stava facendo il Pokémon d’acqua. Dratini invece, con la sua solita grazia e dolcezza familiarizzava meglio con Aron, passeggiando sulla sabbia mentre se la chiacchieravano tra loro.
In lontananza vidi una sagoma bianca che da piccola diventava sempre più grande, quando fu abbastanza vicina riconobbi la barca che stavo aspettando.
Finalmente erano tornati.

«Dwayne prepara un tavolo per tre per favore» dissi all’ex marinaio prima di andare incontro a Kira.
«Niall!» mi salutò agitando le braccia mentre attraccavano.
Alzai la mano a mia volta e le sorrisi, sinceramente contento di rivederla.
Appena scesa mi saltò praticamente addosso, abbracciandomi di slancio.
«Hey!» risi cercando di non cadere a terra «Ti sei divertita?»
«Un sacco!» rispose ancora piena di energie «Ho catturato un Horsea!!!»
«Sul serio?» chiesi stupito «Ma è fantastico!»
«Il Signor Marino mi ha portato in un posto segreto e dopo qualche ora di pesca sono riuscita a catturarlo» continuò raggiante.
«Mi dispiace non essere stato lì con te» dissi sciogliendo l’abbraccio.
«Tu che hai fatto oggi?» domandò curiosa spalancando i suoi occhioni nocciola.

Io che ho fatto oggi?

Deglutii rendendomi conto che tutto quello che era successo il pomeriggio con il Team Magma, doveva essere off-limits per lei e questo significava trovare delle scuse ragionevoli per giustificare l’ora trascorsa a cercare di far saltare gli invasati in rosso.
«Beh, mi sono allenato sulla spiaggia» elencai ripercorrendo la giornata «Ho mangiato in quel ristorante laggiù» continuai indicando “La Casa sul Mare” «Poi ho fatto un giro al mercato di Porto Selcepoli, ho trovato una pensione in cui stare e mi sono riposato per qualche ora, sono uscito a fare un giro e sono tornato qui sulla spiaggia ad aspettarvi».
«In pratica ti sei annoiato» esclamò guardandomi dispiaciuta.
«Dopo il viaggio avevo bisogno di riposo» la rassicurai «tutto tranne noia insomma…»
Sorrise, ancora… e più la guardavo, più capivo quanto mi era mancata, quanto lo starle vicino mi scombussolava lo stomaco nonostante facessi di tutto per cercare tranquillità ed equilibrio con leii. Se mi avesse baciato come era successo con la ragazza del Museo, non sarei riuscito a restare distaccato. Questo faceva nascere in me due profondi sentimenti: il primo era un infimo e profondo senso di colpa, mentre il secondo era una voglia irrefrenabile di assaggiare le sue labbra. Chissà quale sapore avrebbero avuto. Dopo tutto il giorno sulla barca dovevano di certo sapere di salsedine. Era così vicina che potevo percepire il suo profumo: pioggia prima di un temporale estivo, erba tagliata a maggio e anche il balsamo alla magnolia che tanto le piaceva.
«Mi stai ascoltando?» la voce di Kira mi fece uscire dal trip mentale in cui stavo per cadere.
«Cosa?» domandai, probabilmente con la faccia più idiota del mio repertorio.
«Ho detto che ho fame» ripeté giocosa.
«Ho già fatto preparare il tavolo» annuii prontamente.
«È per questo che ti adoro» concluse abbracciandomi nuovamente.
Dio… come potevo resistere ancora a tutto questo?
«I giovani d’oggi» bofonchiò il Signor Marino alle nostre spalle.
«Capitano» salutai mentre cercavo di farla staccare nuovamente da me.
Li portai fino al ristorante di Dwayne e sedemmo in veranda accarezzati dalla brezza proveniente direttamente dal mare.
Dopo aver ordinato e iniziato a mangiare Kira mi disse che le sembravo un po’ strano. La rassicurai dicendo che ero un po’ pensieroso per via del sogno fatto quella notte. Non era del tutto vero, anche se le vicissitudini del pomeriggio mi avevano di certo distratto da quello che avevo scoperto. La ragazza naturalmente non poteva saperlo, così la vidi annuire ed infine mi prese la mano sopra al tavolo per cercare di supportarmi un pochino.

Verso la fine della cena la nostra attenzione fu richiamata dalla televisione e in particolare dall’edizione serale del telegiornale.
«Buonasera e benvenuti all’edizione delle diciannove di Canale Selcepoli. Dopo giorni di assedio da parte del Team Magma oggi finalmente Porto Selcepoli è di nuovo libero. La nostra inviata Tea è riuscita a scoprire di più sulle motivazioni del Team e sull’eroe che ha messo in fuga i malviventi».
«Grazie Claudia. Dopo aver indagato sui Magma durante la loro presenza in città nei giorni scorsi, ho scoperto che il motivo di tanto scalpore era il nostro concittadino, il Capitano Remo. Remo al Cantiere navale sta da anni portando avanti un progetto in collaborazione con la Devon SpA per la produzione di un sottomarino di ultima generazione. A quanto pare il Team Magma era interessato al Capitano e lo stava pedinando da giorni controllando chiunque gli si avvicinasse. Questo pomeriggio il Capitano si era diretto al Museo Oceanografico e il grosso assembramento di Magma al seguito hanno confermato i nostri sospetti. Le cose si sono fatte interessanti quando, un misterioso e affascinante ragazzo ha fatto il suo ingresso nella struttura fingendosi un semplice visitatore, ha allontanato i civili al suo interno ed ha aiutato la sottoscritta a conoscere meglio i piani del Team Magma. Se la regia può mandare il video».
A quel punto partì una registrazione un po’ tremolante del discorso che mi aveva fatto Max per convincermi della nobiltà delle sue azioni. Nelle riprese si poteva scorgere la mia spalla di tanto in tanto, questo mi faceva pensare che la telecamera nascosta fosse addosso alla giovane. Era una giornalista! Accidenti a me! Con tutte le persone che potevo incontrare… proprio una giornalista. Io che ci tenevo tanto al mio anonimato stavo per essere smascerato in diretta tv. Kira mi avrebbe ucciso.
«A seguito della discussione tra il nostro misterioso eroe e il capo del Team Magma è nata un’accesa discussione che è sfociata con una lotta all’ultimo colpo. A seguito della prima esplosione purtroppo la videocamera si è rotta, potete comunque osservare dalle immagini che abbiamo recuperato dal video di sorveglianza del museo. In questo momento potete vedere come l’Alakazam del nostro eroe stia abilmente impedendo al Camerupt rivale di abbattere l’edificio con la mossa Terremoto. Quando però a mia grande sorpresa il Capo dei Magma ha usato la Megaevoluzione sul suo Pokémon per poter fuggire insieme ai suoi scagnozzi, anche il misterioso allenatore ha sfoderato la sua arma, dimostrando doti di combattimento eccezionali. Purtroppo nonostante la fuga dei Magma, vediamo come il giovane abbia tentato di inseguirli e a malincuore non sia riuscito a fermarli».
Le immagini mute della sorveglianza si interrompevano con me che prendevo a pugni il palo della luce per essermeli fatti scappare.
«Poco dopo che il Team se n’era andando via, da uno dei modellini della sala al primo piano in cui mi trovavo, il Capitano Remo è uscito dal suo nascondiglio ed ora sentiremo una sua testimonianza sulla vicenda».
A questo punto la qualità della ripresa era migliorata e si era tornati alla diretta.
«Possiamo dire che oggi abbiamo avuto un angelo custode» esclamò la giornalista porgendo il microfono a quello che dalle scritte in sovrimpressione doveva essere l’uomo che avevo cercato.
«Sono stato molto fortunato. Ho donato io stesso il modellino in cui mi sono nascosto circa un anno fa, perciò sapevo perfettamente come era fatto al suo interno. L’arrivo del giovane è stato provvidenziale per la mia salvezza, altrimenti sono sicuro che presto o tardi mi avrebbero di certo trovato» esclamò il Capitano Remo con solennità.
Poi la giornalista tornò a guardare in camera. «Spero che ovunque sia, continui a difendere noi onesti cittadini e voglio aggiungere che mi piacerebbe incontrarlo ancora per poterlo ringraziare come si deve. Da Tea è tutto, linea a te Claudia».
«Grazie Tea, continuiamo il notiziario. Ancora sconosciuti i motivi del malfunzionamento della rete idrica di Porto Selcepoli, un improvviso aumento di pressione ha fatto esplodere tutti gli idranti della zona nord est della città. Il capo dei pompieri ha assicurato...»
La voce della presentatrice continuava a riportare le notizie, mentre io ero completamente congelato per quello che era appena successo. Non avevano mostrato foto, non avevano fatto menzioni su una mia descrizione fisica e a parte le immagini non troppo nitide all’interno e fuori dal museo era davvero difficile riconoscermi.
«Niall che succede?» domandò Kira che ancora mi stava tenendo la mano.
In quel momento mi accorsi che stavo sudando freddo e che probabilmente il cambio della mia temperatura corporea era stato notato anche dalla ragazza.
In due parole: ero fregato.
 



Angolino dell'autrice

Ciao a tutti ^_^
Grazie di nuovo per essere passati :)

Sono sparita per quasi un anno... non ho scusanti (ma attenuati sì, credetemi), probabilmente molti non si ricorderanno neanche più fatti accaduti precedentemente.
Potrei cercare di spiegarvi tutto quello che mi è successo, ma credo che vi deprimerei e non poco. Perciò evito.
Questa storia è comunque molto importante per me e nonostante il poco tempo che ho per scriverla, vi assicuro che nella mia mente continua ad essere scritta, riscritta, rivalutata, reinterpretata. Ogni dialogo è discusso con quattro o cinque delle mie personalità e quella che infine viene scritta è la versione migliore (almeno secondo il mio modesto parere).
Mi piacerebbe avere un vostro parere sulla storia, perché solo così posso sapere se vi sta piacendo o meno. Io continuerò comunque con la scrittura, anche se non vi prometto date esatte di pubblicazione per i prossimi capitoli.
Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo.
Un sincero grazie a chi deciderà di lasciarmi un commento (anche fossero solo 11 parole ^^)

Vi aspettavate una svolta simile in questa storia? :)
Tea creerà problemi a Niall in futuro?
E Kira riuscirà a mettere il ragazzo alle strette per farsi dire che cosa lo preoccupa tanto? 

Vi ricordo come sempre che potete trovarmi su
Facebook oppure su Ask

Spero a presto ^^'
Un bacione, Rain

  
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